Persona e danno.it
Della simulazione della separazione
personale fra coniugi
Il problema della configurabilità
nel nostro Ordinamento del fenomeno simulatorio della
separazione fra coniugi appartiene alla più ampia serie
di questioni imperniate sul tema della configurabilità,
in astratto, di un procedimento simulatorio in relazione
a negozi per il perfezionamento dei quali è previsto un
intervento giurisdizionale.
Giova sottolineare come debba
distinguersi la simulazione della separazione in quanto
tale dalla simulazione nella separazione, intendendosi
per quest’ultima la simulazione di un accordo inserito
nel più ampio contesto delle condizioni concordate ex
art. 158 Cod.Civ. ed omologate dal Tribunale.
La separazione fra coniugi implica
un contenuto necessario (le condizioni personali,
l’affidamento dei figli, ecc….), a cui la simulazione
effettivamente non può appartenere, dal contenuto
eventuale costituito da patti prevalentemente di natura
patrimoniale, aventi ad oggetto diritti sicuramente
disponibili e fondati sul pieno ed esclusivo consenso
delle parti.
La giurisprudenza ha sempre ammesso
con orientamento costante la possibilità che il consenso
manifestato dai coniugi in sede di separazione possa
essere simulato.
La più significativa sentenza in
tal senso è stata Cass. 5.3.2001 n. 3149, con la quale
la Suprema Corte ha deciso proprio una fattispecie di
simulazione di un patto inserito nel più ampio contesto
dei patti costituenti il contenuto eventuale di una
separazione e con la quale ha riconosciuto, confermando
il decisum della Corte d’Appello, l’ammissibilità nei
confronti dell’accordo di separazione consensuale dei
classici rimedi negoziali.
La contestualità di diversi accordi
verbali, coevi a quelli scritti ed omologati, non
integra –secondo tale sentenza- modifica di questi
ultimi bensì simulazione dell’atto omologato.
Il decisum della sentenza n.
3149/2001 si articolava nei seguenti passaggi:
- simulazione e vizi del consenso
sono astrattamente configurabili nei confronti di un
accordo di separazione consensuale omologato;
- non è necessario agire sul
decreto di omologazione, chiedendone la modifica o la
revoca;
- per ciò che attiene più
specificamente all’ipotesi della simulazione, il
rapporto tra intese a latere coeve all’accordo scritto
ed omologato e quest’ultimo si pone esattamente come si
potrebbe porre in relazione a qualsiasi contratto di cui
si alleghi la nullità per simulazione.
In un suo precedente più risalente,
la medesima Corte di legittimità aveva ammesso la
facoltà per i terzi di dimostrare la simulazione della
procedura di separazione (Cass. 18.12.1986 n. 7681).
Invero il fondamento negoziale e la
inderogabile centralità del consenso delle parti sono
sempre stati costantemente riconosciuti come caratteri
essenziali della separazione consensuale fra coniugi.
La sentenza della Suprema Corte n.
17902/2004 ha chiaramente affermato che l’elemento che
dà sostanza e fondamento alla separazione consensuale
fra coniugi è il loro accordo, il quale ha natura
negoziale, non potendo l’atto di omologazione (che, fra
l’altro, per sua natura, non ha contenuto decisorio né
ha carattere di definitività) avere funzione sostitutiva
od integrativa della volontà delle parti, atteso che la
procedura ed il decreto di omologazione rappresentano
solamente condizioni di efficacia del sottostante
accordo fra i coniugi (salvo il potere di intervento più
penetrante in ordine ai patti relativi all’affidamento
ed al mantenimento dei figli minorenni).
Di ruolo primario della volontà
concorde dei coniugi di separarsi parla espressamente la
stessa sentenza testè citata al fine di concludere per
l’ammissibilità dell’azione di annullamento disciplinata
dagli artt. 1427 e segg. Cod.Civ.
La semplice concessione di
efficacia discendente dal provvedimento di omologa,
sempre secondo tale condivisibile pronuncia, non
fornisce certezza sulla validità e genuinità della
volontà manifestata dai coniugi in presenza del
Presidente del Tribunale, il quale svolge adempimenti
non dissimili da quelli prescritti ad un notaio rogante
e che, quindi, non appaiono di per sé in grado di
escludere a priori (esattamente come avviene per un
rogito notarile) che la volontà possa essere in qualche
modo viziata.
Voler attribuire a tutti i costi al
Presidente l’improprio ruolo di “garante” dell’esistenza
e della genuinità del consenso delle parti significa
presupporre una norma che non esiste nel nostro
Ordinamento (G. Oberto, I contratti della crisi
coniugale, Milano 1999, Tomo I°, pag. 237; M. Dogliotti,
Separazione e divorzio, Torino 1995, pag. 13).
La più recente sentenza n.
8516/2006, ponendosi sulla stessa linea tracciata
precedentemente, ha ribadito che l’accordo con il quale
i coniugi, nel quadro della complessiva regolamentazione
dei rapporti in sede di separazione consensuale,
stabiliscano il trasferimento di beni immobili lascia
inalterata la natura negoziale della pattuizione.
Tutte le clausole (fatta eccezione,
come detto, per le clausole attinenti all’affidamento ed
al mantenimento dei figli minori) contenute nell’accordo
di separazione hanno natura essenzialmente negoziale e
presentano una propria individualità, con la conseguenza
che non è precluso addirittura l’esperimento dell’azione
revocatoria. La predetta natura negoziale non è alterata
dal provvedimento di omologazione, il quale ha la
circoscritta funzione di verificare che le clausole
medesime siano compatibili con le norme cogenti ed i
princìpi di ordine pubblico posti a tutela dei coniugi
stessi e della prole, restando affatto estranea la
funzione di tutela dei terzi creditori (Cass. 12.4.2006
n. 8516).
