Diritto.it
Massima
L’articolo 3, al numero 1, della
Direttiva 79/7/CEE, sulla graduale attuazione del
principio di parità di trattamento tra uomini e donne in
materia di sicurezza sociale, deve interpretarsi nel
senso che un regime di perequazione annuale delle
pensioni rientra nell’ambito di applicazione di tale
direttiva.
Pertanto è soggetto al divieto di
discriminazione ex articolo 4, numero 1, della succitata
Direttiva.
1. Premessa
Con la decisione in commento i
giudici hanno precisato che l’articolo 4 della Direttiva
79/7/CEE deve essere interpretato nel senso che (1) il
giudice del rinvio può aver ragione nel dichiarare che
tale norma osta ad una disposizione nazionale che porta,
come si legge testualmente nella decisione in commento,
“ad escludere da un aumento straordinario delle pensioni
ad una percentuale notevolmente più elevata di sesso
femminile che di sesso maschile”.
2. Conclusioni
Nella sentenza che qui si annota i
giudici hanno precisato che l’articolo 4 della sopra
menzionata Direttiva del Consiglio 19 dicembre 1978 deve
essere interpretato nel senso che, nella ipotesi in cui,
nell’ambito dell’esame che il giudice del rinvio deve
effettuare per poter fornire una
risposta alla seconda questione, lo
stesso debba pervenire alla conclusione che una
percentuale elevata di pensionati di sesso femminile (1)
“può avere subito uno svantaggio a causa dell’esclusione
delle pensioni minime dall’aumento straordinario
previsto dal regime di perequazione di cui alla causa
principale, tale svantaggio non può essere giustificato
dal fatto che le donne che hanno prestato attività
lavorativa accedono prima al godimento della pensione o
che esse percepiscono la pensione più a lungo, né dal
fatto che l’importo di riferimento per l’integrazione
compensativa è stato esso stesso oggetto di un aumento
straordinario per il medesimo anno 2008”.
Manuela Rinaldi
Testo sentenza Corte di
Giustizia Europea n. C-123/10, sez. IV del 20/10/2011
Rapporto di lavoro – Politica Sociale – Parità di
trattamento uomini e donne – Previdenza sociale –
Direttiva 79/7/CEE
«Politica sociale – Parità di trattamento tra uomini e
donne in materia di previdenza sociale –
Direttiva 79/7/CEE – Artt. 3, n. 1, e 4, n. 1 – Regime
nazionale di perequazione annuale delle
pensioni – Aumento straordinario delle pensioni per il
2008 – Esclusione di tale aumento per
le pensioni di importo inferiore all’importo di
riferimento per l’integrazione compensativa –
Aumento straordinario di tale importo di riferimento per
il 2008 – Esclusione dal beneficio
dell’integrazione compensativa dei pensionati i cui
redditi, compresi quelli del coniuge
convivente, superano detto importo di riferimento –
Ambito di applicazione della direttiva –
Discriminazione indiretta delle donne – Giustificazione
– Insussistenza»
Nel procedimento C-123/10,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale
proposta alla Corte, ai sensi
dell’art. 267 TFUE, dall’Oberster Gerichtshof (Austria),
con decisione 9 febbraio 2010,
pervenuta in cancelleria l’8 marzo 2010, nella causa
Waltraud Brachner
contro
Pensionsversicherungsanstalt,
LA CORTE (Quarta Sezione),
composta dal sig. J.-C. Bonichot, presidente di sezione,
dalla sig.ra A. Prechal (relatore), dai
sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen e E. Jaraši?nas,
giudici,
avvocato generale: sig.ra V. Trstenjak
cancelliere: sig. K. Malacek, amministratore
vista la fase scritta del procedimento e in seguito
all’udienza del 13 aprile 2011,
considerate le osservazioni presentate:
– per il governo austriaco, dal sig. G. Hesse, in
qualità di agente;
– per l’Irlanda, dai sigg. D. O’Hagan e N. Travers, in
qualità di agenti;
– per la Commissione europea, dai sigg. V. Kreuschitz e
M. van Beek, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale,
presentate all’udienza del 16 giugno 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte
sull’interpretazione dell’art. 4, n. 1, della direttiva
del Consiglio 19 dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla
graduale attuazione del principio di
parità di trattamento tra gli uomini e le donne in
materia di sicurezza sociale (GU 1979, L 6,
pag. 24).
2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una
controversia tra la sig.ra Brachner e la
Pensionsversicherungsanstalt (ente previdenziale
austriaco) in merito all’aumento dell’importo
della pensione di vecchiaia che le è stato concesso in
forza del regime di perequazione delle
pensioni previsto per il 2008.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
3 L’art. 1 della direttiva 79/7 così dispone:
«Scopo della presente direttiva è la graduale
attuazione, nel campo della sicurezza sociale e
degli altri elementi di protezione sociale di cui
all’articolo 3, del principio della parità di
trattamento tra uomini e donne in materia di sicurezza
sociale, denominato qui appresso
“principio della parità di trattamento”».
4 L’art. 3, n. 1, di detta direttiva, così prevede:
«La presente direttiva si applica:
a) ai regimi legali che assicurano una protezione contro
i rischi seguenti:
(...)
– vecchiaia,
(...)
b) alle disposizioni concernenti l’assistenza sociale,
nella misura in cui siano destinate a
completare i regimi di cui alla lettera a) o a supplire
ad essi».
5 Ai sensi dell’art. 4, n. 1, della medesima direttiva:
«Il principio della parità di trattamento implica
l’assenza di qualsiasi discriminazione
direttamente o indirettamente fondata sul sesso, in
particolare mediante riferimento allo stato
matrimoniale o di famiglia, specificamente per quanto
riguarda:
(...)
– il calcolo delle prestazioni, comprese le
maggiorazioni da corrispondere per il coniuge e
per le persone a carico, nonché le condizioni relative
alla durata e al mantenimento del
diritto alle prestazioni».
Il diritto nazionale
6 L’art. 108, n. 5, della legge generale austriaca 9
settembre 1955, in materia di previdenza
sociale (Allgemeines Sozialversicherungsgesetz; BGBl.
189/1955), nella versione applicabile
alla causa principale (in prosieguo: l’«ASVG»), così
dispone:
«Indice di perequazione: il Ministro federale della
Previdenza sociale, delle Questioni
generazionali e della Tutela dei consumatori fissa ogni
anno, mediante decreto, per il
successivo anno l’indice di perequazione (articolo 108
f), entro il 30 novembre di ciascun
anno. Il decreto deve essere presentato al governo
federale per l’approvazione. Salvo
disposizioni contrarie, l’indice di perequazione è
utilizzato per la maggiorazione delle rendite e
delle pensioni nonché degli importi fissi legati alle
prestazioni, nell’ambito della previdenza
sociale».
7 L’art. 108 f dell’ASVG è formulato nei termini
seguenti:
«1. Il Ministro federale della Previdenza sociale, delle
Questioni generazionali e della
Tutela dei consumatori fissa l’indice di perequazione
per ciascun anno tenendo conto del
valore di riferimento di cui all’art. 108 e, n. 9, prima
frase.
