Francesco Machina Grifeo
L’indennità corrisposta
all’avvocato indicato dal giudice tutelare come
amministratore di sostegno, per badare ai beni di una
persona non più in grado provvedere ai propri interessi,
costituisce reddito da lavoro autonomo e come tale è
rilevante ai fini Iva. Il chiarimento arriva
dall’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n.
2/2012, in risposta ad un quesito sollevato da un
professionista. Il legale nell’istanza aveva fatto
presente di svolgere nell’ambito della propria attività
di avvocato anche numerosi incarichi come amministratore
di sostegno, e che tali ultime attività si erano
moltiplicate dal 2008 in poi al punto da divenire parte
rilevante del proprio lavoro.
Il cambio di rotta dei giudici
tutelari
Per tale impegno, i giudici
tutelari, per un certo periodo, gli avevano liquidato
l'equa indennità prevista dall'articolo 379, comma 2,
del Cc comprensiva anche degli oneri accessori (rimborso
forfetario, Cnap e Iva) e su quell'importo il
professionista aveva emesso regolare fattura. Tuttavia,
di recente, l'orientamento dei giudici era cambiato: non
consideravano più l'indennità dell'amministratore di
sostegno come reddito imponibile e dunque non
liquidavano più gli oneri accessori ma anzi, in calce
all’istanza di rendiconto, specificavano espressamente
che non si trattava di reddito imponibile.
Soltanto nelle ipotesi in cui
l’avvocato svolgeva attività giudiziale o stragiudiziale
nell'interesse dell'amministrato, per esempio
occupandosi di una successione o di una causa penale,
allora il giudice liquidava a parte la parcella
presentata dal legale, su cui poi veniva emessa regolare
fattura.
La tesi dell’amministratore
Una tesi condivisa dal
professionista secondo cui l'equa indennità non ha
natura retributiva o di corrispettivo, ma soltanto
“compensativa”, analogamente a quella liquidata al
tutore. Del resto il tutore, spiegava l’avvocato, così
come l'amministratore di sostegno spesso svolgono
attività (redazione del modello ISE/ISEE, richieste FAP
e di invalidità civile, dichiarazioni RED, pagamenti di
affitti ecc.) che non rientrano nelle tabelle
professionali dei diritti e degli onorari. Per cui da
ora in avanti il legale si riteneva slegato da obblighi
di fatturazione, mentre avrebbe emesso delle semplici
ricevute per correttezza contabile.
La risposta delle Entrate
Una tesi bocciata dalle Entrate
secondo cui nell'ipotesi in cui il giudice tutelare
scelga direttamente un avvocato quale amministratore di
sostegno, la relativa indennità, anche se determinata in
via equitativa e su base forfetaria, rappresenta
comunque un compenso per lo svolgimento di una attività
professionale, inquadrabile quale reddito di lavoro
autonomo (articolo 53 del Tuir) e rilevante ai fini Iva
(articoli 3 e 5 del Dpr 26 ottobre 1972, n. 633).
E neppure vale a sostenere il
contrario il riferimento alla ordinanza n. 1073/1988,
con la quale la Corte costituzionale aveva chiarito che
l’equa indennità non ha natura retributiva ma serve a
compensare oneri e spese non facilmente documentabili.
Nel caso della pronuncia, infatti, ricorda il Fisco, si
verteva all’interno di un giudizio di tutela di un
interdetto affidato ad un parente. Non solo, l'ordinanza
della Consulta è del 1988, mentre le norme in materia di
amministrazione di sostegno sono state introdotte con la
legge n. 6 del 2004, e l'articolo 411 Cc rinvia
all'articolo 379 Cc, in quanto compatibile, facendo con
ciò presumere che l'applicazione di quest'ultimo
comporta comunque una verifica in relazione alla
situazione concreta.
RISOLUZIONE N. 2/E
Direzione
Roma, 9 gennaio 2012
OGGETTO:
Istanza di interpello - Art. 11, legge 27 luglio 2000,
n. 212 – IRPEF -
IVA - Indennità liquidata all’amministratore di sostegno
- Art. 53
DPR 22 dicembre 1986, n. 917 - Art. 3 e 5 DPR 26 ottobre
1972, n.
633
Con l'interpello
specificato in oggetto, concernente l'interpretazione
dell'art.
Art. 53 DPR 22
dicembre 1986, n. 917 – art. 3 e 5 DPR 26 ottobre 1972,
n. 633 è
stato esposto il
seguente
QUESITO
L'istante svolge la
propria attività di avvocato ricoprendo anche incarichi
di
amministratore di
sostegno. A partire dal 2008 tali ultimi incarichi si
sono
moltiplicati, tanto
da divenire parte rilevante dell'attività svolta dal
professionista.
Per l'attività in
oggetto, i Giudici Tutelari, per un certo periodo, hanno
liquidato
l'equa indennità
prevista dall'art. 379 comma 2 del c.c. comprensiva di
oneri
accessori (rimborso
forfetario, CNAP e IVA) e su quell'importo l'istante ha
emesso
regolare fattura.
