Prescrizione
È un istituto giuridico che
trova applicazione sia in diritto civile che in diritto
penale.
In diritto civile la
prescrizione (art. 2934 e segg. del codice civile) ha lo
scopo di evitare incertezze sulla titolarità di un
diritto e consiste nella perdita del diritto da parte
del titolare se questi non lo esercita per il periodo di
tempo stabilito dalla legge. Alcuni diritti (per esempio
quelli della personalità) sono imprescrittibili, mentre
altri (per es. il diritto di proprietà) lo sono a
condizione che all’inerzia del titolare faccia riscontro
l’iniziativa di altro soggetto, in favore del quale
scatta allora l’usucapione. Un esempio. Se sono
proprietario di un terreno che non coltivo da più di 20
anni, non per questo ne perdo la proprietà; se però vi
si insedia, senza autorizzazione, una persona che lo
occupa per più di 20 anni senza che io mi attivi per
riprenderne la proprietà, essa può, dimostrando la
circostanza, ottenere una sentenza che gli trasferisca
la proprietà dell’immobile: la legge, infatti, fra il
legittimo proprietario che non si cura del bene, e
l’estraneo che se ne occupa, preferisce quest’ultimo;
del resto, nell’esempio, avevo ben 20 anni per far
valere il mio buon diritto, e se non l’ho fatto la legge
presume che non ne avessi interesse.
Affinché operi la prescrizione
occorre, come già detto, l’inerzia del titolare del
diritto, protratta per il periodo di tempo previsto
dalla legge; periodo che inizia a decorrere dal giorno
in cui il diritto può essere fatto valere e che varia a
seconda del tipo di diritto. Il termine ordinario di
prescrizione è di dieci anni ed è a questo che ci si
deve rifare se la legge non stabilisce un termine
diverso. Vi sono infatti dei casi in cui la prescrizione
matura prima: per es. cinque anni per i canoni di
locazione, due anni per il risarcimento dei danni
prodotti dalla circolazione dei veicoli, un anno per il
diritto del mediatore al pagamento della provvigione (si
parla a riguardo di prescrizioni brevi). Di contro, per
alcuni diritti (per es. servitù, usufrutto) la
prescrizione matura con il decorso di venti anni.
Le parti non possono modificare
la disciplina legale della prescrizione, il giudice non
può rilevarla d’ufficio (dev’essere quindi eccepita
dalla parte che vi ha interesse) e si può rinunciare ad
essa solo quando sia spirato il relativo termine, non
prima.
Tipici della prescrizione sono
gli istituti dell’interruzione e della sospensione. Con
l’interruzione della prescrizione siamo in presenza di
un atto che toglie efficacia al periodo di tempo
trascorso fino a quel momento; naturalmente il termine
di prescrizione non dev’essere decorso. Producono
interruzione della prescrizione, per esempio, la
notifica al debitore di un atto di citazione, e il
riconoscimento del diritto da parte del debitore. Dal
momento dell’interruzione è come se venisse annullato il
tempo trascorso fino a quel momento, per cui inizia a
decorrere un nuovo periodo di prescrizione (se però il
titolare del diritto cita il debitore in giudizio, la
prescrizione rimane sospesa, col nuovo temine che
inizierà a decorrere dal momento in cui la sentenza
passerà in giudicato).
Con la sospensione della
prescrizione siamo in presenza di una circostanza
reputata dalla legge tale da giustificare l’inerzia del
titolare del diritto: così, se Tizio è amministratore di
una società, finché è in carica non decorre il termine
di prescrizione relativo all’eventuale azione di
responsabilità che la società potrebbe intraprendere nei
suoi confronti. Può poi accadere che il titolare del
diritto abbia lasciato trascorrere un periodo di tempo
inferiore a quello di prescrizione, e che a questo punto
sia intervenuta una causa di sospensione (per es.
partenza del debitore per la guerra); nel qual caso, una
volta venuta meno la ragione che giustifica la
sospensione del periodo di prescrizione, questo
comincerà a decorrere nuovamente, saldandosi con quello
precedentemente trascorso: ciò che fa della sospensione
una vera e propria parentesi inserita nel periodo di
prescrizione.