2. Il valore di riferimento è fissato in modo che
l’aumento delle pensioni risultante
dall’adeguamento con il valore di riferimento
corrisponda all’aumento dei prezzi al consumo
conformemente al n. 3, arrotondato a tre decimali.
3. L’aumento dei prezzi al consumo va determinato in
funzione dell’aumento medio su
dodici mesi fino al mese di luglio dell’anno che precede
l’anno di adeguamento, facendo
ricorso all’indice dei prezzi al consumo per il 2000 o
ad ogni altro indice che lo abbia sostituito
(...)».
8 Ai sensi dell’art. 108 h, n. 1, dell’ASVG:
«Con effetto al 1° gennaio di ciascun anno
a) tutte le pensioni erogate dalla previdenza sociale
per le quali il giorno di riferimento (…)
è anteriore al 1° gennaio di tale anno
(...)
debbono essere moltiplicate per l’indice di perequazione
(...)».
9 Per il 2008, l’indice di perequazione delle pensioni
corrisposte ai sensi dell’ASVG è stato
fissato a 1,017 con decisione del Ministro federale per
gli Affari sociali e la Tutela dei
consumatori (BGBl. II, 337/2007).
10 L’art. 634, n. 10, dell’ASVG, nella versione
risultante dalla legge federale recante
adattamento delle disposizioni di legge all’accordo
concluso ai sensi dell’art. 15 a della BV-G,
relativo all’organizzazione e al finanziamento del
sistema sanitario per gli anni 2008-2013
(Bundesgesetz zur Anpassung von Rechtsvorschriften an
die Vereinbarung gemäß Art. 15a
B-VG über die Organisation und Finanzierung des
Gesundheitswesen für die Jahre 2008 bis
2013, BGBl. I, 101/2007; in prosieguo: la «legge di
modifica del 2007»), prevede un aumento
straordinario delle pensioni per il 2008 in seguito a un
accordo concluso con
l’Österreichischen Seniorenrat (Consiglio austriaco per
la terza età).
11 Ai sensi di detta disposizione:
«In deroga all’art. 108 h, n. 1, prima frase, le
pensioni superiori a EUR 746,99 non debbono
essere moltiplicate per l’indice di perequazione durante
l’anno 2008, bensì devono essere
maggiorate secondo le seguenti modalità: se la pensione
mensile è
1. compresa tra EUR 746,99 e EUR 1 050, essa deve essere
aumentata di EUR 21;
2. compresa tra EUR 1 050 e EUR 1 700, essa deve essere
moltiplicata per il fattore
1,020;
3. compresa tra EUR 1 700 e EUR 2 161,50, essa deve
essere maggiorata di un’aliquota
che diminuisce gradualmente tra detti valori, dal 2,0%
all’1,7%;
4. superiore a EUR 2 161,50, essa deve essere aumentata
di EUR 36,57».
12 I residenti sul territorio austriaco che beneficiano
di una pensione di vecchiaia o di
reversibilità il cui importo è talmente ridotto da non
raggiungere il livello minimo di
sussistenza, a causa della breve durata dei periodi
contributivi o perché la base di calcolo
della pensione è esigua, hanno in linea di principio
diritto a un’integrazione compensativa,
purché il reddito da prendere in considerazione non
superi l’importo di riferimento fissato per la
concessione di tale integrazione.
13 A tale proposito, l’art. 292, n. 2, dell’ASVG dispone
che il reddito netto globale del coniuge
convivente con il pensionato dev’essere preso in
considerazione per stabilire se, alla luce di
tale importo di riferimento, quest’ultimo abbia diritto
all’integrazione compensativa.
14 Qualora l’importo lordo della pensione e gli altri
redditi netti di una persona e del suo coniuge
convivente siano inferiori all’importo di riferimento
per l’integrazione compensativa, tale
persona ha diritto a detta integrazione per un importo
pari alla differenza tra i suoi redditi
globali e l’importo di riferimento.
15 L’art. 293 dell’ASVG, nella versione risultante dalla
legge di modifica del 2007, prevede un
aumento straordinario dell’importo di riferimento per
l’integrazione compensativa, in
conseguenza del quale esso passa da EUR 726 a EUR 747
per i pensionati che vivono soli e
da EUR 1 091,14 a EUR 1 120 per i pensionati che
convivono con il coniuge.
Causa principale e questioni pregiudiziali
16 La sig.ra Brachner, nata l’8 giugno 1947, percepisce
dal Pensionsversicherungsanstalt una
pensione di vecchiaia in forza dell’ASVG, il cui importo
corrispondeva, per il 2007, a EUR
368,16 lordi al mese. Ella non ha diritto
all’integrazione compensativa, in quanto il suo
coniuge riceve una pensione mensile di EUR 1 340,33
netti che, aggiunta ai suoi redditi, dà
luogo a un importo che supera quello previsto
dall’importo di riferimento per detta
integrazione.
17 Con decisione 8 maggio 2008, il
Pensionsversicherungsanstalt ha stabilito che la
sig.ra Brachner, a partire dal 1° gennaio 2008, avrebbe
percepito una pensione pari a
EUR 374,42 lordi al mese, in applicazione dell’indice di
perequazione fissato a 1,017 per il
2008, equivalente cioè a un aumento dell’1,7%
dell’importo della sua pensione.
18 La sig.ra Brachner ha proposto ricorso dinanzi al
Landesgericht Linz (tribunale regionale di
Linz) avverso tale decisione, chiedendo il versamento di
una pensione di importo pari a
EUR 389,16 lordi al mese a decorrere dal 1° gennaio
2008, ossia l’aumento di EUR 21
previsto dall’art. 634, n. 10, dell’ASVG, nella versione
risultante dalla legge di modifica del
2007, per le pensioni il cui importo mensile è compreso
tra EUR 746,99 ed EUR 1 050.
19 A sostegno del ricorso, ella ha affermato che la
perequazione operata dal legislatore
austriaco per l’esercizio 2008 è incompatibile con il
principio della parità di trattamento, che
essa viola la tutela costituzionale del diritto di
proprietà e implica una discriminazione indiretta
nei confronti delle donne contraria all’art. 4 della
direttiva 79/7.
20 Con sentenza 8 luglio 2008, il Landesgericht Linz ha
accolto il ricorso della sig.ra Brachner,
dichiarando che la perequazione delle pensioni per
l’esercizio 2008 implicava una
discriminazione indiretta illegittima nei confronti
delle donne.
21 Tale decisione è stata riformata con sentenza 13
agosto 2008 dall’Oberlandesgericht Linz
(Corte d’appello regionale di Linz), quale giudice
d’appello in materia di diritto del lavoro e
della previdenza sociale. La sig.ra Brachner ha proposto
allora ricorso per cassazione
(«Revision») dinanzi all’Oberster Gerichtshof (Corte
suprema austriaca).
