Chindemi Domenico, MC redazione
Sommario: 1. Ambito della
giurisdizione tributaria. - 2. Riparto di giurisdizione
tra giudice tributario e giudice amministrativo. - 3.
Rapporti tra processo tributario e processo
amministrativo.
1. Ambito della giurisdizione
tributaria
La giurisdizione del giudice
tributario «deve ritenersi imprescindibilmente
collegata» alla «natura tributaria del rapporto»
(ordinanze n. 395 del 2007; n. 427, n. 94, n. 35 e n. 34
del 2006), con la conseguenza che l'attribuzione alla
giurisdizione tributaria di controversie non aventi tale
natura comporta la violazione del divieto costituzionale
di istituire giudici speciali posto dall'art. 102,
secondo comma, Cost.[1]
Viene ampliata la giurisdizione
delle Commissioni tributarie con l’aggiunta,
apparentemente minima ma significativa di tutte le
controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere
e specie, della dizione: comunque denominati, compresi
quelli regionali, provinciali e comunali, ed il
Contributo per il servizio sanitario nazionale, nonché
le sovrimposte e le addizionali, le sanzioni
amministrative, comunque irrogate da uffici finanziari,
gli interessi ed ogni altro accessorio (art. 2, c. 1
d.lgs. 546/92)
In materia di imposte e tasse, la
giurisdizione attribuita alle commissioni tributarie è
esclusiva e generale, ossia non circoscritta ad alcuni
aspetti soltanto, ma estesa ad ogni questione, sia essa
relativa all'an o al quantum del tributo; nella nozione
di tassa vi rientrano anche i prelievi pseudo tributari
ma tradizionalmente ritenuti tali (es:tassa sui
contratti di borsa, tasse automobilistiche) la
riscossione coattiva di tributi esteri in forza di
trattato di assistenza in materia tributaria
Tale giurisdizione, pertanto, è
totalmente indifferente al contenuto della domanda e
trova un limite unicamente di fronte agli "atti della
esecuzione forzata tributaria", fra i quali, tuttavia,
non rientrano le cartelle esattoriali, gli avvisi di
mora e le mere intimazioni di pagamento.
Oltre alle controversie già
attribuite alla giurisdizione delle Commissioni
tributarie promosse dai singoli possessori, concernenti
l’intestazione, la delimitazione, la figura,
l’estensione, il classamento dei terreni e la
ripartizione dell’estimo tra i compossessori a titolo
di promiscuità di una stessa particella, nonché le
controversie concernenti il classamento delle singole
unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita
catastale, vengono aggiunte alla giurisdizione
tributaria dalla l. n. 248 del 2.12.2005 anche le
controversie relative alla debenza del canone per
l’occupazione di spazi ed aree pubbliche …del canone per
lo scarico e la depurazione delle acque reflue e per lo
smaltimento dei rifiuti urbani, nonché le controversie
attinenti l’imposta o il canone comunale sulla
pubblicità ed il diritto sulle pubbliche affissioni.
Il canone per la occupazione di
spazi ed aree pubbliche (e le relative sanzioni)
rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario[2],
anche quando il canone sia richiesto a seguito di una
mera operazione materiale di occupazione; in quanto la
mancanza del titolo concessorio non può trasformare
un’obbligazione non tributaria in tributaria.[3]
Non rileva, come già evidenziato,
la formale denominazione del prelievo essendo
ininfluente la qualificazione legislativa del prelievo,
mentre la natura del prelievo va desunta dalla
disciplina posta dal legislatore ordinario.[4]
La giurisdizione si determina in
base alla pretesa dell’ente creditore; se la pretesa ha
natura tributaria, anche parziale, la giurisdizione è
della Commissione tributaria che non può dichiarare il
difetto di giurisdizione avverso atti di recupero da
parte del concessionario anche di entrate non
tributarie, anche se la competenza va limitata alle
contestazioni concernenti pretese di natura
tributaria.[5]
La tutela giurisdizionale dei
contribuenti, con riguardo ai tributi cui le norme
citate hanno riferimento, è affidata in esclusiva alla
giurisdizione delle commissioni tributarie, concepita
comprensiva di ogni questione afferente all’esistenza ed
alla consistenza dell’obbligazione tributaria Cass 16
marzo 2009, n. 6315 ;Cass. SS.UU. civ., sent. n. 103 del
12.III/2001)”
Il carattere esclusivo della
giurisdizione tributaria”, ancora (), “non consente che
atti non impugnabili in tale sede siano devoluti, in via
residuale, ad altri giudici, secondo le ordinarie regole
di riparto della giurisdizione.[6]
Il difetto di giurisdizione va
rilevato anche di ufficio in ogni stato e grado
del processo (ma, in tal caso, occorre convocare
previamente le parti o sottoporre alla stesse in sede di
discussione la questione), mentre il regolamento
preventivo di giurisdizione ex art. 41. 1 c. Del c.P.C.
è’ ammesso solo nel giudizio di primo grado.
In base al combinato disposto
degli artt. 3 e 57 del D. Lvo n. 546/1992, la questione
di giurisdizione rientra fra quelle proponibili anche
per la prima volta con l’atto di appello.[7]
Nella giurisdizione delle
Commissioni tributarie rientrano anche il riconoscimento
degli accessori del tributo, quali gli interessi
anatocistici (art 1283 c.c.), il maggior danno da
svalutazione monetaria (art. 1224 c.c.) e la
responsabilità aggravata per lite temeraria (art. 96
c.p.c.).[8]
Anche la controversia concernente
la revoca di un'agevolazione d'accisa è devoluta alla
giurisdizione speciale delle Commissioni tributarie.[9]
Rientrano anche nella giurisdizione
tributaria le controversie: a) tra datore di lavoro e ex
dipendente sulla ritenuta d’acconto sulla somma
liquidata dal giudice a titolo risarcitorio per
ingiustificato licenziamento [10]; b) relative alle
sanzioni irrogate in conseguenza della sottrazione di
energia elettrica e dell'evasione della relativa imposta
erariale sull'energia elettrica.[11]
La Corte Costituzionale ha ritenuto
costituzionalmente illegittima l'estensione della
giurisdizione tributaria alle controversie relative a
sanzioni irrogate da uffici finanziari, ove tali
sanzioni non si riferiscano a violazioni concernenti
rapporti tributari.[12]
È stata esclusa la giurisdizione
delle Commissioni tributarie a favore del giudice
ordinario, oltre che per gli atti di esecuzione forzata
(art. 9 c.p.c), opposizione all’esecuzione (art. 615
c.p.c.), opposizione agli atti esecutivi e opposizione
di terzo fattispecie previste dalla legge[13], anche per
i giudizi: a) relativi al risarcimento danni nei
confronti della Amministrazione finanziaria o ente
locale, b) per la richiesta di rimborso di una somma
indebitamente versata alla Amministrazione che,
tuttavia, ne riconosca la spettanza al contribuente, c)
contro attività istruttorie degli Uffici o Enti
pubblici, trattandosi di atti interni che devono ancora
estrinsecarsi in un provvedimento dotato di autonomia
esterna, d) per il rimborso delle somme dello
scommettitore in quanto il Lotto si configura come una
attività privata[14], e) per i pedaggi autostradali che
hanno natura contrattuale e non di tassa[15], f) per i
canoni di rotta, trattandosi di tariffa di convenzione
internazionale navigazione aerea a cui va riconosciuta
natura privatistica e non tributaria[16], g) per le
controversie tra soggetto attivo e passivo iva, h) per
le tasse automobilistiche [17], i) relativi alla
impugnazione della cartella esattoriale in tema di
infrazioni valutarie .[18]
La giurisdizione delle Commissioni
tributarie è stata estesa anche ad entrate di cui è
dubbia la natura tributaria, quali i canoni, anche se va
segnalata la recente inversione di tendenza della Corte
Costituzionale in tema di Cosap che ha dichiarato
“costituzionalmente illegittima la norma che attribuisca
alle Commissioni Tributarie la giurisdizione su
prestazioni patrimoniali imposte non aventi natura
tributaria, per violazione sia del divieto di
costituzione di nuovi giudici speciali (art. 102,
secondo comma, Cost.), sia del principio del giudice
naturale precostituito per legge (art. 25, primo comma,
Cost.). Poiché, secondo il diritto vivente (Cassazione,
sezioni unite civili, nn. 25551, 13902, 1611 del 2007;
n. 14864 del 2006; n. 1239 del 2005; n. 5462 del 2004;
n. 12167 del 2003) le controversie attinenti al canone
per l’occupazione di spazi o aree pubbliche non hanno
natura tributaria, è incostituzionale l’art. 2 d.lgs. n.
