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Una di queste – dibattuta dal 1972
– è l’introduzione della cd. Financial Transaction Tax (FTT)
o European Tobin Tax, imposta sulle transazioni
finanziarie che la maggior parte dei Paesi europei –
Germania e Francia in testa – e tra questi anche
l’Italia intendono adottare, mentre il Regno Unito vi si
oppone decisamente (cfr. http://piergiorgiovalente.postilla.it/2011/08/23/financial-transaction-tax-pro-e-contro-secondo-la-commissione-europea/).
Gli effetti che questa tassazione
produrrebbe, ove fosse introdotta, sarebbero quelli di
colpire le transazioni finanziarie, penalizzando
soprattutto le speculazioni a breve termine.
Secondo chi la sostiene
contribuirebbe a portare stabilità sui mercati degli
scambi finanziari, non recando disincentivo agli
investimenti a lungo termine, mentre per i suoi
detrattori costituirebbe un gravame mal sopportato negli
ambienti degli investimenti internazionali.
Proposta per la prima volta nel
1972 dal premio Nobel 1981 James Tobin, non ha finora
trovato applicazione ma torna periodicamente sul tavolo,
soprattutto nei momenti di instabilità dei mercati
finanziari come quello attuale.
Il 9 gennaio 2012, nell’ambito del
vertice franco-tedesco tenutosi all’Eliseo, il
presidente Sarkozy l’ha proposta alla cancelliera Merkel,
che ha accettato di farne una delle materie di
discussione al prossimo Consiglio europeo di fine
gennaio, da cui tra l’altro dovrebbe provenire l’impulso
decisivo verso la riforma dei Trattati dell’Unione di
marzo.
Lo schieramento favorevole alla
tassazione delle transazioni finanziarie è ora molto
ampio, comprendendo Commissione UE, Parlamento europeo e
Governi dei maggiori Paesi del continente.
L’opposizione principale proviene
dal Regno Unito – preoccupato di salvaguardare gli
introiti della City londinese, una delle maggiori piazze
finanziarie del globo, che contribuisce in maniera
decisiva al PIL britannico – dai Paesi Bassi, dalla
Svezia e dalla Danimarca.
La soluzione che appare più
probabile, a questo punto, è che il Regno Unito si
chiami fuori e venga raggiunto un accordo a 26.
Il gettito stimato della Tobin Tax
dovrebbe essere compreso tra i 50 e i 65 miliardi di
euro e, se fino a poco tempo fa era immaginabile che
tale somma sarebbe andata a costituire voce importante
del bilancio UE, oggi è assai più probabile che venga
destinata all’ESM (European Stability Mechanism), il
nuovo fondo che, dal luglio 2012, sostituirà il vecchio
fondo salva-Stati Efsf (European Financial Facility Fund).
In data 10 gennaio 2012 il ministro
dell’economia danese, Margrethe Vestager, in un incontro
con la stampa a Copenhagen, ha rilevato come l’eventuale
introduzione della Tobin Tax inciderebbe per circa lo
0,5% sulla crescita del PIL dell’Unione, generando come
conseguenze ulteriori la perdita di posti di lavoro e,
soprattutto, orientando gli investitori su mercati
finanziari extra UE, quello americano e asiatico in
primis.
Gli oppositori della Tobin Tax
rilevano come l’introduzione della nuova imposta, ove
non fosse applicata a livello mondiale, avrebbe quale
conseguenza prima quella di spostare le operazioni – e i
conseguenti (ingenti) flussi finanziari – verso mercati
maggiormente accoglienti.
Il fatto che Stati Uniti e Paesi
asiatici si oppongano alla FTT dimostra forse che sono
pronti ad accogliere nuovi investitori in fuga?
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© Piergiorgio Valente |