Antonio Carlo Scacco
L’articolo 11 del decreto legge 13
agosto 2011, n. 138 convertito con modificazioni in
Legge 14 settembre 2011, n. 148 reca nel titolo “Livelli
di tutela essenziali per l’attivazione dei tirocini”. In
sintesi i punti qualificanti della norma sono i
seguenti:
I tirocini contemplati dalla
norma sono i “tirocini formativi e di orientamento”
tali tirocini possono “essere
promossi unicamente da soggetti in possesso degli
specifici requisiti preventivamente determinati dalle
normative regionali in funzione di idonee garanzie
all'espletamento delle iniziative medesime”.
tali tirocini non possono avere
una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese,
da tale regola sono
esclusi:
I tirocini formativi e
di orientamento per i disabili, gli invalidi fisici,
psichici e sensoriali, i soggetti in trattamento
psichiatrico, i tossicodipendenti, gli alcolisti e i
condannati ammessi a misure alternative di detenzione
I tirocini
“curriculari”
I tirocini possono essere
promossi unicamente a favore di neodiplomati o
neo-laureati
entro e non oltre dodici mesi
dal conseguimento del relativo titolo di studio.
Il comma 2 dell’articolo 11
aggiunge, inoltre, che, in assenza di specifiche
regolamentazioni regionali trovano applicazione, per
quanto compatibili con le disposizioni di cui al comma
che precede, l'articolo 18 della legge 24 giugno 1997 n.
196 e il relativo regolamento di attuazione.
La norma trae origine dall'accordo
per il rilancio del contratto di apprendistato siglato
il 27 ottobre 2010 tra Governo, Regioni e parti sociali.
In quella sede le parti “hanno convenuto in merito alla
necessità di pervenire a un quadro più razionale ed
efficiente di utilizzo dei tirocini formativi e di
orientamento al fine di valorizzarne le potenzialità in
termini di occupabilità dei giovani e prevenire gli
abusi e un loro utilizzo distorto.”. 1 Tutto ciò ha
trovato ulteriore conferma nel più recente accordo tra
Governo e parti sociali dell'11 luglio 2011.
Più in particolare la norma si
propone di definire “livelli essenziali di tutela” e,
quindi, ricondurre l’utilizzo dei tirocini alla loro
“caratteristica principale, quale preziosa occasione di
formazione e orientamento dei giovani a stretto contatto
con il mondo del lavoro, fornendo altresì ai servizi
ispettivi una strumentazione omogenea sull’intero
territorio nazionale per contrastarne l’utilizzo abusivo
e fraudolento.”2
La competenza esclusiva delle
Regioni
La disposizione di cui all’articolo
11 del DL 138 parla, come premesso, esclusivamente di
tirocini “formativi e di orientamento”. Anche l’articolo
18 della legge 196/1997 parla di “tirocini pratici e
stages” attivabili al fine “di realizzare momenti di
alternanza tra studio e lavoro e di agevolare le scelte
professionali mediante la conoscenza diretta del mondo
del lavoro”: il tirocinio o stage, pertanto, non è
finalizzato al “reinserimento” o all’ “inserimento” del
tirocinante nel mondo del lavoro3. Lo stesso decreto
ministeriale 142/1998, attuativo dell’articolo 18 della
citata legge 196/1997, all’articolo 7 lettera b) parla
di “lavoratori inoccupati o disoccupati ivi compresi
quelli iscritti alle liste di mobilità” ma la legge di
riferimento, cui ovviamente è subordinato il decreto
ministeriale, non parla di “inoccupati o disoccupati”4.
Non pare infine condivisibile la tesi, contenuta nella
circolare n. 4/2011 della Fondazione studi dei
Consulenti del lavoro, secondo cui i tirocini di
inserimento/reinserimento lavorativo si desumerebbero
dall’articolo 2 lett. B) del d.lgs. 276/20035 (tale
norma contiene delle semplici definizioni).