546/92, così come modificato dall’art. 3-bis, comma 1,
lettera b), del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203,
nella parte in cui prevede che appartengono alla
giurisdizione tributaria anche le controversie relative
alla debenza del cosap previsto dall’articolo 63 del
d.lgs. n. 446/97.[19]
La Consulta fa espresso riferimento
alla giurisprudenza della Cassazione al fine di ritenere
accertato che il Cosap non avrebbe natura tributaria
[20]e le relative controversie, vertendo su diritti
soggettivi, appartengono naturalmente (ex art. 25 e 102
cost.) alla giurisdizione del giudice ordinario.
Il presupposto da cui parte la
Suprema Corte è che il COSAP si applica in via
alternativa al tributo denominato «tassa per
l’occupazione di spazi ed aree pubbliche» (TOSAP),
precisando che detto canone, da un lato, «è stato
concepito dal legislatore come un quid ontologicamente
diverso, sotto il profilo strettamente giuridico, dal
tributo (Tosap) in luogo del quale può essere applicato»
e, dall’altro, «risulta disegnato come corrispettivo di
una concessione, reale o presunta (nel caso di
occupazione abusiva), dell’uso esclusivo o speciale di
beni pubblici».[21]
Vi è, con tale impostazione, il
rischio che l’intero settore delle c.d. imposte locali e
soprattutto delle tasse, alle quali non si applica
l’art. 53 Cost.,[22]venga attribuito al giudice
ordinario, competente in materia in base all’art. 9 cod.
proc. civ.
Sotto il profilo pratico appare,
invero, non semplice distinguere tra la Cosap e la
Tosap, ma con la attribuzione della prima al giudice
ordinario la Consulta ha ottenuto il solo effetto di
dilatare di almeno 5 anni i termini per la definizione
delle relative controversie, la cui giurisdizione non
può essere desunta dalla denominazione dei relativi
tributi, ma dalla natura tributaria dell’atto.
Le Commissioni tributarie sono
anche competenti in materia di iscrizione di ipoteca
sugli immobili di cui all’art. 77, d.P.R. 602/73 e di
fermo dei beni mobili registrati di cui all’art. 86,
d.P.R 602/73.
Il fermo amministrativo è uno
strumento di autotutela della pubblica amministrazione,
posto in es- sere mediante atti aventi natura
provvedimentale, non essendo possibile rinvenire, né nel
diritto pro- cessuale civile, né nel diritto privato
(comune o speciale), istituti che, nell’ambito dei
rapporti iure privatorum, consentano ad una delle parti
di aggredire il patrimonio della controparte senza
l’inter- vento di un giudice, con le caratteristiche di
disciplina proprie del fermo di beni mobili
registrati.[23]
Relativamente a tale ultima figura
è da escludere che tale disposizione abbia inteso
estendere la giurisdizione tributaria a tutti i fermi
amministrativi, per qualunque credito, in quanto, ai
sensi del combinato disposto gli artt. 2 e 19 del d.lgs.
546/1992, risulta evidente che il Legislatore ha inteso
attribuire al Giudice Tributario la competenza
giurisdizionale soltanto in materia tributaria e,
quindi, sui soli fermi conseguenti ad atti tributari e
tale risulta essere l’ultimo orientamento della
Cassazione che ha statuito che quando il credito posto a
fondamento del fermo amministrativo dell’auto non è di
natura tributaria, la causa è decisa, in tutto o in
parte, dal Giudice ordinario, secondo la parte dei
crediti di natura non tributaria.[24]
Dopo l’esclusione della COSAP dalla
giurisdizione delle Commisioni tributarie, notevoli
perplessità sorgono sulla giurisdizione per
l’impugnazione di atti tributari relativi a prestazioni
coattive, correlate a servizi pubblici essenziali,
esercitate in condizioni di monopolio, ancorché in
concessione a terzi.
Deve ritenersi, in termini
generali, che se trattasi di atti che hanno natura di
tasse e contributi sussista la competenza delle
Commissioni tributarie, mentre se trattasi di atti di
natura privatistica, quali canoni e tariffe, ancorché
trattasi di prestazioni che hanno anche natura di
corrispettivi di servizi pubblici, sussiste la
giurisdizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria, anche
se ancora deve essere stabilito dalla Cassazione un
punto fermo in materia.
La coattività della prestazione può
legittimamente far propendere, indipendentemente dalla
qualificazione giuridica dell’atto, per la prevalenza
della natura di imposizione coattiva, assimilabile a un
tributo, con conseguente giurisdizione delle Commissioni
tributarie.
In tema di sanzioni irrogate da
uffici finanziari va individuato la relativa natura
(tributaria o meno), essendo stata dichiarata
l'illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma 1, del
decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 nella parte
in cui attribuisce alla giurisdizione tributaria le
controversie relative alle sanzioni comunque irrogate da
uffici finanziari, anche laddove esse conseguano alla
violazione di disposizioni non aventi natura
tributaria.[25]
Non sono esperibili, nel processo
tributario l'esercizio diretto dell'azione di indebito
arricchimento o della pretesa da negotiorum gestio.[26]
Le vertenze relative al rifiuto di
eseguire i rimborsi di tributi che implicano la
risoluzione di questioni tributarie sono devolute alla
giurisdizione delle commissioni tributarie; sono invece
attribuite alla giurisdizione ordinaria le controversie
che insorgono in relazione al pagamento di tributi il
cui diritto sia riconosciuto incondizionatamente
dall’amministrazione debitrice, senza che vi sia
necessità di risolvere una questione di carattere
tributario” [27]
E’ devoluta alla giurisdizione del
giudice tributario l’opposizione avverso la cartella
esattoriale per il pagamento della tassa per
l’occupazione di aree pubbliche (TOSAP), ai sensi
dell’art. 2, comma primo, lettera h), del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, a nulla rilevando che il
contribuente abbia fondato la propria opposizione sulla
circostanza di avere già corrisposto, per il suolo
oggetto di occupazione, il canone di concessione
(COSAP)[28]
La controversia promossa dal
sostituito d’imposta, nei confronti del sostituto ai
fini delle imposte dirette, per pretendere il pagamento
(anche) di quella parte del suo credito che (come nel
caso) il sostituto abbia trattenuto e versato a titolo
di ritenuta d’imposta, è devoluta alla giurisdizione
del giudice ordinario.[29]
Viene superato l’orientamento
precedente ancora del secondo cui la controversia
promossa dal sostituto d’imposta, nei confronti del
sostituito, per chiedere il rimborso delle somme versate
all’erario a titolo di maggior IRPEF i dovuta su quanto
percepito dal sostituito è devoluta alla giurisdizione
del giudice tributario perché involge un’indagine sulla
legittimità di detta ritenuta che non integra “una mera
questione pregiudiziale, suscettibile di essere delibata
incidentalmente, ma comportante una causa tributaria
avente carattere pregiudiziale, la quale deve essere
definita, con effetti di giudicato sostanziale, dal
giudice cui la relativa cognizione spetta per ragioni di
materia, evitando così un possibile potenziale contrasto
di giudicati”[30].
