Lex ambiente.it
Pubblicato in Giur. merito 10\2011
si ringrazia l'Editore
Sommario:1. Premessa. “ 2. Il
contesto normativo in materia di inquinamento acustico,
con particolare riferimento al settore aeroportuale. “
3. L'aspetto sanzionatorio della legge quadro e la
«sovrapposizione» con la tutela penalistica. “ 4. Il
rapporto tra i commi 1 e 2 dell'art. 659 c.p., sotto la
particolare prospettiva dell'applicazione del principio
di offensività. “ 5. Conclusioni.
1. PREMESSA
Con il decreto di archiviazione in
commento il G.i.p. del Tribunale di Roma, intervenendo
nella dibattuta questione relativa ai rumori emessi dal
traffico aereo presso l'aeroporto di Ciampino ed alle
relative conseguenze sulla tranquillità e sulla salute
degli abitanti delle zone limitrofe, compie una preziosa
opera di delimitazione delle sfere di competenza delle
normative applicabili in materia di inquinamento
acustico. Invero, con particolare riferimento al
fenomeno della rumorosità con origine dal traffico
aereo, soprattutto alla luce del notevole aumento dei
voli nell'aeroporto laziale, la pronuncia, non solo fa
chiarezza sul composito quadro normativo e sul suo stato
di attuazione demandato alle competenti Autorità
amministrative, ma definisce anche, in maniera puntuale
i rapporti tra le due fattispecie criminose di cui
all'art. 659 c.p., commi 1 e 2 rispettivamente, da un
lato, e l'illecito di cui all'art. 10 comma 2 l. l. 26
ottobre 1995, n. 447 (recante Legge quadro
sull'inquinamento acustico), dall'altro.
Il contesto risultante, nell'àmbito
del quale viene riservato un autonomo e rilevante spazio
di operatività all'illecito amministrativo, a scapito
delle ipotesi contravvenzionali, trova un solido
fondamento nell'interpretazione delle rationes degli
interventi normativi in materia, tanto nazionali quanto
comunitari. Nell'ottica del rispetto della
discrezionalità del legislatore nella determinazione del
catalogo sanzionatorio, la retrocessione della tutela
penalistica viene, quindi, giustificata dall'intenzione
di contemperare la protezione dell'ambiente e della
tranquillità e salute pubblica con la salvaguardia di
altri diritti riconosciuti costituzionalmente, come,
nella specie, la liber tà di iniziativa economica (art.
41 Cost.), particolarmente rilevante, al riguardo, per
il progresso del Paese e la realizzazione dell'unità
culturale e spaziale comunitaria e internazionale.
Con il commento alla pronuncia,
dopo aver compiuto una breve ricognizione della
normativa attualmente vigente in materia di inquinamento
acustico, si coglie l'occasione per esaminare la
disciplina applicabile nelle varie fattispecie
verificabili in concreto, alla luce, peraltro,
dell'ulteriore e connessa problematica relativa alla
definizione dei rapporti tra le due contravvenzioni di
cui all'art. 659 c.p.
2. IL CONTESTO NORMATIVO IN MATERIA
DI INQUINAMENTO ACUSTICO, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO AL
SETTORE AEROPORTUALE
Alla luce dell'ormai unanime
riconoscimento dell'inquinamento acustico come causa
certa di effetti dannosi per la salute umana, il
legislatore nazionale già da più di trent'anni ha
affrontato il problema in relazione non solo
all'ambiente esterno ma anche agli ambienti di lavoro.
Nonostante si debba individuare il primo intervento
normativo in materia nella l. 23 dicembre 1978, n. 833
(intitolata Legge di riforma sanitaria), fu solo nel
1991 che il legislatore affrontò la materia in maniera
organica, quando, in ragione del crescente interesse
dimostrato in sede comunitaria (1) e in attesa
dell'emanazione di una legge-quadro sull'inquinamento
acustico, fu adottato il d.p.c.m. 1 marzo 1991 recante
Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti
abitativi e nell'ambiente esterno, che, escludendo dal
suo àmbito operativo gli ambienti di lavoro ed altri
fenomeni di rilevante entità, fissò le soglie di
accettabilità dei livelli di rumore su tutto il
territorio nazionale (2).
Fece séguito la legge quadro 26
ottobre 1995, n. 447, che fornì una disciplina organica
della materia attraverso l'indicazione di definizioni,
la fissazione di valori limite e l'individuazione di
provvedimenti per la limitazione delle emissioni sonore
di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e
gestionale, la previsione di controlli e sanzioni nonché
l'individuazione delle competenze dei singoli enti
territoriali, la previsione dell'adozione di piani di
risanamento acustico e la fissazione di disposizioni in
materia di impatto acustico (3). Peraltro, in virtù
dell'art. 11, che faceva rinvio per la definizione
dettagliata della disciplina in determinati settori alla
successiva emanazione di regolamenti di esecuzione,
all'entrata in vigore della legge quadro hanno fatto
séguito numerose disposizioni finalizzate alla concreta
attuazione della legge medesi ma e provvedimenti
specifici, attinenti a determinate fonti sonore (4) ,
tra cui, da ultimo, il d.lg. 19 agosto 2005, n. 194,
recante Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa
alla determinazione e alla gestione del rumore
ambientale e che ha in parte modificato la legge quadro
stessa (5).
Ciò nonostante, sebbene si debba
constatare la particolare intensità dell'attività svolta
dal legislatore, non può tuttavia dirsi completato il
quadro normativo di riferimento, vista la permanente
assenza di ulteriori provvedimenti attuativi di cui si
attende l'emanazione, e considerato che ad essi dovrà
poi seguire, per l'ulteriore esecuzione, l'attività
legislativa delle Regioni e l'intervento delle Province
e dei Comuni nei limiti delle competenze ad essi
attribuiti dalla legge quadro.
A questo riguardo e con particolare
riferimento al settore dell'inquinamento acustico avente
origine dal traffico aereo, va ricordato che, come
menzionato anche nel decreto di archiviazione in
commento, in virtù dell'art. 3 comma 1, lett. m) della
legge quadro, è stato emanato il decreto del Ministro
dell'ambiente 31 ottobre 1997, di concerto con il
Ministro dei trasporti e della navigazione, che, tra
l'altro, ha assegnato ad ENAC il potere di istituire per
ogni aeroporto la Commissione aeroportuale con il
còmpito di definire le procedure antirumore e di
individuare le c.d. aree di rispetto dell'intorno
aeroportuale (zone A, B, C, ex art. 6 d.m. 31 ottobre
1997), all'interno delle quali valgono i limiti per la
rumorosità prodotta dalle attività aeroportuali come
definite dalla legge quadro. La definizione della
zonizzazione rappresenta, infatti, il presupposto
indispensabile per consentire l'adozione delle procedure
antirumore previste dal suddetto decreto ministeriale,
per consentire inoltre alla società di gestione
aeroportuale di predisporre i piani di risanamento
previsti dalla vigente normativa e infine per evitare
ulteriori costruzioni edilizie intorno all'aeroporto.
