1. Premessa
Con la riforma della L. 241/90,
attuata dalla L.15/2005, viene introdotto espressamente
nell’ordinamento amministrativo l’istituto della nullità
dell’atto amministrativo.
In particolare, la L. n. 15/2005
recante “Modifiche ed integrazioni alla legge 7 agosto
1990, n. 241, concernenti norme generali sull'azione
amministrativa” ha aggiunto due previsioni normative,
rispettivamente gli artt. 21 septies e 21 opties,
contenenti una integrazione relativa ad alcuni dei
requisiti formali degli atti posti in essere
dall’Amministrazione Finanziaria.
Gli artt. 21 septies e 21 opties
(L. 241/90), rubricati rispettivamente “nullità del
provvedimento” e “annullabilità del provvedimento”,
dispongono che: “1. È nullo il provvedimento
amministrativo che manca degli elementi essenziali, che
è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è
stato adottato in violazione o elusione del giudicato,
nonché negli altri casi espressamente previsti dalla
legge…omissis” (art. 21 septies);
“1. È annullabile il provvedimento
amministrativo adottato in violazione di legge o viziato
da eccesso di potere o da incompetenza… omissis (art 21
opties).
Atteso che la correttezza del
procedimento di formazione della pretesa tributaria è
assicurata mediante il rispetto di una sequenza
procedimentale di determinati atti, allo scopo di
rendere possibile un efficace diritto alla difesa del
destinatario, l’Amministrazione Finanziaria dovrà
prestare molta più attenzione, nel predisporre gli atti
(avvisi di accertamento, rettifiche, ecc..), non solo
relativamente agli aspetti sostanziali riguardanti il
“quantum”, ma anche e soprattutto, relativamente agli
aspetti procedurali, il cui inadempimento totale o
parziale potrebbe causare la nullità ad integrum.
Il primo comma dell’art. 42 del
D.P.R. 600/73, nel disciplinare gli aspetti formali e
sostanziali del provvedimento amministrativo, prevede
che: “Gli accertamenti in rettifica e gli
accertamenti d'ufficio sono portati a conoscenza dei
contribuenti mediante la notificazione di avvisi
sottoscritti dal capo dell'ufficio o da altro impiegato
della carriera direttiva da lui delegato…omissis.
L'accertamento e' nullo se l'avviso non reca la
sottoscrizione, le indicazioni e la motivazione di cui
al presente articolo.”
2. Il concetto di delega: di
firma o di funzioni.
Negli ultimi anni, accade, sempre
più spesso, di imbattersi in avvisi di accertamento
sottoscritti da persone diverse dal capo dell’Ufficio.
E così, in sede processuale, il
ricorrente invoca la nullità dell’atto perché carente
della firma del capo dell’ufficio; successivamente,
l’Amministrazione finanziaria provvede a depositare la
delega che autorizza la firma ad un’altra persona
dell’ufficio. Ci si interroga, quindi, sulla validità di
codesti atti, ed in particolare sugli eventuali diversi
requisiti che debba avere un atto sottoscritto da una
persona diversa dal capo dell’Ufficio.
Diventa così massima l’esigenza del
contribuente di verificare l’esistenza di una delega e
soprattutto di verificare che il delegato sia in
possesso dei requisiti professionali che gli permettano
di agire per conto del direttore dell’ufficio, in virtù
di qualità professionali certe e desumibili; ciò
soprattutto perché l’ avviso di accertamento, in quanto
atto idoneo ad incidere autoritativamente sulla sfera
giuridico – patrimoniale del contribuente, è un atto
amministrativo che deve riunire tutti gli elementi
previsti dalla legge, tra i quali, quindi, anche la
sottoscrizione dell’atto stesso, ovvero il segno
documentato e certo che renda esplicita, con chiara
procedura di delega, la piena adesione, quale soggetto
investito di pubblico potere, anche del differito
mantenimento, della rappresentanza dell’Agenzia delle
Entrate.
L’art. 42 del DPR 600/73 fa
riferimento ad “altro impiegato della carriera direttiva
delegato”. In questa sede, sarebbe opportuno, dunque,
cercare di individuare la funzione della delega ed in
particolare la qualificazione della stessa; se intesa
come delega di firma o come delega di funzioni.
La delega per natura viene definita
come “l’atto dispositivo di un soggetto o dell’organo di
un soggetto mediante il quale quest’ultimo, fondandosi
sulla propria competenza a provvedere in ordine a un
determinato oggetto, attribuisce ad altro soggetto o
organo i poteri e le facoltà che reputa necessari
affinché quest’ultimo possa provvedere in modo
altrettanto legittimo in ordine all’oggetto stesso entro
i limiti e secondo i criteri stabiliti nell’atto di
delegazione” (Delega ; diritto amministrativo) – G.