22 Con sentenza 24 settembre 2009, il
Verfassungsgerichtshof (Corte costituzionale austriaca)
ha respinto le domande, tra cui figurava quella
presentata dall’Oberster Gerichtshof nella
causa riguardante la sig.ra Brachner, dirette a ottenere
l’annullamento delle disposizioni
dell’ASVG relative alla perequazione delle pensioni per
l’esercizio 2008, là dove la legge di
modifica del 2007 riserva l’aumento straordinario delle
pensioni per tale esercizio alle sole
pensioni superiori a EUR 746,99. Tali domande erano
fondate su motivi di diritto
costituzionale vertenti sulla violazione del principio
di uguaglianza e del diritto di proprietà.
23 Poiché il Verfassungsgerichtshof ha respinto tali
domande, l’Oberster Gerichtshof ha avviato
d’ufficio il procedimento di «Revision» nella causa
principale.
24 Il giudice del rinvio osserva che il procedimento
dinanzi ad esso pendente verte ormai sulla
decisione della questione, che permane controversa tra
le parti, riguardante l’eventuale
violazione, conseguente alla perequazione delle pensioni
operata dal legislatore austriaco per
l’esercizio 2008, dell’art. 4 della direttiva 79/7, a
motivo dell’esistenza di una discriminazione
indiretta nei confronti delle donne.
25 A tale proposito, l’Oberster Gerichtshof constata, in
primo luogo, che tra le parti è
controverso se il sistema di perequazione annuale delle
pensioni oggetto della causa
principale rientri nell’ambito di applicazione dell’art.
4, n. 1, della direttiva 79/7 e, in particolare,
nella nozione di «calcolo delle prestazioni» ivi
figurante.
26 In secondo luogo, quanto alla discriminazione
indiretta che la sig.ra Brachner avrebbe subito,
detto giudice ritiene che la perequazione delle pensioni
attuata per il 2008 comporti una
disparità di trattamento dei pensionati interessati, in
quanto le pensioni inferiori all’importo di
riferimento per l’integrazione compensativa sono state
aumentate solo dell’1,7%, mentre le
pensioni comprese tra EUR 747 ed EUR 2 160 hanno
beneficiato di un aumento più elevato.
27 Occorrerebbe quindi esaminare se tale disparità di
trattamento implichi uno svantaggio a
carico di un numero significativamente più elevato di
donne che di uomini.
28 A tale proposito, il giudice del rinvio fa
riferimento alle seguenti constatazioni, derivanti da
dati statistici relativi alle persone rientranti
nell’ambito di applicazione dell’ASVG per il mese di
dicembre 2007:
– 1 325 762 persone, di cui 614 293 uomini e 711 469
donne, beneficiano di una
pensione di vecchiaia a titolo della loro attività
professionale;
– 562 463 persone, di cui 408 910 donne e 153 553
uomini, hanno percepito una
pensione uguale o inferiore all’importo di EUR 750
mensili (in prosieguo: la «pensione
minima»), ovvero il 57% dei pensionati di sesso
femminile e il 25% dei pensionati di
sesso maschile.
29 Ne consegue, secondo detto giudice, che la
percentuale di donne che subiscono uno
svantaggio in seguito alla perequazione delle pensioni
per l’esercizio 2008 è di circa 2,3 volte
più elevata rispetto a quella degli uomini.
30 L’Oberster Gerichtshof rileva, in terzo luogo, che il
Pensionsversicherungsanstalt ha
sostenuto che una tale disparità di trattamento potrebbe
essere oggettivamente giustificata,
anzitutto, perché le donne versano contributi per un
periodo inferiore rispetto agli uomini, dato
che vanno in pensione prima di questi ultimi, inoltre,
per il fatto che le donne percepiscono la
pensione più a lungo degli uomini a causa della loro
aspettativa di vita che, in media, è
superiore a quella di questi ultimi, e, infine, per
l’aumento dell’importo di riferimento per
l’integrazione compensativa per l’esercizio 2008 pari a
EUR 21 mensili per i pensionati che
vivono soli e a circa EUR 29 mensili per i pensionati
conviventi con un’altra persona.
31 A tale proposito, il giudice del rinvio reputa,
anzitutto, che la giustificazione avente ad oggetto
la durata della contribuzione più breve per le donne
debba essere respinta, in quanto la
perequazione annuale in questione è diretta a mantenere
il potere d’acquisto dei titolari delle
pensioni tramite la rivalutazione dei relativi importi
in funzione dell’evoluzione dei prezzi al
consumo, e che tale perequazione non sia quindi un
elemento della prestazione il cui importo
sarebbe collegato a quello dei contributi e alla loro
durata.
32 Inoltre, l’Oberster Gerichtshof considera che nemmeno
il fatto che, in media, le donne
percepiscano la pensione per un periodo più lungo a
causa della loro aspettativa di vita
superiore a quella degli uomini possa giustificare la
differenza di trattamento in questione,
essendo questo un fattore direttamente basato sul sesso
che, alla luce della giurisprudenza della
Corte, non può, per sua natura, essere preso in
considerazione (sentenza 14 dicembre 1995,
causa C-317/93, Nolte, Racc. pag. I-4625, punto 28).
33 Da ultimo, per quanto attiene alla giustificazione
vertente sull’aumento dell’importo di
riferimento per l’integrazione compensativa, il giudice
del rinvio osserva che dai dati statistici
emerge che 136 771 persone, di cui 64 166 uomini e 72
605 donne, hanno percepito
l’integrazione compensativa in aggiunta alla loro
pensione di vecchiaia.
34 Orbene, dal momento che, trattandosi delle persone
rientranti nell’ambito di applicazione
dell’ASVG, il 57% dei pensionati di sesso femminile
riceve una pensione minima, mentre ciò
si verifica solo per il 25% dei pensionati di sesso
maschile, il giudice del rinvio considera che
un numero di donne nettamente superiore a quello degli
uomini non percepisce l’integrazione
compensativa e non può quindi beneficiare dell’aumento
dell’importo di riferimento di tale
integrazione previsto nell’ambito della perequazione
delle pensioni per il 2008.
35 L’Oberster Gerichtshof ritiene inoltre che, se è vero
che prendere in considerazione i redditi
del coniuge per la determinazione del diritto
all’integrazione compensativa risulta, certo,
giustificato, dal momento che tale prestazione mira a
garantire un minimo di mezzi di
sussistenza (sentenza 19 novembre 1992, causa C-226/91,
Molenbroek, Racc. pag. I-5943),
non ne consegue che tale computo sia giustificato anche
nell’ambito di una misura di
perequazione annuale delle pensioni.
36 Invero, secondo detto giudice, la perequazione
annuale delle pensioni si prefigge
essenzialmente l’obiettivo di mantenere immutato il
potere d’acquisto della pensione e
contempla quindi una finalità totalmente diversa da
quella perseguita dall’integrazione
compensativa.
