4 ottobre 2011
Avv. Anna Maria
Occasione *
Sintesi:
I
Disturbi Specifici dell’Apprendimento riguardano le
capacità che un soggetto abbia di comprendere,
memorizzare e reagire/rispondere ad informazioni esterne
e possono concernere, insieme od isolatamente e secondo
vari gradi di gravità le abilità di ascolto e/o
concentrazione/attenzione, di espressione orale, di
lettura, scrittura e/o calcolo.
I
Disturbi Specifici di Apprendimento (conosciuti sotto
l’acronimo D.S.A.) affliggono nel nostro Paese una
percentuale della popolazione in età evolutiva
oscillante tra il 2,5 e il 3,5 %.
La rilevanza delle implicazioni individuali e sociali
del fenomeno e la sua particolare difficoltà
diagnostica, costituiscono attualmente sede di ampio
dibattito scientifico e giuridico insieme, anche in
ragione della recente regolamentazione dei D.S.A. con la
legge 08/10/2010 n. 170 e dell’adozione delle linee
guida di cui al D.M. 12/07/2011.
Ai fini di garantire al soggetto affetto da D.S.A. la
più ampia tutela possibile, la conoscenza del quadro
normativo e la disamina delle decisioni giurisdizionali
in materia, costituiscono pertanto materiale basico per
la migliore applicazione degli strumenti di ausilio ed
alle strategie comportamentali negli ambiti diagnostici,
scolastici e familiari.
Sommario: 1. Cenni agli aspetti
scientifici dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento -
D.S.A. (nozione, diagnosi, raccomandazioni uniformi). -
2. L’inquadramento istituzionale (D.S.A. e
diritto all’istruzione: la Carta Costituzionale – la
legislazione scolastica – le normative ministeriali – la
legge 08/10/2010 n. 170 e la successiva normativa di
attuazione) - 3. (segue). In
particolare, la legge 08/10/2010 n. 170 - 4.
(segue). Il D.M. 12/07/2011 n. 5669 e le linee guida
allegate - 5. Casi e questioni tratti dalla
giurisprudenza. Risarcibilità del danno. - 6.
Legge sui D.S.A. a confronto con le leggi 104/1992,
67/2006 e 289/1990. Riflessioni finali.
1.
Cenni agli aspetti scientifici dei Disturbi Specifici
dell’Apprendimento - D.S.A. (nozione, diagnosi,
raccomandazioni uniformi).
I
disturbi specifici dell’apprendimento (D.S.A.)
costituiscono nel panorama scientifico e giuridico, un
argomento di studio relativamente recente e tuttora
controverso in ordine ai diversi aspetti che può
presentare.
Per
questa ragione, i risultati sino ad oggi diffusi
provengono dalla cosiddette conferenze di consenso,
metodo che sorse in ambito medico negli Stati Uniti ad
iniziativa dei National Institutes of Health (NIH)
statunitensi, consistente nella redazione di
raccomandazioni da parte di una giuria al termine di una
presentazione e di consultazioni tra esperti che
raccolgono le conoscenze scientifiche su un dato
argomento in un certo arco di tempo.
Nel
nostro Paese la prima
Consensus Conference avente ad oggetto i D.S.A. risale
al 2007,
ha costituito materia di nuove riflessioni comuni nel
2010
ed è stata ulteriormente aggiornata nel 2011
mediante produzione di raccomandazioni che pur senza
porre in discussione gli argomenti espressi nel 2007 e
nel 2010, affrontano quesiti nuovi e per la prima volta
introducono suggerimenti per i DSA adulti.
Le
consensus conferences definiscono i D.S.A. una
condizione clinica evolutiva di difficoltà
nell’apprendimento che coinvolge le aree della lettura,
della scrittura e del calcolo e si che si manifesta con
l’inizio della scolarizzazione.
Si
tratta di disturbi che riguardano uno specifico dominio
di abilità (competenze strumentali dell’apprendimento)
lasciando intatto il funzionamento intellettivo
generale.
All’interno dei deficit funzionali di apprendimento si
distinguono le seguenti condizioni:
•
dislessia, cioè disturbo nella lettura (intesa come
abilità di decodifica del testo)
•
disortografia, cioè disturbo nella scrittura (intesa
come abilità di codifica fonografica
e
competenza ortografica)
•
disgrafia, cioè disturbo nella grafia (intesa come
abilità grafo-motoria)
•
discalculia, cioè disturbo nelle abilità di numero e di
calcolo (intese come capacità
di
comprendere e operare con i numeri).
I
D.S.A. sono definiti alla stregua di disturbi di natura
neurobiologica, destinati a durare nel tempo, i cui
fattori ambientali circostanti possono influire
positivamente o negativamente nel determinare un
superamento delle difficoltà od un ulteriore
abbattimento dei livelli di apprendimento.
I
D.S.A. per essere tali debbono essere diagnosticati
ovverosia sottoposti all’attenzione di un esperto della
materia, soggetti a tests particolari e quindi oggetto
di una relazione scritta, nella quale siano individuati
uno o più dei disturbi riscontrati nonché
l’opportunità/necessità di adozione di taluni rimedi
finalizzati al superamento/miglioramento del disturbo
stesso.