Vi sono infine delle
prescrizioni presuntive, la cui caratteristica è che il
decorso del tempo previsto alla legge non estingue il
diritto ma fa presumere che il debitore abbia adempiuto
alla sua obbligazione; sarà allora il creditore, che se
vorrà ottenere il pagamento nonostante sia decorso il
termine di prescrizione, dovrà dimostrare l’esistenza
del diritto, ossia che il debitore non ha ancora
adempiuto, a meno che questi non riconosca, davanti al
giudice, che il debito esiste. I termini delle
prescrizioni presuntive sono diversi: si prescrivono in
sei mesi, per esempio, i crediti degli albergatori verso
i clienti, in un anno i crediti degli insegnanti per le
lezioni private, in tre anni il diritto dei
professionisti all’onorario.
In diritto penale la
prescrizione è sia causa di estinzione del reato che
causa di estinzione della pena (si vedano queste voci).
Si ha prescrizione della pena
(artt. 172 e 173 del codice penale) quando l’esecuzione
della pena non ha inizio entro un certo termine dalla
pronuncia della sentenza di condanna, termine variabile
a seconda del tipo di pena. In particolare, la
reclusione si estingue con il decorso di un periodo di
tempo pari al doppio della pena inflitta (in ogni caso
non superiore a 30 e non inferiore a 10 anni), la multa
si estingue in 10 anni, arresto e ammenda in 5 anni.
Particolari disposizioni regolano, per esempio, i reati
puniti sia con pena detentiva che con pena pecuniaria,
il concorso di reati e i casi di reati commessi da
persone recidive o da delinquenti abituali,
professionali o per tendenza. La prescrizione della pena
impedisce che questa possa essere eseguita.
Quanto alla prescrizione del
reato (art. 157 e segg. c.p.), essa estingue il reato
(ossia lo fa venir meno per il diritto) decorso il
periodo di tempo stabilito dalla legge senza che sia
intervenuta sentenza di condanna o taluno degli altri
provvedimenti indicati dalla stessa legge: per es.
decreto di condanna, ordinanza di rinvio a giudizio. In
particolare, la prescrizione estingue il reato decorso
il tempo corrispondente al massimo della pena edittale
(ossia stabilita dalla legge) e comunque un tempo non
inferiore a 6 anni se si tratta di delitto (inteso il
termine non come sininimo di omicidio ma come reato
punito con la reclusione e/o con la multa) e a 4 anni se
si tratta di contravvenzione (ossia di reato punito con
l’arresto e/o con l’ammenda), ancorché puniti con la
sola pena pecuniaria. Questi termini sono raddoppiati
per alcuni reati: per es. omicidio colposo commesso con
violazione delle nome sulla circolazione stradale o di
quelle per la prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Particolari disposizioni regolano la fissazione del
termine di prescrizione dei reati puniti,
alternativamente o congiuntamente, con pena detentiva e
con pena pecuniaria, e di quelli commessi in presenza
di talune circostanze aggravanti. La prescrizione del
reato, alla quale l’imputato può comunque rinunciare,
non estingue i reati per i quali la legge prevede la
pena dell’ergastolo.
La prescrizione non va confusa con
la decadenza (v.).
DECADENZA
La decadenza (art. 2964 c.c.) è
l’istituto giuridico per il quale un soggetto perde il
diritto di cui è titolare se non lo esercita nel termine
indicato dalla legge: è il caso della denuncia dei vizi
dell’opera nel contratto di appalto, che va fatta
improrogabilmente entro 60 giorni dalla scoperta. La
decadenza non va confusa con la prescrizione (v.):
mentre, infatti, nella decadenza il termine è
perentorio, nel senso che l’inerzia del titolare
protratta per il previsto periodo produce la perdita del
diritto, il termine di prescrizione, ricorrendone le
condizioni, è suscettibile di sospensione. Inoltre la
prescrizione è un istituto generale, poiché riguarda
tutti i diritti ad eccezione di quelli indicati dalla
legge, mentre la decadenza è eccezionale, riguardando i
soli diritti indicati dalla stessa legge.
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