Miele ; Enciclopedia del diritto.
La definizione di delega di firma e
la sua distinzione con il fenomeno della delega di
funzione si ritrova di frequente sia in dottrina che in
giurisprudenza, senza mostrare incertezze alcune sul
significato e sull’accezione delle stesse.
Alcune correnti giurisprudenziali
hanno affermato che “non può escludersi la piena
validità dell’atto, completo in ogni sua parte, compresa
la sottoscrizione che ne esprime all’esterno la volontà,
mentre resta preclusa ogni indagine sull’organizzazione
interna dell’ufficio in ordine alle deleghe” (CTP di
Como, sentenza n. 134 del 24/2/2005). Sembrerebbe quindi
affermarsi un principio di insindacabilità della delega
del capo ufficio innanzi all’autorità giurisdizionale,
riconducibile al fatto che la delega non risulterebbe
suscettibile di verifiche di legittimità in virtù della
sua qualità di atto interno agli uffici. (delega di
firma).
Vi è chi invece sostiene che, con
la delega, un ufficio è legittimato a provvedere in
ordine a specifici interessi attribuiti alla sua cura,
incarica un altro a compiere una determinata attività
preordinata al medesimo fine: così, il delegato
acquisisce poteri e facoltà che, in base all’ordinamento
generale, spetterebbero in via esclusiva al delegante.
(delega di funzioni).
Così, mentre la delega di firma,
attraverso la firma in calce ad un provvedimento,
comporta semplicemente l’autorizzazione concessa da una
persona fisica ad un’altra, facendo permanere
l’attribuzione del provvedimento in capo al delegante,
la delega di funzioni, attraverso uno spostamento delle
competenze relative ad una questione specifica, oltre
alla sottoscrizione del provvedimento, trasla la
competenza in toto al delegato che prende pienamente il
posto del delegante in maniera formale e sostanziale.
La delega, dunque, in quanto atto “endoprocedimentale”,
deve rispettare i requisiti, le motivazioni e le ragioni
giuridiche che hanno determinato la volontà
dell’Amministrazione finanziaria.
Da un punto di vista
contenutistico, sarà, dunque, opportuno verificare anche
il contenuto della delega, in quanto dovrà essere
precisato oltre all’organo e alla persona che prende in
carico determinate vicende normative, anche l’oggetto, i
limiti temporali della delega e nello specifico gli atti
che il delegato dovrà e potrà compiere in sostituzione
del delegante; questo perché negli anni, oltre alla
circostanza dell’omessa allegazione della delega durante
i processi, spesso ci si è trovati dinanzi a delle
deleghe recanti date antiche e non corrispondenti con i
procedimenti in corso. (delega specifica e non
generale).
Di talché la violazione dei
principi sanciti dalla L. 241/90 – in particolare
dell’art. 5 -, oltre che dei principi dello Statuto del
Contribuente – artt. 5, 7, 10 – e della Costituzione
Italiana – art. 97.
3. Il caso: la regolarità
della sottoscrizione degli avvisi di accertamento.
Lo Statuto del Contribuente
all’art. 10 sottolinea che: “ i rapporti tra
contribuente e amministrazione finanziaria, sono
improntati al principio della collaborazione e buona
fede”.
La norma si fa interprete della
previsione Costituzionale che all’art. 97 recita: “ I
pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di
legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e
l'imparzialità dell'amministrazione.”
Assistiamo, invece, oggi ad “atti
di fiducia” dei contribuenti relativamente alle
fantomatiche deleghe e alle persone delegate e ad
affannose e spesso giurisdizionali ricerche della
conformità dell’art. 42 del DPR 600/73.
Secondo alcune sentenze della Corte
di Cassazione "... l'avviso di accertamento è nullo, ai
sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n.600, art. 42, se
non reca la sottoscrizione del Capo dell'ufficio o di
altro impiegato della carriera direttiva da lui
delegato. Se la sottoscrizione non è quella del Capo
dell'ufficio titolare ma di un funzionario, quale
direttore tributario, di nona qualifica funzionale,
incombe all'Amministrazione dimostrare, in caso di
contestazione, l'esercizio del potere sostitutivo da
parte del sottoscrittore o la presenza della delega del
titolare dell'Ufficio. Fermi, infatti, i casi di
sostituzione e reggenza di cui al D.P.R. 8 maggio 1987,
n.266, art. 20, comma 1, lett. a) e b), è espressamente
richiesta la delega a sottoscrivere: il solo possesso
della qualifica non abilita il direttore tributario alla
sottoscrizione, dovendo il potere di organizzazione
essere in concreto riferibile al Capo dell'ufficio
(Cass. sez. 5, n. 14626 del 10.11.2000)".