I
D.S.A. cominciano a poter essere diagnosticati con
sufficiente certezza non appena terminato il normale
processo di insegnamento di base di
lettura/scrittura/calcolo, cosa che, nel nostro Paese,
avviene al compimento della seconda classe della scuola
primaria per i primi due segmenti e della terza classe
per l’ultimo.
Dal
punto di vista clinico si ritiene utile cogliere i
fattori di rischio di D.S.A. anche in epoca anteriore,
in quanto la letteratura e la pratica scientifica
conoscono taluni indicatori di ritardo
nell’apprendimento che se rilevati in tempo, consentono
l’attuazione di interventi mirati a garantire una
diagnosi precoce e quindi l’adozione di metodi e
comportamenti atti a ridurre o comunque a non aggravare
il deficit.
I
disturbi dell’apprendimento non sempre sono
diagnosticati in modo agevole e piano, specie qualora
siano associati ad altri disturbi o patologie (c.d.
comorbilità) dai cui non è facile isolarli.
In
un soggetto afflitto da D.S.A. possono, infatti, essere
compresenti disturbi di natura neuropsicologica (come
l’A.D.H.D., disturbo dell’attenzione con iperattività) e
psicopatologica (ansia, depressione e disturbi
comportamentali e della condotta).
A
livello internazionale, i D.S.A. hanno rilevanza
differente sia in ragione dei diversi dati statistici a
disposizione sia, con particolare riferimento alla
dislessia, in conseguenza della diversità dei vari
sistemi linguistici.
Le
lingue, infatti, si distinguono notoriamente in
trasparenti ed opache a seconda della
relazione prevalentemente diretta e biunivoca o meno tra
fonemi e grafemi corrispondenti (la lingua italiana, ad
esempio, è ritenuta trasparente, in quanto tutte le
lettere che sono scritte vengono allo stesso modo lette
dall’utente; non altrettanto l’inglese).
Per
questa ragione, ad esempio, nei paesi anglofoni il
numero dei soggetti dislessici risulta maggiore rispetto
al nostro.
E’
opinione pacifica, in ogni caso, che sia compito
essenziale della comunità scientifica pervenire ad
unitarietà di direttive, in quanto solo attraverso
raccomandazioni uniformi è consentita la redazioni
di diagnosi di D.S.A. omogenee.
L’uniformità delle raccomandazioni, costituisce pertanto
presupposto scientifico e legale per la verifica della
attendibilità della diagnosi e della sua concreta
applicazione.
* * * * *
2.
L’inquadramento istituzionale (D.S.A. e diritto
all’istruzione: la Carta Costituzionale – la
legislazione scolastica – le normative ministeriali – la
legge 08/10/2010 n. 170 e la successiva normativa di
attuazione).
Allo stato, nel nostro
ordinamento, i D.S.A. hanno rilevanza solo a livello
scolastico, come recita esplicitamente il titolo della
legge 170/2010 (“Nuove norme in materia di disturbi
specifici di apprendimento in ambito scolastico”).
Il
legislatore, in altri termini, si è limitato a
disciplinare i D.S.A. con riferimento al solo “mondo
scolastico”, spaziando dalla scuola d’infanzia
all’università e compiendo appena un cenno a finalità
estranee al settore (art. 2, lett. h : finalità della
legge è anche quella di “assicurare eguali
opportunità di sviluppo delle capacità in ambito sociale
e professionale”) senza tuttavia dar conto che i
D.S.A. hanno effetti diretti e riflessi in molti atti
della vita quotidiana e lavorativa.
Il
soggetto con D.S.A. incontra infatti le medesime
difficoltà anche nella partecipazione ad un bando di
concorso o in occasione dell’esame della patente. In
Gran Bretagna, ad esempio, chi sia affetto da dislessia
debitamente diagnosticata gode di in un tempo maggiore
per rispondere alle domande della parte teorica
dell’esame di guida.
Su
questo “limite” di legge occorre pertanto
riflettere sotto diversi punti di vista, primo fra tutti
quello della disparità di trattamento di situazioni
simili in cui il soggetto con D.S.A. andrà ad impattare
in attività quotidiane che siano extrascolastiche.
Passando alla disamina
della legge, essa si pone a garante, in via primaria
(art. 2 lett. a) del diritto all’istruzione, già
costituzionalmente garantito in modo implicito nell’art.
2 Cost. laddove “La Repubblica riconosce e garantisce
i diritti inviolabili dell’uomo .. nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità”, ivi
compresa la scuola ed in modo esplicito nell’art. 34,
comma 1 Cost. (“La scuola è aperta a tutti”).
La legge sui D.S.A.
costituisce quindi attuazione del diritto all’istruzione
da garantirsi in assoluta parità a chiunque,
indipendentemente dalle sue condizioni e capacità anche
di apprendimento (applicazione del principio di
eguaglianza di cui all’art. 3, comma 2 Cost. “E’
compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale che, limitando di fatto la
libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il
pieno sviluppo della persona umana”) ed
applicazione, a livello sovrazionale, dei principi
espressi dalla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo del
1948 (“Ogni individuo ha diritto all’istruzione.
..L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo
della personalità umana ed al rafforzamento del rispetto
dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali”).
Il diritto
all’istruzione risponde in questo senso, anche a valenze
di tipo pedagogico e sociale, caratterizzandosi nella
sua generalità come diritto che collettivamente
deve essere riconosciuto a tutti e nella sua
particolarità, come diritto individuale ad un
approccio allo studio che può essere differente, caso
per caso.
