(Estratto da
Diritto e Processo
formazione n. 9/2011)
Tutti noi aspettavamo, con ansia, la pubblicazione del
Decreto Legge 138 del 13 agosto 2011, rubricato
<<Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione
finanziaria e per lo sviluppo>>, al fine di poterci fare
un’idea della consistenza della nuova legislazione
d’urgenza.
Decreto che se da una parte ha cercato di tenere testa
alla speculazione internazionale, fomentata anche dalle
tante notizie errate sulle condizioni di stabilità della
finanza pubblica che parte dei poteri forti hanno fatto
circolare, dall’altra vuole salvaguardare una delle
libertà fondamentali di una economia capitalista, quale
è la nostra, e precisamente la libertà di iniziativa
economica. Decreto prodotto anche dai moniti che
l’Unione Europea ha più volte sollecitato per, poi,
poter acquistare i titoli di Stato italiani.
Le riflessioni che faremo, non esaustive sicuramente,
saranno incentrate sull’articolo 3, rubricato
”Abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e
all’esercizio delle professioni e delle attività
economiche”, inserito nel Titolo II, intitolato
“Liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre misure per
favorire lo sviluppo>>, del detto Decreto Legge 138,
che prevede 12 commi.
Si poteva fare di più? Certamente non spetta a noi
dirlo! E’ il Legislatore d’Urgenza che ha portato a
liberalizzare molti settori, tenendo, un po’,
imbavagliate le categorie delle professioni protette.
Settore, quest’ultimo, che ha un potenziale sommerso e
che aspetta, ora, un ulteriore valore aggiunto che, con
il Decreto 138, è stato non ben affrontato.
Colpa forse delle categorie professionali presenti nel
Governo e nel Parlamento? Sicuramente si! Essi sono, un
esercito: 87 avvocati; 17 commercialisti; 2 notai; 10
ingegneri; 8 architetti; 8 magistrati; 45 docenti
universitari, solo alla Camera dei Deputati e 47
avvocati; 6 commercialisti; 2 notai; 10 ingegneri; 5
architetti; 10 magistrati; 31 docenti universitari, al
Senato della Repubblica .
A ciò si aggiunga l’appello del Presidente del Consiglio
Nazionale Forense che, in data 13 luglio 2011, che
affermò: <<Con l’inserimento di queste norme, che
andrebbero discusse in Parlamento in maniere ponderata,
si concretizza un abuso della decretazione d’urgenza”,
ribatte Alpa che fa un appello agli avvocati
parlamentari: “oltre che avvocati comunque in qualità di
giuristi non dovrebbero né potrebbero mai votare un
provvedimento che è incostituzionale e contrario alle
norme europee.>>
Appello rivolto ai Parlamentari Avvocati in occasione
del varo del Decreto legge 98/2011.
Appello che fa rievocare vecchi spettri del passato con
la legislazione fascista . Cambiare tutto per non
cambiare nulla scriveva Tommaso di Lampedusa, ne << Il
Gattopardo>>.
Nell’art. 3 del decreto 138/2011, il Legislatore
d’Urgenza, ha prodotto molto, ma non ha fatto
scomparire, da subito, i veri lacci che tengono
inchiodati molti giovani laureati, nuovi schiavi
dei vecchi padroni.
L’articolo 3, è il perno della quasi riforma liberale,
che si aspettava da anni. Enuncia, il detto articolo,
nei suoi primi quattro commi: lo Stato ed i suoi Enti
devono, entro un anno dalla conversione del decreto
medesimo, uniformare gli ordinamenti alla libertà di
iniziativa economica, (1 comma). Libertà, che non deve
scontrarsi con ciò che la legge dello stesso Stato vieta
in modo esplicito , e cioè: vincoli comunitari (1 comma,
lett. a); contrasto con i principi fondamentali della
Costituzione (1 comma, lett. b); sicurezza, libertà,
dignità umana e contrasto con l’utilità sociale, (1
comma, lett. c); protezione della saluta umana,
conservazione degli animali e vegetali, dell’ambiente,
del paesaggio e del patrimonio culturale, (1 comma,
lett. d); infine con disposizioni che comportano effetti
sulla finanza pubblica (1 comma, lett. e).
Il secondo comma, informa che, il 1 comma del detto
articolo, è principio fondamentale per lo sviluppo e
attua la piena tutela della concorrenza tra le imprese.
In ciò si può ricavare un implicito richiamo alla
sussidiarietà tra gli enti e alle norme comunitarie
sulla concorrenza.
Segue, nel terzo comma, la soppressione, alla scadenza
del termine di un anno disposto dal 1 comma, delle norme
incompatibili con la libertà di iniziativa economica.
Il quarto comma è l’architrave di tutto l’articolo:
l’adeguamento di Comuni, Provincie, Regioni, dei propri
ordinamenti, costituisce valutazione della virtuosità
per i predetti enti.
Il quinto comma chiarisce sulle professioni
regolamentate. Punto fermo è l’esame di Stato per
l’accesso alle professioni. Mentre gli Ordini devono
garantire la libera concorrenza; la diffusione dei
professionisti; la pluralità dell’offerta. Così facendo,
il Legislatore d’Urgenza ha cercato di rendere
direttamente operativa la relazione annuale
dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato,
presentata alla Camera dei Deputati il 21 giugno 2011.
