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Il 16 dicembre scorso è stato
approvato dal Consiglio dei Ministri lo schema di
decreto legge (nel prosieguo DDL) recante «Disposizioni
urgenti in materia di composizione delle crisi da
sovraindebitamento e disciplina del processo civile» .
Il provvedimento che, allo stato,
consta di 18 articoli si divide in due capi:
Il primo dall’art. 1 all’art.
12 , -oggetto di questo breve contributo a prima
lettura- contiene, norme finalizzate ad introdurre
nell’ordinamento, disposizioni dirette a approntare un
rimedio alle situazioni di sovraindebitamento di
soggetti ( persone fisiche o enti collettivi ) cui non
si applicano le vigenti norme in materia di procedure
concorsuali1.
Il secondo contiene norme che
riguardano la mediazione ( art. 13) ed il processo
civile ( artt. da 14 a 16 )e le società art. 17.
L’ultimo articolo, il 18, reca
disposizioni relative all’entrata in vigore del DL.
Con questo contributo, si intende
fornire insieme ad una prima sintetica esposizione della
normativa relativa solo al capo I oltre a qualche prima
considerazione pur nella consapevolezza della
possibilità che il testo muti sia in sede di
presentazione per la promulgazione, sia in sede di
successiva conversione in legge.
§ 1) CONSIDERAZIONI PRELIMINARI
La considerazione, che per prima
sorge spontanea alla lettura del testo, è quella della
effettiva utilità dell’introduzione nel corpo
legislativo di una disposizione che prevede un
procedimento quasi del tutto sovrapponibile ad una norma
già esistente: l’ art. 162 bis della Legge Fallimentare.
Il quasi serve a tener fuori la
“frangia” della nova norma che istituisce ( artt. 2
comma 1 e 10 e, per la fase transitoria, 12 del DDL ) i
cosiddetti “ organismi di mediazione della crisi” con
funzioni non ben chiaramente definite sebbene
implicitamente riconducibili a quelle di supporto del
debitore e di vigilanza nella procedura di composizione
della crisi.
Una diversa considerazione, di
carattere metagiuridico, non si sottrae alla suggestione
che deriva dalla necessaria presa d’atto di una specie
di limitata equiparazione tra individuo ed impresa che
il legislatore ci consegna insieme alla sensazione di
stare assistendo ad una graduale ma profonda
trasformazione della nostra Società; ora più
marcatamente orientata, rispetto anche al passato
prossimo, più ai principi dell’ economia di mercato che
a quelli solidaristici di derivazione costituzionale.
A scanso di equivoci, va detto che
l’approntare anche per le famiglie sovraindebitate uno
strumento che consenta loro almeno di “tirare una
boccata di respiro” è fatto indubbiamente positivo che
reca però in sé l’insidioso rischio di cristallizzare
nella coscienza comune, la visione di un individuo
destinato, per sua natura quasi, a consumare anche a
costo di indebitarsi oltre le proprie potenzialità,
nella certezza di poter comunque alla fine scamparla in
qualche modo e dell’ormai data per assodata funzionalità
di tale modello al sistema complessivo dell’economia di
mercato .
In questo contesto, la pur prevista
presenza pubblica – sotto la specie del controllo
giudiziario e di quello, pur controvertibile dei
cosiddetti “ organismi di composizione della crisi (di
cui all’art. 2 comma 1 e 10 del DDL)- si vede assegnare
i suoi spazi all’inizio, nel cuore ed alla foce del
procedimento (oltre che nella fase successiva di
controllo dell’attuazione dell’”accordo” ).
Tale presenza pare rafforzare la
convinzione che mediante essa si sia voluta, in buona
sostanza, sancire una sorta di collateralismo statale
mercé la condivisione della logica dei mercati
finanziari.
