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Il titolo secondo del decreto
legislativo 74/2000 è diviso in due capi: il primo è
dedicato ai “delitti in materia di dichiarazione”, il
secondo ai “delitti in materia di documenti e pagamento
di imposte”.
Il primo capo comprende quattro
delitti in materia di dichiarazione fiscale, che portano
i titoli seguenti: dichiarazione fraudolenta mediante
uso di fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti (art. 2); dichiarazione fraudolenta mediante
altri artifici (art. 3); dichiarazione infedele (art.
4); omessa dichiarazione (art. 5).
I delitti di cui agli artt. 3,
4 e 5 – di cui ci si occupa nella presente trattazione -
prevedono delle soglie di punibilità, il cui superamento
è condizione necessaria affinché la condotta in essi
descritta acquisisca rilievo penale.
I. La previsione di tali soglie
è una novità introdotta dal D.Lgs. 74/2000, che, oltre
ad individuare nel momento dichiarativo la consumazione
di tali reati, ne ha ancorato la punibilità al
superamento di determinate soglie quantitative, dettate
dall’esigenza di prevedere dei reati caratterizzati da
effettiva e rilevante offensività per gli interessi
dell’erario.
Infatti, ai sensi delle lettere
b) e c) dell’art. 9 comma 2 della legge delega 205/1999,
la nuova disciplina dei reati tributari avrebbe dovuto
“b) prevedere, salvo che per le fattispecie concernenti
l’emissione o l’utilizzazione di documentazione falsa e
l’occultamento o la distruzione di documenti contabili,
soglie di punibilità idonee a limitare l’intervento
penale ai soli illeciti economicamente significativi; c)
prevedere che le soglie di cui alla lettera b) siano
articolate in modo da: 1) escludere l’intervento penale
al di sotto di una determinata entità di evasione,
indipendentemente dai valori dichiarati; 2) comportare
l’intervento penale soltanto quando il rapporto tra
l’entità dei componenti reddituali o del volume di
affari evasi e l’entità dei componenti reddituali o del
volume di affari dichiarati sia superiore ad un
determinato valore; 3) comportare, in ogni caso,
l’intervento penale quando l’entità dei componenti
reddituali o del volume di affari evasi raggiunga,
indipendentemente dal superamento della soglia
proporzionale, un determinato ammontare in termini
assoluti; 4) prevedere nelle ipotesi di omessa
dichiarazione una soglia minima di punibilità inferiore
a quella prevista per i casi di infedeltà”.
Nella vecchia disciplina dei
reati tributari (legge 516/1982), prevista prima
dell’attuale normativa, solo alcune fattispecie erano
ancorate a soglie di punibilità, che però facevano
riferimento unicamente all’imponibile sottratto.
Nella disciplina attuale, sono
previste soglie di punibilità aventi ad oggetto, da un
lato, l’entità dell’imposta evasa e, dall’altro,
l’ammontare complessivo degli elementi sottratti
all’imposizione.
Ai sensi dell’art. 1 lett. f)
D.Lgs. 74/2000 per “imposta evasa” si intende la
differenza tra l’imposta effettivamente dovuta e quella
indicata nella dichiarazione, ovvero l’intera imposta
dovuta nel caso di omessa dichiarazione, al netto delle
somme verste dal contribuente o da terzi a titolo di
acconto, di ritenuta o comunque in pagamento di detta
imposta prima della presentazione della dichiarazione o
della scadenza del relativo termine.
La successiva lett. g) dello
stesso articolo stabilisce che le soglie di punibilità
riferite all’imposta evasa si intendono estese anche
all’ammontare dell’indebito rimborso richiesto o
dell’inesistente credito d’imposta esposto nella
dichiarazione.
In forza di quest’ultima
precisazione estensiva, dunque, ai fini della
valutazione del superamento delle soglie di punibilità,
vengono ad essere accomunate l’ipotesi classica
dell’imposta evasa con quelle di indebita richiesta di
rimborso e di inesistente esposizione di credito
d’imposta.
Per i primi due reati suindicati
– artt. 3 e 4 - la legge richiede il superamento
congiunto di entrambe le soglie, ai fini della
configurazione di una penale responsabilità in capo
all’evasore, mentre per il reato di cui all’art. 5 è
previsto unicamente il superamento di un limite di
imposta evasa.
Conformemente al disposto
normativo, quindi, il superamento delle soglie di
punibilità deve essere congiunto (salvo che nel caso del
reato di cui all’art. 5 che indica la sola imposta
evasa), riferito ad ogni imposta considerata
singolarmente e ad ogni singolo anno d’imposta.
II. Analizziamo ora l’entità di
tali soglie in relazione a ciascuno dei delitti in
questione.