La detta Commissione aeroportuale,
istituita in data 20 dicembre 2000 relativamente
all'aeroporto di Ciampino, nonostante abbia indicato le
procedure antirumore da seguire, poi adottate dalla
direzione dell'aeroporto con ordinanza n. 5 del 2001,
non ha in séguito provveduto alla caratterizzazione
acustica dell'intorno aeroportuale e alla
classificazione delle zone, in ragione
dell'impossibilità da parte della stessa di raggiungere
l'unanimità. Ne è conseguita la devoluzione della
relativa competenza a decidere alla Conferenza dei
servizi, la quale ha indi visto recepire le proprie
conclusioni dalla delibera della Giunta Regionale del
Lazio (pubblicata sul B.U. Regione Lazio n. 37 del 7
ottobre 2010, suppl. n. 172), che dovranno essere poi
adottate con provvedimento del Direttore della
circoscrizione aeroportuale.
3. L'ASPETTO SANZIONATORIO DELLA
LEGGE QUADRO E LA «SOVRAPPOSIZIONE» CON LA TUTELA
PENALISTICA
Accanto alle difficoltà attuative
di una normativa così complessa e frammentaria
nell'attribuzione delle competenze, ulteriori
perplessità sorgono in relazione al regime sanzionatorio
applicabile in caso di accertata violazione, alla luce
del disposto di cui all'art. 10 comma 2 legge quadro,
che, segnatamente, punisce con sanzione amministrativa
«chiunque, nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente
fissa o mobile di emissioni sonore, supera i valori
limite di emissione stabiliti dalla legge»; limiti, come
s'è visto, successivamente fissati, per la materia
dell'inquinamento acustico aereo, con d.m. 31 ottobre
1997. Invero, l'introduzione dell'illecito
amministrativo ha determinato una sostanziale
sovrapposizione normativa, in virtù del fatto che una
medesima fattispecie fattuale (in particolare la
produzione di rumore nell'esercizio di un mestiere con
corrispondente superamento dei limiti fissati in via
normativa o amministrativa) può facilmente integrare, in
astratto, tanto l'illecito di cui al citato art. 10
comma 2 quanto entrambi i reati previsti dal codice
penale all'art. 659 commi 1 e 2, rispettivamente.
Invero, com'è noto, anteriormente
al 1995, la tutela accordata dall'ordinamento contro il
rumore era unicamente di carattere penale, essendo stata
attuata attraverso i due reati di cui all'art. 659 c.p.,
inserito tra le contravvenzioni lesive dell'ordine
pubblico e della tranquillità pubblica, da intendersi
quest'ultima come un aspetto particolare del primo (6).
Per converso, con l'introduzione della novità normativa
del 1995 si sono sin da subito riscontrati rilevanti
problemi di individuazione della disciplina da
applicare, a cui è peraltro connesso l'ulteriore dubbio
sulla sopravvivenza delle contravvenzioni citate, in
considerazione dell'ipotizzato rapporto di specialità
sussistente tra esse e l'illecito amministrativo
contemplato dalla legge quadro.
Alla luce delle diverse opzioni
sviluppatesi nel tempo nella dottrina e nella
giurisprudenza, può ora affermarsi che la questione non
appare ancora pienamente risolta, anche se una
sostanziale unicità di indirizzo è stata raggiunta con
riferimento ai rapporti tra l'art. 10 l. n. 445 del 1997
e l'art. 659 comma 1 c.p. Infatti, in relazione a tale
problematica, comunemente si esclude che vi sia stata
qualsiasi forma di depenalizzazione, in ragione del
fatto che le due norme, in primo luogo, descrivono
distinte fattispecie, visto che la prima attiene al mero
superamento di una certa soglia prefissata, mentre la
seconda prende in considerazione gli effetti negativi
della rumorosità. In tal modo, ai fini dell'integrazione
dell'illecito amministrativo si ritiene sufficiente la
violazione dei detti limiti tramite un loro superamento,
mentre per configurare la contravvenzione si esige che
sia stato arrecato un effettivo disturbo alle persone,
da vagliare attraverso un accertamento concreto
giudiziale. In secondo luogo, si osserva che diverso è
lo scopo delle due norme, mirando la prima a preservare
la salubrità ambientale e la salute umana, contenendo i
limiti di rumorosità delle sorgenti sonore e
prescindendo dall'accertamento di un effettivo disturbo
alle persone, l'altra invece la quiete e la tranquillità
pubblica e i correlati diritti delle persone
all'occupazione e al riposo. Ne consegue che, non
operando il principio di specialità di cui all'art. 9 l.
24 novembre 1981, n. 689, non si produrrà alcun
assorbimento della seconda disposizione nella prima tale
da determinare l'applicazione solo di quest'ultima (7).
Peraltro, come anche menzionato dal
G.i.p. di Roma nel decreto in commento, non mancano
pronunce che affermano la possibilità di un concorso
formale tra i due illeciti laddove l'esercizio di un
mestiere rumoroso in violazione dei limiti stabiliti
dalla legge speciale abbia determinato non solo il
superamento dei limiti legali, ma anche la lesione o la
messa in pericolo della quiete pubblica (8) ; finendo in
tal modo per ribadire un indirizzo già consolidato
nell'ambito dell'analisi dei rapporti tra le due
disposizioni di cui all'art. 659, che verrà poi
separatamente affrontato, alla stregua del quale, una
volta accertato il superamento dei detti limiti, sarà
possibile procedere alla verifica in ordine
all'effettivo disturbo alle occupazioni e al riposo
delle persone. Anche se, sul punto, si connette
l'ulteriore problema relativo alla possibilità di
assorbimento del reato di cui al comma 1 dell'art. 659
c.p. da parte di quello previsto al comma 2 dello stesso
articolo (9). Questione in merito alla quale alcune
pronunce, tra cui lo stesso decreto che si annota,
concludono in senso positivo, fondandosi sul
riconoscimento della natura di reato di pericolo
concreto della contravvenzione di cui all'art. 659 comma
2 e ritenendo così integrata in via autonoma la
fattispecie di cui al comma 1 solo se l'attività svolta
ecceda il normale esercizio della professione o
costituisca uso smodato dei mezzi tipici di essa (10).
Del resto, da un lato, non viene ritenuto corretto
procedere ad una sopravvalutazione del criterio
teleologico ai fini di una differenziazione delle due
disposizioni, anche in ragione della sostanziale
affinità dei beni da esse tutelati; dall'altro, la
scelta in favore dell'assorbimento, alla luce della
sostanziale identità tra le fattispecie, viene
considerata afferente alla sfera della discrezionalità
legislativa.