Probabilmente, ma questa è
un’impressione del tutto personale, in questa
prospettiva al Tribunale del luogo ove risiede il
debitore sono stati affidati:
il compito di ricevere
l’istanza di ammissione alla procedura ( art. 4 del
progetto di DL)
quello di fissare l’udienza e
di disporrne la comunicazione ai creditori ( art. 5
comma 1)
quello di sospendere,nei casi
previsti, per 4 mesi l’avvio o la prosecuzione di
“azioni esecutive individuali” nei confronti del
debitore né altri procedimenti cautelari a tutela
preventiva del credito ( art. 5 comma 3);
quello di omologare l’accordo (
art. 7 comma 2),
quello di decidere sulle
eventuali contestazioni insorte in sede di attuazione
dell’accordo ( art. 8 commi 2 e 3 )
quello di annullare l’accordo (
art. 9 comma 1) nonché
quello di pronunciarsi
sull’istanza di risoluzione dell’accordo medesimo ( art.
9 comma 2).
***
Alla luce di quanto esposto fino e
delle pur sommariamente accennate analogie con la
procedura predisposta dall’art. 162 bis L.F. sorgono sin
d’ora spontanei almeno due interrogativi:
il primo sul perché non si sia
scelta una forma d’intervento legislativo diretto ad
apportare modifiche all’art. 162 bis della L.F. miranti
ad estenderne l’ambito di operatività anche a soggetti
diversi dagli attuali destinatari della Legge come
individuati dal suo art. 1 della avuto riguardo anche al
fatto, che, come si avrà modo di vedere, il meccanismo
predisposto da questa norma della L.F. risulta più
semplice e permette di giungere risultati del tutto
simili a quelli ai quali si perviene con gli accordi di
ristrutturazione del debito;
il secondo attiene al
differente trattamento riservato all’imprenditore (
persona fisica o giuridica) ammesso alle procedure
concorsuali rispetto a quello ( persona fisica o
giuridica) non ammesso e, come tale (salvo quanto si
dirà in seguito in ordine al comma 5 dell’art. 7 del
DDL) destinatario della norma in esame. Infatti, per
l’art. 162 L.F. l’imprenditore può direttamente
predisporre e concludere con i propri debitori accordi
di ristrutturazione mentre l’ artt. 2 comma 1 del DDL in
commento impone all’imprenditore non ammesso alle
procedure concorsuale di rivolgersi ai cosiddetti
organismi di “mediazione della crisi” per l’imposto
“ausilio” già in fase di redazione della proposta ai
creditori. Ora se tale ricorso può, in astratto, avere
un senso per il caso di sovraindebitamento del
consumatore dato che- alla stregua del complesso di
norme che oggi lo tutela- al medesimo viene riconosciuto
lo status di “soggetto socialmente (perché
economicamente) debole” e perciò si presume non abbia
esperienza e nozioni necessarie per affrontare banche e
società finanziarie ed altri più “attrezzati” creditori,
sfugge invece la ragione per la quale il “ debitore che
svolge attività d’impresa”( art. 4 comma 3 del DDL)
abbia bisogno, anche ove sia persona giuridica, di tale
“ assistenza” . A ben vedere la differenza tra la figura
di questo imprenditore e quella disegnata dagli artt. 1
e 5 della L.F. in null’altro pare radicarsi se non
nell’accertata sussistenza di ragioni in parte
soggettive ed oggettive ostative all’accesso alle
procedure concorsuali - si pensi al cosiddetto “piccolo
imprenditore”, all’imprenditore agricolo per un verso ed
all’accertata insussistenza di almeno una delle
caratteristiche che connotano le soglie di fallibilità
di cui agli artt. 1,5,6 e 15 L.F. per l’altro - 2
***
§2) LE NORME DEL CAPO I DALL’ART. 1
ALL’ART. 7
Addentrandoci nell’esame schematico
dei primi 7 articoli del DDL , pare utile evidenziare
come lo schema di Decreto Legge risulta essere quasi
perfettamente sovrapponibile al Disegno di Legge
presentato dal senatore Centaro ( n. C. 2364 disegno di
legge C. 2364 «Disposizioni in materia di usura e di
estorsione, nonché di composizione delle crisi da
sovraindebitamento», approvato dal Senato il 1° aprile
2009 (S. n. 307) e attualmente all’esame della Camera
dei deputati) 3. Il quale al comma 1 del suo art.