In modo più specifico, la
giurisprudenza di merito ha ritenuto che la
sottoscrizione dell’avviso di accertamento costituisce
preciso obbligo di legge, da assolversi da parte del
titolare dell’ufficio. Conseguentemente, laddove il
soggetto preposto intenda delegare ed abilitare altri
soggetti, con qualifica dirigenziale, alla
sottoscrizione degli atti aventi rilevanza esterna,
incombe sull’Amministrazione finanziaria provare la
sussistenza di tale attribuzione di facoltà.
Ne consegue che in assenza di
idonea prova in ordine all’esercizio del potere
sostitutivo o all’intervenuto conferimento di specifica
delega del Direttore, il sottoscrittore non è abilitato
alla sottoscrizione, rivestendo una qualifica che lo
legittima esclusivamente ad espletare la sostituzione e
la reggenza, nonché ad essere destinatario dei
provvedimenti di delega nell’esercizio di funzioni
istituzionalmente devolute al capo dell’ufficio.
La carenza di sottoscrizione
dell’atto, dunque, ne determina la giuridica inesistenza
ed essa è del tutto insuscettibile di sanatoria in
applicazione del principio del raggiungimento dello
scopo (ex art. 42 DPR 600/73).
In conclusione, appare evidente che
l’irregolarità della sottoscrizione degli avvisi di
accertamento, comporta inevitabilmente la nullità degli
atti stessi, in virtù anche dell’inosservanza dei
principi sanciti in materia processuale – tributaria
oltre che delle disposizione a garanzia del
contribuente, quale contraente più debole nei processi
tributari.
Al fine di consentire il corretto
svolgimento dei processi tributari e di consentire
l’applicazione dei principi relativi all’attuazione del
Giusto Procedimento, come sancito dall’art. 111 della
Costituzione, sarebbe auspicabile, anche attraverso una
regolazione normativa, che gli atti adottati in
violazione delle disposizioni contenute nello Statuto
del Contribuente, siano nulli senza possibilità di
rimessione alcuna.
4. Violazione e falsa
applicazione dei principi in materia di incarichi
dirigenziali e di reggenza dirigenziale (TAR - Lazio,
6884/2011).
La sentenza n. 6884 emessa dal TAR
Lazio il 25 maggio 2011, annulla la delibera del
comitato di gestione n. 55 del 02.12.2009, con cui è
stato istituito l’art. 24 del regolamento di
amministrazione dell’Agenzia delle Entrate.
Sono così nulle i 3/4 delle nomine
dirigenziali dell’Agenzia delle Entrate pari a 376 posti
dirigenziali regolari rispetto ai 1.143 dislocati sul
territorio nazionale!!!
Il giudice amministrativo ha
stabilito che la figura del dirigente è soltanto quella
riconosciuta dalla fonte normativa e che l’istituto
della reggenza non può che avere carattere di
eccezionalità ed impone alla Pubblica Amministrazione di
rimuoverne le cause nei modi e nei termini fissati dalla
legge.
Il TAR ha dichiarato illegittimo
l’art. 24 del regolamento di amministrazione
dell’Agenzia, che, costituito su misura per consentire
le nomine annullate, permetteva di coprire i posti
vacanti dell’organico dirigenziale con incarichi ai
funzionari.
In sostanza, viene contestata la
possibilità dell’Agenzia di conferire incarichi
dirigenziali a funzionari non in possesso della
qualifica relativa, al di fuori delle ipotesi
tassativamente previste dalla legge, senza indicazione
del termine di durata e senza che l’ente abbia
provveduto a bandire le procedure concorsuali per
l’accesso alla qualifica dirigenziale.
L’art. 24 del regolamento di
amministrazione, nel testo risultante dalla delibera del
Comitato di gestione n. 55 del 02.12.2009 – oggetto di
impugnazione - , stabilisce che : “ per inderogabili
esigenze di funzionamento dell’Agenzia, le eventuali
vacanze sopravvenute possono essere provvisoriamente
coperte, previo interpello e salva l’urgenza, con le
stesse modalità di cui al comma 1 (cioè mediante la
stipula di contratti di lavoro a termine con propri
funzionari, con l’attribuzione dello stesso trattamento
economico dei dirigenti), fino all’attuazione delle
procedure di accesso alla dirigenza e comunque fino al
31 dicembre 2010”.