Decisamente diverso è il contesto
interpretativo sviluppatosi in merito ai rapporti tra
l'illecito amministrativo de quo e la contravvenzione di
cui all'art. 659 comma 2 c.p., dovendosi constatare le
permanenti difficoltà incontrate nell'affermazione di un
indirizzo pienamente univoco.
Al riguardo, si osserva che
inizialmente in giurisprudenza si è avuta una prevalenza
della tesi della depenalizzazione totale dell'art. 659
comma 2, cit., ad opera dell'art. 10 l. n. 447, cit., in
virtù di una piena coincidenza tra le due fattispecie
descritte (11) ; affermazione che, dopo una fase
iniziale di incertezza, ha poi registrato una netta
stabilizzazione (12) , nonostante la medesima si sia
fondata nelle diverse interpretazioni su considerazioni
diverse. Invero, va riscontrato che, in molti casi, la
motivazione fondamentale è stata basata sulla
sussistenza di un rapporto di specialità tra l'art. 659
comma 2 c.p. e l'art. 10 legge quadro, con la
conseguenza che, sulla scorta del disposto dell'art. 9
l. n. 689 del 1981, deve ritenersi applicabile la sola
fattispecie che prevede l'irrogazione della sanzione
amministrativa (13). Peraltro, in alcuni casi,
l'esistenza di tale rapporto di specialità viene
rilevata sulla base di un confronto strutturale delle
fattispecie descritte, facendo notare, in primo luogo,
l'identità della situazione presa in esame dal codice
penale rispetto a quella sanzionata in via
amministrativa, e, in secondo luogo, la maggiore
ampiezza del contenuto della seconda, in quanto riferita
a «chiunque» e non solo a chi eserciti professioni o
mestieri per loro natura fonti di rumore (14).
Diversamente, in altre pronunce,
tra cui quella qui in commento, l'operare del principio
di specialità viene limitato alle ipotesi riferite al
solo superamento dei limiti di emissione, in quanto,
alla luce di una più attenta comparazione tra le due
fattispecie, emerge che solo in tali casi può rinvenirsi
una perfetta coincidenza tra norma penale e
amministrativa (15). Ne consegue che, laddove
l'emissione di rumore sia stata posta in essere in
violazione di norme che regolano i mestieri rumorosi
sotto profili diversi dai valori-limite (ad esempio,
riguardo agli orari di esercizio o all'adozione di
particolari accorgimenti), residuerà un campo di
applicabilità per l'ipotesi contravvenzionale.
Tuttavia, nella giurisprudenza
attuale, tale ultimo orientamento della c.d.
depenalizzazione parziale, da ritenersi prevalente,
registra pronunce che, partendo da una diversa
comparazione tra le disposizioni della legge quadro ed
il comma 2 dell'art. 659 c.p., sono giunte ad affermare
la soluzione diametralmente opposta, volta ad escludere
la sussistenza del rapporto di specialità. In tal modo,
mentre la parte maggioritaria della giurisprudenza ha
continuato a ribadire che la rilevanza penale della
condotta prevista dal comma 2 dell'art. 659 c.p. non è
stata del tutto eliminata ma resta circoscritta alla
violazione delle prescrizioni attinenti al problema
della rumorosità diverse da quelle concernenti i limiti
delle emissioni sonore (16) , un orientamento
minoritario ha al contrario negato l'esistenza del
rapporto di specialità. Ciò ha affermato in ragione del
fatto che la fattispecie di cui all'art. 659 comma 2
c.p. «contiene un elemento, mutuato da quella del comma
1 con cui il comma 2 va posto in relazione, estraneo
alla fattispecie prevista dall'art. 10 l. n. 447 del
1995 che tutela genericamente la salubrità ambientale
limitandosi a stabilire, e a sanzionarne in via
amministrativa, il superamento dei limiti di rumorosità
delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi
sussistente l'inquinamento acustico. Tale elemento è
rappresentato proprio da quella concreta idoneità della
condotta rumorosa, che determina la messa in pericolo
del bene della pubblica tranquillità tutelato da
entrambi i commi dell'art. 659 c.p., a recare disturbo
al riposo e alle occupazioni di una pluralità
indeterminata di persone» (17).
Quindi, se, da un lato, si è
continuato in diverse occasioni a ribadire la tesi
dell'abrogazione parziale, dall'altro, si è precisato
che, anche con riferimento al superamento dei limiti di
legge, non sussisterebbe la piena coincidenza tra le due
fattispecie in quanto quella contemplata nel codice
penale presenterebbe l'elemento differenziale
dell'offesa concreta al bene giuridico tutelato. Con
l'ulteriore conseguenza che, visto che le due
disposizioni non puniscono «lo stesso fatto», come
espressamente previsto e richiesto dall'art. 9 l. n. 689
del 1981, non vi sarà spazio per l'applicazione del
principio di specialità. Tesi che, peraltro, viene
fondata in alcune pronunce su considerazioni di mera
politica criminale, individuando come elemento
discretivo tra le due fattispecie i differenti scopi
rispettivamente perseguiti dalle norme in questione.
Invero, mentre la norma penale mira a sanzionare gli
effetti negativi della rumorosità col fine di tutelare
la tranquillità pubblica, la norma amministrativa,
attraverso il rispetto dei limiti di rumorosità, si pone
a protezione della salubrità ambientale in genere (18).
Tuttavia, un'interpretazione di
questo tipo non può essere recepita acriticamente, in
quanto, essendo fondata su un'attenta riflessione in
merito alla natura del reato di cui all'art. 659 comma
2, richiama prepotentemente l'ulteriore questione dei
rapporti tra i reati di cui ai commi 1 e 2 dell'art. 659
c.p., che merita di per sé un idoneo approfondimento.
4. IL RAPPORTO TRA I COMMI 1 E 2
DELL'ART. 659 C.P., SOTTO LA PARTICOLARE PROSPETTIVA
DELL'APPLICAZIONE DEL PRINCIPIO DI OFFENSIVITÀ
Occorre premettere che, nonostante
giurisprudenza e dottrina siano concordi nel ritenere
che l'art. 659 c.p. preveda due distinte ed autonome
figure di reato, si deve riconoscere che in entrambe le
ipotesi il bene tutelato è la quiete pubblica, intesa
come disturbo delle occupazioni e del riposo delle
persone ovvero degli spettacoli, dei ritrovi o dei
trattenimenti pubblici; disturbo che, con riferimento
alla fattispecie di cui al comma 1, può commettersi
«mediante schiamazzi o rumori ovvero abusando di
strumenti sonori o di segnalazioni acustiche ovvero
suscitando o non impedendo strepiti di animali», mentre
con riferimento all'ipotesi di cui al comma 2
«esercitando una professione o un mestiere rumoroso
contro le disposizioni della legge o le prescrizioni
dell'autorità». Con la conseguenza che, in entrambi i
casi, non si ritiene sufficiente che sia stato prodotto
un mero rumore, se lo stesso non abbia determinato un
pregiudizio alla quiete pubblica, nella specifica
accezione prevista dall'art. 659 c.p., essendo unico ed
identico il bene protetto (19). Questione ulteriore,
poi, sarà capire con quale grado dovrà essere portato,
ai fini della valutazione della configurazione dei
singoli reati, l'accertamento di tale pregiudizio, ossia
se sia necessario procedere ad un vaglio in concreto per
entrambe le fattispecie ovvero se, per la sola
contravvenzione di cui al comma 2, il pericolo vada
considerato insito nella condotta ritenuta dal
legislatore pericolosa per comune esperienza (20).