Tanto premesso la circolare
ministeriale n. 24 del 12 settembre, invero intervenuta
a tempo di record rispetto ai tempi di conversione della
legge, distingue nettamente i tirocini di “formazione e
orientamento” dai tirocini di
“reinserimento/inserimento”: ”Non rientrano invece nel
campo di applicazione del decreto … i tirocini di
cosiddetto reinserimento/inserimento al lavoro svolti
principalmente a favore dei disoccupati, compresi i
lavoratori in mobilità, e altre esperienze a favore
degli inoccupati la cui regolamentazione rimane
integralmente affidata alle Regioni fermo restando, per
quanto attiene alla durata massima, il disposto di cui
all'articolo 7, comma 1, lett. b), del D.M. 25 marzo
1998, n. 142.”. Escluso che la circolare n. 24 abbia
voluto rendere i tirocini di inserimento “una categoria
autonoma anche sul piano giuridico”6 atteso che, come
noto, la circolare vincola solo l’amministrazione di
appartenenza e non è idonea a incidere su una materia
sulla quale persistono finanche fondati dubbi sulla
competenza del legislatore ordinario, è opportuno
rilevare che il “genus” dei tirocini di
“reinserimento/inserimento” lavorativo è di costruzione
esclusivamente amministrativa o regolamentare
(prescindendo, ovviamente, dalla legislazione
regionale). Tracce se ne trovano nella nota del 2 aprile
2010, n. 7 (richiamata espressamente dalla circolare 24)
, concernente la possibilità di attivare percorsi di
tirocinio "atipici", ai sensi dell'art 1322 c.c., in
favore di categorie di persone a rischio di esclusione
sociale ovvero promossi da soggetti diversi da quelli
tassativamente indicati dall'art. 18, L. n. 196/1997 e
dalla relativa disciplina regionale. Ulteriore cenno lo
si rinviene nella nota Minlav del 14 febbraio 2007 -
Prot. 13/SEGR/0004746, con riferimento all’obbligo di
comunicazione al centro per l’impiego: “Di converso,
rientrano negli obblighi di comunicazione i tirocini
promossi dai centri per l'impiego e da altri soggetti
operanti nel campo delle politiche del lavoro a favore
di soggetti inoccupati o disoccupati, nonché di soggetti
svantaggiati o di disabili, con la finalità di favorirne
l'inserimento lavorativo.”. Poiché nella legislazione ex
articolo 11 in commento ed ex lege 196/1997 è assente la
tipologia del tirocinio di inserimento/reinserimento
lavorativo ( vedi sopra), il riferimento operato dalla
circolare 24 non può che attenere alle singole
legislazioni regionali. Ad esempio la “Carta dei
tirocini e stage di qualità in regione Toscana7”,
laddove il tirocinio viene definito una misura di
accompagnamento al lavoro finalizzata a creare un
contatto diretto tra una persona in cerca di lavoro ed
un’azienda allo scopo sia di permettere al tirocinante
di acquisire un’esperienza per arricchire il proprio
curriculum sia di favorire una possibile costituzione di
un rapporto di lavoro con l’azienda ospitante. ” Si noti
che la Carta include espressamente “i tirocini soggetti
all’obbligo di comunicazione obbligatoria ai Centri per
l’impiego”, ossia i tirocini di
inserimento/reinserimento lavorativo, nonché i “tirocini
formativi e di orientamento” mentre esclude “gli
stage/tirocini curriculari promossi da università,
istituzioni scolastiche, centri di formazione
professionale e i periodi di pratica professionale” .
Incidentalmente si osserva che si profilano già delle
discrepanze tra la normativa regionale e quella statale:
ad esempio nella citata Carta si legge che “La durata
del tirocinio deve essere diversificata a seconda delle
mansioni svolte e del relativo progetto formativo e
comunque non deve superare i sei mesi (non inferiore ad
un mese per i profili più elementari) fatto salvo un
periodo formativo fino a dodici mesi per i profili più
elevati.”. L’ultimo periodo confligge manifestamente,
nel caso trattasi di tirocinio formativo, con la chiara
lettera dell’articolo 11 del decreto legge.
Allo stesso modo non sembra
condivisibile l’inciso, contenuto nella circolare 24,
secondo cui “i tirocini di cosiddetto
reinserimento/inserimento al lavoro svolti
principalmente a favore dei disoccupati, compresi i
lavoratori in mobilità, e altre esperienze a favore
degli inoccupati la cui regolamentazione rimane
integralmente affidata alle Regioni” sono comunque
assoggettati, per quanto attiene alla durata massima, al
disposto di cui all'articolo 7, comma 1, lett. b), del
D.M. 25 marzo 1998, n. 142 (ossia non superiore a sei
mesi nel caso in cui i soggetti beneficiari siano
lavoratori inoccupati o disoccupati ivi compresi quelli
iscritti alle liste di mobilità). Il regolamento
ministeriale, come già rilevato, nel ricomprendere gli
inoccupati e i disoccupati tra i soggetti destinatari
dei tirocini (di inserimento e reinserimento) opera
chiaramente una indebita forzatura nei confronti della
legge (alla quale è ovviamente subordinato), in una
materia, peraltro, di cui si dubita la stessa competenza
del legislatore statale.