Gli Ordini stessi, entro un anno dalla emananda legge
di conversione, devono riformarsi seguendo i criteri che
il Legislatore d’Urgenza, impone.
Dunque, una svolta epocale o una mera illusione?
A sentire le voci che circolavano , il Decreto ha subito
un battuta d’arresto prima della sua pubblicazione sulla
G.U.R.I. Battuta d’arresto che colpisce tanti giovani
laureati che, dopo aver studiato e lasciato il proprio
sudore sui libri universitari, devono continuare a fare
i servi del padrone.
Il detto articolo 3, al comma cinque, nel voler
riformare gli Ordini professionali, descrive nelle sue 7
lettere, un proclama di ampio e rinnovato respiro. La
lettera a), di detto articolo parla della libertà di
accesso e dell’autonomia e indipendenza di giudizio,
intellettuale e tecnica, del professionista, con la sola
limitazione imposta in forza di interesse pubblico ma
senza discriminazione diretta o indiretta di ordine
nazionale, (etnico - razziale). Principio di ampio
respiro sotto il profilo della dignità umana, in vista
di un unico mercato europeo. Segue, il periodo
successivo, della stessa lettera affermando che la
discriminazione sussiste anche in caso di svolgimento
della professione in società in base alla sede legale.
Aspetto che dovrebbe superare il limite spaziale della
territorialità e confluire, come detto nell’unico
mercato europeo.
La successiva lettera b) prevede l’obbligo di formazione
continua del professionista. Obbligo disciplinato, come
ora accade per taluni Ordini, dai Consigli Nazionali
dei vari ordini. La violazione comporta illecito
disciplinare.
Le successive lettere c) e d), descrivono il tirocinio e
il compenso che dovrebbero fare e ricevere i praticanti.
Ora, molti Ordini professionali, nei propri codici
deontologici, hanno già enucleato il concetto di pagare
i propri praticanti. Concetto astratto! Ma c’è sempre
l’eccezione alla regola. Regola pacificamente descritta
nelle citate lettere, del comma 5 del Decreto in parola.
Passo in avanti, con nuovi diritti prescritti.
Differenza fondamentale tra la norma contenuta nei
codici deontologici, meri principi etici che, se
infranti, comportano illecito disciplinare, e le cogenti
prescrizioni del Decreto di cui trattasi, che se
violate, conferiscono ai praticanti, uno strumento di
grande utilità sociale:l’illecito contrattuale. Il
risarcimento dei danni, potrà avvenire con la sola
prova del contratto stipulato. Dovrà essere il dominus a
dimostrare il contrario .
La lettera e) dispone della tutela dei clienti, con
idonea assicurazione del professionista, a garanzia
della prestazione, comunicandola al medesimo cliente.
Nella lettera f) si inserisce una novità: l’Ordine, sia
a livello territoriale che a livello nazionale, dovrà
istituire un organo diverso da quello amministrativo con
competenze disciplinari. Le professioni sanitarie sono
escluse da questa previsione.
Infine la lettera g), prevede la libertà di pubblicità
informativa, con ogni mezzo, delle specializzazioni, dei
titoli professionali, la struttura dello studio e i
compensi. Le informazioni devono essere trasparenti,
corrette, non equivoche e ingannevoli.
Si ritorna alla libertà chiesta dall’Autorità Garante
per la Concorrenza ed il Mercato.
Il 6 comma prevede la libertà dell’accesso alle attività
economiche, ed il 7 comma, descrive che l’accesso e
l’esercizio alle attività economiche sia libero e deve
garantire la concorrenza. I divieti a detto accesso
sono interpretate in modo restrittivo.
L’ottavo comma dispone che entro 4 mesi dall’entrata in
vigore del decreto ogni divieto è abrogato. Mentre il 9
comma, con le sue ulteriori 9 lettere aggiuntive,
descrive il termine restrittivo.
Il Legislatore d’Urgenza ha, con questi commi, apportato
uno scossone, in positivo, al sistema Paese. Scossone
che se portato a compimento potrà creare risorse
aggiuntive non di poco conto.
I commi 10 e 11, prevedono la possibilità, con decreto
ex art. 17, secondo comma, Legge 400/88, di creare
restrizioni non previste dal comma 9 dello stesso
articolo. Mentre il 12 comma dispone la sostituzione
della lettera d) dell’art. 307, comma 10, codice
militare.
Sorge una domanda: cosa succede per gli Enti o gli
Ordini professionali che non adeguano i propri
ordinamenti entro un anno dall’emananda legge di
conversione?
Il termine <<entro un anno>> non è perentorio, perché la
norma non ha alcuna sanzione, (ad eccezione del comma 4,
art. 3, che prescrive la virtuosità solo degli Enti).
Tecnica simile a quella usata per la legislazione
scolastica del Regno Sabaudo .
La norma ha previsto due percorsi distinti:
Se nessun Comune, o Provincia o Regione apporta le
modifiche di cui all’articolo 3, non saranno considerati
virtuosi, come dispone il comma 4 dello stesso articolo,
con il rischio di non vedersi assegnate risorse
aggiuntive.