Invero, per quanto riguarda
l'ipotesi di cui al comma 1, secondo la giurisprudenza è
pacifica la natura di reato di pericolo concreto, con
l'immediata conseguenza che affinché esso sia integrato,
si esige la prova della idoneità del rumore prodotto a
turbare la quiete pubblica, ossia ad arrecare disturbo
ad un numero indeterminato di persone (21). Per
converso, l'opinione della giurisprudenza maggioritaria
è nel senso di ritenere applicabile la fattispecie
prevista dal comma 2 a tutte le attività lavorative
rumorose che, indipendentemente dal disturbo arrecato in
concreto, si svolgano in contrasto con disposizioni di
legge o prescrizioni dell'autorità. Ne consegue che, per
l'integrazione del reato non sarà necessario valutare se
il rumore prodotto nell'esercizio del mestiere sia
concretamente idoneo ad arrecare un danno alla quiete
pubblica, bensì si considera sufficiente che la
professione sia in sé rumorosa e venga esercitata
irregolarmente, venendosi ad integrare una presunzione
iuris et de iure della sussistenza dell'evento
perturbante, ossia della potenzialità offensiva del
rumore emesso (22). Al punto da arrivare a considerare
detta fattispecie alla stregua di un reato formale, per
la cui integrazione è sufficiente accertare la sola
condotta, prescindendo dalla valutazione degli effetti
prodotti (23).
Peraltro, la netta differenza tra
le due ipotesi contravvenzionali, riscontrata anche in
punto di trattamento sanzionatorio, viene fondata su
considerazioni di politica criminale. Per la prima, si è
infatti ritenuto che la produzione di rumori attraverso
comportamenti privi di collegamento con altri interessi
ritenuti dall'ordinamento apprezzabili meriti un
determinato e rigido trattamento sanzionatorio; per
l'altra, si è considerato, invece, che alcune
professioni e mestieri, nonostante possano produrre
rumori di per sé potenzialmente idonei a disturbare la
«tranquillità pubblica», devono veder garantito il
proprio esercizio, in vista della tutela di un interesse
superiore (come quello per esempio dell'economia
nazionale), seppur nei limiti consentiti dalle
disposizioni di legge o dalle prescrizioni
dell'autorità. Con la conseguenza che solo in caso di
violazione di tali limiti, si perfezionerà la
contravvenzione, peraltro contraddistinta da conse
guenze sanzionatorie più lievi rispetto a quelle
previste per la prima fattispecie. Così finendo, da un
lato, per regolare in maniera rigida e rigorosa
l'esercizio di alcune professioni entro limiti
strettamente necessari a garantire i detti interessi e,
dall'altro, per mantenere intatta la punibilità in sede
penale di condotte che non rispettino tali limiti,
considerati ex lege invalicabili ai fini della
salvaguardia del diritto al riposo e alla tranquillità
della comunità sociale (24).
Del resto, la diversità tra le due
disposizioni discende immediatamente dalla divergenza
tra le finalità da esse rispettivamente perseguite.
L'ipotesi di cui al comma 1, infatti, sanziona «gli
effetti negativi della rumorosità in funzione della
tutela della tranquillità pubblica», mentre quella di
cui al comma 2 «essendo diretta unicamente a stabilire i
limiti di intensità delle sorgenti sonore provenienti
fisiologicamente da attività rumorose, oltre i quali
deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico,
prende in considerazione soltanto il dato oggettivo del
superamento di una certa soglia di rumorosità» (25).
A ben vedere, l'adesione a tale
tesi maggioritaria rende particolarmente rilevante la
tecnica di tipizzazione normativa utilizzata per il
comma 2, da individuarsi chiaramente in quella della
norma penale in bianco, in cui la norma incriminatrice
individua il comportamento vietato, rinviando ad una
proposizione di rango inferiore (di regola un
regolamento amministrativo) per la precisa
determinazione del contenuto del divieto nelle modalità
spaziali e temporali dell'esercizio delle attività di
lavoro rumoroso. L'inosservanza della previsione
contenuta nel provvedimento amministrativo, quindi,
dovrebbe essere sufficiente per integrare, come visto,
gli estremi del reato; mentre a questo fine non rilevano
le disposizioni dettate ad altri scopi, la cui
violazione configurerà, qualora ne ricorrano le
condizioni, altri reati o infrazioni amministrative
(26).
Nonostante ciò, la sempre maggiore
rilevanza assunta dal principio di offensività nella
giurisprudenza attuale, seppur avvertita principalmente
in altri settori (27) , ha indotto, in alcuni casi, ad
attenuare la rigidità di una siffatta soluzione. Si è
dato luogo, infatti, all'introduzione di
un'interpretazione alternativa della norma di cui al
comma 2 dell'art. 659 c.p., tale da ritenere
insufficiente ai fini della configurabilità del reato e,
quindi, della declaratoria della responsabilità penale,
la mera violazione della specifica prescrizione in
particolare con riferimento al puro e semplice
travalicamento dei c.d. limiti tabellari considerando al
contrario necessario procedere anche all'accertamento
della concreta minaccia per il bene tutelato. Da cui ne
discende che dovrà escludersi la sussistenza del reato e
comunque la punibilità, laddove si constati che nel caso
di specie esista uno scarto tra tipicità, cioè la
violazione del provvedimento richiamato dalla norma
incriminatrice, e offesa al bene giuridico tutelato, nel
senso che, a fronte del superamento dei suddetti limiti
non si sia registrato alcun pregiudizio alla quiete
pubblica, neppure sotto forma di sua sottoposizione a
pericolo.
In tal modo, grazie alla
valorizzazione del principio di necessaria offensività,
un orientamento minoritario ritiene che, anche in caso
di inosservanza delle prescrizioni che disciplinano
l'esercizio dell'attività rumorosa, si debba comunque
procedere all'accertamento dell'effettiva sussistenza di
un disturbo per la pubblica quiete, in modo da valutare
sempre in concreto l'effettiva rumorosità determinata
(28).