Da quanto detto discende de plano
la piena applicabilità dell’intera normativa
contrattuale, a cominciare dal principio-cardine
costituito dell’art. 1322 Cod.Civ.
Del resto l’applicabilità del
canone citato alla materia degli accordi tra coniugi in
occasione di separazione costituisce un dato accettato
dalla giurisprudenza ed anche dalla dottrina, a partire
dal fondamentale testo (L’autonomia privata nel diritto
di famiglia, Napoli 1961) di Francesco
Santoro-Passarelli, il quale non esitò a dichiarare
l’applicabilità al negozio giuridico familiare, anche
nei suoi settori non patrimoniali, della disciplina
dettata dal Codice per il contratto in generale.
Nel complesso della disciplina dei
contratti non si può negare l’estensione del fenomeno
simulatorio al contenuto patrimoniale ed eventuale di un
accordo di separazione consensuale (Trib. Bologna
28.1.1998; App. Bologna 7.5.2000; App. Bologna
17.5.2000; G. Bianchi, La simulazione, Padova 2003, pag.
83).
Del resto la Suprema Corte è ormai
approdata al totale riconoscimento degli accordi non
omologati successivi alla separazione, con ciò
riconoscendo il pieno dispiegarsi della negozialità di
tali accordi proprio nel quadro sancito dall’art. 1322
Cod.Civ., tanto che, con orientamento costante, era già
stata riconosciuta la proponibilità di un’autonoma
azione diretta all’accertamento dell’eventuale nullità
dell’accordo di separazione (Cass. 13.7.1979 n. 4079),
così come era stata già riconosciuta, con orientamento
parimenti costante, l’applicabilità dei canoni
ermeneutici di cui all’art. 1362 c.c. all’accordo in
materia di attribuzione della casa familiare (Cass.
5.7.1988 n. 4420).
La dottrina (v. per tutti,
Barbiera, Disciplina dei casi di scioglimento del
matrimonio, in Comm. del Cod.Civ. a cura di
Scialoja-Branca, Bologna 1971, pag. 147; G. Oberto, op.
cit., pag. 240; A. Ceccherini, I rapporti patrimoniali
nella crisi della famiglia e nel fallimento, Milano
1996, pag. 407; A. Figone, Sull’annullamento del verbale
di separazione consensuale per incapacità naturale,
1997, pag. 441) ha riconosciuto al contenuto eventuale
degli accordi di separazione natura non solo negoziale
bensì addirittura contrattuale, trovando successivamente
eco nella giurisprudenza di legittimità, ove si precisa
che i rapporti patrimoniali tra i coniugi separati hanno
rilevanza solo per le parti, non essendovi coinvolto
alcun pubblico interesse, per cui essi sono pienamente
disponibili e rientrano nell’autonomia privata (Cass.
23.7.1987 n. 6424).
Ancora recentemente la Suprema
Corte ha confermato la concezione c.d. “privatistica”
della separazione consensuale, a cui favore militano
tanto il tenore letterale dell’art. 158 comma I°
Cod.Civ. e dell’art. 711 comma IV° Cod.Proc.Civ. quanto
i limiti ai poteri di controllo del Giudice prefigurati
dall’art. 158 II° comma Cod.Civ., ribadendo che
l’accordo di separazione costituisce un atto di natura
essenzialmente negoziale rispetto al quale il
provvedimento di omologazione si atteggia a mera
condizione di efficacia (Cass. 13.5.2008 n. 11914).
L’unica recente pronuncia contraria
a tale consolidato orientamento è la sentenza n. 17607
del 20.11.2003, la quale, tuttavia, deve essere
censurata per l’insanabile dissidio fra le premesse
motivazionali ed il dictum giurisdizionale.
Infatti tale decisione, dopo aver
espressamente dichiarato che la causa della separazione
sta nella volontà dei coniugi mentre l’omologazione
agisce come mera condizione legale di efficacia
dell’accordo e dopo aver ribadito che la separazione
trova la sua unica fonte nel consenso manifestato dai
coniugi dinanzi al Giudice ed ancora che la successiva
omologa consente solamente la produzione degli effetti
di un negozio giuridico già perfetto ed autonomo,
conclude (a sorpresa) negando la configurabilità di una
simulazione della separazione.
La conclusione è tanto più curiosa
e contraddittoria se si considera che, nell’ambito della
motivazione, addirittura si legge che non si può
escludere che si applichino all’accordo di separazione,
naturalmente nei limiti della loro compatibilità, le
norme del regime contrattuale che riguardano in generale
la disciplina del negozio giuridico o che esprimono
princìpi generali dell’Ordinamento, come quelle in tema
di vizi del consenso.
La giustificazione data dal Supremo
Collegio consiste nella considerazione secondo cui nel
momento in cui i coniugi convengono, nello spirito e
nella prospettiva della loro intesa simulatoria, di
chiedere al Tribunale l’omologazione della loro
(apparente) separazione, esse in realtà concordano nel
voler conseguire il riconoscimento di uno status dal
quale la legge fa derivare effetti irretrattabili tra le
parti e nei confronti dei terzi. In tal modo –si noti-
la Suprema Corte non nega affatto che l’accordo dei
coniugi possa essere simulato ma afferma che tale
intento simulatorio verrebbe travolto e superato dalla
volontà manifestata dagli stessi coniugi nell’istanza di
omologa, posto che da tale atto deriverebbero “effetti
irretrattabili”.
Sul punto va subito detto che, se
veramente fosse l’asserita irretrattabilità degli
effetti della separazione ad escludere la
configurabilità di un procedimento simulatorio del
negozio di separazione consensuale, non si riuscirebbe a
comprendere per quali motivi il Legislatore avrebbe
previsto e disciplinato nel Codice Civile la simulazione
del contratto, gli effetti del quale sono
“irretrattabili” almeno tanto quanto quelli di un
accordo di separazione.