Qualche osservazione
Intanto appare singolare che le
“norme essenziali di tutela” in materia di tirocini di
cui all’articolo 11 siano destinate esclusivamente ai
tirocini di formazione ed orientamento e non, come
sarebbe stato possibile, anche ai tirocini di
inserimento/reinserimento lavorativo. Come si ricorderà
la Corte costituzionale, con sentenza n. 50 del 2005,
dichiarò la incostituzionalità della disciplina
contenuta nell’articolo 60 del D.Lgs. 276/2003 (
Tirocini estivi di orientamento) sulla base di una
motivazione piuttosto stringata e apodittica: “Infatti,
la disciplina dei tirocini estivi di orientamento,
dettata senza alcun collegamento con rapporti di lavoro,
e non preordinata in via immediata ad eventuali
assunzioni, attiene alla formazione professionale di
competenza esclusiva delle Regioni.”. A noi sembra,
dall’esame dello scrutinio condotto dalla Corte
costituzionale nella citata sentenza, possa – a
contrario – ipotizzarsi la competenza dello Stato nella
regolamentazione dei tirocini di
inserimento/reinserimento purchè collegati (in via
immediata o quantomeno diretta) ad una eventuale
assunzione e/o ingresso nel mondo del lavoro del
tirocinante (in questo caso si potrebbe ipotizzare la
sussistenza di relazioni giuridiche private
riconducibili alla materia costituzionale “ordinamento
civile”, almeno nell’ambito di “concorrenza di
competenze e non di competenza ripartita o concorrente”
). Ci sembra però che l’esigenza di non incidere sui
rapporti di tirocinio direttamente e immediatamente
collegati al mondo del lavoro derivi da considerazioni
strettamente politiche (in primis la necessità di non
creare un “doppione” del rapporto di apprendistato). I
livelli essenziali stabiliti dalla norma ( in sintesi:
a) la durata massima (sei mesi); b) la circostanza che
possono essere promossi unicamente a favore di
neodiplomati o neo-laureati c) entro e non oltre dodici
mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio) si
prestano a delle critiche. Ad esempio si è detto,
relativamente al periodo di durata massima del
tirocinio, che “E' nostra convinzione che sei mesi siano
più che sufficienti per valutare un giovane tanto e vero
che è questo il limite legale del patto di prova come
previsto dal Codice Civile del lontano 1942.”8: ma in un
tirocinio di “formazione e orientamento” la durata dello
stesso non può essere assimilata ad un periodo di prova
(il quale, oltre ad essere accidentale, assolve alla
diversa funzione di consentire alle parti di pervenire
ad una migliore valutazione del lavoratore riguardo alla
convenienza reciproca di un eventuale rapporto di lavoro
definitivo). Anzi si dovrebbe presumere che in un
tirocinio formativo la durata sia in qualche modo
modulata sulla natura e sul livello di competenze da
trasferire al tirocinante (ed oggettivamente il limite
massimo di sei mesi appare in taluni casi
insufficiente). Viceversa manca nella norma qualsiasi
accenno all’obbligo di assicurazione antinfortunistica
(certamente da considerare “livello essenziale” delle
prestazioni con riferimento ai diritti sociali dei
tirocinanti), se tale non vuol essere inteso il generico
richiamo al regolamento ministeriale.
Considerazioni possono essere fatte
anche sul merito della norma. Non si capisce ad esempio
la limitazione operata riguardo ai soggetti destinatari
(unicamente neodiplomati e neolaureati), per di più
entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del
titolo di studio. Se si comprende la esclusione dei
disoccupati e degli inoccupati (nel primo caso il
tirocinio avrebbe assunto i connotati del tirocinio di
inserimento, nel secondo del reinserimento), non si
comprende la esclusione operata ai danni di altre
categorie: ad esempio coloro che hanno terminato un
master universitario. Inoltre la norma sembra
privilegiare i giovani (con l’inserimento del termine
temporale dei dodici mesi dal conseguimento del titolo).