13.(Finalità) stabilisce che :<<Al fine di porre rimedio
alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né
assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali, è
consentito al debitore concludere un accordo con i
creditori nell’ambito della procedura di composizione
della crisi disciplinata dal presente capo. >>. Il
perimetro di applicazione di tale norma pare avere
ampiezza indefinita ed essere dotato di un’intima
elasticità(caratteristiche che avrebbero consegnato
all’interprete l’individuazione dei soggetti legittimati
alla conclusione dell’”accordo” oggetto dell’intervento
legislativo) .
Tuttavia balza evidente il fatto
che tale proposta di legge non include espressamente il
“ consumatore” tra i suoi destinatari .
Ora sebbene tale mancata esplicita
inclusione non avrebbe impedito l’accesso del
consumatore all’”accordo”di ristrutturazione del debito,
stante la già rilevata ampiezza della definizione della
prima parte del comma 1) del già visto art. 13, la sua
inclusione nel DDL serve ad eliminare ogni ipotetica
futura incertezza sul punto .
La tecnica legislativa del DDL
segue gli schemi più recenti recando all’art. 1 la
definizione di sovra- indebitamento riferita
rispettivamente:
al consumatore ( lettera b) e;
agli altri soggetti, diversi
dal consumatore ammessi al rimedio .
§1.1) LA NOZIONE DI
SOVRINDEBITAMENTO E QUELLA DI CONSUMATORE.
La stessa nozione di
sovraindebitamento -della quale parleremo nel prosieguo,
ha contenuto diverso a seconda che si tratti del
consumatore o di soggetti diversi da questi, ragione
questa per la quale si impone una preliminare
individuazione della categoria del “ consumatore”
essendo le altre figure residuali e comunque
riconducibili in generale a soggetti che svolgono
attività economica o professionale in forma singola o
organizzata.
La definizione di consumatore viene
fatta dal DDL ( art. 1 lett.b) richiamando quella
portata dal cosiddetto Codice del Consumo (DLgs 6
settembre 2005 n. 206).
Esso è, quindi :<< la persona
fisica che agisce per scopi estranei all'attività
imprenditoriale, commerciale, artigianale o
professionale eventualmente svolta>> ( art. 3 comma 1
lettera a) )
Limitatamente al consumatore il
sovraindebitamento è determinato esclusivamente
dall’inadempimento delle obbligazioni dallo stesso
contratte.
Sempre con riferimento alla
determinazione della figura del “ consumatore” come
destinatario della normativa di tutela di cui al citato
DLgs 206/05, va dato conto qui, e solo per inciso, della
perdurante sussistenza di dubbi in ordine all’esatta
determinazione del perimetro di applicabilità soggettiva
della normativa speciale.
Secondo un non secondario
orientamento giurisprudenziale infatti “deve essere
considerato "consumatore" la persona fisica che, pur
svolgendo attività imprenditoriale o professionale,
conclude un contratto per la soddisfazione di esigenze
della vita quotidiana estranee all'esercizio di dette
attività, mentre deve essere considerato
"professionista" tanto la persona fisica, quanto quella
giuridica, sia pubblica che privata, che, invece,
utilizza il contratto nel quadro della sua attività
imprenditoriale o professionale. Perché ricorra la
figura del "professionista" non è necessario che il
contratto sia posto in essere nell'esercizio
dell'attività propria dell'impresa o della professione,
essendo sufficiente che venga posta in essere per uno
scopo connesso all'esercizio dell'attività
imprenditoriale o professionale”. 4
Alla stregua di quest’orientamento,
anche il “professionista” potrebbe accedere al sistema
di esdebitamento predisposto per il consumatore a
condizione che i debiti siano stati contratti per la
soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee
all'esercizio della sua attività professionale( es.
l’acquisto della casa o di un’automobile non aziendale o
di una barca ecc. ecc.).
La circostanza non è di poco conto
né priva di risvolti pratici significativi.