In secondo luogo, in ordine
all’argomentazione per cui sarebbe logicamente
insostenibile che i coniugi possano disvolere (con
l’accordo simulato) la condizione di separati e nello
stesso tempo volere l’emissione di un provvedimento
giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti
giuridici a detta condizione, si deve osservare che la
contraddizione nel ragionamento della Suprema Corte è
assai stridente.
Dire –come dice la sentenza n.
17607/2003- che è il momento processuale (l’omologa)
sullo status ad evidenziare la volontà dei coniugi di
produrre gli effetti della separazione, in contrasto con
il loro accordo simulato, significa dire che è il
decreto del Tribunale a costituire il fulcro della
separazione: e ciò in piena antitesi con l’idea a lungo
(correttamente) motivata nella prima parte della stessa
sentenza secondo cui l’unico, vero, elemento essenziale
di quel mutamento di status ingenerato dalla separazione
è costituito dal negozio inter coniuges.
Del resto è logico ritenere che se
i coniugi intendono “inscenare” una separazione in
realtà non voluta, magari per perseguire intenti
fraudolenti, si serviranno proprio del procedimento di
omologazione per ammantare di (apparente) efficacia un
accordo produttivo di apparenti effetti che essi, in
realtà, non hanno mai voluto.
Si consideri, infine, per meglio
apprezzare l’assurdità della sentenza n. 17607/2003,
che, ad esempio, nessuno ha mai sostenuto che
l’omologazione dell’atto costitutivo di una società di
capitali (omologazione oggi abrogata), nemmeno se
richiesta da tutti i soci, potesse sanare l’eventuale
nullità (o inefficacia) dell’atto costitutivo medesimo
per simulazione; così come non è certo il decreto di
autorizzazione, emesso dal Giudice su istanza del legale
rappresentante di un incapace, ad escludere la
possibilità che il contratto concluso in forza di tale
autorizzazione possa essere un giorno dichiarato
simulato.
Il carattere assoluto della
simulazione e quindi la mancanza di volontà di
separazione da parte dei coniugi consente di utilizzare
ogni tipo di prova (Cass. 17.12.1991 n. 13584; Cass.
30.1.1992 n. 1011; Cass. 16.4.1988 n. 2998; Cass.
18.6.1986 n. 4071; Cass. 23.9.1986 n. 5705; Cass.
8.10.1981 n.
Della simulazione assoluta del
collegato negozio di trasferimento immobiliare
Il negozio di trasferimento
immobiliare operato con la separazione è strettamente
collegato, anche in senso giuridico e contrattuale, con
la separazione, come sovente risulta dai verbali di
separazione.
Il collegamento negoziale estende
automaticamente il carattere simulatorio dalla
separazione dei coniugi all’acquisto dell’immobile da
parte di uno dei coniugi. Infatti dimostrata la
simulazione della separazione, resta automaticamente
simulato anche il trasferimento di proprietà
dell’immobile.
In ogni caso anche in riferimento a
quest’ultimo sovente esiste la prova della sua
simulazione che è costituita dalla palese intenzione
delle parti di sottrarre il bene alle azioni esecutive
dei creditori.
Inoltre il collegamento fra i due
negozi giuridici è spesso dimostrato dalla contestualità
ed unitarietà della loro stipula ed anche dalla (seppur
apparente) corrispettività dell’alienazione rispetto
all’obbligo di concorso nel mantenimento dei figli.
Della nullità del collegato negozio
di trasferimento immobiliare per mancanza della sua
causa formale (la separazione)
La sostanziale mancanza della
volontà dei coniugi di separarsi derivante dalla
simulazione assoluta comporta non solo la automatica
simulazione del collegato negozio di trasferimento
della proprietà dell’immobile ma comporta anche la sua
nullità per mancanza di causa.
La mancanza della volontà di
separarsi e dunque la mancanza dell’obbligazione di
concorso nel mantenimento determinano la totale mancanza
di causa giuridica dell’attribuzione patrimoniale
costituita dal trasferimento dell’immobile e dunque la
sua nullità ai sensi del combinato disposto degli artt.
1325 e 1418 Cod.Civ.
La mancanza dell’obbligazione,
infatti, determina l’impossibilità del rapporto e
dell’equilibrio sinallagmatico che rendono meritevoli di
tutela (art. 1322 Cod.Civ.) e giustificano la rilevanza
giuridica e la validità del negozio.
Infatti gli unici negozi validi
benché privi di sinallagma sono quelli con causa di
liberalità.
In molti casi, invece, il negozio è
strutturato con causa onerosa e corrispettiva e dunque
avrebbe dovuto comportare un vantaggio patrimoniale per
entrambe le parti (cfr. Trib. Napoli 10.11.1981).
E’ noto che la causa di un
contratto coincide con la sua funzione economico-sociale
e, in concreto, coincide con la funzione che le parti
gli attribuiscono per qualificare e giustificare le
reciproche attribuzioni.
Allorquando il trasferimento
immobiliare è voluto dalle parti esclusivamente quale
patto integrante delle condizioni di separazione, sicchè
la simulazione assoluta di quest’ultima necessariamente
fa venir meno l’unica causa giuridica giustificativa
della validità del negozio di trasferimento immobiliare.
Della nullità del negozio di
trasferimento immobiliare per mancanza di causa
dipendente dalla mancanza dell’obbligazione
La nullità per mancanza di causa
può discendere altresì dal fatto che l’obbligazione che,
apparentemente, il coniuge cedente ha voluto adempiere
mediante la cessione dell’immobile, é –in realtà-
inesistente.
Ne discende l’inesistenza
dell’apparente equilibrio sinallagmatico contrattuale
quando i figli, al tempo della separazione, erano già
maggiorenni ed economicamente autosufficienti.