Sono anche di competenza delle
commissioni tributarie:1) le controversie relative a
crediti IVA[31];2) le controversie relative a cartelle
per l’erogazione dell’acqua potabile[32]; 3) le
controversie relative alla cancellazione o al rifiuto di
iscrizione delle ONLUS avendo ad oggetto un atto di
revoca o di diniego di agevolazioni[33]; 4) le
controversie relative a canone per l’installazione dei
mezzi pubblicitari(CIMP) in quanto tale canone ha natura
tributaria; la Consulta ha respinto la questione di
legittimità costituzionale della norma che attribuisce
alla cognizione del giudice tributario le controversie
relative al canone per l’installazione dei mezzi
pubblicitari; sussiste, infatti, continuità tra la
disciplina del CIMP e quella dell'imposta sulla
pubblicità che evidenziano che il canone costituisce -
seppure con diverso nomen iuris - un prelievo della
stessa natura dell'imposta e presenta, perciò, tutte le
caratteristiche del tributo.[34]l’ Imposta di
pubblicità, si paga anche sul bagno chimico[35]; 5)il
contributo unificato[36]; anche il contenzioso relativo
al contributo per il consiglio nazionale forense per le
spese del funzionamento del Consiglio (Nazionale
Forense), ancorchè sia denominata “contributo”
dall’art. 14, D.lgs.Lgt. n. 382 del 1944, ha natura
tributaria, ed ha le stesse caratteristiche e scopi
della “tassa” prevista dall’art. 7 del medesimo
decreto[37]; 6) la domanda di restituzione di somme
versate a titolo di IVA, una volta che l'amministrazione
abbia rifiutato il rimborso esplicitamente o
implicitamente, anche quando sia proposta, anziché dal
contribuente, dal terzo cessionario del credito (es:
Banca).[38]; 7) mancato pagamento di imposte dovute da
contribuente italiano a uno stato estero[39]; 7) le
controversie relative ai provvedimenti di cancellazione
(o rifiuto di iscrizione) dall'Anagrafe delle Onlus,
poiché riguardano atti di diniego o revoca di
agevolazioni fiscali (articolo 19, comma 1, lettera h),
del Dlgs 546/1992)[40]; 8) fattura Tia, avendo natura
tributaria[41]; la Tariffa di igiene ambientale prevista
dall’art. 49 D.Lgs. n. 22/1997 ha,infatti, alla luce
del parere espresso dalla Corte dei Conti, natura di
tributo; e perciò deve essere ad essa applicata la
normativa propria dei tributi. E non assume alcun
riliev in senso contrario la disposizione introdotta
con l’art. 14, comma 33 D.L. 31 maggio 2010 n. 78 conv.
In l. 30 luglio 2010 n. 122, secondo “le disposizioni
di cui all’articolo 238 del decreto legislativo 3
aprile 2006, n. 152, si interpretano nel senso che la
natura della tariffa ivi prevista non e’
tributaria.(..)” ; ciò in quanto la tariffa, prevista
dal c.d. Codice dell’ambiente (art. 238 D.Lgs. n.
152/2006) con la denominazione “tariffa per la gestione
dei rifiuti urbani”, (poi ridenominata “tariffa
integrata ambientale” dall’art. 5 comma 2 quater D.L.
30 dicembre 2008 n. 208, conv. in l. 27 febbraio 2009
n. 13) è un istituto diverso rispetto alla TIA, che è
destinato a sostituire;[42]
Sono, infatti, qualificabili come
avvisi di accertamento o di liquidazione, impugnabili ai
sensi dell’art. 19 d.leg. 31 dicembre 1992 n. 546, tutti
quegli atti con cui l’amministrazione comunica al
contribuente una pretesa tributaria ormai definita,
ancorché tale comunicazione non si concluda con una
formale intimazione di pagamento sorretta dalla
prospettazione in termini brevi dell’attività esecutiva,
bensì con un invito bonario a versare quanto dovuto, non
assumendo alcun rilievo la mancanza della formale
dizione «avviso di liquidazione» o «avviso di pagamento»
o la mancata indicazione del termine o della forma da
osservare per l’impugnazione o della commissione
tributaria competente (omissioni che potranno
determinare la mancata decorrenza del termine per
impugnare).[43]
9) controversie concernenti la SIAE
(l’art. 1, comma 2, l. n. 2 del 2008, concernent4e la
SIAE prevede:«tutte le controversie concernenti
l'attività dell'ente, ivi incluse modalità di gestione
dei diritti, nonché l'organizzazione e le procedure di
elezione e di funzionamento degli organi sociali, sono
devolute alla giurisdizione ordinaria, fatte salve le
competenze degli organi della giurisdizione tributaria».
Trattasi di clausola di salvaguardia per la quale il
contrassegno Siae ha natura tributaria e le cause che lo
riguardano vanno instaurate davanti alla Ctp.[44]; 10)
tassa avvocati; le controversie sui contributi che i
legali devono versare all'Ordine o al Cnf vanno devolute
al giudice tributario. La prestazione per l'iscrizione
all'Albo degli avvocati è una tassa a tutti gli
effetti.[45] Tale «tassa» si configura come una «quota
associativa» rispetto a un ente ad appartenenza
necessaria; il Consiglio dell’ordine ha una potestà
impositiva rispetto a una prestazione che l'iscritto
deve assolvere obbligatoriamente, non avendo alcuna
possibilità di scegliere se versare o meno la tassa
(annuale e/o di iscrizione nell'albo), al pagamento
della quale è condizionata la propria appartenenza
all'ordine[46];11) controversie concernenti il diritto
d'iscrizione annuale in albi e registri delle Camere di
commercio[47]; 12) controversie relative al credito
d’imposta; l’art. 4, commi da 181 a 186 e 189 della
legge 350 del 2003, attribuisce, come anche risulta dal
regolamento approvato con decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri 21 dicembre 2004, n. 318, alle
imprese editrici, un credito di imposta in misura
corrispondente ad una percentuale della spesa
sostenuta per la carta utilizzata per la stampa delle
testate edite e dei libri; sussiste perciò, in base
agli artt. 2 e 19, comma 1, lett. h) del decreto
legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, la giurisdizione
del giudice tributario anche in quanto il
corrispondente importo è fruibile esclusivamente
nell’ambito del rapporto d’imposta, e all’eventuale
revoca sia estraneo ogni profilo di discrezionalità
[48] ; 13) controversia sulla tassa d’archivio, dovuta
dalle parti dell’atto - a mezzo del notaio -
all’archivio notarile che ha natura tributaria (art. 39,
primo comma della legge 22 novembre 1954, n. 1158)[49]
Rientrano, invece, nella
giurisdizione del giudice ordinario: 1) le controversie
tra fornitore ed utente privato relative all’iva
applicabile, non avendo ad oggetto un rapporto
tributario tra contribuente ed Amministrazione
finanziaria ma esclusivamente un rapporto di natura
privatistica, e comporta un mero accertamento
incidentale in ordine all'ammontare dell'Iva, applicata
dalle società erogatrici in misura contestata
dall'utente[50];2) il rimborso Iva sulla TIA in quanto
sulle contestazioni delle sanzioni erogate dal
concessionario della riscossione per illeciti diversi da
quelli fiscali decide il giudice ordinario[51];il
soggetto passivo dell'imposta è esclusivamente colui che
effettua la cessione di beni o la prestazione di
servizi, e la controversia non ha ad oggetto un
rapporto tributario tra contribuente e amministrazione
finanziaria, ma un rapporto di natura privatistica tra
soggetti privati. Il fatto che il diritto alla rivalsa
ai fini dell'imposta sul valore aggiunto sia previsto da
una normativa tributaria, non trasforma il rapporto tra
soggetti privati in un rapporto tributario. Il
cittadino deve prima richiedere il rimborso all'ente
impositore, cioè a colui che svolge per conto dell'ente
locale o del comune, il servizio di raccolta e
smaltimento rifiuti e solo dopo il rifiuto (o l'inerzia)
dell'ente impositore in merito al rimborso, si potrà
ricorrere all'autorità giudiziaria ordinaria. Tuttavia
la TIA non può assumere doppia natura (ai fini
giurisdizionali un tributo, ai fini Iva un onere
patrimoniale “non tributario”)[52]; 3) i contributi
dovuti ai consorzi di bonifica su base contrattuale,
avendo natura privatistica[53]; 4) i ricorsi relativi a
cartelle esattoriali notificate da Equitalia per il
mancato pagamento dei contributi INPS. [54]; 5) la
controversia avente ad oggetto diritti e obblighi
attinenti ad un rapporto previdenziale obbligatorio
anche se originata da pretesa azionata dall'ente
previdenziale a mezzo di cartella esattoriale, non solo
per l'intrinseca natura del rapporto, ma anche perché
l'art. 24, d.lgs. 26 febbraio 1999, n. 46, sul riordino
della disciplina mediante ruolo, nell'estendere tale
procedura anche ai contributi o premi dovuti agli enti
pubblici previdenziali, espressamente prevede che il
contribuente in presenza di richiesta di contributi
previdenziali può proporre opposizione contro
l'iscrizione a ruolo avanti al giudice del lavoro[55].