37 Il giudice del rinvio ritiene che, alla luce di tali
elementi, si ponga la questione se l’aumento
dell’importo di riferimento per l’integrazione
compensativa possa giustificare l’aumento esiguo
che la perequazione del 2008 prevede per le pensioni
minime, e il fatto che un numero
notevolmente più elevato di donne rispetto agli uomini
si trovi in una posizione di svantaggio
quando, conformemente alle norme relative a tale
integrazione compensativa, gli altri redditi
del titolare della pensione e quelli del suo coniuge
convivente sono presi in considerazione
esclusivamente nel caso delle pensioni minime, mentre i
titolari di pensioni più elevate
beneficiano di un aumento superiore, senza che siano
presi in considerazione altri redditi loro
o del coniuge.
38 In tale contesto, l’Oberster Gerichtshof ha deciso di
sospendere il procedimento e di
sottoporre alla Corte le seguenti questioni
pregiudiziali:
«1) Se l’art. 4 della direttiva [79/7] debba essere
interpretato nel senso che anche il
sistema di perequazione annuale delle pensioni
(rivalutazione), previsto dal regime
pensionistico legale, rientri nell’ambito di
applicazione del divieto di discriminazione di
cui al n. 1 di tale disposizione;
2) In caso di soluzione affermativa della prima
questione, se l’art. 4 della direttiva [79/7]
debba essere interpretato nel senso che esso osta a una
disposizione nazionale in
materia di perequazione annuale delle pensioni, secondo
cui per una determinata
categoria di percettori di pensioni minime è previsto un
aumento potenzialmente
inferiore rispetto a quello a favore di altri
percettori, nella misura in cui tale norma
colpisce in senso sfavorevole, senza alcuna
giustificazione oggettiva, il 25% dei
beneficiari di sesso maschile, contro il 57% dei
beneficiari di sesso femminile;
3) In caso di soluzione affermativa della seconda
questione, se un trattamento sfavorevole
nei confronti delle donne beneficiarie di una pensione
per quanto riguarda la
rivalutazione annuale possa essere giustificato con
l’età pensionabile più bassa e/o con
il periodo di erogazione che si protrae più a lungo per
le donne, oppure con il fatto che
l’importo di riferimento per il reddito minimo previsto
dal diritto previdenziale (importo di
riferimento per l’integrazione compensativa) è stato
aumentato in misura
proporzionalmente superiore, o ancora per tutti e tre
questi motivi allorché le
disposizioni relative alla concessione del reddito
minimo (integrazione compensativa)
stabilito dal diritto previdenziale prevedono che si
tenga conto degli altri redditi del
titolare della pensione e dei redditi del coniuge
convivente, mentre nel caso degli altri
percettori di pensioni l’aumento si calcola senza tener
conto degli altri redditi propri del
pensionato o del reddito del suo coniuge».
Sulle questioni pregiudiziali
Sulla prima questione
39 Con la prima questione il giudice del rinvio chiede,
in sostanza, se l’art. 3, n. 1, della direttiva
79/7 debba essere interpretato nel senso che un regime
di perequazione annuale delle
pensioni, come quello di cui trattasi nella causa
principale, rientra nell’ambito di applicazione
di tale direttiva, di modo che le disposizioni relative
a tale regime sono soggette al divieto di
discriminazione sancito dall’art. 4, n. 1, di detta
direttiva.
40 Da una costante giurisprudenza emerge che, per
rientrare nel campo di applicazione della
direttiva 79/7, una prestazione deve corrispondere in
tutto o in parte a un regime legale di
tutela contro uno dei rischi elencati all’art. 3, n. 1,
di tale direttiva, o a una forma di assistenza
sociale avente lo stesso scopo, ed essere connessa
direttamente ed effettivamente alla
protezione contro uno di detti rischi (v., in
particolare, sentenza 16 dicembre 1999, causa
C-382/98, Taylor, Racc. pag. I-8955, punto 14 e
giurisprudenza ivi citata).
41 Dato che è pacifico che la prestazione di cui alla
causa principale fa parte di un regime legale
essendo prevista da una legge, ossia le disposizioni
dell’ASVG che disciplinano il regime di
perequazione delle pensioni per il 2008, resta da
esaminare se tale prestazione sia
direttamente ed effettivamente connessa alla protezione
contro uno qualsiasi dei rischi
elencati all’art. 3, n. 1, della direttiva 79/7.
42 A tale proposito, occorre constatare che una pensione
versata a titolo dell’ASVG, come
quella di cui beneficia la sig.ra Brachner, costituisce
una prestazione che, manifestamente, è
direttamente ed effettivamente connessa a uno di detti
rischi, ossia quello attinente alla
vecchiaia.
43 Ciò vale altresì per un regime di perequazione
annuale di una pensione di questo tipo,
analogo a quello di cui trattasi nella causa principale.
44 Invero, al pari della pensione in sé, anche la sua
successiva perequazione tende a tutelare
contro il rischio di vecchiaia le persone che hanno
raggiunto l’età pensionabile legale,
garantendo loro di poter disporre dei mezzi necessari
per far fronte, in particolare, ai propri
bisogni in quanto persone in pensione.
45 Come rilevato dal giudice del rinvio, il regime di
perequazione di cui alla causa principale è
diretto a mantenere il potere d’acquisto della pensione
mediante la rivalutazione del suo
importo in funzione dell’evoluzione dei prezzi al
consumo.
46 Inoltre, alla luce della finalità del regime di
perequazione di cui alla causa principale, come
illustrata dal giudice del rinvio, che consiste nel
garantire il potere d’acquisto della pensione
rispetto all’evoluzione dei prezzi al consumo, non è
possibile ritenere che si tratti di un regime
che, a determinate condizioni, assicura alle persone i
cui redditi sono inferiori a un
determinato importo, fissato dalla legge, una
prestazione speciale intesa a consentire loro di
far fronte ai propri bisogni, e che esso, secondo la
Corte, non è contemplato dall’art. 3, n. 1,
lett. a), della direttiva 79/7 (sentenza 16 luglio 1992,
cause riunite C-63/91 e C-64/91, Jackson e Cresswell,
Racc. pag. I-4737, punto 17).
47 Infatti, l’aumento straordinario previsto dal regime
di perequazione di cui alla causa principale
è concesso anche se i pensionati non incontrano
difficoltà finanziarie e materiali. Ancora, solo
le persone che hanno raggiunto l’età pensionabile legale
possono beneficiare di tale regime di
perequazione, in modo tale che la concessione di un
aumento a titolo di quest’ultimo è in ogni
caso subordinata al verificarsi del rischio di vecchiaia
(v., per analogia, sentenza Taylor, cit.,
punti 23-25).
48 Detto regime di perequazione differisce quindi anche
da altri regimi esaminati dalla Corte,
che riguardavano adeguamenti concessi in funzione del
verificarsi di uno dei rischi enumerati
all’art. 3, n. 1, della direttiva 79/7, e relativamente
ai quali essa ha dichiarato che tale
circostanza è di per sé insufficiente a far rientrare la
prestazione di base, alla quale tali
adeguamenti si riferivano e che non contemplava un tale
rischio, nell’ambito di applicazione
della direttiva 79/7 (v., in tal senso, sentenza Jackson
e Cresswell, cit., punto 19).