Al riguardo si osserva
preliminarmente come le soglie di punibilità risultino
più o meno elevate a seconda della maggiore o minore
carica lesiva dei fatti integranti i diversi reati di
dichiarazione.
Per il reato di dichiarazione
fraudolenta mediante altri artifici (art. 3) - che
punisce l’alterazione delle scritture contabili
obbligatorie mediante l’impiego di mezzi fraudolenti
diversi da fatture o altri documenti per operazioni
inesistenti – sono contemplate due soglie di punibilità:
la prima impone il superamento di euro 77.468,53 di
evasione per taluna delle singole imposte (restandone
così escluso il cumulo); la seconda tiene invece conto
del complesso degli elementi attivi sottratti
all’imposizione ed esige che il loro ammontare,
apprezzato con criterio proporzionale, superi almeno del
5% tale complesso o, alternativamente, la cifra di
1.549.370,70 euro.
Per effetto della modifiche
introdotte con la manovra di stabilizzazione di luglio
2011, le soglie predette sono state abbassate,
rispettivamente, ad euro 30.000,00 (imposta evasa) e ad
euro 1 milione (ammontare complessivo degli elementi
attivi sottratti all’imposizione).
L’ipotesi di dichiarazione
infedele (art. 4) – che punisce la semplice
dichiarazione non rispondente al vero non accompagnata
da alcun mezzo fraudolento, ma comunque lesiva di
interessi dell’erario – esige che l’entità
dell’evasione, pur se per taluna soltanto delle singole
imposte, superi la soglia dei 103.291,38 euro e,
insieme, che l’ammontare complessivo del passivo
sottratto all’imposizione sia superiore al 10% del
complesso degli elementi attivi rappresentati, o
comunque a 2.065.827,60 euro.
Anche per questo reato la
manovra di luglio ha previsto modifiche analoghe a
quelle apportate alle due fattispecie considerate in
precedenza: ora è sufficiente che sia evasa un’imposta
pari ad euro 50.000,00 e che l’ammontare complessivo
degli elementi attivi sottratti all’imposizione fiscale
sia superiore a 2 milioni di euro.
L’ultimo dei reati in materia
di dichiarazione (art. 5) – che sanziona l’omessa
presentazione delle dichiarazioni annuali relative ad
imposte – richiede che l’imposta evasa sia superiore a
77.468,53 euro, soglia che, a seguito della manovra di
luglio, è stata abbassata a 30.000,00 euro.
Il complessivo abbassamento
delle soglie punibilità, attuato con la riforma
normativa di luglio 2011 - oltre a richiedere uno sforzo
mnemonico inferiore a chi si trovi ad operare con le
norme in questione - determina un notevole ampliamento
dell’area del penalmente rilevante, in uno spirito di
maggiore persecuzione dell’evasore fiscale.
III. Tali modifiche, tuttavia,
non forniscono alcuna soluzione né alcun elemento di
valutazione ulteriore rispetto alla questione, da tempo
controversa, della natura giuridica delle soglie di
punibilità stesse.
Si è discusso a lungo sulla
natura giuridica di tali soglie, concepite da alcuni
come presupposto della condotta, da altri come
condizioni di punibilità, da altri ancora, come elementi
costitutivi del fatto.
La soluzione a tale quesito,
lungi dall’essere una questione di interesse
esclusivamente teorico, determina, a seconda della
scelta che si intende adottare, importanti conseguenze
in ordine sia all’individuazione del bene giuridico
oggetto di tutela, sia alla definizione del contenuto
del dolo.
Non riproposta – ed anzi esclusa
– l’opinione che si era avuta nella vigenza della legge
516/1982, allorché alcuni avevano valutato le soglie di
punibilità ivi previste quale presupposto della condotta
(L. STORTONI “La nuova disciplina dei reati tributari”
1983), la dottrina si è sostanzialmente divisa in due
posizioni.
L’opinione che ha ricevuto
maggiori consensi[†] – di recente sostenuta anche da F.
ANTOLISEI in “Manuale di diritto penale - Leggi
complementari, Vol. II “ 2008 - considera le soglie di
punibilità quali elementi costitutivi del reato, in
quanto il loro superamento è il diretto risultato
dell’azione posta in essere e voluta – come preteso dal
necessario dolo di evasione – dal soggetto attivo.
Questa definizione ha una
portata pratica di grande rilevanza.
Sulla base di essa, anzitutto, i
reati in esame sono di evento e di danno patrimoniale,
essendo necessario per la loro consumazione che si sia
verificato l’evento dell’avvenuta evasione d’imposta
nella misura minima indicata nelle singole norme.
Il bene giuridico protetto si
identifica, in modo del tutto innovativo rispetto al
passato, nella tutela degli interessi patrimoniali dello
Stato, la cui diretta lesione è elemento costitutivo del
reato.
In quanto elementi costitutivi
del reato, poi, le soglie di punibilità devono essere
investite dal dolo.