Se a non ottemperare al disposto di cui al 5 comma, del
medesimo articolo, sono gli Ordini Professionali, di cui
alle disposizioni speciali, nulla potrà accadere, perché
la norma, non solo non è di tipo perentorio, ma non
prevede alcuna sanzione per gli Ordini, come per il
citato comma 4.
Dunque due distinte conclusioni, per organi dello stesso
Stato: per potersi adeguare, (commi 1 e 4 per Comuni,
Province e Regioni) o riformare (per gli Ordini
Professionali, commi 1 e 5).
I laureati, ad esempio in Giurisprudenza, non possono
affacciarsi nel mondo del lavoro, perché regolamentato
da norme fasciste che sopravvivono al sistema
Costituzionale.
Con la bozza di decreto 138/2011, i laureati, pensavano
di trovare una ulteriore innovazione: la possibilità di
sostenere un ulteriore e stressante esame di Stato per
poter essere abilitati ed aprire uno proprio studio,
mentre per chi non voleva sottoporsi a tale stress, (ad
esempio per i praticanti avvocati) poteva, superato un
esame dopo un periodo di tirocinio, avere la possibilità
di esercitare la professione, con modalità più
limitative. In passato il Legislatore ha permesso, ad
alcune categorie di soggetti (soprattutto nelle
professioni sanitarie) di potersi inserire nel mondo del
lavoro con la laurea di primo livello. Purtroppo, in
questo Decreto Legge, non si è voluto affrontare la
questione e l’esame di Stato deve essere sostenuto come
da art. 33, della Costituzione Italiana. Ecco, quindi,
la mancata, o limitata, liberalizzazione delle
professioni. E’ pregevole evidenziare che il Senatore
Lauro, ha presentato il Disegno di legge n. 2852 / 2011
per abolire ordini professionali e esami di stato .
E’ interessante sapere come si arrivò ad avere, ad
esempio, l’Ordine degli Avvocati. Il Progetto di legge
per l'esercizio della professione di Avvocato e
Procuratore, in Atti parlamentari, Senato del Regno,
Progetti di legge, Sessione 1865-66, doc. n. 27, fu
presentato al Senato del Regno, su iniziativa del
magistrato e senatore della Destra, nonché Ministro di
grazia e giustizia Giovanni De Falco, nella tornata del
23 marzo 1866. Progetto che non vide luce. Nel 1874, una
nuova formazione Parlamentare diede vita ad un dibattito
forte, in contrapposizione di idee, tra la Destra e la
Sinistra. La prima cercava di non avere l’Ordine degli
Avvocati, perché si rievocavano le corporazioni e i
privilegi dell’Ancien Régime, (che risultò minoritaria);
la seconda propendeva per tale Ordine, per la tutela dei
diritti.
Il Deputato piemontese della Destra Luigi Tegas, si
oppose nettamente all’istituzione dell’Ordine degli
Avvocati. Egli sostenne: Prendo poi questa occasione per
dire apertamente che sono poco propenso a questa
istituzione dell'ordine degli avvocati...
Quest'associazione libera, dove se n'è riconosciuta
l'utilità, è sorta spontaneamente senza il bisogno di
una sanzione legislativa. Nei luoghi dove è passata
nella consuetudine, gli avvocati se ne trovano contenti;
nei luoghi invece dove non esiste, non è desiderata per
niente; perchè io credo che per aumentare il decoro
della professione di avvocato non è necessario questo
mezzo; ciascuno provvede indipendentemente alla propria
dignità, e la riputazione si acquista coll'uso
dell'attività individuale e della virtù personale senza
che sia necessario appartenere ad associazioni, a gilde,
a corpi, come si usava nei tempi antichi.
Io per verità non veggo in questo che l'imitazione
d'un'istituzione francese e nulla più ... quantunque io
abbia molto rispetto per i luminari del foro francese,
io non credo che quest'istituzione abbia potuto influire
sulla sua gloria, anzi io credo che abbia dato luogo ad
inconvenienti, sia per la libertà dei giovani avvocati,
sia per considerazioni politiche: poichè è facile che
simili istituzioni in un grande paese deviino ed
acquistino un'influenza, che non debbono avere, massime
che ne potrebbe nascere un'antagonismo colla
magistratura giudicante, i cui effetti potrebbero essere
deplorabili. (...) Io credo, con questa disposizione,
vulnerato il principio di libertà, e non mi sembra che
un'imitazione dello straniero.
La legge non deve intervenire che quando è propriamente
necessario il suo intervento; quando l'interesse
pubblico esige che si pongano certe condizioni, certi
vincoli, certe limitazioni della libertà. Quando non vi
è questa necessità nè privata nè pubblica, io ritengo
che la limitazione della libertà sia una specie
d'arbitrio; un edifizio artifiziale che non serve nè al
progresso della scienza, nè all'utile sociale. (...) Ora
questa smania di legiferazione e di regolamentazione,
che si risolve in tanti pesi che sotto un pretesto ed
ora sotto un altro si mettono sul paese, non fa che
creare nuove difficoltà.