Tra le conseguenze prodotte da tale
dibattito, si rinviene, oltre a quelle inerenti i
rapporti tra la detta fattispecie penale e l'illecito
amministrativo di cui all'art. 10 l. n. 447 del 1995,
che saranno successivamente affrontate, quelle, seppur
connesse, attinenti alla configurabilità del concorso
formale tra le due ipotesi di reato di cui all'art. 659
c.p. In particolare i dubbi in merito alla disciplina
applicabile attengono al particolare caso in cui il
rumore prodotto dall'esercizio del mestiere, in
violazione delle disposizioni di legge o delle
prescrizioni dell'Autorità, sia effettivamente idoneo a
mettere in pericolo la quiete pubblica. Invero, le
restanti ipotesi verificabili non producono rilevanti
perplessità: laddove il rumore sia stato generato al di
fuori dell'esercizio del mestiere si applicherà,
infatti, l'art. 659 comma 1, nei limiti in cui sia stata
determinato un pericolo concreto al bene giuridico
tutelato. Viceversa, nel caso in cui il rumore prodotto
nell'esercizio del mestiere, in violazione delle
disposizioni di legge o delle prescrizioni
dell'Autorità, non abbia parimenti determinato un
pregiudizio concreto alla quiete pubblica, aderendo alla
tesi maggioritaria del reato di pericolo astratto, sarà
applicabile il solo art. 659 comma 2, altrimenti alla
condotta bisognerà negare qualsiasi rilievo penale, non
potendosi ritenere integrata la fattispecie del comma 1.
Con riferimento all'ipotesi dubbia,
invece, va osservato che, aderendo all'opinione
prevalente che distingue le due contravvenzioni tra
reato di pericolo concreto e reato di pericolo astratto
(rispettivamente con riferimento alle ipotesi dei commi
l e 2), si finisce per ammettere il concorso formale,
venendosi ad integrare nel caso di specie entrambe le
fattispecie di reato. In tal modo, infatti, l'abuso
previsto dal comma 2 sarà solo quello costituito da una
violazione delle prescrizioni che disciplinano
l'esercizio della professione o del mestiere; mentre
l'abuso che si concretizza nell'emissione di rumori
eccedenti la normale tollerabilità ed idonei a
disturbare le occupazioni o il riposo delle persone
rientrerà nella previsione di cui al comma 1 dell'art.
659 c.p., indipendente mente dalla fonte sonora dalla
quale i rumori provengono, quindi anche nel caso di uso
smodato dei mezzi tipici di esercizio della professione
o del mestiere rumoroso (29). È evidente pertanto che
occorre procedere in via prioritaria ad una verifica
rigorosa se siano stati o meno rispettati i livelli
sonori massimi previsti dalla vigente normativa speciale
in tema di inquinamento acustico e, solo in caso di
accertato superamento di tali limiti, sarà possibile
procedere alla verifica in ordine alla eventuale
contestuale sussistenza, in presenza dei presupposti
previsti dalla legge, della condotta integrante
l'ipotesi di cui al comma 1 dell'art. 659, cit., essendo
per l'appunto configurabile anche un concorso fra le
condotte descritte nei due commi della predetta
disposizione codicistica (30).
Al contrario, la valutazione della
contravvenzione di cui al comma 2 alla stregua di un
reato di pericolo concreto determina la qualificazione
della stessa come ipotesi speciale rispetto a quella
indicata dal comma 1, con la conseguenza che, a fronte
dell'integrazione di entrambe, dovrà trovare
applicazione solo quella di cui al comma 2, in virtù del
principio di specialità di cui all'art. 15 c.p. Invero,
quest'ultima contravvenzione presenterebbe, a voler
seguire tale ricostruzione, alcuni elementi aggiuntivi
rispetto al primo reato, richiedendosi per la sua
integrazione, non solo la lesione del bene giuridico
costituito dalla quiete pubblica, ma anche che il rumore
sia stato prodotto nell'esercizio di una professione o
di un mestiere rumoroso e in violazione delle dette
prescrizioni. Allo stesso tempo, come già accennato,
alcune pronunce, a cui fa séguito il decreto di
archiviazione in oggetto, hanno apportato dei correttivi
a tale tesi, concentrandosi sulle modalità di esercizio
del mestiere rumoroso e, in tal modo, finendo per
ammettere il concorso: così, mentre nell'ipotesi di
normale esercizio si applicherà, come detto, il solo
comma 2, con assorbimento del reato di cui al comma 1,
nel diverso caso in cui l'attività svolta ecceda il
normale esercizio della professione o costituisca un uso
smodato dei mezzi tipici di essa, troverà applicazione
anche la fattispecie di cui al comma 1 (31).
Tesi isolata è poi quella che,
individuando come essenziale elemento discretivo tra le
due contravvenzioni la fonte di produzione del rumore,
esclude l'integrazione del comma 1 laddove si tratti di
rumori provocati nell'esercizio di una professione o di
un mestiere rumoroso, ritenendo di restare, viceversa,
nell'àmbito della fattispecie di cui al comma 2, anche
nel caso di attitudine dei rumori stessi a ledere la
quiete e la tranquillità pubblica, essendo tale bene
giuridico protetto da entrambe le disposizioni della
norma (32).
5. CONCLUSIONI
L'analisi degli orientamenti
venutisi ad affermare in merito alle questioni dei
rapporti tanto tra l'art. 10 e l'art. 659 comma 2 c.p.,
da un lato, quanto tra l'art. 659 comma 1 c.p. e l'art.
659 comma 2 stesso codice, dall'altro, ha posto in luce
l'importanza assoluta assunta dall'interpretazione del
reato di cui all'art. 659 comma 2, cit., alla stregua di
reato di pericolo concreto o astratto. Invero, seguendo
l'interpretazione finora prevalente, l'affermazione
della natura di reato di pericolo astratto determina, in
primo luogo, la demarcazione di una netta linea di
confine di tale reato con quello di cui all'art. 659
comma 1, tale, come visto, da rendere pacificamente
configurabile tra essi un'ipotesi di concorso formale;
inoltre, insistendo in tale interpretazione, non si può
negare l'esistenza di una coincidenza della fattispecie
regolata dall'art. 659 comma 2 c.p. con quella
disciplinata dall'art. 10, richiedendo entrambe per la
loro integrazione il mero superamento dei limiti
normativamente posti. Con la conseguenza che, quanto
meno con specifico riferimento al caso in cui la
violazione consista nel superamento dei limiti di rumore
previsti dal legislatore o dall'Autorità amministrativa,
si deve confermare, così seguendo l'opzione attualmente
prevalente, l'avvenuta depenalizzazione parziale della
contravvenzione de qua, trovando applicazione il
principio di specialità di cui all'art. 9 l. n. 689 del
1981. Con l'ulteriore conseguenza che nell'ipotesi in
cui il rumore prodotto nell'esercizio del mestiere abbia
superato i detti limiti e, al contempo, alla luce di una
valutazione in concreto, sia risultato lesivo della
quiete pubblica verrà integrata sia la contravvenzione
di cui all'art. 659 comma 1 c.p. che l'illecito
amministrativo di cui all'art. 10 l. n. 447 del 1995,
che andranno così a concorrere.