Dell’indebito acquisto
dell’immobile
La mancanza dell’obbligazione
pecuniaria da adempiere con il trasferimento immobiliare
de quo, rileva anche sotto il profilo dell’indebito
oggettivo, atteso che solo i figli beneficiari del
mantenimento sono legittimati alla domanda di concorso
nel loro mantenimento.
Né si può riconoscere una
concorrente legittimazione in capo ad uno dei genitori
considerata la natura strettamente personale
dell’obbligazione alimentare, non potendo la relativa
azione essere esercitata se non dal suo titolare (cfr.
art. 438 I° comma Cod.Civ.).
Da ciò consegue che un genitore non
è legittimato all’esercizio dell’azione per gli alimenti
spettanti al figlio maggiorenne ancorché questi conviva
con lui (esattamente in termini Cass. 28.7.1960 n. 2214
in Temi Nap. 1960, I, 444; Cass. 28.4.1980 n. 2784).
Da quanto sopra discende che la
cessione dell’immobile ad (apparente) estinzione
dell’(apparente) obbligazione di mantenimento, pur
qualora ritenuta valida ed efficace, è effettuata a
favore di un soggetto non creditore e privo di
qualsivoglia legittimazione, che resta dunque obbligato
a restituire quanto indebitamente ricevuto oltre ai
frutti ed agli interessi a norma dell’art. 2033 Cod.Civ.
Della nullità del negozio di
trasferimento immobiliare per difetto di forma
Il negozio di trasferimento
immobiliare, infine, sarebbe altresì nullo pur se
configurato quale negozio a titolo gratuito, attesa la
necessità della stipula in forma pubblica del contratto
(art. 782 Cod.Civ.) e della presenza dei testimoni (art.
48 Legge 16.2.1913 n. 89).
Allegati: (sent 1177-2003 Eredità
Mosca c. Perona.doc)sent 1177-2003 Eredità Mosca c.
Perona.doc
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME
DEL POPOLO ITALIANO
IL
TRIBUNALE DI BIELLA
in
persona del giudice dott.ssa Ilaria Benincasa, ha
pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di 1°
grado iscritta al n. 1177 del ruolo contenzioso generale
dell’anno 2003 vertente tra:
Eredità Giacente di
…………….. in persona del curatore, rappresentata e difesa
dall’avvocato Paolo Basso, presso il cui studio, in
Biella, viale Gramsci n. 12, è elettivamente domiciliata
in virtù di delega a margine dell’atto di citazione
Attrice
e
………….., rappresentata e
difesa dagli avvocati ……………… e ……………., presso lo studio
dei quali, in Biella, via ………… n. …, è elettivamente
domiciliata in virtù di delega in calce alla copia
notificata dell’atto di citazione
Convenuta
Conclusioni (vd. udienza
del 12.10.2010):
Parte attrice
conclude
richiamando le conclusioni dell’atto di citazione
dichiarando di non accettare il contraddittorio su
eventuali domande nuove di controparte.
Parte convenuta conclude
come
da
foglio allegato al verbale di udienza del 12.10.2010
dichiarando di non accettare il contraddittorio su
eventuali domande nuove di controparte.
MOTIVI DELLA
DECISIONE
L’eredità giacente di
…………….. ha agito nei confronti di ……………. chiedendo che
venga dichiarata la simulazione assoluta della
separazione personale tra i coniugi ……………… e ………….., e
di conseguenza che venga dichiarata la simulazione
assoluta del negozio di trasferimento della proprietà di
alcuni beni immobili effettuato da ……………… a favore di
……………… contestualmente alla separazione. In via
subordinata parte attrice ha domandato la restituzione
totale – o, in via ulteriormente subordinata, parziale –
del corrispettivo percepito dalla convenuta in seguito
alla vendita a terzi dei medesimi beni immobili
trasferiti da ……………………..
A fondamento della domanda
l’eredità giacente di ……………… ha allegato che i coniugi
……………… e ………………. si erano separati consensualmente in
data 24.1.2001; che, quale condizione di separazione,
……………… trasferì alla moglie la piena proprietà della
casa di abitazione; che le parti dichiararono che il
trasferimento aveva quale causa l’adempimento di ……………..
all’obbligo di contribuire a mantenere i propri figli;
che il dante causa continuò ad abitare nella casa
coniugale fino alla sua morte, avvenuta il 9.5.2001; che
in data 23.12.2002 la convenuta trasferì a terzi i beni
acquistati dal marito; che la società ……………, nella quale
…………….. rivestiva la qualità di socio accomandatario e
……………. rivestiva la qualità di socia accomandante non
era mai stata sciolta; che quindi tra i coniugi non era
mai venuta a mancare neppure la volontà di essere soci;
che alla luce delle circostanze indicate la separazione
personale doveva ritenersi non voluta dai coniugi ma
posta in essere al solo scopo di conseguire l’esenzione
fiscale rispetto al trasferimento immobiliare; che anche
tale atto doveva ritenersi simulato in via assoluta, in
quanto effettuato al solo scopo di sottrarre i beni alle
azioni esecutive dei creditori della società ………………...;
che il trasferimento immobiliare era altresì nullo per
assenza di causa, dal momento che l’obbligo di
contribuire al mantenimento dei figli, per il cui
adempimento tale atto sembrava essere stato effettuato,
in realtà non sussisteva all’epoca della separazione tra
i coniugi, atteso che i figli erano maggiorenni ed
autosufficienti; che comunque, qualora tale obbligo di
mantenimento fosse stato ancora esistente al momento
della separazione, la prestazione consistente nel
trasferimento immobiliare sarebbe stata sproporzionata;
che la convenuta era quindi tenuta a restituire quanto
indebitamente percepito.