La risposta di Paolo Onorato Vigliani, Ministro di
Grazia e Giustizia nell'ultimo governo della Destra ,
sottolineò l'importanza dell'Ordine per la difesa della
libertà e dell'autonomia della magistratura:
Se si vuole una disciplina, non vi sono che due sistemi
i quali si possono seguire in questa riforma.
O attribuire alla magistratura l'azione disciplinaria,
perchè la eserciti sull'ordine degli avvocati, o
deferirla agli avvocati stessi per esercitarla come una
specie di giurati sopra i loro colleghi.
E qui io vi domando: l'enunciare questi due sistemi non
è egli risolvere la questione? In un Governo liberale,
in un Governo che si fonda sopra franchigie
costituzionali, non è egli manifesto che il solo sistema
che si raccomanda per la sua liberalità, è quello che
costituisce la classe stessa degli avvocati giudice e
regolatrice dei suoi doveri, della sua dignità e della
sua disciplina? La cosa mi pare così manifesta che
crederei per verità far torto a quest'Assemblea se mi
distendessi più a lungo a dimostrarla.
Quindi io debbo esortare caldamente la Camera a voler
ammettere la costituzione del collegio degli avvocati, e
credo che in questo modo essa non esporrà il paese ad
alcun pericolo, mentre invece il fare una legge sopra la
professione degli avvocati, senza ammettere la
costituzione dell'ordine, sarebbe un vero regresso, un
passo retrivo.
La novità introdotta dalla lettera g), del comma 9, del
detto articolo 3, del citato Decreto Legge, è la
liberalizzazione dalle e delle restrizioni alle attività
economiche. Come detto, mentre il comma 8 del detto
articolo 3, fa cadere ogni limitazione entro 4 mesi dopo
l’entrata in vigore del presente decreto, il successivo
comma 9, precisa: << il termine restrizione, ai sensi
del comma 8, comprende:>>, e la successiva lettera g)
descrive:<<la limitazione di una attività economica
attraverso l’indicazione tassativa della forma giuridica
richiesta all’operatore>>
E’ una rivoluzione copernicana, per le attività
economiche!
La lettera g) ha portata profondamente innovativa, nel
settore commerciale.
Noi siamo stati abituati, con la Dottrina Commerciale ,
a dividere, le attività commerciali, in due grandi
categorie: le società di persone e le società di
capitali. A loro volta esse si dividono in otto tipi di
società, (società semplice, società in nome collettivo,
società in accomandita semplice, società per azioni,
società in accomandita per azioni, e società a
responsabilità limitata, società cooperative e mutue
assicuratrici), così come disposto dalla legislazione
nazionale fino al 2001. Successivamente sono state
introdotte altri due tipi societari e cioè la società
europea (SE) nel 2001, e la società cooperativa europea
(SCE) nel 2003.
Il Decreto Legge 138, nel togliere ogni restrizione, ha
dato facoltà ai soggetti non di poter scegliere il tipo
di società che serve per operare nel settore, ma la
libertà di poter operare senza che vi sia una
indicazione tassativa della forma giuridica. Quindi, si
può creare attività economica di grande rilevanza senza
dire a quale tipo societario si appartenga, creando,
sicuramente, confusione per l’affidamento dei terzi.
E se posso creare attività economica senza obbligo di
forma giuridica, cosa scriverà il notaio rogante, nella
successiva trasmissione alla Camera di Commercio per i
relativi adempimenti? Sono forse stati abrogati in modo
implicito, anzi, entro 4 mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto, gli artt. 2199 e 2200 C.C.?
E se non ho obbligo di tipo di società, come sarà
tassato il soggetto? Quale sarà l’imposizione da
applicare?
Molte sono le novità contenute nell’art. 3 del citato
Decreto 138/2011.
Concludendo, si dovrebbe prendere in seria
considerazione la proposta del fu Deputato Tegas, perché
si possa arrivare alla vera liberalizzazione delle
professioni. C’è da dire che, ad avviso di chi scrive,
sarebbe opportuno liberalizzare le professioni, tout
court, perché il percorso universitario, è già
formativo. Percorso che dovrebbe solo aggiungere la
pratica che è già disposta nei corsi post-laurea, quale
le Scuole di Specializzazione delle Professioni Legali,
che completano la teoria (lezioni frontali tenute da
Docenti universitari, da Magistrati, Avvocati abilitati
davanti alle Magistrature Superiori, Notai) alla
pratica, (stage presso gli Uffici Giudiziari delle Corti
di Appello – P.M.- G.I.P.- G.U.P- Tribunale in
Composizione Monocratico e Collegiale -) come da decreto
interministeriale 21/12/1999 n. 537, (Regolamento
recante norme per l’istituzione e l’organizzazione per
le Scuole di Specializzazione per le Professioni
Legali).
Per quanto riguarda la descritta situazione delle
attività economiche, si rende comprensibile, in un
momento di crisi globale, la valenza del detto Decreto,
anche se, forse, fa sconvolgere le fondamenta delle
nozioni fin qui conosciute.
Quindi… Liberalizzazioni…non mere illusioni… ma nuove
frontiere!