Infatti “la cartella esattoriale è un atto privo di
autonomia, e costituisce uno strumento in cui viene
enunciata una pregressa richiesta di natura
sostanziale”, quindi deve essere “impugnata davanti al
giudice competente a decidere in ordine al rapporto cui
la cartella stessa è funzionale, a nulla valendo che
l’atto non contenga una puntuale indicazione della fonte
di credito fatta valere”[56]. Nel caso di infrazioni
valutarie, la cartella esattoriale deve, quindi, essere
impugnata avanti al Giudice ordinario e non innanzi al
Giudice tributario.[57]Il fatto che la cartella
esattoriale non contenga puntuali indicazioni circa la
fonte del credito fatto valere può rendere inidoneo
l’atto a determinare il decorso dei termini di
impugnazione o costituire fonte di responsabilità civile
per il concessionario, ma non incide sulla
giurisdizione[58]; 6) la domanda di rivalsa IVA,
trattandosi non di una controversia tributaria ma di una
ordinaria azione di ripetizione di indebito
oggettivo.[59]; 7) sanzioni per uso di videogiochi
irregolari[60]; 7) sanzioni per mancato pagamento
cosap[61]; 8) l’impugnazione della cartella esattoriale
per il pagamento di crediti non aventi carattere
fiscale ( “Cassa Depositi e Prestiti, Cassa Ammende,
Registro, Multe — Ammende — Sanzioni amm.ve e Registro
recuperi Spese Giustizia”[62]
2. Riparto di giurisdizione tra
giudice tributario e giudice amministrativo
Il riparto di giurisdizione tra
giudice tributario e giudice amministrativo si fonda,
invece non sulla natura, ma sugli effetti dell’atto: se
trattasi di effetti di natura tributaria va affermata la
competenza delle Commissioni tributarie, se, invece,
trattasi di contestare ulteriori effetti diversi da
quelli propriamente tributari, la competenza sarà del
TAR.
In tale ultimo caso poiché si è in
presenza di interessi legittimi, non può che spettare al
giudice amministrativo il sindacato sul
provvedimento.[63]
L’art. 7, legge 27 luglio 2000, n.
212 (secondo cui ” la natura tributaria dell’atto non
preclude il ricorso agli organi di giustizia
amministrativa, quando ne ricorrano i presupposti”
comporta”, “salvo espresse previsioni di legge”, “una
naturale competenza del giudice amministrativo” soltanto
“sull’impugnazione di atti amministrativi… a contenuto
generale o normativo, come i regolamenti e le delibere
tariffarie e di atti” (”aventi natura provvedimentale”)
“che costituiscano un presupposto dell’esercizio della
potestà impositiva e in relazione ai quali esiste un
generale potere di disapplicazione del giudice cui è
attribuita la giurisdizione sul rapporto tributario.[64]
Le commissioni tributarie possono
disapplicare i regolamenti comunali sui tributi locali,
se ritenuti illegittimi, sia pure con efficacia limitata
al rapporto dedotto in giudizio.
Tale principio… non può mai
comportare una doppia tutela (dinanzi al giudice
amministrativo e a quello ordinario o tributario) nei
confronti di atti impostivi o di atti del procedimento
impositivo.
L’attribuzione al giudice
tributario di una controversia che può concernere la
lesione di interessi legittimi, ” non incontra un
limite nell’art. 103 Cost.” perché non esiste una
riserva assoluta di giurisdizione sugli interessi
legittimi a favore del giudice amministrativo, potendo
il legislatore attribuire la relativa tutela ad altri
giudici. [65]
La giurisdizione (piena ed
esclusiva) del giudice tributario fissata dall’art. 2
del d.lgs. n. 546 del 1992, poi, non ha ad “oggetto”
solo gli atti per così dire “finali” del procedimento
amministrativo di imposizione tributaria (ovverosia gli
atti definiti, propriamente, come “impugnabili”
dall’art. 19, d.lgs. n. 546 del 1992) ma investe - nei
limiti, ovviamente, dei “motivi” sottoposti dal
contribuente all’esame di quel giudice ai sensi
dell’art. 18, comma 2, lett. e), stesso D. Lg.vo - tutte
Ie fasi del procedimento che hanno portato alla adozione
ed alla formazione di quell’atto.
L’eventuale giudizio negativo in
ordine alla legittimità e/o alla regolarità (formale e/o
sostanziale) su un qualche atto “istruttorio” prodromico
può determinare la caducazione, per illegittimità
derivata, dell’atto “finale” impugnato: “la correttezza
del procedimento di formazione della pretesa
tributaria”, “è assicurata mediante il rispetto di una
sequenza ordinata secondo una progressione di
determinati atti, con le relative notificazioni,
destinati, con diversa e specifica funzione, a farla
emergere e a portarla nella sfera di conoscenza dei
destinatari, allo scopo, soprattutto, di rendere
possibile per questi ultimi un efficace esercizio del
diritto di difesa. [66]
Il quinto comma dell'art. 7 del
d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, stabilisce che le
commissioni tributarie, se ritengono illegittimo un
regolamento o un atto generale rilevante ai fini della
decisione, non lo applicano, in relazione all'oggetto
dedotto in giudizio, e resta "salva l'eventuale
impugnazione nella diversa sede competente".[67]
Dunque gli atti di carattere
generale sono bensì autonomamente impugnabili, e la
relativa pronuncia avrà efficacia nei confronti della
generalità dei contribuenti, ma questa impugnazione si
svolgerà avanti ad un giudice "diverso" rispetto alle
commissioni tributarie e cioè avanti alla giustizia
amministrativa.
Inoltre, la possibilità
dell'impugnativa di atti a carattere generale, fatta
salva "nella diversa sede competente" dall'art. 7 del
d.lgs. n. 546, con conseguente efficacia nei confronti
di una generalità di contribuenti, trova il suo spazio
davanti al giudice amministrativo.[68]
Si è anche precisato da parte delle
Sezioni Unite che l'attribuzione al giudice tributario
di una controversia che può concernere la lesione di
interessi legittimi non incontra un limite nell'art. 103
Cost.".[69]
Rientra nella competenza del
giudice tributario, così come delineata dal del d.lgs.