……………, costituendosi in
giudizio, ha preliminarmente eccepito il difetto di
legittimazione di parte attrice rispetto all’azione di
simulazione assoluta proposta in giudizio. Ha poi
rilevato la non applicabilità ai negozi giuridici
familiari, quale la separazione personale tra i coniugi,
delle norme in tema di simulazione dei contratti; ha
altresì contestato le circostanze di fatto allegate da
parte attrice, domandando il rigetto delle domande
dedotte in giudizio dall’eredità giacente di ………………...
1. Occorre preliminarmente
stabilire se il curatore dell’eredità giacente sia
legittimato ad agire nel presente giudizio.
A tale proposito merita
ricordare che l’istituto previsto dagli artt. 528 e ss.
c.c. ha natura di patrimonio separato destinato alla
liquidazione: il curatore dell’eredità giacente ha
quindi il compito di amministrare tale patrimonio anche
in funzione del pagamento dei debiti ereditari, ed a tal
fine è legittimato a proporre le azioni che
costituiscano esercizio di tali compiti ed abbiano come
finalità l’incremento del patrimonio e il reperimento di
liquidità.
Nella specie il curatore
ha agito per far valere la simulazione della separazione
tra il de cuius e la propria moglie, e la
conseguente nullità del trasferimento immobiliare
operato dal primo in favore della seconda al momento
della separazione.
Atteso che l’eventuale
accertamento della nullità del trasferimento immobiliare
effettuato in vita dal de cuius avrebbe come
effetto l’incremento del patrimonio ereditario, deve
ritenersi che la relativa domanda e le domande
pregiudiziali o connesse alla medesima costituiscano
legittimo esercizio dei poteri di amministrazione del
patrimonio che competono al curatore.
2. Si tratta ora esaminare
la questione inerente l’applicabilità delle norme in
tema di simulazione agli atti di diritto familiare,
quali la separazione tra coniugi.
La separazione c.d.
“consensuale” costituisce un atto di diritto familiare
fondato sul consenso dei coniugi e soggetto ad un
controllo giudiziale, secondo quanto prevede l’art. 158
c.c.
Il ruolo del consenso
ovvero dell’accordo tra i coniugi è centrale,
costituendo esso il momento in cui “si dispiega
pienamente l’autonomia dei coniugi e la loro valutazione
della gravità della crisi coniugale” omissis
“in piena coerenza con la centralità del principio
del consenso nel modello di famiglia delineato dalla
legge di riforma” (così Cass. n. 17607 del
20.11.2003 in motivazione).
Il controllo giudiziale
che avviene attraverso l’intervento del Presidente del
Tribunale, e che, in caso di esito positivo, si esprime
nel provvedimento di omologazione, ha la funzione di
salvaguardare gli interessi indisponibili, dovendo
essere accertata la compatibilità della convenzione
rispetto alle norme cogenti ed ai principi di ordine
pubblico, e la conformità all’interesse dei minori delle
condizioni relative all’affidamento ed al mantenimento
dei minori stessi.
Tale controllo ha altresì
la funzione di verificare l’effettività e l’attualità
del consenso dei coniugi, ma non implica l’esercizio di
un potere di indagine del giudice sui motivi della
decisione di separarsi, e di valutazione circa la
validità di tali motivi. L’atto di omologazione,
infatti, non è legato da un rapporto diretto ed
immediato con il negozio di separazione, non investendo
l’accordo in sé e non svolgendo una funzione sostitutiva
o integrativa della volontà delle parti: in quanto
diretto a controllare la validità dell’iter processuale,
a tutelare l’interesse dei figli minori ed a verificare
il rispetto delle norme di ordine pubblico, esso non
governa l’autonomia dei coniugi e non si confonde, ma si
combina in maniera estrinseca con la loro volontà,
fissata nell’accordo da omologare (in questo senso la
motivazione di Cass. n. 17607 del 20.11.2003 citata).
La necessità di
omologazione da parte del Tribunale non comporta,
allora, il venir meno della natura negoziale
dell’accordo di separazione “rappresentando la
procedura ed il decreto di omologazione condizioni di
efficacia del sottostante accordo tra i coniugi”:
così in massima Cass. n. 17902 del 4.9.2004.
Coerentemente con tale
impostazione, tenuto conto che il nostro ordinamento non
contiene una disciplina generale del negozio giuridico,
la giurisprudenza di legittimità ha sempre ritenuto
applicabili alla fattispecie della separazione tra
coniugi le norme che regolano la valida formazione del
consenso nella stipulazione del contratto.
In questo senso, Cass.
n. 3149
del 5.3.2001, nell’affermare che “né gli eventuali
vizi del consenso rispetto all’atto di separazione
omologato né la sua eventuale simulazione sono
deducibili con il giudizio camerale attivato ai sensi
degli artt. 710 e 711 cod. proc. civ., costituendo
presupposto del ricorso a detta procedura l’allegazione
dell’esistenza di una valida separazione consensuale
omologata”, ammette implicitamente la possibilità di
far valere i vizi del consenso e la simulazione
dell’accordo di separazione. In modo analogo anche la
più recente Cass. n. 7450 del 20.3.2008.
Il ruolo centrale
dell’accordo tra i coniugi è sottolineato da Cass. n.
17902 del 4.9.2004, citata, la quale ha ritenuto “ammissibile
l’azione di annullamento della separazione consensuale
omologata per vizi della volontà, la cui esperibilità -
non limitata alla materia contrattuale, ma estensibile
ai negozi relativi a rapporti giuridici non
patrimoniali, “genus” cui appartengono quelli di diritto
familiare - presidia la validità del consenso come
effetto del libero incontro della volontà delle parti”.