49 Nella fattispecie, nemmeno si tratta di un regime
caratterizzato dalla circostanza per cui la
legge stabilisce l’importo corrispondente ai bisogni
teorici degli interessati, che funge da
parametro per la determinazione della prestazione,
prescindendo da ogni considerazione
relativa al verificarsi di uno dei rischi enumerati
all’art. 3, n. 1, della direttiva 79/7, regime che,
come la Corte ha dichiarato, non rientra in nessun caso
nell’ambito di applicazione di tale
direttiva (sentenza Jackson e Cresswell, cit., punto
20).
50 Inoltre, se si tiene conto della finalità del regime
di perequazione di cui alla causa principale,
l’ulteriore modifica dell’importo delle pensioni che
esso prevede può essere considerata come
rientrante nel «calcolo delle prestazioni» ai sensi
dell’art. 4, n. 1, della direttiva 79/7.
51 L’interpretazione contraria, secondo la quale
soltanto il calcolo iniziale di una prestazione
rientrante nell’ambito di applicazione della direttiva
79/7, una volta che essa contempla uno
dei rischi elencati al suo art. 3, n. 1, sarebbe
soggetto al divieto previsto dall’art. 4, n. 1, di tale
direttiva, non può essere accolta.
52 Invero, come rilevato dall’avvocato generale al
paragrafo 59 delle sue conclusioni,
un’interpretazione restrittiva di questo tipo, che
implicherebbe il riconoscimento, senza
apparente giustificazione, di una lacuna notevole nella
portata del divieto di discriminazione
nei confronti delle donne, pregiudicherebbe tanto la
finalità della direttiva 79/9, che consiste
nel garantire, come recita il suo primo ‘considerando’,
la graduale attuazione del principio di
parità di trattamento tra gli uomini e le donne in
materia di previdenza sociale, la cui
importanza fondamentale è stata ripetutamente
sottolineata dalla Corte (v., in particolare,
sentenza 18 novembre 2010, causa C-356/09, Kleist, non
ancora pubblicata nella Raccolta,
punto 39, e giurisprudenza ivi citata), quanto
l’efficacia pratica di tale medesima direttiva.
53 In considerazione di quanto precede, occorre
risolvere la prima questione dichiarando che
l’art. 3, n. 1, della direttiva 79/7 dev’essere
interpretato nel senso che un regime di
perequazione annuale delle pensioni, come quello di cui
trattasi nella causa principale, rientra
nell’ambito di applicazione di tale direttiva ed è
quindi soggetto al divieto di discriminazione
sancito dall’art. 4, n. 1, della stessa.
Sulla seconda questione
54 Con la seconda questione il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se l’art. 4, n. 1, della
direttiva 79/7 debba essere interpretato nel senso che
esso osta a una disposizione nazionale
che porta a escludere da un aumento straordinario delle
pensioni un gruppo determinato di
titolari di pensioni minime e che prevede per questi
ultimi un aumento inferiore a quello
applicabile ad altri titolari di pensioni, il che
porterebbe a colpire in senso sfavorevole molte
più donne che uomini.
55 Occorre rilevare, in limine, che una normativa
nazionale come quella oggetto della causa
principale non comporta una discriminazione diretta, dal
momento che si applica
indistintamente ai lavoratori di sesso maschile e
femminile. Si deve pertanto esaminare se
essa possa costituire una discriminazione indiretta.
56 Da costante giurisprudenza della Corte risulta che vi
è discriminazione indiretta quando
l’applicazione di un provvedimento nazionale, pur
formulato in modo neutro, di fatto sfavorisce
un numero molto più alto di donne che di uomini (v.,
segnatamente, sentenza 16 luglio 2009,
causa C-537/07, Gómez-Limón Sánchez-Camacho, Racc. pag.
I-6525, punto 54 e
giurisprudenza ivi citata).
57 A tale proposito, secondo il giudice del rinvio,
dalle disposizioni del regime di perequazione
delle pensioni oggetto della causa principale, in
particolare dall’art. 634, n. 10, dell’ASVG,
nella sua versione risultante dalla legge di modifica
del 2007, discende che le persone come
la sig.ra Brachner, che percepiscono una pensione
minima, ossia una pensione il cui importo
si colloca al di sotto dell’importo di riferimento per
l’integrazione compensativa, subiscono uno
svantaggio, in quanto sono escluse dall’aumento
straordinario concesso ai beneficiari di
pensioni più elevate e che esse, in linea di principio,
hanno diritto soltanto all’aumento
inferiore previsto all’art. 108 h, n. 1, dell’ASVG, che
per il 2008 è stato fissato all’1,7%.
58 Si pone quindi la questione di stabilire se tale
svantaggio colpisca di fatto un numero molto
più elevato di donne che di uomini.
59 Per poter rispondere a tale questione, occorre
esaminare, come illustrato dal giudice del
rinvio, se la categoria di pensionati che subiscono
detto svantaggio sia composta da un
numero molto più elevato di donne che di uomini.
60 Un primo indicatore del fatto che tale svantaggio
colpisca un numero molto più elevato di
donne che di uomini, al quale si deve ascrivere un peso
notevole e che costituisce inoltre un
elemento indispensabile dell’analisi [v., nell’ambito
della direttiva del Consiglio 9 febbraio
1976, 76/207/CEE, relativa all’attuazione del principio
della parità di trattamento fra gli uomini
e le donne per quanto riguarda l’accesso al lavoro, alla
formazione e alla promozione
professionali e le condizioni di lavoro (GU L 39 pag.
40), sentenza 9 febbraio 1999, causa
C-167/97, Seymour-Smith e Perez, Racc. pag. I-623, punti
59 e 60], riguarda la differenza
tra il numero di donne che percepiscono una pensione
minima, espresso in termini
percentuali rispetto al numero totale delle donne che
ricevono una pensione a titolo
dell’ASVG, e tale medesima percentuale relativa ai
pensionati di sesso maschile.
61 Orbene, sempre secondo i dati statistici presi in
considerazione dal giudice del rinvio, tali
percentuali sono rispettivamente del 57% per i
pensionati di sesso femminile e del 25% per i
pensionati di sesso maschile.
62 In altri termini, per quanto attiene alle persone
rientranti nell’ambito di applicazione
dell’ASVG, il 75% dei pensionati di sesso maschile
poteva beneficiare dell’aumento
straordinario delle pensioni, mentre tale circostanza si
verificava solo per il 43% dei pensionati
di sesso femminile.
63 Una tale differenza è sufficientemente importante per
costituire un indicatore significativo sul
quale è possibile fondare la conclusione, che può
tuttavia essere tratta solo dal giudice del
rinvio, secondo cui l’esclusione delle pensioni minime
dall’aumento straordinario previsto dal
regime di perequazione oggetto della causa principale
colpisce di fatto in modo sfavorevole
una percentuale notevolmente più elevata di pensionati
di sesso femminile che di sesso
maschile.
64 Ammettendo che il giudice del rinvio accolga in via
definitiva questi dati statistici, le
indicazioni che ne derivano non verrebbero inficiate se,
in tale analisi, si tenesse altresì conto
dell’aumento straordinario dell’importo di riferimento
per l’integrazione compensativa per il
2008, parimenti previsto dalla legge di modifica del
2007, del quale, in linea di principio, i titolari di
pensioni minime possono beneficiare.