n. 546 del 1992, art. 7, valutare la illegittimità degli
atti amministrativi generali al limitato fine di
decidere la controversia relativa ad uno specifico
rapporto tributario, e senza poter procedere
all'annullamento dell'atto generale.[70]
Vanno, quindi, attribuite al
giudice amministrativo: 1) i ricorsi per l’impugnazione
di un atto di carattere generale, 2) i regolamenti o
atti normativi del Governo e Enti locali (es:
provvedimento di gestione cioè delibera che regola le
aliquote tariffarie, quale l’ ICI), c) i ricorsi contro
i vizi formali dell’atto non attinenti al profilo
impositivo (es.: annullamento di un atto di accertamento
redatto in lingua italiana nei confronti di un cittadino
tedesco, a Bolzano, dove vige il principio del
bilinguismo), mentre va affermata, invece, la
giurisdizione delle Commissioni tribitarie se trattasi
di atto di applicazione delle stesse al caso concreto;
3) La controversia per il rimborso della somma versata
in eccesso a titolo di condono ex lege n. 47/1985[71]
La rilevata erroneità della
declinatoria di giurisdizione affermata dal giudice di
merito non comporta, tuttavia, necessariamente una
cassazione con rinvio della sentenza impugnata, in
quanto il compito della Cassazione, quando queste non
debbano decidere in sede di regolamento ai sensi
dell'art. 41 c.p.c. o non siano chiamate a dirimere un
conflitto (negativo o positivo) ai sensi dell'art. 362
c.p.c., comma 2, bensì siano investite da un ricorso ai
sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 1, - non può
esaurirsi nel dichiarare a quale giudice spetti la
giurisdizione, ma deve estendersi alla valutazione della
sussistenza dell'interesse ad un'utile pronuncia di
merito.[72]
La Cassazione, investita della
questione di giurisdizione, è anche giudice del fatto,
come in ogni altro caso in cui la censura abbia ad
oggetto la violazione di una norma processuale.[73]
Sono, altresì, precluse, davanti
al giudice tributario: 1) l’azione di accertamento
negativo dell’obbligazione tributaria qualora la pretesa
fiscale non venga attivata mediante la formazione e la
notificazione di un atto concreto[74];l’azione contro
attività istruttorie degli Uffici o Enti pubblici,
trattandosi di atti interni che devono ancora
estrinsecarsi in un provvedimento dotato di autonomia.
Vanno decise dal giudice ordinario
le controversie nelle quali il fisco abbia già
riconosciuto al contribuente il diritto al rimborso,
come spesso avviene per il canone Rai, o nel caso in cui
la richiesta di rimborso di imposte sia stata
riconosciuta da una sentenza passata in
giudicato[75]
La controversia per il rimborso
della somma versata in eccesso a titolo di condono ex
lege n. 47/1985 appartiene alla giurisdizione del
giudice amministrativo (e non a quella del giudice
tributario)[76]
Appartiene alla competenza del
giudice tributario la controversia — promossa da privati
nei confronti del gestore del servizio idrico
integrato– che abbia ad oggetto l’entità della tariffa
del suddetto servizio; , in quanto, sebbene nel regime
scaturito dalla dichiarazione d’illegittimità
costituzionale dell’art. 33 del d.lgs. 31 marzo 1998, n.
33, come sostituito dalla legge 21 luglio 2000, n.
205, sia venuta meno l’espressa esclusione di tali
controversie dall’ambito della giurisdizione esclusiva
del giudice amministrativo in materia di pubblici
servizi, tuttavia la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 204 del 2004, nel ridefinire l’ambito
della predetta giurisdizione esclusiva, ha precisato
che questa postula l’inerenza della controversia ad
una situazione di potere della PA , mente la
controversia avente ad oggetto rapporti individuali di
utenza non vede coinvolta la PA. come autorità. Nè la
giurisdizione del giudice amministrativo è
configurabile per il fatto che la controversia investa
l’atto amministrativo generale con il quale sono
determinate le tariffe per i vari tipi di utenze, atteso
che al riguardo viene in rilievo il potere del giudice
ordinario, ai sensi dell’art. 5 della legge 20 marzo
1865, n. 2248, all. E, di disapplicare gli atti
amministrativi illegittimi, la cui efficacia condizioni
l’esistenza ed il contenuto del diritto sostanziale
costituente l’oggetto del processo. Per gli stessi
motivi, è altresì esclusa la giurisdizione del
Tribunale superiore delle acque pubbliche, prevista per
l’impugnativa di provvedimenti amministrativi
afferenti al regime delle acque pubbliche (nel caso di
specie era in discussione la pretesa dell’ente gestore
di applicare retroattivamente la nuova tariffa).[77]
Tuttavia si è anche affermato che
la tariffa del servizio idrico intergrato, di cui
al d.lgs. n. 152 del 2006, art. 156, costituisce
un’entrata di diritto privato e per la riscossine delle
somme dovute attraverso iscrizione a ruolo affidato al
concessionario è necessario che il debito risulti da
titolo avente efficacia esecutiva (e tale qualifica non
hanno le fatture della s.p.a. gestore del
servizio idrico integrato)[78]
Sono invece di competenza del
giudice amministrativo le controversie aventi ad
oggetto non la misura dei corrispettivi dovuti, bensì
la legittimità dell’atto amministrativo di cui si
chieda l’annullamento, ma non la disapplicazione
dell’atto.
3. Rapporti tra processo
tributario e processo amministrativo
Sussiste il dovere generale per il
giudice tributario di riconoscere la rimozione per
annullamento di un atto generale o presupposto, con
conseguente ripristino ex tunc della situazione
giuridica preesistente, e tale dovere prescinde
dall'estensione del giudicato ai soggetti che non hanno
assunto la qualità di parti nel giudizio.[79]
Il giudicato di annullamento di
atti generali o indivisibili si estende a tutti i
soggetti interessati, pur non aventi qualità di
parte.[80]
Non esiste un principio di assoluta
autonomia delle singole giurisdizioni in materia di
verifica della legittimità di atti amministrativi. Va,
infatti, considerato il potere - dovere del giudice
tributario di verificare in via incidentale, al pari di
altre questioni devolute ad altre giurisdizioni, la
legittimità degli atti amministrativi, anche a contenuto
concreto, costituenti presupposto dell'imposizione e di
procedere alla loro disapplicazione, consentita, quale
principio generale dell'ordinamento, anche prima
dell'espresso riconoscimento contenuto nel citato art.
12, comma 2.
Tale potere non può essere
esercitato quando siano intervenute pronunce definitive
della giurisdi- zione competente. Tanto è vero che il
giudice tributario, dinanzi al quale si prospetta una
questione di illegittimità di un atto amministrativo
presupposto, può disporre la sospensione del processo se
la stessa questione forma oggetto di specifico giudizio
dinanzi al giudice amministrativo. Da ciò di- scende
che, anche se non sia stata disposta la sospensione, la
pronuncia del giudice amministrativo che sia nel
frattempo intervenuta, soprattutto quando sia assistita
da efficacia di giudicato, non può non svolgere un
effetto vincolante nei confronti di tutti i soggetti
dell'ordinamento e, in particolare, ai fini della
pronuncia sulla validità dell'atto amministrativo, sulla
quale il giudice, diverso da quello amministrativo, non
fornito di giurisdizione in via principale, deve rendere
incidentalmente.[81]
A seguito dell’annullamento
dell’atto amministrativo da parte del Tar ne discende,
quale necessaria conseguenza, l'illegittimità dei ruoli
e dei successivi atti di imposizione e di riscossione,
illegittimità che non può essere dichiarata dal giudice
amministrativo, stante il carattere esclusivo della
giurisdizione delle commissioni tributarie, tanto più a
seguito della modifica introdotta dalla L. 28 dicembre
2001, n. 448, art. 32, comma 2.
Si verifica in tale caso l’effetto
riflesso del giudicato (c.d. effetto di fattispecie
degli atti costitutivi), risolventesi nel dovere di
tutti i soggetti dell'ordinamento, ivi compresi gli
altri giudici, di riconoscere l'avvenuta rimozione
dell'atto annullato.
Tale dovere di riconoscimento
sussiste, anche a prescindere dall'efficacia di
giudicato, come nel caso in cui l'atto presupposto viene
rimosso attraverso l'esercizio dell'autotutela per
accertata illegittimità originaria, rimozione che opera
ex tunc al pari dell'annullamento giurisdizionale.