I principi esposti, ed in
particolare quello della estensione alla separazione tra
i coniugi delle norme sui contratti, sono stati
richiamati anche dalla sentenza della Suprema Corte che
ha affrontato specificamente la questione della
ammissibilità della impugnazione per simulazione
dell’accordo di separazione, ovvero Cass. n. 17607 del
20.11.2003 citata.
In particolare, nel
ribadire come “non vi sia ragione di dubitare della
natura negoziale dell’atto che dà sostanza e fondamento
alla separazione consensuale”, la pronuncia ha
precisato che possono “applicarsi, nei limiti della
loro compatibilità, le norme del regime contrattuale che
riguardano in generale la disciplina del negozio
giuridico o che esprimono principi generali
dell’ordinamento, come quelle in tema di vizi del
consenso e di capacità delle parti” (in
motivazione).
La Corte
di Cassazione rilevando, per un verso, l’importanza del
ruolo del presidente del tribunale, il quale esercita “non
una funzione meramente notarile di recepimento delle
dichiarazioni dei coniugi, ma un potere di intervento
diretto a favorire la loro conciliazione ed a vagliarne
la volontà in termini di effettività ed attualità”,
per altro verso ha sottolineato che gli adempimenti
che il presidente è chiamato a svolgere, pur delicati e
complessi, non si profilano di tale pregnanza da
escludere di per sé un accordo simulatorio o un vizio
della volontà delle parti, certamente possibili pur
in assenza di segni apparenti della loro esistenza; la
pronuncia ha osservato che “è invero evidente che il
presidente recepisce il consenso espresso dai coniugi
nelle forme in cui si manifesta e nella misura in cui
può essere percepito attraverso il loro comportamento
esteriore, così che il ritenere che il suo intervento
fornisca la certezza assoluta ed incontestabile circa la
validità e genuinità della volontà manifestata significa
attribuire a detto giudice un ruolo di garante non
corrispondente alla natura ed ai limiti dell’attività a
lui demandata”.
Secondo la decisione in
esame, tuttavia, la natura negoziale dell’accordo di
separazione ed il ruolo assunto dal presidente del
tribunale non costituiscono di per sé argomenti decisivi
per stabilire se la separazione tra i coniugi possa
essere o meno impugnata per simulazione.
Gli argomenti decisivi,
che secondo la Corte consentono di escludere
l’ammissibilità della simulazione, sono essenzialmente
due:
a) la scelta dei coniugi
di domandare l’omologazione vale a superare e
neutralizzare il precedente accordo simulatorio,
ponendosi in antitesi con esso.
La Corte
si è espressa in questo senso: “nel momento in cui i
coniugi convengono, nello spirito e nella prospettiva
della loro intesa simulatoria, di chiedere al Tribunale
l’omologazione della loro (apparente) separazione esse
in realtà concordano nel voler conseguire il
riconoscimento di uno "status" dal quale la legge fa
derivare effetti irretrattabili tra le parti e nei
confronti dei terzi, salve le ipotesi della
riconciliazione e dello scioglimento definitivo del
vincolo”; omissis “la volontà di
conseguire detto "status" è effettiva, e non simulata:
l’iniziativa processuale diretta ad acquisire la
condizione formale di coniugi separati, con le
conseguenti implicazioni giuridiche, si risolve in una
iniziativa nel senso della efficacia della separazione
che vale a superare e neutralizzare il precedente
accordo simulatorio, ponendosi in antitesi con esso.
Appare invero logicamente insostenibile che i coniugi
possano disvolere con detto accordo la condizione di
separati ed al tempo stesso volere l’emissione di un
provvedimento giudiziale destinato ad attribuire
determinati effetti giuridici a detta condizione:
l’antinomia tra tali determinazioni non può trovare
altra composizione che nel considerare l’iniziativa
processuale come atto incompatibile con la volontà di
avvalersi della simulazione”;
b) l’esistenza di una
specifica disposizione normativa, quale l’art. 123 c.c.,
che attribuisce a ciascuno dei coniugi l’azione di
simulazione del matrimonio, consente di argomentare che
in materia di status l’accordo simulatorio possa
esplicarsi solo nei casi e nei limiti riconosciuti
dall’ordinamento.
Tuttavia, ad avviso di
questo giudice gli argomenti appena indicati non
appaiono decisivi.
Innanzitutto, affermare
che è il momento processuale ad evidenziare la volontà
dei coniugi di produrre gli effetti della separazione,
in contrasto con il loro accordo simulatorio, significa
affermare che è il decreto del tribunale a costituire il
fulcro della separazione, in contrasto con i principi
sopra esposti ed accolti dalla sentenza in esame,
secondo i quali l’elemento essenziale del mutamento di
status ingenerato dalla separazione è costituito
dal negozio tra i coniugi.
Si osserva altresì, ancora
in merito al primo argomento, che l’accordo simulatorio
dei coniugi potrebbe riguardare non soltanto la
separazione ma anche la stessa manifestazione di volontà
diretta a richiedere l’omologazione da parte del
tribunale: in questo senso la domanda di omologa
costituirebbe non atto antitetico all’accordo
simulatorio ma concreta espressione del medesimo.
Né potrebbe assumere
rilievo l’eventuale mancata consapevolezza, in capo alle
parti, delle conseguenze giuridiche derivanti dalla
omologazione, trattandosi di ignorantia legis
idonea a produrre conseguenze, eventualmente, soltanto
sul piano della validità del consenso prestato in sede
di accordo simulatorio, ma non sul piano dell’esistenza
dell’accordo simulatorio in sé (e quindi della
impugnabilità per simulazione della separazione).
In merito all’argomento
a contrariis derivante dalla norma di cui all’art.