(Estratto da Diritto e Processo
formazione n. 9/2011)
Tutti noi aspettavamo, con ansia,
la pubblicazione del Decreto Legge 138 del 13 agosto
2011, rubricato <<Ulteriori misure urgenti per la
stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo>>, al fine
di poterci fare un’idea della consistenza della nuova
legislazione d’urgenza.
Decreto che se da una parte ha
cercato di tenere testa alla speculazione
internazionale, fomentata anche dalle tante notizie
errate sulle condizioni di stabilità della finanza
pubblica che parte dei poteri forti hanno fatto
circolare, dall’altra vuole salvaguardare una delle
libertà fondamentali di una economia capitalista, quale
è la nostra, e precisamente la libertà di iniziativa
economica. Decreto prodotto anche dai moniti che
l’Unione Europea ha più volte sollecitato per, poi,
poter acquistare i titoli di Stato italiani.
Le riflessioni che faremo, non
esaustive sicuramente, saranno incentrate sull’articolo
3, rubricato ”Abrogazione delle indebite restrizioni
all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle
attività economiche”, inserito nel Titolo II, intitolato
“Liberalizzazioni, privatizzazioni ed altre misure per
favorire lo sviluppo>>, del detto Decreto Legge 138,
che prevede 12 commi.
Si poteva fare di più? Certamente
non spetta a noi dirlo! E’ il Legislatore d’Urgenza che
ha portato a liberalizzare molti settori, tenendo, un
po’, imbavagliate le categorie delle professioni
protette. Settore, quest’ultimo, che ha un potenziale
sommerso e che aspetta, ora, un ulteriore valore
aggiunto che, con il Decreto 138, è stato non ben
affrontato.
Colpa forse delle categorie
professionali presenti nel Governo e nel Parlamento?
Sicuramente si! Essi sono, un esercito: 87 avvocati; 17
commercialisti; 2 notai; 10 ingegneri; 8 architetti; 8
magistrati; 45 docenti universitari, solo alla Camera
dei Deputati e 47 avvocati; 6 commercialisti; 2 notai;
10 ingegneri; 5 architetti; 10 magistrati; 31 docenti
universitari, al Senato della Repubblica .
A ciò si aggiunga l’appello del
Presidente del Consiglio Nazionale Forense che, in data
13 luglio 2011, che affermò: <<Con l’inserimento di
queste norme, che andrebbero discusse in Parlamento in
maniere ponderata, si concretizza un abuso della
decretazione d’urgenza”, ribatte Alpa che fa un appello
agli avvocati parlamentari: “oltre che avvocati comunque
in qualità di giuristi non dovrebbero né potrebbero mai
votare un provvedimento che è incostituzionale e
contrario alle norme europee.>>
Appello rivolto ai Parlamentari
Avvocati in occasione del varo del Decreto legge
98/2011.
Appello che fa rievocare vecchi
spettri del passato con la legislazione fascista .
Cambiare tutto per non cambiare nulla scriveva Tommaso
di Lampedusa, ne << Il Gattopardo>>.
Nell’art. 3 del decreto
138/2011, il Legislatore d’Urgenza, ha prodotto
molto, ma non ha fatto scomparire, da subito, i veri
lacci che tengono inchiodati molti giovani
laureati, nuovi schiavi dei vecchi padroni.
L’articolo 3, è il perno della
quasi riforma liberale, che si aspettava da anni.
Enuncia, il detto articolo, nei suoi primi quattro
commi: lo Stato ed i suoi Enti devono, entro un anno
dalla conversione del decreto medesimo, uniformare gli
ordinamenti alla libertà di iniziativa economica, (1
comma). Libertà, che non deve scontrarsi con ciò che la
legge dello stesso Stato vieta in modo esplicito , e
cioè: vincoli comunitari (1 comma, lett. a); contrasto
con i principi fondamentali della Costituzione (1 comma,
lett. b); sicurezza, libertà, dignità umana e
contrasto con l’utilità sociale, (1 comma, lett. c);
protezione della saluta umana, conservazione degli
animali e vegetali, dell’ambiente, del paesaggio e del
patrimonio culturale, (1 comma, lett. d); infine con
disposizioni che comportano effetti sulla finanza
pubblica (1 comma, lett. e).
Il secondo comma, informa che, il 1
comma del detto articolo, è principio fondamentale per
lo sviluppo e attua la piena tutela della concorrenza
tra le imprese. In ciò si può ricavare un implicito
richiamo alla sussidiarietà tra gli enti e alle norme
comunitarie sulla concorrenza.
Segue, nel terzo comma, la
soppressione, alla scadenza del termine di un anno
disposto dal 1 comma, delle norme incompatibili con la
libertà di iniziativa economica.
Il quarto comma è l’architrave di
tutto l’articolo: l’adeguamento di Comuni, Provincie,
Regioni, dei propri ordinamenti, costituisce valutazione
della virtuosità per i predetti enti.
Il quinto comma chiarisce sulle
professioni regolamentate. Punto fermo è l’esame di
Stato per l’accesso alle professioni. Mentre gli Ordini
devono garantire la libera concorrenza; la diffusione
dei professionisti; la pluralità dell’offerta. Così
facendo, il Legislatore d’Urgenza ha cercato di rendere
direttamente operativa la relazione annuale
dell’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato,
presentata alla Camera dei Deputati il 21 giugno 2011.