Si pensi ad esempio che in tale
ipotesi:
-non dovrebbe trovare applicazione
il comma 3 dell’art. 4 che fa obbligo al debitore non
consumatore di depositare, in uno con la domanda le
scritture contabili degli ultimi 3 esercizi o copia
conforme all’originale degli estratti conto bancari;
- non dovrebbe trovare applicazione
il comma 2 dell’art. 5 che impone l’adozione, da parte
del giudice, di idonee forme di pubblicità della
proposta di esdebitamento e del decreto di cui al comma
1 dello stesso articolo.
-troverebbe invece applicazione il
comma 2 dell’art. 6 che prevede per l’omologazione
dell’accordo di cui al successivo art. 7 l’adesione di
soggetti titolari di almeno il 50% dei crediti.
Possono sorgere tuttavia questioni
in ordine alla individuazione del regime da applicarsi
nei casi di debiti contratti per acquisto di beni per
uso promiscuo (ad es. acquisto di un appartamento
adibito in parte ad abitazione in parte a sede
dell’impresa; di un’autovettura adibita ad uso familiare
e lavorativo ecc. ecc.) .
Il sovraindebitamento del non
consumatore è determinato da una situazione in tutto e
per tutto analoga a quella dell’insolvenza che, com’è
noto, spalanca all’imprenditore commerciale le porte del
fallimento e delle procedure concorsuali.
Il DDL i commento richiede quale
proprio presupposto, infatti ed analogamente alla L.F. ,
l’accertata “ definitiva incapacità” dell’imprenditore
debitore di “ adempiere regolarmente le proprie
obbligazioni”.
§1.2) IL PROCEDIMENTO
§ 1.2.1 PRESUPPOSTI DI
AMMISSIBILITA’: IL SOVRAINDEBITAMENTO
La normativa approvata ricalca come
s’è già accennato, quella portata dall’art. 182 bis
L.F..
Questa prevede che
l'imprenditore in stato di
crisi può domandare al Tribunale, l'omologazione di un
accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i
creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento
dei crediti; ciò depositando la documentazione di cui
all'articolo 161, ed allegando una relazione redatta da
un professionista in possesso dei requisiti di cui
all'articolo 67, terzo comma, lettera d) della stessa
L.F. sull'attuabilità dell'accordo stesso, con
particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare
il regolare pagamento dei creditori estranei;
l'accordo viene pubblicato nel
registro delle imprese ed acquista efficacia dal giorno
della sua pubblicazione;
dalla data della pubblicazione
e per sessanta giorni, i creditori per titolo e causa
anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire
azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore
;
dalla presentazione del ricorso
e fino al momento in cui il decreto di omologazione
dell’accordo diventa definitivo, i creditori per titolo
o causa anteriore al decreto non possono, a pena di
nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive sul
patrimonio del debitore e le prescrizioni che sarebbero
state interrotte dagli atti predetti rimangono sospese,
e le decadenze non si verificano. (art. 168 L.F.). I
creditori non possono acquistare diritti di prelazione
con efficacia rispetto ai creditori concorrenti, salvo
che vi sia autorizzazione del giudice nei casi previsti
dalla stessa L.F. ( art. 167);
entro trenta giorni dalla
pubblicazione i creditori e ogni altro interessato
possono proporre opposizione al Tribunale;
il Tribunale dopo essersi
pronunziato sulle opposizioni, procede all'omologazione
in camera di consiglio con decreto motivato reclamabile
alla corte di appello -ai sensi dell'articolo 183 L.F.-
entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel
registro delle imprese;
su istanza del debitore il
giudice può vietare, anche nel corso delle trattative e
prima della formalizzazione dell'accordo, di iniziare o
proseguire le azioni cautelari o esecutive. In tal caso
l’imprenditore dovrà depositare -presso il tribunale
competente della documentazione indicata dall'articolo
161, una proposta di accordo ed una dichiarazione
autocertificata, attestante che sulla proposta sono in
corso trattative con i creditori che rappresentano
almeno il sessanta per cento dei crediti nonché una
dichiarazione redatta da un professionista avente i
requisiti di cui all'articolo 67, terzo comma, lettera
d), circa la idoneità della proposta ad assicurare il
regolare pagamento dei creditori con i quali non sono in
corso trattative o che hanno comunque negato la propria
disponibilità a trattare.