Siffatte finalità sono
ben presenti nella legge 170/2010, che all’ art. 2,
lett. b) dispone come obiettivo della normativa in
oggetto quello, tra gli altri, di “favorire il
successo scolastico, anche attraverso misure didattiche
di supporto, garantire una formazione adeguata e
promuovere lo sviluppo delle potenzialità” ed alla
lett. d) prescrivendo “forme di verifica e di
valutazione adeguate alle necessità formative degli
studenti”.
I concetti ora
rappresentati costituiscono peraltro figure già note da
una decina di anni all’interno del diritto scolastico,
mediante l’introduzione del concetto di
personalizzazione dell’apprendimento in
contrapposizione con l’apprendimento standardizzato
normalmente praticato.
Alla personalizzazione dell’apprendimento, accennava ad
esempio l’art. 4 del D.P.R.
8
marzo 1999 n. 275 (“Regolamento recante norme in
materia di autonomia delle istituzioni scolastiche,ai
sensi dell'art. 21 della legge 15 marzo 1997, n. 592”)
che disciplinando gli ambiti dell’autonomia didattica,
al comma 1, specificava che “
Le istituzioni scolastiche, nel rispetto
della libertà di insegnamento, della libertà di scelta
educativa delle famiglie e delle finalità generali del
sistema, a norma dell'articolo 8 concretizzano gli
obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali
alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla
crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e
valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di
ciascuno adottando tutte le iniziative utili al
raggiungimento del successo formativo”.
Nella medesima direzione si poneva la legge 28/03/2003
n. 53 “ Delega al Governo per la definizione delle
norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali
delle prestazioni in materia di istruzione e formazione”
con la quale appunto all’art 1, il Governo veniva
delegato alla emissione di norme di dettaglio “Al
fine di favorire la crescita e la valorizzazione della
persona umana, nel rispetto dei ritmi dell’età
evolutiva, delle differenze e dell’identità di ciascuno
…”.
La tendenza all’individualizzazione del percorso
didattico, veniva ribadita anche nelle “Indicazioni
per il curriculo per la scuola d’infanzia e per il primo
ciclo d’istruzione” edito dal Ministero della
Pubblica Istruzione nel 2007, dove si palesava la
necessità per la scuola di disporre percorsi formativi “sempre
più rispondenti alle inclinazioni personali degli
studenti nella prospettiva di valorizzare gli aspetti
peculiari della personali di ognuno”.
In questo
clima di maturata consapevolezza di un modello
scolastico che non potesse più porsi come blocco
indifferenziato per tutti, costituendo un
diritto del discente seguire le sue inclinazioni e la
sua personalità, prese corpo una serie di circolari
ministeriali volte a riconoscere espressamente le
diversità di apprendimento, la necessità di approntare
rimedi per garantire comunque il diritto ad imparare e
conseguentemente di valutare in modo adeguato e
specifico la preparazione dello studente.
Per la prima volta si
propose l’adozione a scuola – seppur suggerendone
l’impiego in via di mera opportunità – di strumenti
compensativi e dispensativi ovverosia rimedi o
mediatori didattici atti a favorire l’apprendimento ed a
superare le difficoltà derivanti dalla mancanza di
certuni automatismi tipici dei D.S.A. .
Alla prima
circolare ministeriale emessa in tema
prot. 4099/A/4 del
5/10/2004
, seguirono la nota
ministeriale prot. 26/A del 05/01/2005
,
che introdusse la il concetto di necessaria connessione
tra l’accertamento del disturbo e la fruizione degli
strumenti compensativi/dispensativi e la nota
ministeriale prot. 4674 del 10/05/2007
che pose l’accenno sulla particolare difficoltà per lo
studente dislessico di imparare le lingue non native
(lingue straniere oltre a latino e greco),
indissolubilmente legate alla forma scritta. Per la
prima volta pur ribadendosi il concetto che in sede di
esame di Stato non si potesse dispensare l’alunno dalla
prova scritta, si suggeriva l’opportunità di far
disporre allo studente con D.S.A. di un tempo adeguato e
maggiore per l’esecuzione della prova, che avrebbe
dovuto valutarsi in modo compensativo con la prova
orale.
Seguì
sempre in questo clima, una serie di decisioni dei
Tribunali Amministrativi Regionali di accoglimento di
ricorsi nei quali si lamentava che le scuole non
avessero tenuto in considerazione la specificità degli
studenti dislessici e non avessero approntato strumenti
personalizzati atti a consentire un soddisfacente
percorso didattico.
Il dettagliarsi
successivo di norme in materia specie sulle modalità di
esecuzione degli esami
e la crescente consapevolezza della necessità di
regolamentare a livello primario l’intera materia,
condussero quindi all’approvazione della legge n. 170
dell’08/10/2010 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n.
244 del 18 ottobre 2010)
che ha riconosciuto i D.S.A. dando conto della
disciplina di accertamento diagnostico, dei compiti
riservati alla scuola ed alla famiglia, della
enucleazione degli strumenti compensativi/dispensativi e
di altri aspetti legati alla gestione dei disturbi
stessi.
* * * * *
3.
- (segue).
In particolare, la legge 08/10/2010 n. 170.