Gli Ordini stessi, entro un anno dalla emananda legge
di conversione, devono riformarsi seguendo i criteri che
il Legislatore d’Urgenza, impone.
Dunque, una svolta epocale o una
mera illusione?
A sentire le voci che circolavano ,
il Decreto ha subito un battuta d’arresto prima della
sua pubblicazione sulla G.U.R.I. Battuta d’arresto che
colpisce tanti giovani laureati che, dopo aver studiato
e lasciato il proprio sudore sui libri universitari,
devono continuare a fare i servi del padrone.
Il detto articolo 3, al comma
cinque, nel voler riformare gli Ordini professionali,
descrive nelle sue 7 lettere, un proclama di ampio e
rinnovato respiro. La lettera a), di detto articolo
parla della libertà di accesso e dell’autonomia e
indipendenza di giudizio, intellettuale e tecnica, del
professionista, con la sola limitazione imposta in forza
di interesse pubblico ma senza discriminazione diretta o
indiretta di ordine nazionale, (etnico - razziale).
Principio di ampio respiro sotto il profilo della
dignità umana, in vista di un unico mercato europeo.
Segue, il periodo successivo, della stessa lettera
affermando che la discriminazione sussiste anche in caso
di svolgimento della professione in società in base alla
sede legale. Aspetto che dovrebbe superare il limite
spaziale della territorialità e confluire, come detto
nell’unico mercato europeo.
La successiva lettera b) prevede
l’obbligo di formazione continua del professionista.
Obbligo disciplinato, come ora accade per taluni Ordini,
dai Consigli Nazionali dei vari ordini. La violazione
comporta illecito disciplinare.
Le successive lettere c) e d),
descrivono il tirocinio e il compenso che dovrebbero
fare e ricevere i praticanti. Ora, molti Ordini
professionali, nei propri codici deontologici, hanno già
enucleato il concetto di pagare i propri praticanti.
Concetto astratto! Ma c’è sempre l’eccezione alla
regola. Regola pacificamente descritta nelle citate
lettere, del comma 5 del Decreto in parola. Passo in
avanti, con nuovi diritti prescritti. Differenza
fondamentale tra la norma contenuta nei codici
deontologici, meri principi etici che, se infranti,
comportano illecito disciplinare, e le cogenti
prescrizioni del Decreto di cui trattasi, che se
violate, conferiscono ai praticanti, uno strumento di
grande utilità sociale:l’illecito contrattuale. Il
risarcimento dei danni, potrà avvenire con la sola
prova del contratto stipulato. Dovrà essere il dominus a
dimostrare il contrario .
La lettera e) dispone della tutela
dei clienti, con idonea assicurazione del
professionista, a garanzia della prestazione,
comunicandola al medesimo cliente.
Nella lettera f) si inserisce una
novità: l’Ordine, sia a livello territoriale che a
livello nazionale, dovrà istituire un organo diverso da
quello amministrativo con competenze disciplinari. Le
professioni sanitarie sono escluse da questa previsione.
Infine la lettera g), prevede la
libertà di pubblicità informativa, con ogni mezzo, delle
specializzazioni, dei titoli professionali, la struttura
dello studio e i compensi. Le informazioni devono
essere trasparenti, corrette, non equivoche e
ingannevoli.
Si ritorna alla libertà chiesta
dall’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato.
Il 6 comma prevede la libertà
dell’accesso alle attività economiche, ed il 7 comma,
descrive che l’accesso e l’esercizio alle attività
economiche sia libero e deve garantire la concorrenza. I
divieti a detto accesso sono interpretate in modo
restrittivo.
L’ottavo comma dispone che entro 4
mesi dall’entrata in vigore del decreto ogni divieto è
abrogato. Mentre il 9 comma, con le sue ulteriori 9
lettere aggiuntive, descrive il termine restrittivo.
Il Legislatore d’Urgenza ha, con
questi commi, apportato uno scossone, in positivo, al
sistema Paese. Scossone che se portato a compimento
potrà creare risorse aggiuntive non di poco conto.
I commi 10 e 11, prevedono la
possibilità, con decreto ex art. 17, secondo comma,
Legge 400/88, di creare restrizioni non previste dal
comma 9 dello stesso articolo. Mentre il 12 comma
dispone la sostituzione della lettera d) dell’art. 307,
comma 10, codice militare.
Sorge una domanda: cosa succede per
gli Enti o gli Ordini professionali che non adeguano i
propri ordinamenti entro un anno dall’emananda legge di
conversione?
Il termine <<entro un anno>> non è
perentorio, perché la norma non ha alcuna sanzione, (ad
eccezione del comma 4, art. 3, che prescrive la
virtuosità solo degli Enti). Tecnica simile a quella
usata per la legislazione scolastica del Regno Sabaudo .
La norma ha previsto due percorsi
distinti:
Se nessun Comune, o Provincia o
Regione apporta le modifiche di cui all’articolo 3, non
saranno considerati virtuosi, come dispone il comma 4
dello stesso articolo, con il rischio di non vedersi
assegnate risorse aggiuntive.