Tale opinione trova conferma
nella stessa Relazione Governativa al DLgs 74/2000, la
quale afferma testualmente che le soglie di punibilità
sono “da considerarsi alla stregua di elementi
costitutivi del reato e, in quanto tali, debbono essere
investiti dal dolo”.
Altra parte della dottrina[‡],
invece, sostiene che tali soglie rappresentino
condizioni obiettive di punibilità di natura estrinseca,
così come prevista dall’art. 44 CP, trattandosi di un
elemento che si pone al di fuori del fatto e che è stato
utilizzato dal legislatore per selezionare le omissioni
più gravi, con riferimento non già al bene direttamente
protetto, ma all’oggetto finale della tutela.
In tale ambito, allora, la
previsione di una condizione obiettiva di punibilità che
presuppone un reato già perfetto e già espresso nel suo
disvalore, fa’ sì che l’oggetto giuridico principale ed
immediato della tutela continui ad essere individuato,
come nel passato – seppure con un filtro di natura
oggettiva che evita di perseguire indiscriminatamente
tutti i comportamenti omissivi ed infedeli – nella
cosiddetta trasparenza fiscale e/o funzione di
accertamento.
Da ciò deriva anche
l’inquadramento di tali delitti non già nella categoria
dei reati di evento, ma in quella dei reati di pericolo,
sostanzialmente concreto, non richiedendo gli elementi
costitutivi delle singole fattispecie l’intervenuta
lesione dell’interesse patrimoniale dello Stato
all’esatta percezione dei tributi.
Ne consegue che tali soglie non
devono essere investite dal dolo né da alcun
coefficiente psichico, dovendosi valutare le stesse solo
obiettivamente.
Tale opinione si fonda sulla
considerazione che, di regola, le norme tributarie
prevedono che il momento del pagamento del tributo
preceda quello della dichiarazione (G.L. SOANA, op. cit)
e, pertanto, l’evento della fattispecie va inquadrato
nell’evasione, mentre le soglie si collocano al di fuori
della cerchia degli elementi costitutivi del reato, come
dato numerico di determinazione matematica.
L’adesione alla prima o alla
seconda impostazione comporta, comunque, significative
conseguenze ai fini dell’applicazione delle fattispecie
e dell’accertamento dell’elemento soggettivo.
Nell’ipotesi in cui le soglie
vengano qualificate elementi costitutivi della
fattispecie, sarà necessario provare la sussistenza del
dolo anche in relazione ad esse: si tratterebbe di una
tipizzazione legale di soglie specifiche di potenzialità
dannosa, esse stesse oggetto di dolo, del tutto
innovativa rispetto al passato.
Qualora,invece, le si ritenesse
condizioni obiettive estrinseche di punibilità, esterne
alla struttura del reato ed al suo contenuto offensivo,
ne deriverebbe l’estraneità anche all’elemento
soggettivo, per cui non occorrerebbe dimostrare che
l’autore ha agito con la consapevolezza che con il suo
comportamento avrebbe superato tali soglie.
Una prima pronuncia della
Giurisprudenza di legittimità in materia (Cass. Pen.
Sez. III, sent. 7589 del 03.07.2000), ponendosi in
aperto contrasto con quanto indicato dalla Relazione
Governativa sopra riportata, definiva le soglie di
punibilità in questione come “condizioni di punibilità
come tali esterne agli elementi costitutivi del fatto
criminoso e, quindi, non oggetto della colpevolezza”.
Di poco successiva è la
pronuncia con cui la stessa Sezione della Corte ha
rilevato che la precedente affermazione è contrastata
dalla chiara lettera delle norme in questione, poiché
prevedono “la indefettibile sussistenza di un dolo
specifico… (costituito dal) …perseguimento dello scopo
di evasione, attuato mediante il raggiungimento di una
soglia quantitativa che sia stata oggetto di previa
volizione e rappresentazione da parte del soggetto“
(Cass. Pen. Sez. III, sent. 10346 del 29.09.2000).
A risolvere il contrasto fra
queste due pronunce, di poco successive all’entrata in
vigore del D.Lgs 74/2000, sono intervenute le Sezioni
Unite, che, nell’escludere un rapporto di continuità
normativa fra le due fattispecie di cui all’art. 1 comma
1 L. 516/1982 ed all’art. 5 D.Lgs 74/2000 - stante
l’introduzione nell’ultima di esse di elementi
costitutivi di fattispecie non presenti nella disciplina
previdente - hanno qualificato implicitamente le soglie
di punibilità introdotte con la riforma 74/2000 come
elementi costitutivi del reato (Cass. Pen. S.U. n. 35
del 13.12.2000).