Vero è che l'articolo 1 dell'articolo 18 della legge
196/1997, nel parlare di tirocini formativi e di
orientamento, si riferiva esplicitamente a «momenti di
alternanza tra studio e lavoro» e di esperienze tese ad
«agevolare le scelte professionali mediante la
conoscenza diretta del mondo del lavoro». Ma il mondo
del lavoro non è sempre lo stesso, ovvero non esiste un
solo settore lavorativo . Il giovane che si affaccia nel
mondo del lavoro nel settore, ad esempio, sanitario
potrebbe trovare utile riaffacciarvisi decine di anni
dopo in un settore affatto diverso, ad esempio
informatico. Perché negargli in questo caso
l’opportunità di un tirocinio formativo?
Appare sensata l’idea che,
nell’impianto disegnato dall’intrecciarsi della norma
legale con quella amministrativa, i tirocini formativi e
di orientamento siano destinati ai giovani mentre quelli
di inserimento/reinserimento lavorativo appaiono
destinati ai meno giovani: questi ultimi “ rappresentano
la ragionevole opportunità concessa a un lavoratore in
mobilità o a un vero disoccupato, specie in aree
svantaggiate, di reinserirsi nel mondo del lavoro con
quello che c'è, per esempio un tirocinio promosso da un
centro per l'impiego.” 9 Ma se tale esigenza era così
sentita perché non regolamentarla, almeno nei livelli
essenziali (anche atteso che la Corte costituzionale,
nella sentenza 50, ne aveva implicitamente ammesso –a
contrario - la regolabilità con fonte statale a
condizione che esistesse un collegamento immediato col
mondo del lavoro) con una norma di legge anziché con una
circolare amministrativa ? e quanto giusitificato appare
il timore (di natura squisitamente politica) di fare del
tirocinio di inserimento/reinserimento un “doppione”
dell’apprendistato se il primo pare destinato, quasi
esclusivamente, ai meno giovani? Pare indubbio che
persistendo la latitanza della legge (statale), l’unica
fonte possibile del tirocinio di
inserimento/reinserimento lavorativo potrà essere la
fonte (legge) regionale che, come noto, è fortemente
carente sul punto. Il risultato, paradossale, è che una
norma (l’articolo 11) concepita per eliminare gli abusi,
con la successiva coda della circolare 24 fortemente
critica verso il comportamento delle regioni, in realtà
avvalora e alimenta (non tanto per quello che dice,
quanto per ciò che non dice) il persistere di un sistema
duale nel nostro ordinamento lavoristico, a tutto
svantaggio dei soggetti (già) svantaggiati (inoccupati e
disoccupati).
Una questione aperta: la
certificabilità del tirocinio
Una interessante questione concerne
il possibile assoggettamento del tirocinio alla
procedura di certificazione dei contratti di lavoro di
cui agli artt. 75 e ss del D.Lgs. 276/2003. Recita
l’articolo 75, nella attuale formulazione:” 1. Al fine
di ridurre il contenzioso in materia di lavoro, le parti
possono ottenere la certificazione dei contratti in cui
sia dedotta, direttamente o indirettamente, una
prestazione di lavoro secondo la procedura volontaria
stabilita nel presente titolo”.
E’ noto che il tirocinio o stage
non costituisce un rapporto di lavoro (conferma
l’articolo 18 co.1 lett. D della legge 196/1997); anche
la giurisprudenza è consolidata nel ritenere che
“l'addestramento professionale non rientra nell'ambito
del lavoro subordinato, a differenza dell'apprendistato
in quanto, pur essendo nell'uno come nell'altro presente
una prestazione di attività fisica o intellettuale da
parte dell'allievo o dell'apprendista, nel primo l'unico
oggetto del contratto è l'insegnamento impartito (o
fatto impartire) dall'imprenditore ai fini della
formazione professionale dell'allievo e la prestazione
di attività da parte di quest'ultimo, in quanto
richiesta solo perché lo stesso acquisisca le nozioni
pratiche necessarie alla suddetta formazione, è estranea
al sinallagma contrattuale e, perciò, non in rapporto di
corrispettività con l'addestramento, né con l'eventuale
indennità mensile o giornaliera” 10.
