Avv. Alessandro Gallucci
Duro a morire! Se volessimo
sintetizzare l’orientamento che riconosce legittimazione
passiva illimitata all’amministratore di condominio,
questo sarebbe il modo migliore. Nonostante la pronuncia
delle Sezioni Unite n. 18331/10 stenta a perdere
consistenza quel filone giurisprudenziale, di merito e
di legittimità, che lascia ampi poteri
all’amministratore.
Che cosa dissero esattamente le
Sezioni Unite nell’agosto del 2010? Secondo la massima
espressione del giudice nomofilattico " l'amministratore
del condominio, nelle controversie non rientranti tra
quelle che può autonomamente proporre, non è legittimato
a resistere in giudizio per il condominio , o ad
impugnare la sentenza a questo sfavorevole, senza previa
autorizzazione a tanto dell'assemblea dei condomini,
fermo restando peraltro che, qualora egli si sia
costituito in giudizio o abbia proposto l'impugnazione
senza la detta autorizzazione, il suo operato può essere
ratificato dall'assemblea (eventualmente anche in
seguito all'assegnazione da parte del giudice di un
termine a tal fine, ai sensi dell'art. 182 c.p.c.),
derivandone, in mancanza, la inammissibilità della sua
costituzione in giudizio o della sua impugnazione"
(Cass. SS.UU. n. 18331/10).
Si trattava di una soluzione
mediana rispetto a quelle che fino ad allora si
contendevano il campo. Da un lato, infatti, v’era chi
parteggiava per la legittimazione senza limite alcuno.
Dall’altro chi riteneva che, invece, l’amministratore
potesse resistere in giudizio, senza visto assembleare,
nei soli casi indicati dall’art. 1130 c.c. La soluzione
fornita dalle Sezioni Unite, lo si legge chiaramente nel
brano della sentenza succitato, cercava di evitare le
rigidità di quest’ultimo orientamento e le eccessive
libertà del primo.
Ciò non senza attirarsi critiche da
parte di chi leggeva nella pronuncia un classico caso di
giurisprudenza creativa. In fin dei conti, però, il
principio di diritto espresso ha finito per tacitare
solamente il secondo orientamento, quello più
restrittivo, mentre il primo resta ancora ben vivo nelle
pronunce giurisprudenziali. Così è accaduto che nello
stesso giorno in cui gli ermellini davano conferma a
quanto affermato dalle Sezioni Unite (cfr. Cass. 23
agosto 2011 n. 17577), altri giudici di legittimità
affermavano che “ in tema di controversie condominiali,
la legittimazione dell'amministratore del condominio ,
dal lato attivo coincide con i limiti delle sue
attribuzione, mentre dal lato passivo, non incontra
limiti e sussiste in ordine ad ogni azione concernente
le parti comuni dell'edificio; nella specie, non
occorreva, perciò, la partecipazione al giudizio dei
condomini,essendo l'amministratore condominiale
legittimato a resistere alla domanda concernente la
legittimità dei distacchi dall'impianto comune
centralizzato di riscaldamento, effettuati dai singoli
condomini a seguito di delibera assembleare
autorizzativa (Cfr. Cass. n. 852/2000; n. 7958/2003)”
(Cass. 23 agosto 2011 n. 17577).
Una situazione di confusione che
non giova a nessuno:
a) né agli amministratori, che non
sanno quali siano gli effettivi limiti delle loro
competenze;
b) né ai condomini che non hanno
idea di quali siano le prerogative dell’assemblea.
L’incancrenirsi del contrasto nuoce
alla certezza del diritto. Nel frattempo il legislatore
resta fermo a guardare.
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