Il principio di autonomia delle
singole giurisdizioni in materia di verifica della
validità degli atti amministrativi non esclude che il
giudice tributario, dinnanzi al quale sia stata
prospettata l'illegittimità di un atto costituente
presupposto di quello impositivo, possa disporre la
sospensione del processo, nel caso in cui la medesima
questione formi oggetto di uno specifico giudizio
pendente dinnanzi al giudice amministrativo; qualora
poi, indipendentemente dalla sospensione, sia
intervenuta al riguardo una pronuncia del giudice
amministrativo, la stessa, soprattutto se passata in
giudicato, non può non svolgere effetto vincolante nel
processo tributario, non ostandovi il dovere-potere del
giudice tributario, non fornito di giurisdizione in via
principale, di verificare in via incidentale la validità
degli atti presupposti e di procedere alla loro
disapplicazione. [82]. Il sindacato incidenter tantum di
un atto amministrativo presupposto dell'imposizione,
finalizzato alla disapplicazione di tale atto con
riflessi. sulla legittimità dell'atto impositivo
impugnato, non può, infatti, comportare l'esigenza di.
un contraddittorio nei confronti del soggetto autore
dell'atto presupposto.[83]. Il processo tributario,
peraltro, non consente l'intervento adesivo dipendente
e, in generale, la partecipazione di soggetti che non
siano parti del rapporto tributario, essendovi ammessi
soltanto i soggetti che hanno partecipato direttamente
all'emissione dell'atto impositivo o che ne sono diretti
destinatari.[84]
Al fine di disciplinare i rapporti
tra processo tributario e giudicato amministrativo, va
rilevato che il giudicato amministrativo si ripercuote
sugli atti di imposizione; la sentenza del TAR che
dichiari la illegittimità dell’atto presupposto alla
applicazione dell’imposta determina la consequenziale
illegittimità di tutti gli atti impositivi senza che
sia consentito al giudice tributario procedere ad una
propria valutazione circa la legittimità del
provvedimento regionale (neppure in relazione ai
contribuenti che non siano intervenuti nel giudizio
amministrativo).
Ad esempio, la sentenza del TAR che
dichiari la illegittimità della modifica tariffaria
comporta la invalidità derivata degli atti di
imposizione (nel caso di specie per TARSU) emessi dal
compente ufficio sulla base di tale tariffa. [85]
Il problema può porsi in termini
diversi ove il giudicato amministrativo affermi la
validità dell’atto in quanto “il potere del giudice
ordinario di disapplicare l’atto amministrativo resta
escluso soltanto se la sua legittimità sia stata
affermata dal giudice amministrativo nel contraddittorio
della parte e con autorità di giudicato”[86]
Si è affermato che “la
disapplicazione dell’atto amministrativo da parte del
giudice ordinario non incontra alcuna preclusione per
effetto del giudicato amministrativo di rigetto della
domanda di annullamento, il quale non ha ad oggetto la
declaratoria di legittimità dell’atto, né gli
accertamenti compiuti per pervenire a tale risultato, ma
solo la mancanza nel ricorrente del diritto ad ottenerne
l’annullamento; a questa regola fanno eccezione soltanto
l’ipotesi in cui relativamente alla legittimità
dell’atto amministrativo sia prospettabile l’intervenuta
formazione di un giudicato tra le parti, in quanto la
disapplicazione sia stata richiesta in un giudizio di
cui sia parte la p.a., nei confronti della quale sia
stata precedentemente proposta la domanda di
annullamento dinanzi al giudice amministrativo”.[87]
Il giudice ordinario così come il
giudice tributario sono titolari del potere di
disapplicare il provvedimento amministrativo quando
l’oggetto della controversia è costituito dalla pretesa
di un diritto soggettivo perfetto e quando la
valutazione della legittimità del provvedimento debba
avvenire sol- tanto in via incidentale il che si
verifica allorché l’atto amministrativo non assume
rilievo come cau- sa del diritto del privato, ma come
mero antecedente, sicché la questione della sua
legittimità viene a prospettarsi come questione
pregiudiziale in senso tecnico e non come questione
principale.[88]
È consentito al giudice tributario
qualificare come non conforme al diritto oggettivo una
condotta coerente con la situazione giuridica
determinata dalla persistente efficacia, prevista dalla
legge, di un atto amministrativo.[89]
Nel giudizio ordinario si può e si
deve procedere all’accertamento dell’illegittimità
dell’azione amministrativa che rappresenta uno degli
elementi costitutivi della fattispecie di cui
all’articolo 2043 cod. civ., oltre che alle più
complesse valutazioni estese all’accertamento della
colpa e del nesso di causalità.
La cd. antigiuridicità in senso
oggettivo, intesa quale elemento costitutivo della
fattispecie attributiva del diritto al risarcimento del
danno ai sensi dell’articolo 2043 c.c., non può essere
accertata in via incidentale e senza efficacia di
giudicato; pertanto, ove l’accertamento in via
principale sia precluso nel giudizio risarcitorio, ad
esempio a seguito di giudicato, decadenza o transazione,
la domanda risarcitoria deve essere rigettata, perché il
fatto produttivo del danno non è suscettibile di essere
qualificato illecito.[90]
L’inoppugnabilità dell’atto è
nozione solo processuale in quanto esclude
l’annullamento giurisdizionale, senza incidere sulla
condizione giuridica dell’atto stesso, il quale,
permanendo la sua non conformità alla legge, può essere
per tale ragione rimosso dal suo autore ad ogni effetto
(autotutela decisoria della pubblica amministrazione),
ovvero rimosso dal giudice ai fini della decisione di
una controversia, con valutazione incidentale, senza
effetti di giudicato, della sua illegittimità
(disapplicazione ex articolo 5 legge 2248/1865, all. E).
In assenza della rimozione
dell’atto, il permanere della produzione degli effetti è
conforme alla volontà della legge, e la necessaria
coerenza dell’ordinamento impedisce di valutare in
termini di danno ingiusto gli effetti medesimi; il
giudice tributario non è abilitato ad incidervi, ove
trattasi di questione incidentale[91]
L’amministrazione, da parte sua,
non è obbligata ad annullare di ufficio gli atti
definitivi, non suscettibili, cioè, di ricorso
amministrativo ordinario, non conformi a legge e può
farlo solo per soddisfare uno specifico interesse
pubblico, per definizione non coincidente con quello del
soggetto danneggiato dall’atto.
Quindi, la situazione giuridica
prodotta da un atto amministrativo può essere ritenuta
non conforme al diritto oggettivo solo attuando la
rimozione dell’atto stesso o con l’istituto della
disapplicazione.
Il principio fondamentale di
certezza delle situazioni giuridiche di diritto
pubblico, a cui presidio è posto il breve termine
decadenziale di impugnazione dei provvedimenti
amministrativi, subirebbe un notevole vulnus ove fosse
consentito far valere, sia pure ad altri fini,
l’illegittimità.
Se così fosse, l’amministrazione
sarebbe posta nell’alternativa o di annullare l’atto di
ufficio (ammesso che l’interesse pubblico specifico
possa essere fatto coincidere con l’opportunità di
contenere gli obblighi risarcitori e prevalga
sull’interesse degli eventuali controinteressati),
ovvero tenere fermo l’assetto di interessi pur in
presenza di una condanna che si fondi sull’accertamento
dell’illegittimità dell’atto, con evidente
contraddizione con il principio generale, espresso
chiaramente dall’ordinamento, secondo cui i fatti
illeciti devono essere comunque repressi.
Non è possibile, tuttavia,
qualificare in termini di fatto illecito una situazione
giuridica che l’ordinamento riconosce come verificata e
produttiva di effetti, se non rimossa mediante gli
specifici rimedi previsti.
Invero, sia nei rapporti
paritetici, fuori cioè dell’ambito dell’esercizio del
potere pubblico, tra cittadini e pubblica
amministrazione, sia in quelli interprivati, molteplici
sono le ipotesi in cui è accordato preminente rilievo
all’esigenza di certezza e, al di fuori della diversa
ipotesi di richiesta di autotutela, l’interessato ha
l’onere di contestare la conformità al diritto di
determinate situazioni mediante l’impugnazione di atti o
comunque reagendo entro termini di decadenza.
Dott. Domenico Chindemi
[1] Corte Cost., sentenze n.
141/2009, n. 130 e n. 64 del 2008.
[2] Cass., ord. 30.3.2011, n. 7190.
[3] Cass., 31 maggio 2011, n.
11967; Cass. 10 dicembre 2009, n. 25794.
[4] Corte Cost., 4.5.2009, n. 141.