Diversamente, laddove si volesse
aderire alla tesi che considera il reato di cui al comma
2 dell'art. 659 come reato di pericolo concreto, si
ritiene che si debba accettare, come visto, l'idea della
non configurabilità di un concorso formale di esso con
la contravvenzione di cui al comma 1 del medesimo
articolo, trovandosi, al contrario, al cospetto di
un'ipotesi di concorso apparente tra norme che determina
l'applicabilità del solo comma 2, in virtù del principio
di specialità ex art. 15 c.p. Con l'ulteriore
conseguenza che, accedendo alla tesi maggioritaria della
depenalizzazione (parziale) dell'ultima fattispecie di
reato, finirebbe per trovare applicazione in questo caso
la sola disposizione recante l'illecito amministrativo.
Soluzione questa ampiamente opinabile, in quanto
condurrebbe all'applicazione dell'ipotesi normativa più
attenuata nel caso di emissioni sonore perturbative
della quiete pubblica, quindi nelle situazioni
potenzialmente maggiormente inquinanti acusticamente,
che se ricomprese nella sola previsione del comma 2
dell'art. 659 c.p. sarebbero, per l'appunto, ora
soggette unicamente alla sanzione amministrativa (33).
Si giungerebbe, invece, a diverse
conclusioni laddove si volesse aderire alla tesi già
illustrata, volta ad individuare una differenza
strutturale tra la fattispecie di cui all'art. 659 comma
2 c.p. e quella di cui all'art. 10 l. n. 447 del 1995,
ritenendo che solo la prima si ponga a tutela del bene
giuridico quiete pubblica e, dunque, richieda la lesione
di questo per la sua integrazione. Ne conseguirà,
quindi, che nell'ipotesi problematica di rumore
derivante dall'attività professionale esorbitante i
limiti legislativi, nel caso in cui, alla stregua di una
valutazione giudiziale in concreto, non si sarà
determinata una lesione della quiete pubblica, si
configurerà il solo illecito amministrativo di cui
all'art. 10 anzidetto. Al contrario, laddove nella
medesima ipotesi si verifichi anche un pregiudizio
concreto ed effettivo alla quiete pubblica verrà
integrata sia l'ipotesi dell'art. 659 comma 2 c.p. che
quella di natura amministrativa, non essendovi un
rapporto di specialità attesa la diversità strutturale
tra le fattispecie; principio di specialità che, al
contrario, sussisterà con riferimento alla
contravvenzione di cui all'art. 659 comma 1 c.p.,
determinandone l'inapplicabilità.
Per converso, viene ammesso il
concorso tra i due illeciti penali, nonostante la
considerazione di entrambi come reati di pericolo
concreto, con l'adesione alla tesi sposata dalla
pronuncia sull'aeroporto di Ciampino, con riferimento
alla sola ipotesi di esercizio smodato ed esorbitante i
c.d. limiti interni dell'attività della professione
rumorosa, decretando invece l'assorbimento della
fattispecie di cui al comma 1 da parte di quella di cui
al comma 2 nell'ipotesi di esercizio normale. Nel primo
caso si assisterebbe, infatti, ad un'applicazione
congiunta non solo delle due contravvenzioni, ma,
relativamente allo specifico caso di superamento dei
valori-limite (oggetto della depenalizzazione parziale),
anche del reato di cui all'art. 659 comma 1 e
dell'illecito amministrativo.
Alla luce delle diverse opzioni
ermeneutiche illustrate e delle relative conseguenze sul
piano sanzionatorio, ci si sente di condividere le tesi
maggioritarie affermatesi, in relazione alle differenti
problematiche, nella giurisprudenza di legittimità. Il
contesto che ne discende fa, quindi, in primis,
confermare l'avvenuta depenalizzazione parziale
dell'art. 659 comma 2 in favore dell'art. 10 comma 2 l.
n. 447 del 1995 e, in secundis, ritenere pienamente
ipotizzabile il concorso formale tanto tra il reato di
pericolo concreto di cui all'art. 659 comma 1 e il reato
di pericolo astratto di cui all'art. 659 comma 2, quanto
tra la prima contravvenzione e l'illecito
amministrativo. Ne consegue che, tornando alla materia
dell'inquinamento acustico aereo, una volta accertato
che le emissioni rumorose sono superiori ai limiti di
cui al d.m. 31 ottobre 1997, spetterà al giudice
valutare in concreto se sia stata prodotta una lesione o
una messa in pericolo della quiete pubblica, in modo da
ritenere integrato non solo l'illecito amministrativo ma
anche la contravvenzione di cui al comma 1.
Del resto, non possono condividersi
le opzioni alternative che conducono alla negazione
delle descritte ipotesi concorsuali, attesa l'illogicità
delle conseguenze sul piano sanzionatorio, finendo, in
tal modo, per trovare applicazione la normativa più
tenue nella situazione più grave. Invero, ben potrebbe
ritenersi che lo scopo perseguito, prima con l'art. 659
comma 2 c.p. poi con l'introduzione dell'illecito
amministrativo, potrebbe essere, non solo quello di
garantire il libero esercizio dell'iniziativa economica
fornendo una normativa più favorevole, ma anche quello
di sanzionare sia in via amministrativa che in via
penale le fattispecie particolarmente pericolose per la
salute collettiva.
Infine, decisamente diversa e, per
ciò, non criticabile è la soluzione avanzata sul punto
dal G.i.p. romano che, nonostante condizioni l'operare
dell'art. 659 comma 1 c.p. alla valutazione delle
modalità di esercizio del mestiere rumoroso, non nega la
possibilità di un'applicazione congiunta degli illeciti.
Tuttavia, al riguardo vanno pur sempre considerate le
difficoltà che si potrebbero incontrare in sede
processuale nell'accertamento del concreto svolgimento
della professione, che potrebbero condurre ad
un'eccessiva limitazione della sfera di applicazione
della contravvenzione più grave.
Note
(1)Per l'esame della disciplina
comunitaria, cfr.Grillo, nota introduttiva alla
sezioneRumore, inMaglia - Santoloci,Il codice
dell'ambiente, Piacenza, 2007, al quale si fa rinvio
anche per l'analisi delle altre disposizioni che si qui
si citano.