La n. 170 dell’8 ottobre
2010 ha introdotto, come si è accennato, le “Nuove
norme in materia di disturbi specifici di apprendimento
in ambito scolastico”.
Nuove, rispetto alla
materia di rango inferiore sino all’epoca disciplinanti
la materia e limitate al settore scolastico seppur di
ogni fascia e grado.
La legge 170/2010
volendo costituire ferma attuazione dei principi
costituzionali, quali il diritto all’istruzione (art.
30) ed il principio di eguaglianza (art.3), si pone come
obiettivo quello di promuovere il dovere della comunità
di consentire a ciascuno (con i suoi tempi e con l’aiuto
che occorrendo sia necessario) di pervenire al livello
massimo delle sue capacità di espressione personale
(l’art. 2 della legge, specifica che “la presente
legge persegue, per le persone con D.S.A., le seguenti
finalità: a) garantire il diritto all’istruzione; …h)
assicurare eguali opportunità di sviluppo delle capacità
in ambito sociale e professionale”).
In questo senso, la
scuola si erge – una volta di più - come momento di
realizzazione delle attività della persona e come
manifestazione del diritto inviolabile all’istruzione,
suscettibile, come tale, in caso di compromissione dei
diritto stesso, di costituire fonte di responsabilità
anche per danni non patrimoniali, da far valere in sede
giurisdizionale attraverso pronunce di condanna (infra,
sub. 5).
Per far questo, la legge
170/2010 ha riconosciuto e definito i disturbi specifici
di apprendimento (D.S.A.), chiarendo anzitutto che essi
si manifestano “in presenza di capacità cognitive
adeguate ed in assenza di patologie neurologiche e di
deficit sensoriali” (art. 1) lasciando
implicitamente ad intendere di porsi come disciplina
alternativa e non concorrenziale rispetto alla tutela
speciale della legge 05/02/1992 n. 104 “Legge-quadro
per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate”.
Interessante è anche
sottolineare l’approccio interdisciplinare della legge
170/2011 che intende promuovere la cooperazione ed il
coinvolgimento di famiglia e scuola con compiti e
funzioni caratterizzate da un necessario comportamento
collaborativo: l’art 2, al punto g) pone tra le
finalità della legge quello di “incrementare la
comunicazione e la collaborazione tra famiglia, scuola e
servizi sanitari durante il percorso del’istruzione e
della formazione”) e di “favorire la diagnosi
precoce e percorsi didattici riabilitativi” (punto
f) art. 2) tanto che (punto 3) art. 3) “è compito
delle scuole di ordine e grado, comprese le scuole
dell’infanzia, attivare, previa apposita comunicazione
alle famiglie interessate, interventi tempestivi, idonei
ad individuare i casi sospetti di D.S.A. degli studenti”
.
Viene quindi data
attuazione al c.d. “patto scuola-famiglia” con
interscambio di ruoli e di iniziative in un percorso che
deve essere indirizzato, pena la violazione della norma
stessa, verso un unico obiettivo che è quello di porre
il discente con D.S.A. sullo stesso piano degli altri
studenti.
L’obiettivo, sempre
secondo la legge, va peraltro codificato e quindi
accertato dal punto di vista medico, mediante una “diagnosi
dei D.S.A.”, che consentirà di attivare i rimedi
didattici dispensativi e compensativi, di cui sopra si è
già accennato.
La legge 170/2010, in
particolare, prevede che la diagnosi di D.S.A. debba
essere effettuata nell’ambito del S.S.N. e che una volta
ottenuta sia comunicata dalla famiglia alla scuola di
appartenenza, specificando che per quelle Regioni nel
cui territorio “non sia possibile” effettuare una
diagnosi a cura del S.S.N., la stessa possa essere
redatta da specialisti o strutture accreditate.
Tale disposizione è
apparsa subito di carattere oscuro, in quanto la legge
non definisce il concetto di “non possibilità” e
non è chiaro pertanto se essa debba riferirsi alle sole
Regioni in cui non vi sia presenza di unità sanitarie
pubbliche abilitate alla diagnosi di D.S.A. o se, pur in
presenza di siffatte unità, rilevi anche la tempistica.
Trattandosi di diagnosi
che impattano sul corso dell’anno scolastico, è evidente
infatti, che una richiesta in tal senso che possa essere
soddisfatta solo dopo mesi, finirebbe per non costituire
beneficio alcuno per lo studente con D.S.A. che
inizierebbe l’anno scolastico in modo inadeguato al suo
disturbo.
Per questa ragione, in
via tutelativa e dal lato pratico si suole suggerire –
nelle more di una miglior chiarezza sul punto – che il
richiedente (genitore o soggetto responsabile) faccia
istanza iscritta (a mezzo raccomandata a.r.) al S.S.N.
competente per modo che, qualora la struttura pubblica
non dovesse rispondere in congruo termine o dovesse
prospettare tempi eccessivamente lunghi, possa ritenersi
senz’altro valido il ricorso allo specialista o a
struttura diversa da quella pubblica.
La diagnosi di D.S.A.
d’altra parte è mezzo di estremo rilievo nella gestione
dei D.S.A. in quanto contiene la disamina clinica del
caso, l’accertamento dell’ambito e della gravità del
disturbo e l’indicazione dei mediatori didattici
ritenuti maggiormente idonei per il
superamento/miglioramento del/i deficit.
