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L'art 379 bis c.p. ha ad oggetto la
medesima condotta di rivelazione indebita cui si
riferisce l'art 326 c.p., da cui si differenzia solo per
un'estensione dell'ambito dei possibili soggetti attivi,
ricomprendendovi anche soggetti sforniti di qualifiche
pubblicistiche, ma per quanto riguarda l'oggetto della
tuteal, cioè il segreto processuale, le due norme
incriminatrici sono sostanzialmente coincidenti, facendo
entrambe riferimento alla nozione disegreto desumibile
dall'art 329 c.p.p: inotlre, entrambe prevedono che la
rivelazione indebita deve riguardare "notizie segrete"
attinenti al procediemento penale.
Cass pen 20 maggio 2011 n. 20105
a fattispecie delineata nella prima
parte dell'art 379 bis c.p. delimita l'oggetto della
condotta a quelle notizie "apprese per avere in
occasione della partecipazione o dell'assistenza
dell'atto posto in essere nel procedimento tesso.
Pertanto, il divieto di rivelazione ha ad oggetto l'atto
del procedimento in quanto tale, nonchè la sua
documentazione, ma non i fatto storico oggetto dell'atto
e dell'indagine di cui il soggetto abbia avuto
conoscenza in precedenza, cioè a prescindere dall'atto
di indagine. La seconda parte dell'art 379 bis c.p.
riferita all'inosservanza del divieto imposto dal
pubblico ministero ai sensi dell'art 391 quinquies
c.p.p.; in questo caso la rivelazione che integra il
reato non riguarda " gli atti di indagine e il loro
contenuto", ma attraverso il richiamo della disposizione
processuale viene a comprendere i fatti e le circostanze
oggetto dell'indagine. IN altri termini, qui la sanzione
penale colpisce qualunque comunicazione di notizia che
attenga all'oggetto dell'indagine e, quindi, ai fatti
inerenti all'inadgine, ma tale allargamento della tutela
del segreto è determinato dal provvedimento di
segretazione del pubblico ministero.
L'art 379 bis è norma funzionale ad
un rafforzamento della tutela penale del segreto
processuale e ha ad oggetto la stessa condotta dell'art
316 c.p., da cui si differenzia solo in ragione della
più estesa latitudine del novero dei potenziali soggetti
attivi.
La norma in questione, pur essendo
un reato proprio si rivolge a tutti i soggetti che
siano, a diverso titolo coinvolti nel procedimento
penale, anche senza svolgere alcun ruolo, ma
assistendovi in maniera passiva, come, per l'appunto, il
terzo che, in occasione dell'attività di indagine
subisca una pequisizione o un sequestro.
L'art 379 bis descrive due distinte
autonome fattispecie.
La fattispecie delineata nella
prima parte dell'articolo delimita l'oggetto della
condotta, a quelle notizie "apprese per aver partecipato
o assistito ad un atto del procedimento", cioè, a quelle
notizie che siano state apprese in occasione della
parteciazione o assistenza all'atto posto in essere
nell'ambito contestauale del procedimento
IL divieto ha, quindi, ad oggetto
l'atto del procedimento in quanto tale, la sua
documentazione, ma non il fatto storico oggetto
dell'atto di indagine.
La seconda parte dell'art 319 bis
tipizza la condotta del divieto posto dal pubblico
ministero ex 391 quinquies c.p.p.
Pertanto, come nel caso esaminato
dalla Corte, avvenuta in un momento successivo al
dissequestro del materiale, quando, i notebook erano
orami tornati nella piena disponibilità dell'imputato,
non imponendo nel caso di specie, il provvedimento del
pm alcuna restrizione, ne consegue l'impossibilità di
ascrivere all'imputato, una volta rientrato in possesso
del materiale sequestrato, la tenuta di uan condotta
violativa di un preteso perdurante obbligo di segretezza
a fronte della mancanza dell'avvertimento formale, in
ordine all'obbligo di mantenere il segreto sul contenuto
del notebook.
Inoltre, precisa la Corte, il
contenuto dei file non è concettualmente riconducibile
alla nozione di "notizia segreta" ai sensi del 319
c.p.p, nè la consegna dei file può essere equiparata ad
una rivelazione di notizie concernenti un procedimento
penale, posto che il contenuto, nel caso di specie, era
già conosciuto prima del sequestro. |