l'istanza di sospensione dovrà
essere pubblicata nel registro delle imprese allo scopo
di renderla idonea a produrre l’effetto del divieto di
inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e
cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di
prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione;
entro il termine di trenta
giorni dal deposito dell'istanza il Tribunale fissa con
decreto l'udienza disponendo la comunicazione ai
creditori della documentazione stessa;
nel corso dell'udienza, se il
Giudice riscontra la sussistenza dei presupposti per
pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti e
delle condizioni per il regolare pagamento dei creditori
con i quali non sono in corso trattative o che hanno
comunque negato la propria disponibilità a trattare
dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o
proseguire le azioni cautelari o esecutive e di
acquisire titoli di prelazione se non concordati
assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per
il deposito dell'accordo di ristrutturazione e della
relazione redatta dal professionista a norma del primo
comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile.
***
Quella predisposta dal DDL è
appesantita dall’inserimento degli organismi cosiddetti
di “ composizione della crisi” previsti dall’art. 10.
Intanto l’art. 1 comma 2 lett.a)
prevede, quale presupposto per l’attivazione della
procedura, la positiva verifica della sussistenza di una
“perdurante” situazione di squilibrio economico tra le
obbligazioni assunte e il patrimonio “liquidabile” che :
per il non consumatore (
persona fisica o giuridica) dev’essere accompagnata come
s’è detto, dalla “definitiva incapacità del debitore di
adempiere regolarmente le proprie obbligazioni” 5e
per il consumatore deriva “
esclusivamente all’ inadempimento “ delle obbligazioni
assunte in quanto tale.
Nel momento in cui circoscrive
l’accesso ai soli soggetti non aventi i requisiti per
essere ammessi alle procedure concorsuali ( art. 2 comma
2 lettera a) il DDL delimita la fascia residua dei
propri destinatari nell’area compresa tra il consumatore
da un capo e l’imprenditore assoggettabile alle
procedure concorsuali da quello opposto .
Al riguardo non si può fare a meno
di rilevare come all’art. 4 comma 3 il DDL nel
l’individuare tra i destinatari della norma quei
soggetti che svolgono attività d’impresa pare richiamare
l’art. 1 comma 2 lettere a) b) e c) della L.F. oltre
all’imprenditore agricolo ( per la definizione si veda
anche il DLgs 18 maggio 2001 n. 228) coi limiti
individuati dalla giurisprudenza 6
Discorso a parte ma analogo vale
per i lavoratori autonomi ed i liberi professionisti i
liberi professionisti iscritti in albi ( ex art. 2222,
2229,2238 c.c.) sicuramente destinatari del DDL .
***
Comunque per entrambe le figure di
debitori è prevista la sussistenza dei seguenti
requisiti:
non essere assoggettabile alle
procedure concorsuale;
non aver fatto ricorso, nei tre
anni precedenti, alla procedura di composizione della
crisi da sovraindebitamento.
§2 ASPETTI PROCEDURALI
La procedura prevista e comune ad
entrambi i soggetti ( consumatore ed imprenditore) è,
schematicamente, la seguente:
con l’”ausilio”7 degli
organismi di composizione della crisi di cui al
successivo art. 10 del DDL che hanno sede nel
circondario del tribunale competente può proporre ai
creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti; ciò
sulla base di un piano che:
a.1 assicuri il regolare pagamento
anche dei creditori estranei all’accordo stesso;
a.2 preveda termini e le modalità
di pagamento dei creditori ( anche suddivisi in classi
ed anche facendo riferimento a crediti futuri – art. 3
comma 1);
a.3 contenga le garanzie rilasciate
per l’adempimento;
a.4 determini le modalità per
l’eventuale liquidazione dei beni;
a.5 indichi eventuali limitazioni
all’acceso del debitore al mercato del credito al
consumo, all’utilizzo di strumenti di pagamento
elettronico e la sottoscrizione di strumenti creditizi e
finanziari;
a.6 per il caso di insufficienza
del patrimonio del debitore, la sottoscrizione da parte
di uno o più terzi dell’accordo, in funzione di garanzia
di “ fattibilità” del piano ( art. 3 comma 2) .