Coerentemente con i
principi costituzionali, sopra accennati la legge
170/2010 si esprime in termini di diritto
allorchè dispone quali siano i mediatori didattici
fruibili dallo studente affetto da D.S.A. regolarmente
diagnosticata, il che una volta di più vale a
sottolineare, che in caso di mancata od inidonea
applicazione di siffatti mediatori lo studente
con D.S.A. è legittimato a reagire in via
giurisdizionale per far valere il suo diritto leso ed a
chiedere, mediante congrua dimostrazione, il
risarcimento del danno patito (l’art. 5 della legge, al
comma 1, recita che “gli studenti con diagnosi di
D.S.A. hanno diritto a fruire di appositi provvedimenti
dispensativi e compensativi di flessibilità didattica
nel corso dei cicli di formazione e negli studi
universitari”).
La legge lascia alla
normativa di dettaglio (Linee guida) di definire con
esattezza in che cosa consistano gli strumenti
compensativi e le misure dispensative, pur includendo –
in via generale - tra i primi (art. 5 lett. b) i mezzi
alternativi di apprendimento e le tecnologie
informatiche e tra le seconde la “dispensa” da
talune prestazioni non essenziali ai fini della qualità
dei concetti da apprendere, precisando per quanto
riguarda lo studio della lingua straniera la preferenza
per la forma orale piuttosto che quella scritta, il
tutto nell’ambito di un apprendimento che deve essere
graduale e personalizzato.
Le misure che siano
disposte a favore del soggetto con D.S.A. dovranno poi
essere sottoposte a monitoraggio periodico
durante l’anno scolastico per valutarne l’efficacia ed
il raggiungimento degli obiettivi (art. 5, comma 3).
L’ultimo comma dell’art.
5, si dedica alle forme di verifica e di valutazione del
soggetto con D.S.A., che debbono essere “adeguate”
anche in sede di esame di Stato e di ammissione
all’università nonché di svolgimento dei relativi esami.
La legge consente infine
(art. 6) misure particolari per i familiari fino al
primo grado di studenti del primo ciclo affetti da
D.S.A., che possono godere di orari di lavoro flessibili
(con le modalità previste dai contratti collettivi
nazionali) se impegnati nell’assistenza alle attività
scolastiche a casa.
Quanto alla scuola,
l’art. 4 prevede che nell’ambito dei programmi di
formazione del personale docente e dirigenziale sia
assicurata un’adeguata formazione relativa alle
problematiche di D.S.A., autorizzando una spesa di un
milione di euro per il 2010 ed il 2011, chiarendo
all’art. 9 che, fatto salvo quanto appena previsto
dall’art. 4 dall’attuazione della legge “non debbono
derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica”.
* * * *
4.
(segue). In particolare,
il D.M. 12/07/2011 n. 5669 e le linee guida allegate.
Il D.M. 5669/2011 in
sede di attuazione di quanto disposto dall’art. 7, comma
2 della legge 170/2010, ha individuato le modalità di
formazione dei docenti e dei dirigenti scolastici, le
misure educative e didattiche di supporto utili a
sostenere il corretto processo di
apprendimento/insegnamento fin dalla scuola
dell’infanzia, nonché le forme di verifica e di
valutazione per garantire il diritto allo studio degli
alunni con D.S.A..
Di particolare rilievo è
l’art. 6 che detta norme circa le “Forme di verifica
e valutazione” degli alunni con D.S.A. e che debbono
essere “coerenti con gli interventi pedagogici”
individuati nella diagnosi ed attuati dalle istituzioni
scolastiche (artt. 2, 3, 4 e 5).
Le Commissioni di esame
di Stato, infatti, al termine del primo e del secondo
ciclo di istruzione, sono onerate dal tenere conto delle
situazioni soggettive particolari e quindi la
valutazione dell’apprendimento dovrà essere adeguata al
percorso didattico individualizzato e personalizzato, di
volta in volta adottato per il singolo discente con
D.S.A..
In questo contesto,
possono essere consentiti tempi maggiori per lo
svolgimento delle prove e per quanto riguarda
l’apprendimento della lingua straniera si può pervenire
alla dispensa della prestazione scritta, concorrendo
taluni presupposti, quali espressamente indicati
dall’art. 5 del D.M: certificazione diagnostica di
D.S.A. in cui espressamente si richieda la dispensa
della prova scritta, richiesta di dispensa da parte del
genitore di discente minorenne o del maggiorenne,
approvazione da parte del consiglio di classe che
confermi la dispensa in forma temporanea o permanente,
tenendo conto delle valutazioni diagnostiche e sulla
base delle risultanze degli interventi di natura
pedagogico-didattica forniti e del particolare tipo di
scuola frequentata dall’alunno.
In casi di particolare
gravità (art. 6) il discente con D.S.A. può essere
esonerato del tutto dall’apprendimento della lingua
straniera e seguire un percorso didattico differenziato.
L’art. 8 prevede
l’attuazione di particolari supporti forniti dalla rete
predisposta dal M.I.U.R. detti CTS (Centri Territoriali
di Supporto) istituiti con il progetto “Nuove
Tecnologie, nuove disabilità”, che hanno funzione di
consulenza, collegamento e monitoraggio in materia.
Le “Linee guida per
il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con
disturbi specifici di apprendimento” allegate al
D.M. 5669/2011 costituiscono un vero e proprio
vademecum contenente una capillare descrizione
della normativa in oggetto.
