(Laura Biarella)
La legge del 12 novembre 2011, n.
183, in vigore dal primo gennaio del corrente anno,
titolata “Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato”, meglio conosciuta
come “Legge di stabilità 2012”, all’art. 28 reca una
serie di modifiche in tema di imposte, ed in particolare
al testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di spese di giustizia, di cui
al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115. Al primo comma,
lettera a) del citato art. 28, si statuisce che
all’articolo 13 del menzionato D.p.R., di seguito al
comma 1, è inserito il seguente: “1-bis. Il contributo
di cui al comma 1 è aumentato della metà per i giudizi
di impugnazione ed è raddoppiato per i processi dinanzi
alla Corte di cassazione”. La norma, alquanto lapidaria,
statuisce un notevole rincaro del contributo unificato:
pari alla metà per i procedimenti aventi ad oggetto ogni
tipo di impugnazione, pari al doppio per tutti i
procedimenti che avranno come “location” il
“palazzaccio” di Piazza Cavour a Roma. Altresì al comma
terzo dell’articolo in commento è disposto che quanto
prescritto alla lettera a) “si applica anche alle
controversie pendenti nelle quali il provvedimento
impugnato è stato pubblicato ovvero, nei casi in cui non
sia prevista la pubblicazione, depositato
successivamente alla data di entrata in vigore della
presente legge”.
Ma i rincari non finiscono qui,
poiché il citato primo comma, alla lettera b), opera una
netta sostituzione di quanto finora disposto
dall’articolo 14, comma 3, del D.p.R. sulle spese di
giustizia: “La parte di cui al comma 1, quando modifica
la domanda o propone domanda riconvenzionale o formula
chiamata in causa, cui consegue l’aumento del valore
della causa, è tenuta a farne espressa dichiarazione e a
procedere al contestuale pagamento integrativo. Le altre
parti, quando modificano la domanda o propongono domanda
riconvenzionale o formulano chiamata in causa o svolgono
intervento autonomo, sono tenute a farne espressa
dichiarazione e a procedere al contestuale pagamento di
un autonomo contributo unificato, determinato in base al
valore della domanda proposta”.
Il secondo comma va, invece, a
destinare il maggior gettito derivante dall’applicazione
delle disposizioni in commento ai competenti enti “per
assicurare il funzionamento degli uffici giudiziari, con
particolare riferimento ai servizi informatici e con
esclusione delle spese di personale”.
Le maggiorazioni si applicano
ovviamente sulle nuove tariffe di cui al D.l. 6 luglio
2011, n. 98 convertito dalla legge 15 luglio 2011, n.
111, nonché del D.l. 13 agosto 2011, n. 138, convertito
dalla legge 14 settembre 2011, n. 148. Di conseguenza,
coloro che vorranno impugnare la decisione di primo
grado, saranno costretti a versare nelle casse dello
Stato il contributo unificato aumentato nella misura
della metà. Oltre ai dichiarati fini di finanziamento
della macchina giudiziaria, l’impressione è che il
provvedimento rappresenti un evidente ed ulteriore
tentativo per deflazionare il contenzioso, ed in
particolare per quei procedimenti che si incardinano
presso le Corti territoriali e la Cassazione, già
sovraccariche di fascicoli pendenti. Per non dimenticare
i tribunali, in veste di giudice di appello delle
sentenze emanate dal giudice di pace. L’aumento si
applica anche alle cause di secondo grado in materia di
lavoro, previdenziale, assistenziale e di pubblico
impiego, rammentando la novellata tassazione di cui D.l.
6 luglio 2011 n. 98, ed eccettuata l’esenzione per i
soggetti con reddito inferiori ad euro 31.884,48. E con
la precisazione, per le ultime materie citate, che il
contributo unificato in primo grado deve essere
corrisposto nella misura della metà rispetto ai processi
ordinari: da ciò discende che la maggiorazione della
metà per i processi d’appello va quantificata su
siffatta metà!
Per i giudizi in cassazione
l’importo del contributo unificato viene addirittura
duplicato. Appare doveroso precisare che per i ricorsi
in materia di lavoro, previdenziale, assistenziale
nonché di pubblico impiego, il comma 6 dell’articolo 37
del D.l. 6 luglio 2011, n. 98, nel disporre la
regolamentazione nelle fasi di merito in tali materie,
ha decretato che, in ogni caso, per i processi dinanzi
alla Corte di cassazione il contributo è dovuto nella
misura di cui all’articolo 13, comma 1, del Tu, ossia
per gli scaglioni stabiliti a seconda del valore, senza
cioè riduzioni, e senza distinzione alcuna del tipo di
controversia in materia di lavoro, previdenziale ovvero
assistenziale. |