Sull’esatta determinazione dei
compiti degli’ “Organismi” qualche perplessità viene
alimentata dall’art. 11 del DDL.
Tale norma, infatti, prevede che,
su autorizzazione del giudice, e sebbene limitatamente
allo “ svolgimento dei compiti e delle attività previsti
dal presente decreto” questi organismi possano aver
accesso :
ai dati contenuti nell’anagrafe
tributaria;
nei sistemi di informazioni
creditizie;
nelle centrali rischi ed,
infine,
nelle altre banche dati
pubbliche.
Tale accesso potrebbe essere
consentire, alla stregua di quanto disposto dall’art.
10, per l’assunzione di quelle iniziative , residuali
sebbene non individuate, funzionali alla predisposizione
del piano di ristrutturazione, al raggiungimento
dell’accordo , alla sua esecuzione nonché alla verifica
della veridicità dei dati contenuti nella proposta e nei
documenti allegati , giusta la previsione di cui
all’art. 10 commi 6 e 7 del DDL.
Il piano stesso può inoltre
prevedere:
per il caso di conferimento di
beni,la nomina di un amministratore fiduciario per la
liquidazione, la custodia e la distribuzione del
ricavato ai creditori ( art. 2);
la moratoria fino ad un anno
per il pagamento dei creditori estranei all’accordo
purché concorrano cumulativamente le seguenti
condizioni:
c.1 il piano risulta idoneo ad
assicurare il pagamento alla scadenza del nuovo termine;
c.2 la moratoria non riguardi
crediti impignorabili ( art. 3)
***
Così redatta, la proposta
dev’essere depositata presso il Tribunale
territorialmente competente (per il consumatore quello
del luogo di residenza; per l’imprenditore oltre che
quello del luogo di residenza anche quello della sede
principale dell’impresa) ( art. 4) .
Ad se il debitore è consumatore
egli deve allegare( art. 4 comma 2) :
d.1 l’elenco dei creditori con :
d.1.1 l’indicazione delle somme
dovute:
d.1.2 l’indicazione degli eventuali
atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni ;
d.1.3 le dichiarazioni dei redditi
degli ultimi 3 anni;
d.1.4 l’elenco delle spese correnti
necessarie al sostentamento proprio e della sua famiglia
previa indicazione della composizione del nucleo
familiare e del certificato di stato di famiglia;
d.1.5 attestazione sulla
fattibilità del piano
Se il debitore è imprenditore ai
documenti sopra indicati, deve aggiungere ( art. 4 comma
3)
d.2 le scritture contabili degli
ultimi tre anni ovvero ed in sostituzione;
d.2.1 gli estratti conto bancari
tenuti ai sensi dell’art. 14 della L. 183/2001 in copia
conforme all’originale8.
***
§2.1 LA FASE GIUDIZIALE
A questo punto si apre la fase
giudiziale della procedura retta dagli artt. 737 e
seguenti del codice di rito e preordinata
all’omologazione ( art. 8) dell’accordo di cui all’art.
6 .
Il giudice - la legge non dice
quale, ma verosimilmente e per l’evidente analogia della
materia, dovrebbe essere quello delegato ai fallimenti-
verifica dapprima se la proposta soddisfa i requisiti
soggettivi ed oggettivi di cui agli artt. 2 e 4 del DDL,
quindi fissa con decreto - del quale va data “ idonea
forma di pubblicità” ovvero per il caso in cui il
debitore sia imprenditore la pubblicazione in apposita
sezione del registro delle imprese( art. 5 comma 2) -
l’udienza alla quale dovranno comparire il debitore ed i
creditori.