65 Un raffronto delle rispettive percentuali dei
pensionati di sesso maschile e femminile che
percepiscono una pensione minima senza poter accedere al
beneficio dell’integrazione
compensativa, a causa, essenzialmente, dell’esistenza di
risorse globali del nucleo familiare
superiori all’importo di riferimento fissato per
beneficiare di tale integrazione, rispetto al
numero totale dei pensionati di ciascun sesso cui è
versata una pensione a titolo dell’ASVG,
mostra in effetti che, secondo i dati statistici
presentati dal giudice del rinvio, tale percentuale
si attesta al 47% per i pensionati di sesso femminile e
al 14% per i pensionati di sesso
maschile.
66 Inoltre, da questi stessi dati emerge che l’82% delle
donne che percepiscono una pensione
minima non riceve l’integrazione compensativa a causa,
principalmente, della regola della
globalizzazione dei redditi, mentre tale circostanza
ricorre solo per il 58% degli uomini che
percepiscono tale pensione minima.
67 Tali conclusioni di carattere statistico, se
confermate dal giudice del rinvio, indicano che, se si
tenesse conto dell’aumento straordinario dell’importo di
riferimento per l’integrazione
compensativa per il 2008 previsto dalla legge di
modifica del 2007, la differenza rilevata tra la
percentuale dei pensionati di sesso femminile che hanno
subito uno svantaggio a causa
dell’esclusione delle pensioni minime dall’aumento
straordinario previsto da tale medesima
legge e la percentuale rispettiva dei pensionati di
sesso maschile non verrebbe ridotta ma, al
contrario, sarebbe ancora maggiore.
68 Occorre pertanto risolvere la seconda questione
dichiarando che l’art. 4, n. 1, della direttiva
79/7 dev’essere interpretato nel senso che, tenuto conto
dei dati statistici prodotti dinanzi al
giudice del rinvio, e in assenza di elementi contrari,
tale giudice può aver ragione di dichiarare
che tale norma osta a una disposizione nazionale che
porta a escludere da un aumento
straordinario delle pensioni una percentuale
notevolmente più elevata di pensionati di sesso
femminile che di sesso maschile.
Sulla terza questione
69 Con la sua terza questione il giudice del rinvio
chiede, in sostanza, se l’art. 4, n. 1, della
direttiva 79/7 debba essere interpretato nel senso che,
qualora, nell’ambito dell’esame che
esso deve effettuare al fine di fornire una risposta
alla seconda questione, esso debba
pervenire alla conclusione che, in realtà, una
percentuale notevolmente più elevata di
pensionati di sesso femminile piuttosto che di sesso
maschile può avere subito uno
svantaggio a causa dell’esclusione delle pensioni minime
dall’aumento straordinario previsto
dal regime di perequazione di cui alla causa principale,
tale svantaggio può essere giustificato
dal fatto che le donne che hanno prestato attività
lavorativa accedono prima al godimento
della pensione o che esse percepiscono la pensione più a
lungo, o dal fatto che l’importo di
riferimento per l’integrazione compensativa è stato esso
stesso oggetto di un aumento
straordinario per il medesimo anno 2008.
70 A tale proposito, si deve anzitutto rammentare che,
secondo una costante giurisprudenza
della Corte, un provvedimento nazionale che costituisce
una discriminazione indiretta quando,
pur formulato in modo neutro, la sua applicazione di
fatto sfavorisce un numero notevolmente
superiore di donne che di uomini è contrario all’art. 4,
n. 1, della direttiva 79/7, a meno che
tale provvedimento sia giustificato da fattori obiettivi
ed estranei a qualsiasi discriminazione
fondata sul sesso. Tale è il caso se i mezzi scelti
rispondono ad uno scopo legittimo di politica
sociale dello Stato membro del quale la legislazione è
in discussione, se sono idonei a
raggiungere l’obiettivo da essa perseguito e se sono
necessari a tal fine (v. in tal senso,
segnatamente, sentenza 8 febbraio 1996, causa C-8/94,
Laperre, Racc. pag. I-273, punto 14
e giurisprudenza ivi citata).
71 Inoltre, un fattore di questo tipo può essere
considerato idoneo a garantire l’obiettivo indicato solo
se soddisfa realmente l’intento di raggiungerlo e se è
attuato in maniera coerente e sistematica
(v. in tal senso, in particolare, sentenza 18 novembre
2010, cause riunite C-250/09 e
C-268/09, Georgiev, non ancora pubblicata nella
Raccolta, punto 56 e giurisprudenza ivi
citata).
72 Ancora, dalla giurisprudenza della Corte emerge
altresì che, se spetta in ultima analisi al
giudice nazionale – il solo competente a valutare i
fatti e ad interpretare il diritto nazionale –
stabilire se ed entro quali limiti la disposizione di
legge di cui trattasi sia giustificata da tale
fattore oggettivo, la Corte, chiamata a fornire al
giudice nazionale risposte utili nell’ambito di
un rinvio pregiudiziale, è competente per dare
indicazioni vertenti sugli atti della causa
principale nonché su osservazioni scritte e orali
sottopostele, idonee a consentire al giudice
nazionale di pronunciarsi (v. in tale senso, in
particolare, sentenza Seymour-Smith e Perez,
cit., punti 67 e 68, nonché giurisprudenza ivi citata).
73 Da ultimo, la Corte ha ripetutamente dichiarato che,
nello scegliere i provvedimenti atti a
realizzare gli obiettivi della loro politica sociale e
occupazionale, gli Stati membri dispongono
di un’ampia discrezionalità (v., in particolare,
sentenza Seymour-Smith e Perez, cit., punto 74
e giurisprudenza ivi citata).
74 Spetta tuttavia allo Stato membro, quale autore della
norma che si presume discriminatoria,
dimostrare che la detta norma risponde ad un obiettivo
legittimo della sua politica sociale, che
tale obiettivo è estraneo a qualsiasi discriminazione
fondata sul sesso e che lo stesso Stato
poteva ragionevolmente ritenere che gli strumenti
prescelti fossero idonei alla realizzazione di
detto obiettivo (v. in tal senso, in particolare,
sentenza Seymour-Smith e Perez, cit., punto 77).
75 Si deve pertanto esaminare se, alla luce di tali
principi derivanti dalla giurisprudenza, uno dei
tre motivi dedotti dinanzi al giudice del rinvio, come
riportati nel testo della terza questione
pregiudiziale, sia atto a giustificare la
discriminazione indiretta di cui alla causa principale,
ipotizzando che essa sia accertata dal giudice del
rinvio in esito all’esame che esso è tenuto a
effettuare tenendo conto degli elementi forniti dalla
Corte in risposta alla seconda questione
pregiudiziale.