A titolo meramente
esemplificativo, rilevano senza dubbio all’art. 3,
dedicato alla didattica individualizzata e
personalizzata con esplicitazione di quali siano gli
strumenti compensativi e quali le misure dispensative,
tra cui compaiono la sintesi vocale, il registratore, i
programmi di video scrittura, la calcolatrice ed altri
strumenti meno evoluti (tabelle, formulari, mappe), la
dispensa dal far leggere a voce alta brani di fronte
alla classe e la riduzione del numero di prove o di
esercizi nei compiti a scuola ed a casa.
Sempre all’interno delle
linee guida viene disciplinata la documentazione dei
percorsi didattici, che si suggerisce abbia la forma del
Piano Didattico Personalizzato (PDP) contenente talune
voci base, i cui forms sono pubblicati sul sito
del M.I.U.R. .
L’art. 7.1 delle Linee
Guida, dispone infine che la legge 170/2010 e le
disposizioni attuative riassumono e superano tutti i
provvedimenti e le note ministeriali precedentemente
emanati riguardo ai D.S.A.
* * * * *
5.
(segue). Casi e questioni tratti dalla
giurisprudenza. Risarcibilità del danno.
La giurisprudenza
amministrativa edita riguarda per lo più ricorsi che
sono maturati anteriormente alla legge 08/10/2010 n. 170
ed alla normativa di dettaglio emanata in sua
attuazione.
La nuova legge dovrebbe
nel tempo condurre ad una diminuzione delle iniziative
giudiziarie, essendo stati chiariti sia l’iter formativo
delle varie fasi atte a garantire il diritto
all’istruzione dello studente con D.S.A. sia il
contenuto delle fasi stesse (ipotesi di D.S.A. –
diagnosi – indicazione mediatori didattici –
applicazione degli stessi – verifica periodica –
valutazione scolastica intermedia e finale).
I casi scelti che
seguono, pur emessi con riferimento essenzialmente al
D.P.R. 22/06/2009 n. 122, alla nota ministeriale
05/10/2004 prot. 4099/A/4, alla nota ministeriale
05/01/2005 prot. 26/A , alla nota ministeriale
01/03/2005 prot. 1787 – alla Circolare Ministeriale
10/05/2007 prot. 4674 ed alla Circolare Ministeriale
prot. 5744), colgono perfettamente gli ambiti
giurisdizionali in cui la materia si articola.
La giurisprudenza si è
occupata soprattutto di verificare la avvenuta concreta
applicazione agli studenti con D.S.A. dei presìdi di
mediazione didattica (strumenti compensativi e misure
dispensative) e la valutazione didattica in itinere e
finale dei discenti con D.S.A. .
Più di un Tribunale
Amministrativo ha dichiarato la illegittimità di giudizi
di non ammissione alla classe successiva, laddove sia
stata omessa idonea e globale valutazione dello
studente.
Il T.A.R. Lazio –
Sezione Terza bis (sentenza n. 31203/2010) in punto si è
così espresso:
“In tale specifica
evenienza deve potersi esigere dal consiglio dei docenti
di tenere in espresso conto, in sede di formulazione del
giudizio finale, di tutti gli altri elementi di
valutazione imposti dalla legge, diversi (dislessia) da
quello prettamente tecnico dell’esito dei risultati
tecnici conseguiti.
“Orbene il Collegio non
ravvisa nell’impugnato giudizio e nel suo iter logico,
quale emerge dagli atti prodotti in giudizio, la
rispondenza a detti principi e finalità.
Infatti per quanto
attiene agli altri elementi diversi (dislessia), non è
dato individuare nell’atto in esame alcuna autonoma e
comparativa valutazione, così come la normativa
prescrive.” .
Nello stesso senso, TAR
Lazio – Sezione terza bis (ordinanza n. 3616/2010) ha
accolto l’istanza cautelare di ammissione con riserva
all’esame di licenza media di alunno con D.S.A.
“considerato che
dall’esame del verbale di non ammissione versato in atti
risulta che il Consiglio di classe ha dato atto di
essere a conoscenza e di avere considerato le cartelle
cliniche dello scolaro ma che da tale scarna e generica
affermazione – peraltro contrastante con quanto
affermato dal Dirigente Scolastico nella nota del 23
giugno 2010 – non è dato evincere quali motivate scelte
didattiche siano state operate in costanza di tale
peculiare situazione oggettiva, in presenza della quale
l’ordinamento prevede la predisposizione di prove
differenziate oltre che l’utilizzo di strumenti
compensativi e misure dispensative”.
Sotto più ampio profilo,
il Tribunale di Giustizia Amministrativa sezione
autonoma di Trento e Bolzano (sentenza n. 122/2011) ha
dichiarato illegittimo il provvedimento di non
ammissione di uno studente con D.S.A. alla classe
successiva a cagione di una serie di comportamenti
omissivi della scuola di riferimento (mancata adozione
del Piano Educativo Individualizzato (PEI), omessa
definizione e attuazione degli strumenti dispensativi e
compensativi, difetto di rapporti collaborativi con
A.S.L: e famiglia).