All’udienza lo stesso giudice-
verificata l’insussistenza di cause ostative di cui all’
art. 5 comma 3 - con decreto dispone che:
i creditori aventi titolo
anteriore all’accordo, per 120 giorni- dalla data del
provvedimento o da quella dell’accordo?- non possano
iniziare o proseguitre – a pena di nullità- azioni
esecutive individuali, sequestri conservativi, acquisti
di diritti di prelazione sul patrimonio del debitore,
con esclusione dei soli crediti impignorabili; tale
sospensione vale solo per una volta anche in caso di
successive proposte d’accordo.
Durante lo stesso periodo
rimangono sospesi i termini di prescrizioni e non si
verificano decadenze .
§ 3 L’ACCORDO E LA SUA
OMOLOGAZIONE.
I creditori debbono far pervenire
all’ “organismo di composizione” ( perché non alla
cancelleria del giudice delegato ?) con raccomandata ,
fax o posta elettronica certificata, una dichiarazione
sottoscritta col consenso alla proposta formulata o,
eventualmente, alla sua versione riformulata ( art. 6)
9.
L’art. 6 ultimo comma prevede che
l’accordo è “ revocato” di diritto se il debitore non
esegue integralmente i pagamenti dovuti alle Agenzie
fiscali o all’INPS o ad altri enti che esercitano
attività di previdenza ed assistenza obbligatorie entro
90 giorni da ciascuna delle scadenze previste
dall’accordo,.
Per poter dirsi raggiunto l’accordo
è necessario il consenso:
3.1 del 70 % dei creditori
dell’imprenditore10:
3.2 del 50% dei creditori del
consumatore
Tale accordo,non ha natura novativa
e non pregiudica i diritti dei creditori verso i
coobbligati in solido ,i fideiussori o gli obbligati in
via di regresso, del debitore.
Nel caso in cui sulla proposta di
accordo del debitore si formino le maggioranze di cui
all’art. 6 comma 2, l’organismo di composizione,
trasmette ai creditori ( art. 7) una relazione
contenente:
Il testo dell’accordo;
Una relazione sui consensi
espressi .
Nei 10 gg. successivi al
ricevimento, i creditori possono “sollevare
contestazioni” . La norma non specifica né la forma di
tali “ contestazioni” fermo restando che il destinatario
delle stesse dev’essere necessariamente l’ ”organismo di
composizione della crisi”.
Allo scadere del termine lo stesso
organismo trasmette al giudice una relazione contenente:
L’attestazione definitiva sulla
fattibilità del piano;
Le contestazioni espresse dai
creditori non partecipanti all’accordo.
Il giudice verificati :
Il raggiungimento dell’accordo
con le maggioranze indicate dall’art. 6 e
l’idoneità dell’accordo stesso
ad assicurare il pagamento dei creditori che non hanno
partecipato all’accordo
risolve ogni contestazione e,
quindi, omologa l’accordo.
Si ricorda che a mente dell’art. 7
comma 2 dela DDL l’intero procedimento, sebbene si
svolga davanti al giudice monocratico è disciplinato
dalle norme degli artt. 737 e seguenti del codice di
procedura civile ai quali, per economia espositiva, ci
permettiamo di rinviare.
Il decreto di omologazione è
reclamabile davanti al tribunale in composizione
collegiale del quale non potrà far parte il giudice
delegato.
Gli effetti dell’accordo omologato,
come già visti in precedenza, si producono dalla data
dell’adozione del decreto di omologa e vengono meno in
caso di inadempimento del debitore.
L’inadempimento non determina ipso
jure il venir meno dell’accordo atteso che esso deve
formare oggetto di apposito “accertamento” domandato al
giudice con ricorso da chi vi ha interesse ed il
relativo procedimento è retto dal rito camerale di cui
agli artt. 737 sgg.ti cpc.
L’ultimo comma dell’art. 7 dispone
che: “ La sentenza di fallimento, pronunciata a carico
del debitore risolve l’accordo”e ciò pare autorizzare la
conclusione che la misura predisposta dal DDL possa
applicarsi anche all’imprenditore soggetto alle
procedure concorsuali in evidente contrasto con quanto
disposto dall’ultimo comma dell’art. 2 del DDL .