123 c.c., vale la pena osservare che la disciplina ivi
prevista non si limita a stabilire l’impugnabilità del
matrimonio per simulazione, ma si propone anche di
individuare un limite alla possibilità di impugnazione
(vd. art. 123 comma 2 c.c.: “l’azione non può essere
proposta decorso un anno dalla celebrazione del
matrimonio ovvero nel caso in cui i contraenti abbiano
convissuto come coniugi successivamente alla
celebrazione medesima”).
La ratio legis
sembra consistere, dunque, non tanto nel prevedere una
impugnazione per simulazione che altrimenti non sarebbe
ammissibile, quanto nell’indicare un limite alla
possibilità di impugnare che diversamente non potrebbe
ricavarsi dalla disciplina della simulazione del
contratto.
Alla luce delle
osservazioni svolte, pare a questo giudice che non
sussistano elementi per negare l’operatività della
simulazione nella separazione, che, tenuto conto della
natura negoziale dell’accordo di separazione, deve
quindi essere ricondotta alle norme relative alla
simulazione del contratto di cui agli artt. 1414 e ss.
c.c., con il limite della loro compatibilità.
Con particolare riguardo
alla legittimazione a far valere la simulazione, ritiene
questo giudice che essa spetti anche a terzi estranei al
rapporto di coniugio, i quali risultino pregiudicati
dalla simulazione della separazione. In questo senso si
era già espressa Cass., Sentenza n. 7681 del 18.12.1986,
in una fattispecie di separazione simulata al fine di
eludere particolari norme vincolistiche della locazione
poste a tutela dei conduttori, riconoscendo la facoltà
per i terzi di dimostrare la simulazione della procedura
di separazione (così la massima: “l’assegnazione in
sede di separazione personale - ancorché consensuale -
della casa di abitazione ad uno dei coniugi integra, a
favore dell’altro, lo stato di urgente ed improrogabile
necessità che, ai sensi dell’art. 4 n. 1 della legge n.
253 del 1950, lo legittima a far cessare la proroga
legale del contratto di locazione relativo ad un proprio
alloggio, senza che assuma rilievo - salva la facoltà
della controparte di provare la simulazione della
procedura di separazione - la circostanza che detto
coniuge non abbia abbandonato il domicilio coniugale,
comportando la convivenza sotto lo stesso tetto con il
coniuge separato un maggior bisogno di ottenere la
disponibilità dell'appartamento locato a terzi”).
3. Ciò osservato, si
tratta di stabilire se le concrete circostanze emerse in
corso di giudizio siano o meno idonee a dimostrare la
simulazione della separazione tra i coniugi ……………. e
………………...
Preliminarmente, risulta
necessario evidenziare la qualità di “terzo” assunta
dall’eredità giacente: atteso che quest’ultima
rappresenta un patrimonio separato destinato alla
liquidazione, la stessa non può essere trattata alla
stregua di un erede, presupponendo proprio la mancata
accettazione dell’eredità.
L’eredità giacente deve
quindi ritenersi terza rispetto al de cuius e
pertanto non soggetta alle limitazioni probatorie
previste dall’art. 1417 c.c.
Occorre ora esaminare le
seguenti circostanze, allegate da parte attrice al fine
di affermare la natura simulata della separazione:
- nel verbale di omologa
era previsto che …………………. continuasse ad “abitare a
titolo di comodato una parte della casa che resta
assegnata alla moglie” (vd. doc. 2 fascicolo
attrice);
- ………………….. aveva
effettivamente continuato ad abitare nella casa
coniugale fino alla data della morte avvenuta il
9.5.2011 (circostanza non contestata e dimostrata
altresì dalle concordi dichiarazioni dei testi
………………………, figli di ……………….. sentiti all’udienza del
27.11.2007);
- i coniugi avevano
mantenuto in vita la società ………………., nella quale ………..
era socia accomandante e …………………. socio accomandatario
(circostanza non contestata e risultante altresì dalla
visura prodotta sub doc. 7 nonché dalla dichiarazione di
fallimento sub doc. 6 fascicolo attrice).
Esaminando le circostanze
indicate, vale innanzitutto la pena rilevare che la
prosecuzione della coabitazione, prevista nel verbale di
omologa e posta effettivamente in essere tra i coniugi
fino alla morte di …………………, risulta logicamente e
concretamente incompatibile con una volontà di
separarsi, della quale costituisce essenziale
manifestazione proprio il mutamento di domicilio almeno
di uno dei coniugi.
Si osserva altresì, in
proposito, che non assume rilievo la circostanza che nel
verbale di omologa il mantenimento della coabitazione
fosse stato giustificato con la necessità per ………………..
di reperire nel frattempo un diverso appartamento (si
legge al punto 4 del verbale di omologa, prodotto sub
doc. 2 fascicolo attrice: “tenuto conto anche del
fatto che, sempre allo stato attuale, il sig. ……….. non
è nelle condizioni economiche di cercarsi un’altra
abitazione, egli potrà abitare a titolo di comodato una
parte della casa che resta assegnata alla moglie.
Tuttavia il sig. …………. si impegna, non appena le sue
condizioni economiche risulteranno più floride, a
trovarsi un’altra abitazione”). La mancata
indicazione di un termine entro il quale ………………..
avrebbe dovuto reperire la nuova abitazione, consente di
desumere che entrambi i coniugi erano disponibili a
mantenere la coabitazione a tempo indeterminato, con
conseguente conferma dell’assenza di volontà di
separarsi.
La decisione dei coniugi
di proseguire nella coabitazione non era stata
giustificata neppure dalla malattia che colpì …………………. e
dalla conseguente necessità per quest’ultimo di essere
curato: non risulta infatti che i coniugi, all’epoca
dell’omologa del verbale di separazione, fossero stati
consapevoli di tale malattia e avessero quindi stabilito
di mantenere la coabitazione al fine di consentire a
……………… di curare …………………; parte convenuta ha piuttosto
affermato che la malattia fu diagnosticata al proprio
coniuge solo poche settimane prima della morte, avvenuta
nel maggio 2001 (vd. pag. 3 della comparsa di
costituzione e risposta e pag. 2 della memoria
istruttoria depositata il 6.4.2005).
