Sabetta Sergio
In un editoriale del settembre –
ottobre 2010 intitolato “Tra scienza e realtà. Una terza
via per unire rilevanza e rigore”, in Economia &
Management – SDA Bocconi, Etas 5/2010, Gianmario Verona
evidenzia le problematiche nate nelle business school, a
partire dagli Stati Uniti, sul rapporto tra ricerca e
pratica , ossia tra il rigore scientifico e le necessità
quotidiane delle realtà aziendali e imprenditoriali, con
la conseguente accusa di astrazione.
Si parla della consapevole
esistenza di una coperta corta strattonata tra problemi
applicativi e ricerca scientifica, riducendo il tutto
alla soluzione dei singoli casi senza ottenere regole
generalizzate, misurabili e quindi comprovate mediante
verifiche e riflessioni.
Una delle soluzioni avanzate, che
spazializza i confini tra discipline, è stata proposta
da due studiosi americani, Mike Tushman e Charles O’
Reilley delle università di Harvard e Stanford, i quali
hanno proposto in un dibattito sul ruolo delle business
school di adottare la matrice di Stoke sull’innovazione
tecnologica, superando per tale via il concetto di
continuum su cui si era originariamente posto il
dibattito tra ricerca e sua applicabilità immediata,
ossia tra rigore ( comprensione profonda) e rilevanza (
applicabilità della conoscenza) nella ricerca di un
rapporto armonioso.
In altri termini si possono creare
casi in cui ad un elevato rigore scientifico corrisponde
una limitata rilevanza pratica, come nella ricerca di
base, o all’opposto ad una elevata rilevanza vi è un
limitato rigore scientifico con riferimenti all’esame di
singoli casi, nelle consulenze, solo in alcune ipotesi
l’elevata rilevanza corrisponde ad un elevato rigore,
ricerca applicata, ipotesi a cui secondo gli autori si
dovrebbe tendere naturalmente in contesti operativi.
In realtà naturalmente il pendolo
oscilla tra i due estremi, come del resto riconosce lo
stesso Verona, e il trade-on tra rilevanza e rigore non
può che avvenire partendo dalle intuizioni derivanti
dall’attenta analisi di singoli casi qualitativi che
solo successivamente avranno il rigore scientifico delle
dimostrazioni su larga scala, l’intuizione e
l’immaginario sono il caso che permettono il progresso
scientifico attraverso quello che Feyerabend chiama
“anarchismo”, elemento necessario per uno scambio
fecondo tra concezioni scientifiche e “non scientifiche”
del mondo, in quanto l’empirismo logico non può
assorbire l’intera scienza sostituendo integralmente
l’intuizione e l’ “immaginazione” nella formulazione
delle “congetture”, senza per questo sminuire al
contempo la necessità in un “minuzioso esame critico” (Hempel),
ma riconoscendo la necessità del concetto di “euristica
positiva”, ossia del possibile salto logico ( Lakatos).
Le “crisi” possono sfociare in
autentiche “rivoluzioni” con la conseguente sostituzione
di un paradigma con un altro, si hanno delle
“discontinuità” ( Kuhn) nelle teorie e nella pratica,
concetto che può estendersi tanto al management che al
diritto, con conseguenti possibili perdite di conoscenza
( perdita Kuhniana) per cui non vi è sempre la
possibilità di una commensurabilità tra i diversi
paradigmi questo per il cambiamento dei dati osservativi
e sperimentali, del mutamento degli standard
metodologici e delle nozioni iniziali ( Kuhn e
Feyerabend) , il quale affiancato al concetto di
“euristica positiva” (Lakatos) viene a integrare la
“falsificabilità” di Popper senza che possa sempre
persistere il “principio di corrispondenza” derivante da
Bohr, per cui la nuova teoria debba sempre contenere i
paradigmi della vecchia teoria sostituita.
Osserva Einstein che “non è mai
possibile introdurre in una teoria solo grandezze
osservabili. Quello che si può osservare dipende sempre
dalla teoria”, tanto che Heisenberg nel riportare la
risposta di Einstein glossa aggiungendo “l’attenzione e
l’intuito di coloro che cercano di interpretare i
fenomeni svolgono un ruolo importantissimo nello
sviluppo, e perciò lo studio filosofico da cui partono –
consciamente o meno- ha un’influenza determinante sui
risultati della loro attività”, sottolinea inoltre che
“un atteggiamento puramente pragmatico tende a
preservare le vecchie strutture concettuali e a evitare
nuove linee di pensiero” in una eterna dialettica tra
l’empirismo aristotelico e la capacità di sintesi e
astrazione dei Pitagorici e di Platone.
Vi è quindi la necessità di un
continuo scambio tra rilevanza empirica e rigore
scientifico, senza che per questo tutto debba risolversi
in una immediata sintesi in quanto il pensiero teorico
si risolve in una necessaria matrice unificante dell’
urgenza empirica relativa al singolo caso.
Bibliografia
P. K. Feyerabend, Contro il
metodo. Abbozzo di una teoria anarchica della
conoscenza, Feltrinelli 1979;
C. G. Hempel, Come lavora uno
storico, Armando ed. 1997;
T.S. Kuhn, La tensione
essenziale. Cambiamenti e continuità nella scienza,
Einaudi 1985;
I. Lakatos, La metodologia dei
programmi di ricerca scientifici. Scritti filosofici, Il
Saggiatore 1985;
K.R. Popper, La logica della
scoperta scientifica, Einaudi 1970;
W. Heisenberg, lo sfondo
filosofico della fisica moderna, Sellerio 1999.
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