Nella motivazione si
precisa che:
“Se in presenza di un
alunno con disturbi specifici di apprendimento la scuola
non rispetta le indicazioni studiate da esperti del
settore e trasposta in leggi, regolamenti e circolari e
note ministeriali, per sopperire a tali difficoltà con
misure di sostegno individualizzate, che sicuramente
implicano un maggior impegno per gli insegnanti, la
valutazione finale del consiglio di classe è “inutiliter
data”, perché non supportata da quel percorso pedagogico
specifico che consente all’alunno in questione di far
emergere le proprie competenze ed agli insegnati di
valutarlo con l’ausilio degli strumenti appropriati”.
Il mancato rispetto
della normativa in tema di D.S.A., quale espressione in
senso più ampio della lesione del diritto
all’istruzione, può costituire fondamento per la
richiesta di domande di risarcimento del danno.
Come è noto, in esito
alle più recenti pronunce della Corte di Cassazione a
Sezioni Unite 11/11/2008 n. 26972, la tipologia dei
danni subiti viene intesa secondo un sistema bipolare,
ripartito tra danno patrimoniale e danno non
patrimoniale.
Nell’ambito della
violazione delle norme sui D.S.A. le tipologie di danno
anzidette possono coesistere, se ovviamente
adeguatamente dimostrate dalla parte ricorrente.
Il danno patrimoniale è
tradizionalmente definito quale pregiudizio di natura
economica, ovverosia quel pregiudizio che il danneggiato
risente nella sua sfera patrimoniale.
Nel caso dei D.S.A., ad
esempio, può rientrare nel danno patrimoniale, il costo
relativo ad insegnamenti privati che si dimostri – con
adeguata relazione medico pedagogica - siano stati
necessari a supplire la carenza della scuola nella
formazione del soggetto con D.S.A. .
Di tali costi quindi può
essere rimborsato l’ammontare documentalmente provato,
nella misura in cui un esperto in materia appunto ne
sanzioni la necessarietà in ragione dell’entità del
disturbo e della carenza della scuola, con idonea
relazione scritta.
Possono rientrare nel
danno patrimoniale, anche i costi che sono stati
sopportati dalla famiglia del soggetto con D.S.A. per il
sostegno psicologico e/o logopedico che sia conseguito
da un comportamento della scuola non conforme alla
normativa in materia e che abbia indotto nello studente
con D.S.A. senso di abbattimento, di caduta della stima,
chiusura emotiva, instabilità psichica.
Anche in questo caso i
costi debbono essere provati documentalmente ed il danno
relazionale, sempre con riferimento alla sua componente
economica, deve risultare giustificato da idonea
relazione di esperto in materia, che abbia verificato la
necessità del sostegno richiesto ed offerto dallo
specialista.
Dalla violazione di
norme sui D.S.A. possono determinarsi anche danni non
patrimoniali, attinenti non ai costi in sé, ma al
pregiudizio patito alla sfera psichica, morale,
biologica ed emotiva del soggetto con D.S.A. .
Il danno non
patrimoniale, tradizionalmente identificato con il
patema d'animo, la sofferenza interiore, l'ingiusta
sofferenza causata dal comportamento altrui non lecito,
è qui riferito al complesso dei sentimenti, della salute
psico-fisica e delle affezioni del danneggiato e può
comprendere anche il danno esistenziale, dove il
rispetto delle norme assume connotazione di rispetto
dell’individuo in tutte le sue componenti, anche di vita
quotidiana.
La violazione delle
norme sui D.S.A. (come più in generale, la violazione di
diritti inviolabili garantiti dalla Costituzione)
costituisce in quest’ottica una compromissione delle
attività realizzatrici della persona,
come tali oggetto di risarcimento per le conseguenze
negative derivanti dalla violazione medesima
.
La giurisprudenza più
sensibile in materia ha accolto tale aspettativa,
riconoscendo il danno non patrimoniale allo studente
dislessico, ingiustamente respinto all’esame finale,
rilevando che “la valutazione negativa formulata nei
confronti di un ragazzo molto giovane per il mancato
superamento dell’anno scolastico determina, secondo
comune esperienza, uno stato d’animo di angoscia e
frustrazione perché a risultarne colpita è l’immagine
che l’individuo ha di sé. Il detrimento del sentimento
di autostima si ripercuote sulla personalità e può anche
acuirsi con il tempo. Del resto, l’inferenza di tale
rischio è confermato anche nelle citate disposizioni di
legge nelle quali si afferma le difficoltà di
apprendimento derivati dalla dislessia possono
comportare gravi ricadute a livello personale quali
l’abbassamento dell’autostima, depressione e
comportamenti oppositivi che possono a loro volta
comportare un abbandono scolastico o una scelta di basso
profilo rispetto alle potenzialità”, così T.A.R.
Lombardia, 30/01/2011
(http://www.giuristiediritto.it/amministrativo/89-giurisprudenza-tar/683-tar-lombardia-sezione-iii-sentenza-del-30-gennaio-2011.html?tmpl=component&print=1).
Il danno non
patrimoniale viene liquidato dai Giudici in via
equitativa, in una somma determinata secondo un
apprezzamento discrezionale, che tiene conto dei vari
parametri oggettivi e soggettivi provati in corso di
causa e del complesso delle circostanze in fatto ed in
diritto risultanti dalla singola fattispecie.
Nella medesima decisione
di cui sopra, i Giudici Amministrativi hanno, ad
esempio, valutato il danno non patrimoniale nell’importo
di quindicimila euro “a soddisfazione del sentimento
di angoscia e frustrazione patito dal giovane”.