Se a non ottemperare al disposto di
cui al 5 comma, del medesimo articolo, sono gli Ordini
Professionali, di cui alle disposizioni speciali, nulla
potrà accadere, perché la norma, non solo non è di tipo
perentorio, ma non prevede alcuna sanzione per gli
Ordini, come per il citato comma 4.
Dunque due distinte conclusioni,
per organi dello stesso Stato: per potersi adeguare,
(commi 1 e 4 per Comuni, Province e Regioni) o riformare
(per gli Ordini Professionali, commi 1 e 5).
I laureati, ad esempio in
Giurisprudenza, non possono affacciarsi nel mondo del
lavoro, perché regolamentato da norme fasciste che
sopravvivono al sistema Costituzionale.
Con la bozza di decreto 138/2011, i
laureati, pensavano di trovare una ulteriore
innovazione: la possibilità di sostenere un ulteriore e
stressante esame di Stato per poter essere abilitati ed
aprire uno proprio studio, mentre per chi non voleva
sottoporsi a tale stress, (ad esempio per i praticanti
avvocati) poteva, superato un esame dopo un periodo di
tirocinio, avere la possibilità di esercitare la
professione, con modalità più limitative. In passato il
Legislatore ha permesso, ad alcune categorie di soggetti
(soprattutto nelle professioni sanitarie) di potersi
inserire nel mondo del lavoro con la laurea di primo
livello. Purtroppo, in questo Decreto Legge, non si è
voluto affrontare la questione e l’esame di Stato deve
essere sostenuto come da art. 33, della Costituzione
Italiana. Ecco, quindi, la mancata, o limitata,
liberalizzazione delle professioni. E’ pregevole
evidenziare che il Senatore Lauro, ha presentato il
Disegno di legge n. 2852 / 2011 per abolire ordini
professionali e esami di stato .
E’ interessante sapere come si
arrivò ad avere, ad esempio, l’Ordine degli Avvocati.
Il Progetto di legge per l'esercizio della professione
di Avvocato e Procuratore, in Atti parlamentari, Senato
del Regno, Progetti di legge, Sessione 1865-66, doc. n.
27, fu presentato al Senato del Regno, su iniziativa
del magistrato e senatore della Destra, nonché Ministro
di grazia e giustizia Giovanni De Falco, nella tornata
del 23 marzo 1866. Progetto che non vide luce. Nel 1874,
una nuova formazione Parlamentare diede vita ad un
dibattito forte, in contrapposizione di idee, tra la
Destra e la Sinistra. La prima cercava di non avere
l’Ordine degli Avvocati, perché si rievocavano le
corporazioni e i privilegi dell’Ancien Régime, (che
risultò minoritaria); la seconda propendeva per tale
Ordine, per la tutela dei diritti.
Il Deputato piemontese della Destra
Luigi Tegas, si oppose nettamente all’istituzione
dell’Ordine degli Avvocati. Egli sostenne: Prendo poi
questa occasione per dire apertamente che sono poco
propenso a questa istituzione dell'ordine degli
avvocati...
Quest'associazione libera, dove se
n'è riconosciuta l'utilità, è sorta spontaneamente senza
il bisogno di una sanzione legislativa. Nei luoghi dove
è passata nella consuetudine, gli avvocati se ne trovano
contenti; nei luoghi invece dove non esiste, non è
desiderata per niente; perchè io credo che per aumentare
il decoro della professione di avvocato non è necessario
questo mezzo; ciascuno provvede indipendentemente alla
propria dignità, e la riputazione si acquista coll'uso
dell'attività individuale e della virtù personale senza
che sia necessario appartenere ad associazioni, a gilde,
a corpi, come si usava nei tempi antichi.
Io per verità non veggo in questo
che l'imitazione d'un'istituzione francese e nulla più
... quantunque io abbia molto rispetto per i luminari
del foro francese, io non credo che quest'istituzione
abbia potuto influire sulla sua gloria, anzi io credo
che abbia dato luogo ad inconvenienti, sia per la
libertà dei giovani avvocati, sia per considerazioni
politiche: poichè è facile che simili istituzioni in un
grande paese deviino ed acquistino un'influenza, che non
debbono avere, massime che ne potrebbe nascere
un'antagonismo colla magistratura giudicante, i cui
effetti potrebbero essere deplorabili. (...) Io credo,
con questa disposizione, vulnerato il principio di
libertà, e non mi sembra che un'imitazione dello
straniero.
La legge non deve intervenire che
quando è propriamente necessario il suo intervento;
quando l'interesse pubblico esige che si pongano certe
condizioni, certi vincoli, certe limitazioni della
libertà. Quando non vi è questa necessità nè privata nè
pubblica, io ritengo che la limitazione della libertà
sia una specie d'arbitrio; un edifizio artifiziale che
non serve nè al progresso della scienza, nè all'utile
sociale. (...) Ora questa smania di legiferazione e di
regolamentazione, che si risolve in tanti pesi che sotto
un pretesto ed ora sotto un altro si mettono sul paese,
non fa che creare nuove difficoltà.