(2)In generale, per un commento al
testo della normativa in materia di inquinamento
acustico, si vedaDe Cesaris,Inquinamento acustico, inDe
Cesaris -Nespor,Codice dell'ambiente, Milano, 1999, 951
ss.
(3)Per un'analisi dettagliata delle
disposizioni contenute nella l. n. 447 del 1995 e di
quelle del d.p.c.m. 1 marzo 1991, e per un loro esame
comparato, v.Gabriotti, inLa tutela del «bene ambiente»
dall'inquinamento acustico, inAmbiente e sviluppo, 1996,
f. 6, 452 ss. Per primi commenti alla legge
quadro:Fonderico,Legge-quadro sull'inquinamento
acustico: molto rumore per nulla, inAmbiente e sviluppo,
1996, f. 2, 89;Muratori,La nuova legge quadro sul
rumore, inAmbiente e sviluppo, 1995, f. 12, 8;
Giampietro,Inquinamento acustico: un disegno incompleto,
inAmbiente e sviluppo, 1993, f. 3, 99.
(4)Per l'individuazione dei singoli
provvedimenti adottati, v.Ramacci,Diritto penale
dell'ambiente, Padova, 2007, 439 ss.
(5)Per un commento,
v.Muratori,Gestione del rumore ambientale
«all'europea»:l'Italia si adegua, a modo, suo, alle
regole, inAmbiente e sviluppo, 2005, f. 12, 1049.
(6)Per un approfondimento sulla
normativa penale, v.Ramacci,Manuale di diritto penale
dell'ambiente, Padova, 2005, 445 ss.
(7)Ex plurimis, cfr. Cass., sez. I,
23 aprile 1998, Garozzo, inCass. pen., 1999, 1771;Riv.
pen., 1999, 87; Giust. pen., 1999, II, 1; Cass., sez. I,
10 dicembre 1997, Sciacquatori e altro, inStudium iuris,
1998, 1262;Riv. pen., 1998, 248.
(8)V. Cass., sez. I, 6 dicembre
2006, n. 1075, inCed Cass., n. 235791.
(9)Cfr. Cass., sez. I, 25 maggio
2006, n. 30773, inCass. pen., 2007, 2845. Sul punto si
veda l'approfondimento di cui al paragrafo successivo.
(10)Come anche nel decreto di
archiviazionede quo, si rinvia a Cass., sez. I, 6
novembre 2007, n. 46083, inCass. pen., 2009, 1049;
Cass., sez. I, 25 maggio 2006, n. 30773, inCass. pen.,
2007, 2845.
(11)La prima decisione nota è del
G.i.p. Pret. Venezia 13 luglio 1996, Rosso, inNuovo
dir., 1996, n. 9, 789 ss., con nota
diRamacci,Inquinamento acustico: è ancora applicabile
l'art. 659 c.p. dopo l'entrata in vigore della legge
447/95?, sulla quale interveniva poi Cass., sez. I, 12
marzo 1997, Rosso, inRiv. pen., 1997, n. 4, con nota
diRamacci,Inquinamento acustico: la Cassazione individua
l'ambito di applicazione della Legge Quadro e dell'art.
659 c.p.
(12)V. ad esempio, Cass., sez. I, 8
settembre 1997 (recte, 19 giugno 1997), Sansalone,
inGiur. it., 1998, 1915;Ced Cass., n. 208495; Cass.,
Sez. I, 3 marzo 1998, n. 1295, Herpel, inRiv. pen.,
1998, 434; Cass., sez. I, 26 marzo 1998, Girolimetti,
inCed Cass., n. 210425; Cass., sez. I, 26 aprile 2000,
Civiero, inCass. pen., 2001, 1479.
(13)Così, Cass., sez. I, 21 gennaio
1997, Marasco Petromilli, inCass. pen., 1998, 88, con
nota diDe Falco,La tutela normativa dall'inquinamento
acustico. I reati di cui all'art. 659 c.p. ed i nuovi
illeciti amministrativi;Studium iuris, 1997, 969.
(14)Cass., sez. I, 8 settembre
1997, Sansalone, cit. Nello stesso senso Cass., sez. I,
3 dicembre 1997, n. 11113, Antonazzo, inCass. pen.,
1998, 2929.
(15)Ex multis, v. Cass., sez. I, 26
aprile 2000, n. 10518, Mirarchi, inCed Cass., n. 217043;
Cass., sez. I, 26 aprile 2000, Civiero, cit.; Cass.,
sez. I, 18 marzo 1999, n. 6291, De Mitri, inCass. pen.,
2000, 1956; Cass., sez. I, 30 settembre 1998, n. 13010,
Messina, inCass. pen., 2000, 1954; Cass., Sez. I, 26
marzo 1998, Girolimetti, cit.; Cass., sez. I, 3 marzo
1998, Herpel, cit.; Cass., sez. I, 4 luglio 1997, Vita,
inCed Cass., n. 208578; Cass., sez. I, 21 gennaio 1997,
Marasco Petromilli, cit.
(16)V. Cass., sez. III, 21 dicembre
2006, n. 2875, inCed Cass., n. 236091. Nello stesso
senso, Cass., sez. I, 3 dicembre 2004, n. 530, inCed
Cass., n. 230890; Id., Sez. I, 8 novembre 2002, n.
43202, Romanisio, inCed Cass., n. 222946;Cass. pen.,
2004, 508.
(17)Così, Cass., sez. I, 16 aprile
2004, n. 25103, inCed Cass., n. 228244;Riv. pen., 2004,
810. Il principio era stato in qualche modo già
accennato dalla risalente pronuncia di Cass., sez. I, 12
marzo 1997, Rosso, cit. Lo stesso orientamento è stato
poi ripreso da Cass., sez. I, 1 aprile 2004, n. 32468,
inRiv. pen., 2004, 1071;Consulente dell'impresa
commerciale industriale (per il), 2005, f. 5, 868, con
nota diIzzo,Attività industriali rumorose tutela
penalistica ed amministrativa; e da Cass., sez. III, 5
dicembre 2006, n. 1561, inCass. pen., 2007, 4174.
(18)Cass., sez. I, 11 novembre
2005, n. 8197, inRiv. giur. ambiente, 2006, 458, nella
quale, peraltro, proprio in ragione della differenza tra
i beni protetti dalle due normative (penale e
amministrativa), se ne ammette l'applicazione congiunta
nel momento in cui sia superato il livello quantitativo
di emissione sonora consentito e, al contempo, la
condotta sia concretamente idonea a recare disturbo ad
una pluralità indeterminata di persone. Si veda,
inoltre, Cass., sez. I, 29 novembre 2002, n. 3742,
Tomagra, inGuida dir., 2003, f. 19, 101.
(19)Cfr. Cass., sez. I, 20 marzo
2002, Carloni ed altri, inCed Cass., n. 221888;Riv.
giur. pol., 2007, 533.