76 Quanto, anzitutto, alla giustificazione vertente sul
fatto che i lavoratori di sesso femminile
possono beneficiare della pensione a un’età meno
avanzata, cosicché il livello dei loro
contribuiti è in genere meno elevato di quello dei
lavoratori di sesso maschile, tale
circostanza, che risulta connessa all’equilibrio che
deve esistere in un sistema di previdenza
sociale a carattere contributivo tra i contributi
assolti e le prestazioni fornite, è uno dei fattori
che spiegano il livello in media più basso dell’importo
delle pensioni che percepiscono i
lavoratori di sesso femminile.
77 Tale motivo non può però in nessun caso giustificare
l’esclusione delle donne che
percepiscono una pensione minima dal beneficio
dell’aumento straordinario delle pensioni
previsto dal regime di perequazione di cui alla causa
principale.
78 Invero, come spiegato dal giudice del rinvio, tale
regime di perequazione prevede un
adeguamento delle pensioni diretto a mantenerne il
potere d’acquisto rispetto all’evoluzione
dei prezzi al consumo.
79 Pertanto, è evidente che tale adeguamento non
costituisce una prestazione che rappresenta
una contropartita per i contributi versati. Di
conseguenza, esso non può essere addotto per
giustificare l’esclusione dei titolari delle pensioni
minime dal beneficio dell’adeguamento delle
loro pensioni.
80 Di conseguenza, un motivo fondato sulla circostanza
che le donne hanno generalmente
versato meno contributi rispetto agli uomini non è
rilevante nell’ambito dell’esame di
un’eventuale giustificazione dell’esclusione di queste
ultime da un provvedimento di
perequazione come quello di cui alla causa principale.
81 Occorre, poi, esaminare il motivo vertente sul fatto
che le donne che hanno prestato attività
lavorativa percepiscono la pensione più a lungo a causa
dell’aspettativa di vita delle donne, in
media più lunga.
82 Tale motivo, alla stregua di quello relativo al
livello inferiore dei contributi versati dai
pensionati di sesso femminile, ha ad oggetto
l’equilibrio che deve esistere, in un sistema di
previdenza sociale a carattere contributivo, tra i
contributi e le prestazioni al momento della
fissazione del livello di queste ultime.
83 Non esiste tuttavia una relazione tra tale motivo e
l’esclusione dei titolari di pensioni minime
dal beneficio dell’aumento straordinario previsto dal
regime di perequazione di cui alla causa
principale.
84 Infatti, come rilevato dal giudice del rinvio e
sottolineato al punto 78 della presente sentenza,
l’obiettivo di tale regime di perequazione è quello di
garantire che il potere d’acquisto della
pensione sia mantenuto rispetto all’evoluzione dei
prezzi al consumo.
85 Orbene, un tale obiettivo è estraneo a quello su cui
si basa il motivo di giustificazione
dedotto, che mira ad assicurare l’equilibrio finanziario
tra i contributi e le prestazioni al
momento della fissazione di queste ultime.
86 L’aspettativa di vita delle donne, in media più
lunga, non può quindi essere addotta quale
motivo atto a giustificare l’esclusione dei titolari di
pensioni minime dal beneficio dell’aumento
straordinario diretto a garantire il potere d’acquisto
delle pensioni.
87 Si deve da ultimo esaminare il terzo motivo, diretto
a giustificare l’esclusione delle pensioni
minime dal beneficio dell’aumento straordinario previsto
per il 2008 dal regime di
perequazione di cui alla causa principale, in
particolare dall’art. 634, n. 10, dell’ASVG, nella
versione risultante dalla legge di modifica del 2007,
ossia l’aumento straordinario, previsto
anche per il 2008 da tale medesima legge di modifica,
dell’importo di riferimento per
l’integrazione compensativa di cui beneficiano in linea
di principio i titolari di pensioni minime.
88 Al fine di esaminare la fondatezza di tale
giustificazione, secondo il giudice del rinvio è
necessario tener conto del fatto che tale aumento
straordinario dà luogo a un aumento
effettivo dell’integrazione compensativa solo se è
soddisfatta la condizione relativa alla
globalizzazione dei redditi, ossia che l’importo lordo
della pensione maggiorato degli altri
redditi netti del pensionato e del suo coniuge
convivente non deve superare l’ammontare
pertinente di detto importo di riferimento, mentre la
concessione dell’aumento straordinario
non è subordinata a tale condizione del computo di altri
redditi per le pensioni di livello
superiore.
89 A tale proposito, come già dichiarato dalla Corte,
l’integrazione compensativa costituisce una
prestazione diretta a garantire un minimo vitale al suo
beneficiario, in caso di pensione
insufficiente (sentenza 29 aprile 2004, causa C-160/02,
Skalka, Racc. pag. I-5613,
punto 26).
90 Detta prestazione persegue quindi un obiettivo
legittimo di politica sociale estraneo a
qualsiasi discriminazione fondata sul sesso (v. in tal
senso, per quanto riguarda l’aumento di
una prestazione previdenziale minima, sentenza 11 giugno
1987, causa 30/85, Teuling,
Racc. pag. 2497, punti 15-17).
91 Dalla giurisprudenza della Corte emerge inoltre che
l’assegnazione di un reddito pari al
minimo sociale è parte integrante della politica sociale
degli Stati membri, e che questi
dispongono di un potere discrezionale ragionevole per
quanto riguarda la natura dei
provvedimenti di protezione sociale e le modalità
concrete della loro realizzazione (sentenza
Molenbroek, cit., punto 15).
92 Per quanto attiene ai regimi nazionali che comportano
una prestazione previdenziale minima,
la Corte ha peraltro dichiarato che gli aumenti di tale
prestazione, sebbene vadano
principalmente a vantaggio degli uomini in ragione
dell’applicazione delle norme che
prevedono il computo dei redditi del coniuge, sono in
linea di principio giustificabili alla luce
della direttiva 79/7 (citate sentenze Teuling, punto 17,
nonché Molenbroek, punti 16 e 17).
93 Parimenti, l’esclusione del beneficio
dell’integrazione compensativa derivante
dall’applicazione della regola della globalizzazione dei
redditi dei coniugi, anche se colpisse
per la maggior parte i pensionati di sesso femminile,
può essere giustificabile alla luce
dell’obiettivo che consiste nel garantire che la
pensione non scenda al di sotto del minimo
sociale.
94 Tuttavia, anche se l’aumento straordinario
dell’importo di riferimento per l’integrazione
compensativa è richiamato quale giustificazione
dell’esclusione dei beneficiari di pensioni
minime dall’aumento straordinario previsto dal regime di
perequazione di cui alla causa
principale, per il fatto che tale aumento sarebbe
diretto a compensare gli effetti di detta
esclusione, una tale regola di globalizzazione dei
redditi dev’essere anch’essa giustificata
rispetto all’obiettivo proprio di tale regime di
perequazione.
95 Orbene, non è questo il caso se non esiste un
rapporto tra tale regola di globalizzazione dei
redditi e l’obiettivo proprio di detto regime di
perequazione che, come già rilevato, mira a
garantire che sia mantenuto il potere d’acquisto delle
pensioni rispetto all’evoluzione dei
prezzi al consumo.