[5] Cass., S.U. del 14 maggio 2010,
n. 11720.
[6] Cass., 16 marzo 2009, n. 6315;
Cass., sez. un., 27 marzo 2007, n. 7388; Cass., Sez.
Un., ord. n. 13793/04.
[7] Cass., 27.1.2011, n. 1864.
[8] BUZZONE, Interessi per
ritardato rimborso fino alla notifica dell'ordinativo di
pagamento (Commento a Cass. sez. tribut. 30 marzo 2001,
n. 4760), in Corriere trib., 2001, 1670.
[9] Tribunale regionale di
giustizia amministrativa di Bolzano, 28.11.2007, n. 349.
[10] Cass.,
SS.UU., 24.10.2007, n. 22266.
[11] Cass.,
SS.UU., 05.06.2008, n. 14827.
[12] Corte Cost., 14/05/2008, n.
130.
[13] Cfr. Cass. 31.3.2008, n. 8283.
Pacifica è, infatti, la giurisdizione dell’ giudice
ordinario per le controversie riguardanti: a) esecuzione
forzata (art. 9 c.p.c.); b) opposizione all’esecuzione
(art. 615 c.p.c.); c) opposizione agli atti esecutivi;
d) opposizione di terzo; e) risarcimento danni contro
l’agente della riscossione, Cass. 15.11.2006, n. 23019;
f) controversie tra soggetto attivo e passivo iva.
[14] Cass., 6 aprile 2006, n. 6996.
[15] Deve ritenersi escluso dalla
competenza delle Commissioni tributarie ogni questione
attinente il pedaggio autostradale che ha natura
contrattuale, trattandosi di rapporto tra proprietario o
concessionario di autostrade a pedaggio ed automobilista
utente; il pagamento del pedaggio (ove previsto)
determina la nascita di un rapporto contrattuale, poiché
quest'ultimo configura un "prezzo pubblico", costituendo
il corrispettivo versato per l'utilizzazione di un'opera
già compiutamente realizzata per fini di interesse
generale, Cass. 13.1.2003, n. 298, in Corriere
Giuridico, 2003, 1165.
[16] La controversia avente ad
oggetto il pagamento della somma per l'utilizzazione dei
servizi di navigazione aerea e di rete, resi ad un
vettore da parte dell'ENAV (Ente Nazionale di Assistenza
al Volo), che è ente di diritto pubblico, non spetta
alla giurisdizione tributaria, atteso che la prestazione
pecuniaria richiesta dall'Eurocontrol (Organizzazione
europea per la sicurezza della Navigazione aerea), quale
corrispettivo dei predetti servizi di navigazione aerea
e di rete resi dall'ENAV a società private, non si
configura quale tributo, ai sensi dell'art. 2 del d.lgs.
n. 546 del 1992, nel testo modificato dall'art. 12 della
legge n. 448 del 2001. Infatti, nel nuovo assetto
normativo della materia, conseguente all'entrata in
vigore della legge n. 575 del 1995, di adesione
dell'Italia alla Convenzione internazionale di
cooperazione per la sicurezza della navigazione aerea
(Eurocontrol), firmata a Bruxelles il 13 dicembre 1960,
il termine <Tariffe> è utilizzato in armonia con le
espressioni contenute nella Convenzione stessa (agli
artt. 6, comma primo - lett. e - e 20) e nell'accordo
multilaterale relativo ai canoni di rotta, fatto a
Bruxelles il 12 febbraio 1981 e reso esecutivo il Italia
con la citata legge n. 575 del 1995, che qualifica la
somma dovuta per ogni volo effettuato nello spazio aereo
definito dall'art. 1, come canoni di rotta. Inoltre, la
legge n. 665 del 1996, sulla trasformazione in ente di
diritto pubblico economico dell'azienda autonoma di
assistenza al volo per il traffico aereo generale
(ENAV), qualifica espressamente, all'art. 7, comma
terzo, come Tariffe (a decorrere dal 1 gennaio 1996) le
tasse già istituite, con la legge n. 411 del 1977, per
la utilizzazione di installazioni e del servizio di
assistenza alla navigazione aerea in rotta, e con il DL
n. 77 del 1989, conv. nella legge n. 160 del 1989, per i
servizi di assistenza in rotta, CASS, SS.UU., ord
29.10.2004, n. 20959.
[17] Spetta alle commissioni
tributarie la giurisdizione in ordine al ricorso avverso
la cartella esattoriale emessa per la riscossione della
tassa e della soprattassa dovute in caso di trasporto di
persone su autocarri appartenenti ad aziende agricole o
industriali senza l'autorizzazione di cui agli artt. 28
e 29 del d.P.R. 5 febbraio 1953, n. 39: le tasse
automobilistiche hanno infatti natura indiscutibilmente
tributaria, e dunque, alla luce dell'art. 2 del d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546, come sostituito dall'art. 12,
comma secondo, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (ed
integrato dall'art. 3-bis del decreto-legge 30 settembre
2005, n. 203, convertito con modificazioni dalla legge 2
dicembre 2005, n. 248), il relativo contenzioso è
devoluto alla giurisdizione del giudice tributario, il
quale è pertanto chiamato a decidere sia sull'ammontare
della tassa di circolazione dovuta, sia sulle sanzioni
conseguenti all'utilizzazione di un veicolo senza che
sia stata versata la tassa nella misura adeguata al
servizio prestato, Cass. SS.UU., 24/07.2007 n. 16289.
[18] Cass. 8.2. 2008, n. 3001, la
S.C. ha precisato che il fatto che la cartella
esattoriale non contenga puntuali indicazioni circa la
fonte del credito fatto valere può rendere inidoneo
l’atto a determinare il decorso dei termini di
impugnazione o costituire fonte di responsabilità civile
per il concessionario, ma non incide sulla
giurisdizione.
[19] Corte Cost., 14.3.2008, n. 64.
per un commento critico a tale sentenza DE MITA, Il
Sole24ORE del 15 marzo 2008.
[20] Cass, SS.UU., nn. 25551/2007;
Cass. SS.UU., n. 13902/2007; Cass. SS.UU. n. 1611/2007;
Cass. SS.UU., n. 14864/2006; Cass. SS.UU., n.
1239./2005; Cass. SS.UU., n. 5462 del 2004; Cass.
SS.UU., n. 12167/2003.
La Consulta evidenzia che tali
decisioni circa la natura non tributaria del COSAP, che
– per il numero elevato, la sostanziale identità di
contenuto e la funzione nomofilattica dell’organo
decidente – costituiscono diritto vivente, prospettano
una ricostruzione plausibile dell’istituto, non in
contrasto con i sopra ricordati criteri elaborati dalla
giurisprudenza costituzionale per individuare le entrate
tributarie. Non sussistono ragioni, pertanto, perché
questa Corte proceda ad una autonoma valutazione circa
la natura del COSAP, Corte Cost. 14.3.2008, n. 64.
[21] Corte Cost.
14.3.2008, n. 64. Cass. 8.11. 2010 n. 22628.
[22] Cfr Corte Cost. n. 23/1968.
[23] Corte Cost., ord n 161 del
2007.
[24] Cass, S.U. 5.6.2008, n. 14831;
l’orientamento precedente, ormai superato, riteneva,
invece, che attesa la natura, sostanzialmente
sanzionatoria, degli istituti dell’ipoteca legale e del
fermo amministrativo, sussisteva la giurisdizione del
giudice tributario allorquando l’impugnazione
concernesse i vizi del procedimento consistenti nella
omessa previa notifica dell’atto presupposto (cartella),
anche quando si tratti di obbligazione non tributaria.
(CTP MI 29.11.2007, n. 395) e ritenendo che il novellato
art. 19 del d.lgs. n. 546/1992 prescindeva dalla natura
del credito tutelato, CTP Caserta 24.9.2007 n. 270.
[25]
[26] Cass., n. 18541/03; Cass. nn.
139; 181; 12598; 17934 del 2004.
[27] Cass., ord., SSUU 5.3.2008, n.