Tale impostazione è stata
mantenuta dalla pressoché costante Giurisprudenza
successiva (Cass. Pen. Sez. III n. 26942 del 04.07.2001,
Cass. Pen. Sez. III n. 38127 del 25.09.2001, Cass. Pen.
Sez. III n. 13641 del 10.04.2002,
Cass. Pen. Sez. III, 25/01/2005, n. 1994, Cass. Pen.
Sez. III, sent. 6087 del 07.02.2008).
Il secondo indirizzo,
sostenuto da dottrina e giurisprudenza minoritarie, è
stato di recente riproposto dalla Suprema Corte che,
richiamandosi all’unico precedente conforme rilevato in
materia (Cass. Pen. Sez. III, sent. n. 15164/2003), ha
compiuto una vera e propria inversione di rotta,
stabilendo che: “la soglia di punibilità contemplata dal
Legislatore per il delitto di omessa dichiarazione non
rientra tra gli elementi costitutivi del reato, in
quanto è una condizione obiettiva di punibilità. Di
conseguenza, deve essere rigettato l'assunto della
difesa dell'imputato, secondo cui avrebbe dovuto essere
accertato "se l'imputato avesse avuto non solo
l'intenzione di evadere, ma di evadere oltre una certa
quantità" (Cass. Pen. Sez. III, 26/05/2011, n. 25213).
Trattasi di pronuncia isolata
che, benché intervenuta in tempi molto recenti, non può
considerarsi una soluzione definitiva alla questione sin
qui esposta.
IV. A parere di chi scrive,
deve ritenersi tuttora maggiormente condivisibile
l’impostazione che ravvisa nelle soglie di punibilità
altrettanti elementi costitutivi del reato, per le
seguenti ragioni:
a) In primo luogo, lo stesso
tenore letterale delle disposizioni incriminatrici in
cui tali soglie sono inserite porta a ritenere che esse,
così come gli altri elementi costitutivi, debbano essere
investite dal dolo di fattispecie, rappresentato dalla
volontà di evadere oltre certi limiti quantitativi,
contribuendo così a definire la specificità
dell’elemento soggettivo e la rilevanza concreta
dell’offesa;
b) In secondo luogo, se il
legislatore avesse voluto intendere le soglie
quantitative in questione come condizioni di punibilità
ex art. 44 CP, avrebbe potuto formulare diversamente le
norme di fattispecie di cui trattasi, prevedendo, ad
esempio, che sia “punito chi non presenta una delle
dichiarazioni annuali nell’ipotesi in cui venga
accertata un’imposta evasa superiore ad € 30.000,00”;
c) Insuperabile, poi, appare
l’argomento rappresentato dalla relazione governativa di
accompagnamento al D.Lgs. 74/2000, che puntualizza
espressamente come “il delitto resti integrato (…) solo
quando la falsa indicazione in dichiarazione degli
elementi attivi o passivi porti al superamento congiunto
di due soglie (da considerarsi alla stregua di
altrettanti elementi costitutivi del reato e che, in
quanto tali, debbono essere investiti dal dolo)”;
d) La tesi secondo cui le
soglie di punibilità rivestono il ruolo di elementi
costitutivi del reato e devono pertanto essere “coperte”
dal dolo è, altresì, conforme al criterio interpretativo
del favor rei, che rappresenta un principio fondamentale
del nostro ordinamento giuridico;
e) Da ultimo, si osserva
come, qualora dovesse adottarsi la tesi contraria, che
definisce le soglie quantitative come “condizioni
obiettive estrinseche di punibilità”, si dovrebbe
individuare nell’accertamento il momento di consumazione
del reato - in palese contrasto con quanto previsto
dallo stesso D.Lgs. 74/2000, che fissa tale momento
all’atto della dichiarazione - con evidenti effetti
distorsivi sul piano del computo dei termini di
prescrizione.
[*] Il presente contributo
costituisce la Relazione dell’Avvocato Tommaso Servetto
alla riunione dei soci del Centro di Diritto Penale
Tributario del 13.12.2011
[†] TRAVERSI-GENNAI, I nuovi
delitti tributari; CARACCIOLI, Il dolo nei delitti in
materia di dichiarazione, 2001; VENEZIANI, commento
all’art. 3 in AA.VV. Diritto e procedura penale
tributaria, 2001; CAROTENUTO, L’imposta evasa: una
svolta nel sistema penale tributario, 2003; G.L.SOANA, I
reati tributari, 2009.
[‡] CERQUA, Sulla natura giuridica
delle soglie di punibilità nei delitti in materia di
dichiarazione, 2001; PROCIDA-BOSIZIO, Nuovi reati in
materia di dichiarazione e bene giuridico protetto,
2002; CARTONI, Natura giuridica della soglia di
punibilità e sue conseguenze pratiche, 2002;
RISPOLI-BUSATO, Reati tributari – Percorsi
giurisprudenziali, 2007.
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