96 Per contro, il fatto che il beneficiario di una
pensione minima o il suo coniuge disponga di altri
redditi non comporta affatto che l’importo di tale
pensione non debba, al pari delle pensioni di
importo più elevato, beneficiare dell’aumento
straordinario al fine di garantire il potere
d’acquisto di tali pensioni.
97 L’argomento, secondo cui non sarebbe necessario
concedere un aumento straordinario nei
casi in cui i titolari di una pensione e i loro coniugi
dispongano globalmente di risorse
sufficienti per non scendere al di sotto del minimo
sociale, non può essere dedotto come
giustificazione oggettiva della differenza di
trattamento tra le persone che beneficiano di una
pensione minima e i titolari di una pensione di importo
superiore, in quanto queste ultime
dispongono per principio, per via del solo importo delle
loro pensioni, di risorse sufficienti (v.,
per analogia, sentenza 13 dicembre 1989, causa C-102/88,
Ruzius-Wilbrink,
Racc. pag. 4311, punto 16).
98 Dato che solo i titolari di pensioni minime sono
soggetti a una condizione relativa alla
globalizzazione dei redditi per valutare il loro
eventuale diritto al beneficio dell’integrazione
compensativa, il cui aumento può neutralizzare gli
effetti dell’esclusione da un provvedimento
di perequazione che va a vantaggio dei titolari di
qualsiasi altra pensione, alla luce della
giurisprudenza rammentata ai punti 70-74 della presente
sentenza non si può pensare che lo
Stato membro, quale autore della presunta norma
discriminatoria, abbia stabilito di poter
ragionevolmente ritenere che l’aumento straordinario
dell’integrazione compensativa, dedotto
come motivo di giustificazione ai sensi dell’art. 4, n.
1, della direttiva 79/7, rispondesse
realmente all’intento di raggiungere l’obiettivo del
regime di perequazione di cui alla causa
principale, che consiste nel garantire che sia mantenuto
il potere d’acquisto delle pensioni, e
che fosse attuato a tal fine in maniera coerente e
sistematica.
99 D’altronde, altri elementi militano a favore di tale
conclusione.
100 Invero, come già rilevato al punto 66 della presente
sentenza, dai dati statistici presentati dal
giudice del rinvio emerge che l’82% delle donne che
ricevono una pensione minima non
percepisce l’integrazione compensativa in applicazione
della regola della globalizzazione dei
redditi, mentre tale situazione si verifica solo per il
58% degli uomini che percepiscono una
pensione minima.
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http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=CELEX:62010CJ0123:it:HT...
21/10/2011
101 Ne consegue che, di fatto, per la grande maggioranza
delle donne che percepiscono una
pensione minima, l’aumento dell’importo di riferimento
per l’integrazione compensativa non è
tale da neutralizzare gli effetti dell’esclusione dal
beneficio dell’aumento straordinario per i
titolari di pensioni minime.
102 Tali dati indicano, al contrario, che, poiché una
percentuale nettamente più elevata di uomini
che percepiscono una pensione minima riceve
l’integrazione compensativa, l’aumento
straordinario di detto importo di riferimento può
avvantaggiare questi ultimi in misura
decisamente maggiore, cosicché tale provvedimento
aggrava ancora di più la differenza di
trattamento di cui sono vittime le donne alle quali è
versata una pensione minima.
103 A tale proposito, la Corte ha dichiarato che
eventuali deroghe alle disposizioni di una legge
possono in taluni casi pregiudicare la coerenza di
quest’ultima, in particolare quando esse,
per la loro ampiezza, portino ad un risultato contrario
all’obiettivo perseguito dalla legge
suddetta (sentenze 12 gennaio 2010, causa C-341/08,
Petersen, Racc. pag. I-47, punto 61,
nonché 21 luglio 2011, cause riunite C-159/10 e
C-160/10, Fuchs e Köhler, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 86).
104 Si deve di conseguenza risolvere la terza questione
dichiarando che l’art. 4, n. 1, della
direttiva 79/7 dev’essere interpretato nel senso che,
qualora, nell’ambito dell’esame che il
giudice del rinvio deve effettuare al fine di fornire
una risposta alla seconda questione, esso
debba pervenire alla conclusione che, in realtà, una
percentuale notevolmente più elevata di
pensionati di sesso femminile piuttosto che di sesso
maschile può avere subito uno
svantaggio a causa dell’esclusione delle pensioni minime
dall’aumento straordinario previsto
dal regime di perequazione di cui alla causa principale,
tale svantaggio non può essere
giustificato dal fatto che le donne che hanno prestato
attività lavorativa accedono prima al
godimento della pensione o che esse percepiscono la
pensione più a lungo, né dal fatto che
l’importo di riferimento per l’integrazione compensativa
è stato esso stesso oggetto di un
aumento straordinario per il medesimo anno 2008.
Sulle spese
105 Nei confronti delle parti nella causa principale il
presente procedimento costituisce un
incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui
spetta quindi statuire sulle spese. Le
spese sostenute da altri soggetti per presentare
osservazioni alla Corte non possono dar
luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:
1) L’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 19
dicembre 1978, 79/7/CEE, relativa alla
graduale attuazione del principio di parità di
trattamento tra gli uomini e le donne
in materia di sicurezza sociale, dev’essere interpretato
nel senso che un regime di
perequazione annuale delle pensioni, come quello di cui
trattasi nella causa
principale, rientra nell’ambito di applicazione di tale
direttiva ed è quindi soggetto
al divieto di discriminazione sancito all’art. 4, n. 1,
della stessa.
2) L’art. 4, n. 1, della direttiva 79/7 dev’essere
interpretato nel senso che, tenuto
conto dei dati statistici prodotti dinanzi al giudice
del rinvio, e in mancanza di
elementi contrari, tale giudice può aver ragione di
dicharare che tale norma osta a
una disposizione nazionale che porta a escludere da un
aumento straordinario
delle pensioni una percentuale notevolmente più elevata
di pensionati di sesso
femminile che di sesso maschile.
3) L’art. 4, n. 1, della direttiva 79/7 dev’essere
interpretato nel senso che, qualora,
nell’ambito dell’esame che il giudice del rinvio deve
effettuare al fine di fornire
una risposta alla seconda questione, esso debba
pervenire alla conclusione che,
in realtà, una percentuale notevolmente più elevata di
pensionati di sesso femminile
piuttosto che di sesso maschile può avere subito uno
svantaggio a causa
dell’esclusione delle pensioni minime dall’aumento
straordinario previsto dal
regime di perequazione di cui alla causa principale,
tale svantaggio non può
essere giustificato dal fatto che le donne che hanno
prestato attività lavorativa
accedono prima al godimento della pensione o che esse
percepiscono la
pensione più a lungo, né dal fatto che l’importo di
riferimento per l’integrazione
compensativa è stato esso stesso oggetto di un aumento
straordinario per il
medesimo anno 2008.
_______
(1) Tenuto conto dei dati
statistici prodotto dinanzi al giudice del rinvio ed in
mancanza di elementi contrari.
(2) Piuttosto che di sesso
maschile. |