Pertanto l’unica possibilità di
farlo rientrare nelle previsioni del citato articolo 75
si verifica nel caso in cui sia dedotta, all’interno
dello stesso tirocinio, un indiretta prestazione di
lavoro. Resta infatti esclusa dal rapporto di tirocinio
la individuazione di una prestazione diretta lavorativa
dal momento che l’attività del tirocinante svolta presso
il soggetto ospitante non si configura alla stregua di
un vero e proprio rapporto di lavoro (l’attività è
svolta nell’interesse dello stesso tirocinante e non del
soggetto ospitante, manca una vera e propria
retribuzione ec.). La stessa equiparazione dei
tirocinanti ai lavoratori quanto all’applicabilità della
tutela prevenzionistica in materia di igiene e sicurezza
rileva “di fatto dalla relazione del tirocinante con
l’ambiente di lavoro”11 e dal punto di vista giuridico
“rileva sul piano pubblicistico nell’ambito di una
disciplina che, non a caso, è presidiata da sanzioni
penali e amministrative”12
Tanto premesso pare di poter
concludere sulla non certificabilità del “tirocinio
formativo o di orientamento” (ex articolo 11 DL
183/2011), ossia , per usare le parole della Corte
costituzionale, dei tirocini “ senza alcun collegamento
con rapporti di lavoro, e non preordinati in via
immediata ad eventuali assunzioni”, mancando qualsiasi
riferimento, indiretto e indiretto, ad un rapporto di
lavoro ( come richiesto dall’articolo 75).
Viceversa potrebbe essere
ammissibile ( ma non vi sono certezze sul punto) una
certificazione dei tirocini di inserimento e
reinserimento lavorativo, ossia di quei tirocini, di
esclusiva competenza regionale stante l’attuale silenzio
del legislatore statale, in qualche modo collegati o
preordinati ad una eventuale e successiva assunzione del
tirocinante. In tal caso potrebbe essere invocata la
lettera della legge laddove richiede, quale condizione
per la certificabilità del contratto, una deduzione
(almeno) indiretta del rapporto di lavoro (qui si
tratterebbe di una deduzione futura ed eventuale),
avendo cura di verificare, sulla base della legislazione
regionale di competenza, i contenuti e la natura del
tirocinio.
1 Circolare Minlav n,. 24 del 12
settembre 2011. Conf. Senato della Repubblica, Relazione
all'art. 11, DDL 2887
2 Circolare Minlav n,. 24 cit.
3 Conferma M. Tiraboschi in
http://www.repubblicadeglistagisti.it :” leggendo bene
la legge 196/1997 e il decreto ministeriale 142/1998, si
vedrà che l’oggetto della legislazione previgente erano
unicamente i tirocini con valenza formativa o di primo
contatto col mondo del lavoro.”
4 “Il decreto ministeriale è
subordinato alla legge, e la legge non parlava di
disoccupati: ricomprenderli è stata una chiara
forzatura, facendolo si è aggiunta una categoria non
contemplata dal campo di applicazione della legge 196. I
lavoratori in mobilità o che hanno perso il posto non
necessitano certo di un primo contatto nel mondo del
lavoro. Quindi, ribadisco, non hanno bisogno di tirocini
di orientamento, bensì di tirocini di inserimento e
reinserimento.” M.Tiraboschi, cit.
5 Si legge nella circolare::” E’
possibile distinguere i tirocini: - finalizzati alla
formazione e orientamento che si pone l’obiettivo di
agevolare le scelte professionali e la occupabilità dei
giovani nella fase di transizione dalla scuola al lavoro
mediante una formazione in ambiente produttivo e una
conoscenza diretta del mondo del lavoro (art. 18, legge
196/1997 e DM 142/1998); - per
l’inserimento/reinserimento lavorativo (art. 2, lett. b)
D.Lgs. 276/2003), svolti nei confronti di disoccupati,
inoccupati o coloro che hanno perso momentaneamente il
posto di lavoro; ….”
6 G.Falasca, “Tirocini per i
disoccupati con disciplina autonoma”, Sole 24Ore 16
settembre 2011
7 Delibera Giunta Regionale n. 339
del 09.05.2011
8 M.Tiraboschi “Tirocini: il
machismo (e l'impotenza) delle Regioni, l'ipocrisia
delle imprese” in www.adapt.it
9 Conferma M.Tiraboschi, cit.
10 Tra le tante Cass n. 630/1998,
Cass., n. 5731/1990; Cass., S.U., n. 4814/1986
11 M.Persiani “I nuovi contratti di
lavoro”, 2010
12 P.Pascucci “Stage e lavoro: la
disciplina dei tirocini formativi e di orientamento”,
2008 |