Né, ancora, assume rilievo
il fatto che ………………. vivesse soltanto in una parte della
casa (circostanza prevista nel verbale di separazione e
confermata dalle dichiarazioni testimoniali di ……………….,
sentita all’udienza del 27.11.2007), dal momento che
tale scelta non consente di per sé di escludere la
prosecuzione della coabitazione; né, peraltro, sono
state tempestivamente specificate le caratteristiche di
tale “parte” della casa e le modalità con le quali egli
vi avrebbe abitato.
La circostanza del
mantenimento in vita della società …………….., della quale
……………………… era socia accomandante e ……………….. socio
accomandatario, costituisce conferma della permanenza di
una concordia tra i coniugi anche in merito all’attività
sociale.
Si osserva infine che nel
giudizio non sono emersi fatti in contrasto con le sopra
indicate circostanze. In particolare, non assume rilievo
l’esistenza di litigi tra i coniugi (circostanza
genericamente confermata da ……………. e ……………., sentite
all’udienza del 27.11.2007), dal momento che, a parte la
natura valutativa di siffatta affermazione, la presenza
di litigi può costituire una normale evenienza del
rapporto matrimoniale e non consente di per sé di
desumere la volontà dei coniugi di separarsi.
Le descritte circostanze,
quindi, in quanto sufficientemente precise e concordanti
tra loro, ed in quanto non inficiate da elementi in
senso contrario, sono idonee a provare la natura
simulata della separazione.
Risultando dimostrato che
le parti intendessero proseguire nel vincolo coniugale,
deve dichiararsi la simulazione assoluta della
separazione tra i coniugi …………… e ………………….., e la
conseguente nullità della separazione stessa.
4. È incontestato, e
risulta per tabulas dal contenuto del verbale di
separazione, che il trasferimento immobiliare da parte
di …………………. fosse stato previsto allo scopo di
consentire a quest’ultimo di adempiere al proprio
obbligo di contribuire al mantenimento dei figli. Si
legge infatti nel predetto verbale al punto 3: “in
considerazione del fatto che, allo stato attuale, il
sig. ………… non è in grado di versare contributo alcuno
per il concorso al mantenimento dei figli ed a
definizione di ogni rapporto di carattere patrimoniale,
i coniugi concordano di dividere il patrimonio comune,
per cui la casa coniugale di proprietà del sig. ………..,
con ogni relativa pertinenza, resta assegnata alla
moglie, con tutti i beni mobili che ne costituiscono gli
arredi” (doc. 2 fascicolo attrice).
Occorre peraltro
evidenziare che il trasferimento della casa coniugale
non avrebbe avuto ragion d’essere qualora i coniugi
avessero proseguito il rapporto coniugale, dal momento
che è la separazione a far sorgere in capo ad uno dei
coniugi l’obbligo di contribuire in favore dell’altro
coniuge al mantenimento dei figli.
Pertanto, la natura solo
simulata, e quindi la nullità, della separazione nella
specie posta in essere, rende nulli i diritti e gli
obblighi dei quali la separazione costituisce il
fondamento, ed in particolare l’obbligo di contribuire
al mantenimento dei figli.
L’inesistenza di tale
obbligo determina l’assenza di causa del trasferimento
immobiliare che dell’obbligo medesimo doveva costituire
adempimento.
Deve pertanto affermarsi
la nullità per assenza di causa del trasferimento
immobiliare, avente ad oggetto la casa coniugale, posto
in essere da parte di ……………….. in favore di ……………… nel
verbale di separazione consensuale in data 24.1.2001.
Non può peraltro essere
adottata alcuna pronuncia restitutoria, dal momento che
la domanda di restituzione del corrispettivo percepito
dalla convenuta attraverso la vendita dei beni, è stata
proposta da parte attrice inequivocabilmente soltanto in
via subordinata, per l’ipotesi in cui “il negozio di
trasferimento di proprietà dei beni immobili venga
ritenuto valido ed efficace” (vd. le conclusioni
dell’atto di citazione).
5. Le spese di lite del
presente grado di giudizio, liquidate in dispositivo
tenuto conto dell’entità della lite, della difficoltà
delle questioni trattate e dell’impegno profuso, devono
essere poste a carico di parte convenuta secondo il
principio di
soccombenza e liquidate in favore dello Stato attesa
l’ammissione dell’eredità giacente al patrocinio a spese
dello Stato.
Le spese di CTU devono
essere poste in via definitiva a carico di parte
convenuta secondo il principio di soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale,
definitivamente pronunciando sulla domanda proposta
dall’Eredità Giacente di ……………… nei confronti di
…………………., ogni diversa istanza, eccezione e deduzione
disattesa,
1. dichiara la nullità per
simulazione della separazione personale tra i coniugi
………………. e …………………… avvenuta in data 24.1.2001 ed
omologata in data 31.1.2001;
2. dichiara la nullità
per assenza di causa del trasferimento immobiliare da
parte di
………………. in favore di ………………. di cui al verbale di
separazione consensuale in data 24.1.2001;
3. dichiara tenuta e
condanna ……………….. a rimborsare allo Stato le spese di
lite del presente grado di giudizio, che vengono
liquidate in Euro 7.000,00 per onorari, Euro 4.731,00
per diritti ed Euro 1.575,19 per esposti, oltre 12,50%,
IVA e CPA come per legge;
4. pone le spese di CTU
in via definitiva a carico di parte convenuta.
Così deciso in Biella, in
data 30 marzo 2011.
Il giudice
Dott.ssa
Ilaria Benincasa
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