§ 4 ANNULLAMENTO E RISOLUZIONE
DELL’ACCORDO
L’accordo può essere “ annullato” o
“risolto” ( art. 9 DDL) sempre su domanda di almeno uno
dei creditori da proporsi con ricorso al tribunale in
composizione monocratica che decide al termine della
procedura retta, anche in questo caso, dagli artt. 737
sgg.ti cpc.
L’annullamento può essere domandato
nei casi di patologia della formazione della volontà
derivanti da attività del debitore che abbia con dolo:
aumentato il passivo;
sottratta o dissimulata parte
dell’attivo
simulate attività inesistenti.
Le ipotesi di annullamento mal si
conciliano con quanto prevede il DDL in materia di
attività degli organismi di conciliazione.
Non va dimenticato infatti che in
base alle disposizioni portate artt. 10 commi 6 e 7 ed
11 comma 1 poste in relazione all’attività di ausilio
nella predisposizione della proposta e di verifica di
fattibilità della stessa, renderebbero problematico il
verificarsi delle ipotesi di cui alle precedenti lettere
a) b) e c) in assenza di una negligenza almeno colpevole
dell’organismo di composizione della crisi.
La risoluzione può essere
domandata, non oltre un anno dalla scadenza del termine
fissato per l’ultimo adempimento previsto dall’accordo:
se il proponente non adempie
regolarmente alle obbligazioni derivanti dall’accordo;
se non vengono costituite le
garanzie promesse;
per impossibilità sopravvenuta
dell’accordo per ragioni non imputabili al debitore
proponente.
***
Concludiamo questo contributo
rinviando l’esame degli artt. 10 (“ Organismi di
composizione della crisi”) ed 11 ( “Accesso alle banche
dati pubbliche”) del DDL ad un successivo
approfondimento in considerazione delle problematiche
particolari che le due norme sollevano .
Giovanni Golotta, Avvocato
Cassazionista, Giudice di pace con funzioni di
coordinatore presso l’Ufficio di Locri, componente della
Commissione Distrettuale della Corte d’Appello di Reggio
Calabria per la formazione dei magistrati onorari
1 Si veda in proposito la relazione
illustrativa al DDL.
2 Si pensi che l’art. 4 del DDL
nell’individuare il Tribunale competente, fa
riferimento, per quel che concerne i soggetti che
esercitano attività d’impresa, alla “sede principale”
dell’impresa
3 Loc. ult. Cit.
4 In termini si veda Trib. Milano,
Sez. VI, 14/03/2011 Santoro A.M. e altri C. Milano
Ass.ni s.p.a.
5 E’ interessante investigare la
differenza tra questa “definitiva incapacità ad
adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni” e lo
stato d’insolvenza che legittima dal punto di vista
oggettivo ed ai sensi delle norme portate dalla L.F. il
ricorso alle procedure concorsuali, ma non pare questa
la sede adatta.
6 Si vedano: Trib Mantova 30 agosto
2007 in Dir. e giur. agraria 2008 n. 2 pag. 133
7 Il termie pare ambiguo dato che
non si capisce se l’organismo debba assistere il
debitore o debba assumere una posizione terza con
funzioni tra debitore e creditori, con probabili, quanto
di incerta efficacia e praticabilità , funzioni
mediatorie.
8 Qualche dubbio sorge sulla
necessità dell’allegazione dei documenti a comprova
della sussistenza e consistenza del nucleo familiare
specie quando si tratti di persone giuridiche e se, in
tal caso, la documentazione debba comprovare forma e
composizione societaria specialmente con riferimento
alla sua governance
9 Posto che è fuori discussione la
forma scritta restano da definire le modalità con le
quali la stessa vada riferita senza possibilità di
equivoci al suo autore ( autenticazione della
sottoscrizione ..ecc.) specie per il caso di risposta a
mezzo telegramma mentre per la certezza della data è
certamente sufficiente il timbro dell’ufficio postale
accettante.
10 Da notarsi che nella procedura
degli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 162
bis la percentuale del consenso deve riguardare almeno
il 60% : il 10% in meno di quanto previsto per
l’imprenditore non soggetto alle procedure esecutive
concorsuali.
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