Recentemente, l'orientamento dei giudici è cambiato e
gli stessi non
considerano più
l'indennità dell'amministratore di sostegno come reddito
imponibile.
Pertanto, come
indicato nel provvedimento in calce all'istanza di
rendiconto, il
giudice tutelare
liquida ora la sola indennità, specificando che non si
tratta di reddito
imponibile e non
aggiunge gli oneri accessori previsti dalla legge
(rimborso
forfetario, IVA e
CNAP). Quando l’istante, in qualità di avvocato, svolge
invece
Direzione Centrale Normativa
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attività giudiziale
o stragiudiziale nell'interesse dell'amministrato, per
esempio
occupandosi di una
successione o di una causa penale, il giudice liquida a
parte la
parcella presentata
dal legale, su cui poi viene emessa regolare fattura. Il
contribuente,
contattando la Cassa Forense, ha avuto poi conferma che
la CPA per le
indennità non deve
essere applicata. Nell'istanza si chiedono delucidazioni
in ordine
al trattamento
applicabile ai fini IRPEF, IVA e CPA, alle descritte
indennità.
SOLUZIONE INTERPRETATIVA PROSPETTATA DAL CONTRIBUENTE
L'istante ritiene
che l'equa indennità liquidata dal giudice tutelare
prevista
dall'art. 379 c.c.,
comma 2, non ha natura retributiva o di corrispettivo,
ma
compensativa,
analogamente a quella liquidata al tutore. A fondamento
del suo
assunto richiama
l'ordinanza della Corte Costituzionale n. 1073 del
24.11.1988 che
ha riconosciuto la
natura non retributiva dell'indennità, sul rilievo che
le spese e gli
oneri del tutore
spesso non sono documentabili.
Ad avviso
dell'istante infatti il tutore così come
l'amministratore di sostegno
spesso svolgono
attività (richiesta e redazione del modello ISE/ISEE,
richieste FAP,
incontri di rete con
operatori del Distretto e Assistenti sociali, richieste
di
trasmissioni di
certificati per la richiesta di riconoscimento
dell'invalidità civile,
dichiarazioni RED,
dichiarazioni dei redditi, pagamenti di affitti ecc) che
non
possono rientrare
nelle tabelle professionali dei diritti e degli onorari.
Conseguentemente
ritiene di dover adottare il seguente comportamento:
1) l'equa indennità
percepita dall'istante in qualità di amministratore di
sostegno non
costituisce reddito
imponibile ai fini IRPEF, né ai fini IVA e di
conseguenza non
sussistono obblighi
di fatturazione.
2) L'istante, in
ottemperanza al provvedimento del Giudice Tutelare, in
futuro
emetterà non delle
fatture ma delle semplici ricevute attestanti
l'indennità, per una
semplice regolarità
contabile.
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3) Per le fatture
già emesse, nei 12 mesi precedenti la risposta alla
presente istanza
di interpello,
provvederà ad emettere ai fini IVA una nota di accredito
ed una
ricevuta con bollo e
a chiedere la compensazione dal 1.1.2010.
4) Per le fatture
emesse oltre i 12 mesi l'istante emetterà delle ricevute
semplici e
chiederà, in qualità
di amministratore di sostegno dei singoli beneficiari,
il rimborso
dell'IVA già
versata.
5) Presenterà una
dichiarazione integrativa "a favore" ai fini IRPEF, IRAP
per i
periodi 2008 e 2009,
chiedendo il rimborso delle imposte versate in eccesso.
6) Per l'annualità
2010 l'istante considererà non imponibile ai fini
IRPEF/IRAP
l'indennità
percepita facendo emergere un'eccedenza di versamento
che porterà in
compensazione nelle
annualità successive.
7) L'IVA e la CPA
verranno restituiti man mano che saranno effettuati i
compensi e
i rimborsi.
PARERE DELL'AGENZIA DELLE ENTRATE
Le norme in materia
di amministrazione di sostegno sono state introdotte nel
codice civile dalla
legge 9 gennaio 2004, n. 6.
Ai sensi dell'art.
404 c.c., la persona che per effetto di una infermità
ovvero
una menomazione
fisica o psichica si trova nella impossibilità, anche
parziale o
temporanea, di
provvedere ai propri interessi può essere assistita da
un
amministratore di
sostegno, nominato dal giudice tutelare del luogo in cui
questa ha
la residenza o il
domicilio.
Il successivo art.
408 c.c. stabilisce il principio che "la scelta
dell'amministratore di sostegno avviene con esclusivo
riguardo alla cura ed agli
interessi della persona del beneficiario.