5902 in applicazione di tale principio, le Sezioni unite
della S.C., hanno affermato la sussistenza della
giurisdizione tributaria in un caso in cui l’Agenzia
delle Entrate competente aveva riconosciuto il diritto
al rimborso nei confronti di una società di persone ma
aveva anche comunicato la propria intenzione di non
procedere alla restituzione della somma richiesta, a
causa di alcuni carichi pendenti per uno dei soci della
stessa società; la S.C., pertanto, ha dichiarato che non
spettava al tribunale ordinario il potere concedere il
decreto ingiuntivo nei riguardi dell’Agenzia delle
Entrate ed ha disposto la prosecuzione della
controversia davanti alla Commissione tributaria.
[28] Cass. 31 maggio 2011, n.
11967, Cass. 10 dicembre 2009, n. 25794.
[29] Cass., S.U., 27 gennaio 2010,
n. 1626; Cass., 26 giugno 2009, n. 15031.
[30] Cass., ord. 26 giugno 2009, n.
15047.
[31] Cass., SS.UU., 17/04/2009, n.
9142.
[32] Cass.,
SS.UU., n. 11720/2010.
[33] Cass.,
SS.UU., n. 1625/2010.
[34] Corte Cost., 8/05/2009, n.
141; Corte Cost. n. 18/2010.
[35] Gli adesivi che contrassegnano
il nome e il logo dell’azienda, presenti sui tre lati
del bagno chimico posto in un cantiere edile, comportano
per l'impresa l’obbligo di versare l’imposta comunale di
pubblicità; C.T.P. MILANO, 14/10/2009, n. 252.
[36] Cass. S.U., 5.5.2011, n. 9840.
La qualificazione del contributo unificato come entrata
tributaria è contenuta nella sentenza della Corte
costituzionale 11 febbraio 2005, n. 73.
[37] Cass., 10
marzo 2011, n. 5689.
[38] Cass.,
SS.UU., n. 16281/2010; Cass., Sez. SS.UU., 23/04/2009,
n. 9668.
[39] Cass., Sez.
SS.UU., n. 22622/2010.
[40] Cass.,
27/1/2010, n. 1625.
[41] Corte
Cost., n. 238/2009; Cass., Ord., 18.11.2010, n.
23291; Cass., S.U., n. 14903/2010.
[42] Corte Conti, Parere 11
novembre 2010, n. 65.
[43] Cass. 3 novembre 2010, n.
22377.
[44] Cass., S.U., 26.1.2011, n.
1780.
[45] Cass.,
S.U., 26.1.2011, n. 1782.
[46] Cass.,
10.3.2011, n. 5689.
[47] Cass., S.U., n. 13549/2005.
[48] Cass., 5 maggio 2011, n.
9841.
[49] Cass., 4 marzo 2010, n. 5287.
[50] Cass., 24 giugno 2011, n.
13911;Cass., S.U., 4 febbraio 2008, n. 2509 e 7 febbraio
2007, n. 2686.
[51] Cass., S.U.11.1.2011, n. 1864.
[52] DAMI, I cortocircuiti
interpretativi del rapporto tra IVA e TIA, in Corr.
Trib., 2011, n. 5, p. 388; LO IACONO, Ancora problemi
per l’illegittima applicazione dell’Iva sulla Tia, in Il
fisco, 2010, n. 16, fasc. 1, p. 2474;; MESSINA, Effetti
riflessi della natura tributaria della TIA, in Corr.
Trib., 2011, n. 20, p. 1587; VOZZA, Assoggettabilità
della TIA all'IVA, in Corr. Trib., 2010, n. 7, p. 537.
[53] Cass., Ord. 29.3.2011, n.
7102.
[54] Cass., 18 marzo 2010, n. 6539.
[55] Cass., 18 marzo 2010, n. 6539.
[56] Cass., 18 marzo 2010, n. 6539;
Cass.n. 3001/2008.
[57] Cass.,
8.2.2008, n. 3001.
[58] Cass.,
S.U., 15.5.2007, n. 11082.
[59] Cass.,
ord., Sez. SS.UU., 18/02/2009, n. 3817.
[60] Cass. ord., 18 maggio 2011, n.
10872.
[61] Cass. ord., 30 marzo 2011, n.
7190.
[63] Consiglio di Stato, 9 novembre
2005, n. 6269 in www.giustizia-amministrativa.it.
[64] Cass 13 luglio 2005 n. 14692.
[65] Cass 16 marzo 2009, n. 6315;
Corte Cost. ordinanze n. 165 e 414/ 2001; Corte Cost. ,
sentenza n. 240/2006.
[66] Cass 16 marzo 2009, n. 6315;
Cass., Sez. un., 4 marzo 2008 n. 5791; Cass., Sez. un.,
25 luglio 2007 n. 16412.
[67] Cass., n. 181 del 2004.
[68] Cass., 29/01/2008 n. 1907.
[69] Cass.,
SS.UU., 27.3.2007, n. 7388.
[70] Cass.,
SS.UU., 24.7.2007, n. 16293, cit., 6427; Cass., SS.UU,
22.3.2006, n. 6265.
[71] Cass.., 31 maggio 2011, n.
11965.
[72] Cass.., SS.UU., 31.07.2007, n.
16871, in Guida al Lavoro, 2007, 48 , con nota di
D'ANDREA, Danno da svalutazione e competenza del Giudice
tributario; la soluzione di questioni di giurisdizione,
in quanto diretta alla individuazione del giudice munito
di potere-dovere di decidere sulla domanda, è
necessariamente strumentale rispetto a tale decisione,
sicché, quando sia venuto meno l'interesse delle parti
ad una pronuncia sul merito della pretesa - in ordine
alla quale era necessario verificare la giurisdizione
del giudice adito - resta precluso per difetto di tale
requisito di ammissibilità dell'impugnazione, il motivo
attinente alla giurisdizione; Cass., S.U., n. 7104 del
2007; Cass., SS.UU., nn. 4486/1992, Cass., S.U., n. 6226
del 1997, Cass., S.U., n. 12365/2004.
[73] Cass. S.U.,
n. 10840/2003.
[74] Cass.,
20.11.2007, n. 24011.
[75] Cass., S.U., 24.9.2010, n.
20073.
[76] Cass., 31maggio 2011, n.
11965.
[77] Cass.,
ord., 1.12.2010, n. 24306.
[78] Cass.,
ord., 4 luglio 2011, n. 14628.
[79] Cons. St.,
16 maggio 2005, n. 1068.
[80] Cons St. 12
maggio 1981, n. 211; Cons. St., n. 224 del 1998.
[81] Cass.
31/07/2007, n. 16937; Cass. n. 5929/07; Cass. n.
6265/06.
[82] Cass.
31/07/2007, n. 16937.
[83] Cass.
31/07/2007, n. 16937.
[84] Cass.
31/07/2007, n. 16937; Cass. n. 18541/03; Cass. nn. 139,
181, 12598, 17934 del 2004.
[85] Cass. 31.1.
2011, n. 2199.
[86] Cass. 15
febbraio 2007, n. 3390.
[87] Cass. 19 ottobre 2006, n.
22492.
[88] Cass., sez. II, 27 marzo 2003,
n. 4538. Nel caso in esame è stata ritenuta evidente
l’immediata diretta e non occasionale collegabilità del
richiesto risarcimento all’asserita illegittimità della
delibera di esclusione: la pretesa risarcitoria risulta
infatti espressamente fondata sul presupposto della
contestata legittimità dell’atto di esclusione. Il
richiesto accertamento circa la legittimità di detto
atto non investe pertanto una questione pregiudiziale da
affrontare e risolvere incidenter tantum ma costituisce
un elemento essenziale del thema decidendum.
Cfr. Cass., SS.UU., n. 500/99; Cass.
n. 2588/02. Cass. n. 2588/02.
[89] Cfr. Cass.,
SS.UU., n. 500/99.
[90] Cass., sez. II, 27 marzo 2003,
n. 4538.
[91] Cass., sez. II, 27 marzo 2003,
n. 4538. |