(Alessandro Gallucci,
E’ cosa nota che i condomini
possano decidere di ricavare degli utili dalle parti
comuni dello stabile. Si pensi all’alloggio una volta in
uso al portiere. In relazione ad una simile evenienza è
stato affermato che “ la locazione di una cosa comune è
considerata atto di amministrazione ordinaria "essendo
possibile conseguire la finalità del miglior godimento
delle cose comuni anche attraverso l'accrescimento
dell'utilità del bene mediante la sua utilizzazione
indiretta (locazione, affitto); ne consegue che, ove
l'Amministratore del condominio abbia locato il bene
condominiale anche in assenza di un preventivo mandato
che lo obbligasse a tanto, deve ritenersi valida la
modifica del suddetto contratto di locazione disposto
dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata
a maggioranza semplice" (Cass. 21 ottobre 1998 n.
10446)” (Trib. Roma 24 giugno 2011 n. 13705).
Si pensi, ancora, al locale caldaia
del vecchio impianto centralizzato di riscaldamento.
Mutatane la destinazione d’uso è ben possibile locarlo,
ad un estraneo al condominio o ad uno dei
comproprietari, per trarne degli utili. Per concludere
quest’elencazione, assolutamente esemplificativa, si
faccia riferimento alla sempre più frequente usanza di
affittare le facciate laterali dell’edificio per
l’apposizione di cartelloni pubblicitari. Stesso
discorso per la cessione di parti comuni. In
quest’ultimo caso, a differenza della locazione, al fine
del regolare perfezionamento del contratto di
compravendita è necessario che tutti i condomini
prestino il loro consenso. E’ chiaro in tal senso il
terzo comma dell’art. 1108 c.c. (dettato in materia di
comunione ma applicabile al condominio in virtù del
rimando a tali norme contenuto nell’art. 1139 c.c.) a
mente del quale: “ è necessario il consenso di tutti i
partecipanti per gli atti di alienazione o di
costituzione di diritti reali sul fondo comune e per le
locazioni di durata superiore a nove anni”.
Chiarito ciò è bene approfondire un
aspetto legato a queste vicende: la locazione, la
cessione della proprietà e/o dell’usufrutto, di regola,
producono degli utili a favore della compagine. Come
devono essere ripartiti tali guadagni tra tutti i
comproprietari di tali beni? Al riguardo è fondamentale
quanto specificato dal primo comma dell’art. 1118 c.c.,
secondo cui “ il diritto di ciascun condomino sulle cose
indicate dall'articolo precedente è proporzionato al
valore del piano o porzione di piano che gli appartiene,
se il titolo non dispone altrimenti”.
L’articolo cui fa riferimento tale
norma è il 1117 c.c. che, com’è noto, contiene
un’elencazione meramente esemplificativa dei beni e dei
servizi che debbono considerarsi comuni (in assenza di
diverse disposizioni contenute nel titolo d’acquisto).
Ciò vuol dire che in relazione a tutte le parti comuni
il condomino avrà diritto di partecipare agli utili da
esse, eventualmente, prodotti in ragione della quota
millesimale di proprietà, salvo diverso accordo. In
sostanza al momento della cessione o della locazione
tutti gli interessati potrebbero decidere di ripartire i
profitti, ad esempio, in parti uguali.
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Avv. Alessandro Gallucci |