L'amministratore di sostegno può essere
designato dallo stesso interessato, in previsione della
propria eventuale futura
incapacità, mediante atto pubblico o scrittura privata
autenticata. In mancanza,
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ovvero in presenza di gravi motivi, il giudice tutelare
può designare con decreto
motivato un amministratore di sostegno diverso. Nella
scelta, il giudice tutelare
preferisce, ove possibile, il coniuge che non sia
separato legalmente, la persona
stabilmente convivente, il padre, la madre, il figlio o
il fratello o la sorella, il
parente entro il quarto grado ovvero il soggetto
designato dal genitore superstite
con testamento, atto pubblico o scrittura privata
autenticata" (primo comma). "Il
giudice tutelare, quando ne ravvisa l'opportunità, e nel
caso di designazione
dell'interessato quando ricorrano gravi motivi, può
chiamare all'incarico di
amministratore di sostegno anche altra persona idonea,
ovvero uno dei soggetti di
cui al titolo II (persone giuridiche) al cui legale
rappresentante ovvero alla persona
che questi ha facoltà di delegare con atto depositato
presso l'ufficio del giudice
tutelare, competono tutti i doveri e tutte le facoltà
previste nel presente capo"
(quarto comma).
Al riguardo, la
Corte di Cassazione con sentenza n. 19596 del 2011 ha
affermato che il
criterio fondamentale da seguire nella scelta
dell'amministratore di
sostegno è
esclusivamente quello che riguarda la cura e gli
interessi della persona
beneficiata e che
detto criterio lascia al giudice tutelare ampia facoltà
di valutazione
su quale sia il
miglior soggetto da scegliere come amministratore.
Per effetto del
rinvio operato dall'art. 411 c.c., all'amministrazione
di
sostegno si
applicano, "in quanto compatibili", talune norme
del codice civile
riguardanti
l'ufficio tutelare tra cui l'art. 379 c.c. secondo cui
"L'ufficio tutelare è
gratuito. Il giudice tutelare tuttavia considerando
l'entità del patrimonio e le
difficoltà dell'amministrazione, può assegnare al tutore
una equa indennità. Può
altresì, se particolari circostanze lo richiedono,
sentito il protutore, autorizzare il
tutore a farsi coadiuvare nell'amministrazione, sotto la
sua personale
responsabilità, da uno o più persone stipendiate".
Le norme richiamate
attribuiscono al giudice tutelare ampia autonomia nello
scegliere
l'amministratore di sostegno anche al di fuori
dell'ambito dei familiari o
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conviventi,
prevedendo la possibilità di nominare terzi, anche
persone giuridiche, e
di ricorrere ad
adiuvandum a professionisti.
Nell'ipotesi in cui
il giudice tutelare scelga direttamente un avvocato
quale
amministratore di
sostegno, si ritiene che la relativa indennità, anche se
determinata
in via equitativa e
su base forfetaria, rappresenti comunque, sotto il
profilo
dell'applicazione
della normativa tributaria di competenza della
scrivente, un
compenso per lo
svolgimento di una attività professionale, inquadrabile
quale
reddito di lavoro
autonomo ai sensi dell'art. 53 del testo unico della
imposte sui
redditi e rilevante
ai fini IVA ai sensi degli articoli 3 e 5 del DPR 26
ottobre 1972,
n. 633.
Peraltro, con
riferimento allo specifico caso rappresentato, il
provvedimento
di assegnazione
dell'equa indennità (allegato all'istanza) afferma che
"rivestendo
l'AdS la qualifica professionale di avvocato, ai fini
della determinazione del
compenso, quale parametro di riferimento può soccorrere
l'art. 7 della Tariffa
professionale, in combinazione con l'art. 6 della
tabella allegata in materia
stragiudiziale, nella parte in cui fa richiamo
all'attività di gestione amministrativa
in adempimento di incarichi giudiziari e con esclusivo
riguardo all'entità
dell'onorario".
Si ritiene che la
conclusione non sia inficiata dalla ordinanza della
Corte
costituzionale n.
1073 del 1988, richiamata nell'istanza, riguardante
l'art. 379 c.c., in
cui la Corte ha
evidenziato che l'equa indennità di cui all'art. 379
c.c., secondo
comma, che il
giudice tutelare può assegnare al tutore, considerando
l'entità del
patrimonio e le
difficoltà dell'amministrazione, non ha natura
retributiva ma serve a
compensare gli oneri
e le spese non facilmente documentabili da cui è gravato
il
tutore in ragione
dell'attività di amministrazione del patrimonio del
pupillo.
L'intervento della
Corte costituzionale, infatti, è stato sollecitato nel
corso di
un giudizio di
tutela di un interdetto affidata ad un parente, nella
parte in cui non
prevede a favore del
tutore, che presta assistenza personale particolarmente
gravosa,
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l'indennità che
detta norma prevede invece a favore del tutore in
considerazione
delle difficoltà
dell'amministrazione del patrimonio.
Va rilevato,
peraltro, che l'ordinanza della Corte costituzionale è
del 1988,
mentre le norme in
materia di amministrazione dei sostegno sono state
introdotte
con la legge n. 6
del 2004, e che l'art. 411 c.c. rinvia all'art. 379
c.c., in quanto
compatibile, facendo
con ciò presumere che l'applicazione di quest'ultimo
comporta
comunque una
verifica di detto requisito da parte dell'interprete in
relazione alla
situazione concreta.
******
Le Direzioni
regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le
istruzioni
fornite con la
presente risoluzione vengano puntualmente osservati
dalle Direzioni
provinciali e dagli
Uffici dipendenti.
IL DIRETTORE CENTRALE |