(20)Sulla distinzione tra i reati
di pericolo astratto e i reati di pericolo concreto, si
veda, tra gli altri,Gargani,Reati contro la pubblica
incolumità, inGrosso - Padovani - Pagliaro,Trattato di
diritto penale. Parte speciale, IX, t. I, Milano, 2008,
108 ss.;Parodi Giusino,I reati di pericolo tra dogmatica
e politica criminale, Milano, 1990, importante anche per
l'analisi del rapporto esistente tra i reati di pericolo
in generale ed il principio di offensività. Sui reati di
pericolo in generale si segnala, invece,Gallo,Reati di
pericolo, inForo pen., 1969, 1 ss.;Delitala,Reati di
pericolo, inStudi Petrocelli, III, Milano 1972, 1731. Si
rammenta infine, che, secondo parte della dottrina (tra
gli altri,Mantovani,Diritto penale,Parte generale,
Padova, 2009, 207 s.), è necessario altresì distinguere
tra reati di pericolo astratto e reati di pericolo
presunto.
(21)Cfr.,ex plurimis, Cass., sez.
I, 11 novembre 1985, Bottazzo, inCass. pen., 1987, 1725;
Cass., sez. VI, 12 luglio 1985, Zannoni, inCed Cass., n.
170927; Cass., sez. III, 21 ottobre 1981, Ponti, inCed
Cass., n. 151640; Cass., sez. III, 20 ottobre 1965,
Inneo, inCass. pen., 1966, 372.
(22)V.,ex plurimis, sez. I, 8
novembre 2002, Romanisio, cit. in nt. 16; Cass., sez. I,
26 aprile 2000, Civiero, cit. in nota 12; Cass., sez. I,
23 febbraio 1998, Basile, inGiust. pen.1999, II, 439;
Cass., sez. I, 28 settembre 1994, Amato, inCed Cass., n.
200022; Cass., sez. I, 1 luglio 1980, Fiori, inCass.
pen., 1982, 66; Cass., sez. IV, 10 dicembre 1965, n.
2602, Fovero, inCed Cass., n. 101230. In dottrina,
cfr.Castaldo,Attività lavorativa e inquinamento da
rumore, inRiv. pen. econ., 1990, 22.
(23)V. Cass., sez. VI, 3 luglio
1969, Caroli, inCed Cass., n. 112682.
(24)Al riguardo, è degno di
menzione l'orientamento di parte della giurisprudenza
che ha ritenuto configurabile la contravvenzione di cui
all'art. 659 comma 1 c.p. nel caso in cui la produzione
di rumori, anche se avvenuta nel rispetto delle
prescrizioni normative, abbia determinato una lesione
effettiva del bene giuridico tutelato. V. Cass., sez. I,
12 dicembre 1994, Mangone, inCed Cass., n. 200652,
riguardante una fattispecie di esercizio di attività di
discoteca a carattere stagionale.
(25)Così, Cass., sez. I, 6 dicembre
2006, n. 1075, cit. in nt. 8. In precedenza, sulla
scorta della medesima argomentazione, Cass., sez. I, 14
novembre 2001, n. 319, Fittabile, inCed Cass., n.
220458; Cass., sez. I, 19 novembre 1999, Piccioni,
inCass. pen., 2000, 3301;Riv. pen., 2000, 598; Riv.
giur. polizia, 2007, 529; Cass., sez. I, 26 marzo 1997,
Cavallini, inCass. pen., 1998, 1364;Dir. pen. e
processo, 1998, 328 con nota di Bisori; Cons. impr.
comm. ind.1997, 2111; Cass., sez. I, 7 novembre 1996,
P.M. in proc. Tornei ed altro, inCed Cass., n. 206181.
(26)Cass., sez. I, 29 novembre
1996, Giacomelli, inCass. pen., 1998, 90, con nota diDe
Falco,La tutela normativa dell'inquinamento acustico. I
reati di cui all'art. 659 c.p. ed i nuovi illeciti
amministrativi.
(27)Come esempio si prenda in
considerazione il settore degli stupefacenti, per
un'analisi del quale, sotto il particolare profilo della
valutazione dell'offensività delle condotte, si consenta
di rinviare adVerrico,Le applicazioni del principio di
offensività in materia di coltivazione di piante da
stupefacenti alla luce delle Sezioni Unite del 2008,
inCass. pen., 2010, n. 10, 207 ss., dove si prende in
esame anche il ruolo del principio di offensività nella
giurisprudenza attuale. Inoltre, in generale sul
principio di offensività, v.Manes,Il principio di
offensività nel diritto penale. Canone di politica
criminale, criterio ermeneutico, Torino, 2005.
(28)Cfr. Cass., sez. I, 19 giugno
1992, n. 2908, Bergami, inForo it., 1993, 432; Cass.,
sez. I, 12 giugno 1992, n. 7954, Maselli, inGiust. pen.,
1993, n. 6, 325; Cass., sez. I, 1 luglio 1980, n. 12913,
Fiori, cit. in nota 22. Sui rischi che un tale
accertamento in concreto determini uno «sconfinamento»
da parte del giudice penale nel campo di competenza
dell'autorità amministrativa, avuto riguardo al potere
di fissare i limiti di accettabilità del rumore,
cfr.Grillo,Le leggi vigenti ci difendono dal rumore?, in
questaRivista, 1989, 201.
(29)Cass., sez. I, 19 novembre
1999, n. 382, Piccioni, cit. in nota 25; Cass., sez. I,
26 marzo 1997, Cavallini, cit. anch'essa in nt. 25.
(30)Cfr. Cass., Sez. I, 14 novembre
2001, n. 319, Fittabile, cit. in nt. 25; Cass., sez. I,
19 novembre 1999, n. 382, Piccioni, cit. anch'essa in
nt. 25.
(31)Cass., sez. I, 25 maggio 2006,
n. 30773, inCass. pen., 2007, 2845.
(32)Cass., sez. I, 6 novembre 2007,
n. 46083, inCass. pen., 2009, 1049; Cass., sez. I, 20
marzo 2002, n. 24018, Carloni, inCass. pen., 2003, 1557;
Cass., sez. I, 17 dicembre 1998, n. 4820, Marinelli,
inCass. pen., 2000, 1956.
(33)In questo senso Trib. Napoli 7
marzo 2007, ord., in questaRivista, 2007, 3246, con nota
diRamacci,Inquinamento da rumore e tutela penale.Contra,
il G.i.p. del Tribunale di Roma, nel decreto in
commento, sostiene la «ragionevolezza» della scelta
legislativa in favore dell'applicazione dell'illecito
amministrativo, stante la particolare invasività della
relativa disciplina sanzionatoria (sanzione pecuniaria,
lungo termine di prescrizione, applicabilità di misure
interdittive). |