La risposta di Paolo Onorato
Vigliani, Ministro di Grazia e Giustizia nell'ultimo
governo della Destra , sottolineò l'importanza
dell'Ordine per la difesa della libertà e dell'autonomia
della magistratura:
Se si vuole una disciplina, non vi
sono che due sistemi i quali si possono seguire in
questa riforma.
O attribuire alla magistratura
l'azione disciplinaria, perchè la eserciti sull'ordine
degli avvocati, o deferirla agli avvocati stessi per
esercitarla come una specie di giurati sopra i loro
colleghi.
E qui io vi domando: l'enunciare
questi due sistemi non è egli risolvere la questione? In
un Governo liberale, in un Governo che si fonda sopra
franchigie costituzionali, non è egli manifesto che il
solo sistema che si raccomanda per la sua liberalità, è
quello che costituisce la classe stessa degli avvocati
giudice e regolatrice dei suoi doveri, della sua dignità
e della sua disciplina? La cosa mi pare così manifesta
che crederei per verità far torto a quest'Assemblea se
mi distendessi più a lungo a dimostrarla.
Quindi io debbo esortare caldamente
la Camera a voler ammettere la costituzione del collegio
degli avvocati, e credo che in questo modo essa non
esporrà il paese ad alcun pericolo, mentre invece il
fare una legge sopra la professione degli avvocati,
senza ammettere la costituzione dell'ordine, sarebbe un
vero regresso, un passo retrivo.
La novità introdotta dalla lettera
g), del comma 9, del detto articolo 3, del citato
Decreto Legge, è la liberalizzazione dalle e delle
restrizioni alle attività economiche. Come detto, mentre
il comma 8 del detto articolo 3, fa cadere ogni
limitazione entro 4 mesi dopo l’entrata in vigore del
presente decreto, il successivo comma 9, precisa: << il
termine restrizione, ai sensi del comma 8, comprende:>>,
e la successiva lettera g) descrive:<<la limitazione di
una attività economica attraverso l’indicazione
tassativa della forma giuridica richiesta
all’operatore>>
E’ una rivoluzione copernicana, per
le attività economiche!
La lettera g) ha portata
profondamente innovativa, nel settore commerciale.
Noi siamo stati abituati, con la
Dottrina Commerciale , a dividere, le attività
commerciali, in due grandi categorie: le società di
persone e le società di capitali. A loro volta esse si
dividono in otto tipi di società, (società semplice,
società in nome collettivo, società in accomandita
semplice, società per azioni, società in accomandita per
azioni, e società a responsabilità limitata, società
cooperative e mutue assicuratrici), così come disposto
dalla legislazione nazionale fino al 2001.
Successivamente sono state introdotte altri due tipi
societari e cioè la società europea (SE) nel 2001, e la
società cooperativa europea (SCE) nel 2003.
Il Decreto Legge 138, nel togliere
ogni restrizione, ha dato facoltà ai soggetti non di
poter scegliere il tipo di società che serve per operare
nel settore, ma la libertà di poter operare senza che vi
sia una indicazione tassativa della forma giuridica.
Quindi, si può creare attività economica di grande
rilevanza senza dire a quale tipo societario si
appartenga, creando, sicuramente, confusione per
l’affidamento dei terzi.
E se posso creare attività
economica senza obbligo di forma giuridica, cosa
scriverà il notaio rogante, nella successiva
trasmissione alla Camera di Commercio per i relativi
adempimenti? Sono forse stati abrogati in modo
implicito, anzi, entro 4 mesi dalla data di entrata in
vigore del decreto, gli artt. 2199 e 2200 C.C.?
E se non ho obbligo di tipo di
società, come sarà tassato il soggetto? Quale sarà
l’imposizione da applicare?
Molte sono le novità contenute
nell’art. 3 del citato Decreto 138/2011.
Concludendo, si dovrebbe prendere
in seria considerazione la proposta del fu Deputato
Tegas, perché si possa arrivare alla vera
liberalizzazione delle professioni. C’è da dire che, ad
avviso di chi scrive, sarebbe opportuno liberalizzare le
professioni, tout court, perché il percorso
universitario, è già formativo. Percorso che dovrebbe
solo aggiungere la pratica che è già disposta nei corsi
post-laurea, quale le Scuole di Specializzazione delle
Professioni Legali, che completano la teoria (lezioni
frontali tenute da Docenti universitari, da Magistrati,
Avvocati abilitati davanti alle Magistrature Superiori,
Notai) alla pratica, (stage presso gli Uffici
Giudiziari delle Corti di Appello – P.M.- G.I.P.- G.U.P-
Tribunale in Composizione Monocratico e Collegiale -)
come da decreto interministeriale 21/12/1999 n. 537,
(Regolamento recante norme per l’istituzione e
l’organizzazione per le Scuole di Specializzazione per
le Professioni Legali).
Per quanto riguarda la descritta
situazione delle attività economiche, si rende
comprensibile, in un momento di crisi globale, la
valenza del detto Decreto, anche se, forse, fa
sconvolgere le fondamenta delle nozioni fin qui
conosciute.
Quindi… Liberalizzazioni…non mere
illusioni… ma nuove frontiere!
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