Evidente, dunque, la censura di
diritto relativamente all’art. 52 della Riforma Brunetta
(rubricato “disciplina delle mansioni”) che prevede: “1.
Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle
mansioni per le quali e' stato assunto o alle mansioni
considerate equivalenti nell'ambito della
classificazione professionale prevista dai contratti
collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla
qualifica superiore che abbia successivamente acquisito
per effetto dello sviluppo professionale o di procedure
concorsuali o selettive. L'esercizio di fatto di
mansioni non corrispondenti alla qualifica di
appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento
del lavoratore o dell'assegnazione di incarichi di
direzione;
2. Per obiettive esigenze di
servizio, il prestatore di lavoro puo' essere adibito a
mansioni proprie della qualifica immediatamente
superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in
organico, per non piu' di sei mesi, prorogabili fino a
dodici, qualora siano state avviate le procedure per la
copertura dei posti vacanti come previsto al co. 4; b)
nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con
diritto alla conservazione del posto, con esclusione
dell'assenza per ferie, per la durata dell'assenza…
4. Nei casi di cui al comma 2, per
il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha
diritto al trattamento previsto per la qualifica
superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia
disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico,
immediatamente, e comunque nel termine massimo di
novanta giorni dalla data in cui il dipendente e'
assegnato alle predette mansioni, devono essere avviate
le procedure per la copertura dei posti vacanti.”
Secondo i dati forniti dall’Agenzia
delle Entrate, una parte rilevante dei posti vacanti è
stata coperta secondo le indicazioni regolamentari di
cui alla delibera impugnata, da cui si evince
palesemente l’intento elusivo della stessa, sia in
termini di competenze professionali ad personam, sia in
termini di profili organizzativi dell’organico
amministrativo.
Il conferimento dell’incarico
dirigenziale in favore di un funzionario non dirigente,
in virtù dell’assegnazione di mansioni superiori ed al
di fuori di quelle previste dalla legge, deve
considerarsi nullo ai sensi e per gli effetti dell’art.
52 del D. Lgs. 165/2001 che al comma 5 prevede “ Al di
fuori delle ipotesi di cui al comma 2, e' nulla
l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una
qualifica superiore….”.
Gli aspetti di transitorietà e di
occasionalità stabiliti nelle disposizioni della riforma
Brunetta non solo non sono mai stati recepiti, ma non
possono essere riconducibili all’ambito di temporanea
reggenza, in quanto i conferimenti di incarichi vengono
poi, all’atto pratico, rinnovati di anno in anno e senza
limiti di tempo.
Emerge così una deroga a tutte le
disposizioni relative al buon funzionamento dei
procedimenti amministrativi, sia da un punto di vista
organizzativo – interno, oltre che, e non da meno, da un
punto di vista esterno, in virtù delle gravi
ripercussioni che queste violazioni riflettono
sull’andamento dei processi tributari scaturenti
dall’invio di atti amministrativi emanati dagli uffici
dell’Agenzia delle Entrate, nelle persone dei
“dirigenti” – che dirigenti non sono e probabilmente
non lo saranno mai!
In buona sostanza, ogni volta che
un contribuente riceve un avviso di accertamento – e
questa circostanza varrebbe anche e soprattutto per gli
anni precedenti – ci si dovrebbe premurare di andare a
ricercare il nominativo del dirigente che ha
sottoscritto l’avviso e verificare la validità e la
legittimità della sua sottoscrizione, in virtù di poteri
effettivamente conferitigli.
Nonostante la turbolenza degli
ultimi tempi, il direttore Befera, si stringe ai suoi,
attestando immutata stima nei loro confronti, anche
relativamente al lavoro svolto dagli stessi.
Il direttore sottolinea che i
progressi degli ultimi anni sono dovuti anche alla
dirigenza degli uffici dell’Agenzia e all’organizzazione
degli stessi, che oggi viene aspramente contestata e
ripudiata. Nel rivendicare, tuttavia, l’autonomia delle
agenzie fiscali, dell’organizzazione interna delle
stesse, il direttore rende noto che a breve il giudizio
proseguirà in appello, nel mentre “lunga vita ai
dirigenti”!
Lecce, 15 ottobre 2011
Avv. Maurizio Villani
Avv. Francesca Giorgia Romana
Sannicandro
AVV. MAURIZIO VILLANI
Avvocato Tributarista in Lecce
Patrocinante in Cassazione
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Maurizio Villani |