Nella specie, si è avuto espresso riguardo “alla
fragilità della struttura psichica di un soggetto molto
giovane che accentua ogni trauma emotivo” e
considerando “il tipo di lesione la cui consistenza
va apprezzata non solo al momento del fatto ma anche per
il fatto di essere destinata a ripercuotersi, per il
futuro, lungo tutta la vita scolastica del danneggiato”.
* * * * *
6.
Legge sui D.S.A. a confronto con le leggi 104/1992,
67/2006 e 289/1990. Riflessioni finali.
L’auspicio è che nuova
legge sui D.S.A. possa condurre ad una sempre maggiore
realizzazione del diritto allo studio, all’interno di un
sistema scolastico che sia in grado, attraverso la
formazione dei docenti, l’applicazione degli strumenti
dispensativi/compensativi ed una collaborazione stretta
tra le varie componenti coinvolte, di garantire
professionalità, coerenza di intenti, educazione al
rispetto delle differenze come naturale componente
dell’uomo e fonte di reciproco arricchimento.
Nell’ambito di questi
aspetti, merita considerazione, tuttavia, riflettere
sulle possibili implicazioni della legge sui D.S.A. con
la legge 104/1992 (“Legge-quadro
per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti
delle persone handicappate”).
Uno dei quesiti di coordinamento normativo che si pone è
se il soggetto che presenti una minorazione riconosciuta
ai sensi della legge 104/1992 ed uno o più disturbi
specifici dell’apprendimento, possa giovarsi oltre che
dell’insegnante di sostegno anche dei
mediatori didattici
previsti dalla legge 170/2010.
Un’interpretazione
costituzionalmente orientata, volta a garantire in tutti
i soggetti il diritto allo studio ed all’apprendimento
ed all’abbattimento degli ostacoli che possono frapporsi
al raggiungimento di tale diritto, implica che lo
studente disabile abbia diritto senz’altro diritto di
fruire degli strumenti compensativi/dispensativi di cui
alla legge 170/2011.
Un secondo quesito,
riguarda il caso opposto e se cioè casi particolarmente
gravi di D.S.A. (specie laddove vi sia comorbilità
con disturbi comportamentali o dell’attenzione, non
riconosciuti peraltro ai sensi della legge 104/1992)
possano richiedere la presenza di un insegnante di
sostegno, non previsto dalla legge 170/2010.
In via di
interpretazione di stretto diritto, la risposta dovrebbe
essere negativa, in quanto la legge che disciplina i
D.S.A. si pone – seppur implicitamente – al di fuori
della disabilità, non essendo rivolta a soggetti in cui
vi sia presenza di “minorazione fisica, psichica o
sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di
difficoltà di apprendimento, di relazione od
integrazione lavorativa e tale da determinare un
processo di svantaggio sociale o di emarginazione”,
come previsto dall’art. 3 della legge 104/1992.
Siffatta scelta
legislativa ha costituito giustamente oggetto di critica
sulla base del fatto che “i soggetti affetti da
D.S.A. presentano indiscutibili difficoltà nel leggere,
nello scrivere o nel riconoscere i numeri”
difficoltà che sono “causate da disabilità, laddove
per disabilità si intenda una persistente inefficienza
funzionale del sistema che sottintende alle funzioni di
transcodifica dei segni scritti” e che si determina
un processo di svantaggio sociale del tutto comparabile
– almeno nelle ipotesi più gravi - ai casi di disabilità
di cui alla legge 104/1992.
Il timore è che quindi
si lascino prive di tutela situazioni che invece
meritano per similarità di presupposti il medesimo
trattamento giuridico sino a potersi dubitare della
legittimità costituzionale della normativa in oggetto,
nella parte in cui non prevede che, in ipotesi di
particolare gravità, debitamente diagnosticate ed
accertate, non sia consentito al soggetto con D.S.A. di
non potersi avvalere di un insegnante di sostegno, pur
trovandosi nella medesima condizione di disabilità
tutelata dalla legge 104/1992.
Vi
è un altro aspetto da considerare e cioè che escludendo
la legge 170/2010 in modo incondizionato
(indipendentemente cioè dalla gravità del disturbo che
affligge la persona) i soggetti con D.S.A. dalla tutela
prevista dalla legge 104/1992 essa rischia di privare i
medesimi soggetti dalla tutela di cui alla legge 1°
marzo 2006, n. 67 recante "Misure per la tutela
giudiziaria delle persone con disabilità vittime di
discriminazioni".
L’art. 1 della legge
67/2006, promuove infatti “la piena attuazione del
principio di parità di trattamento e delle pari
opportunità nei confronti delle persone con disabilità
di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n.
104, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento
dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.”
La legge 67/2006
costituisce strumento di tutela giudiziale diretta
contro gli atti ed i comportamenti discriminatori e come
sottolineato dalla più attenta dottrina in materia
“i soggetti con D.S.A potrebbero non godere della
tutela dalle discriminazioni prevista dalla legge 67 del
2006 ove si ritenesse indispensabile, per iniziare
l'azione antidiscriminatoria, il possesso del
certificato previsto dalla legge 104 del 1992 e la
persona colpita da D.S.A. ne fosse priva.”.
Soluzione peraltro che
il medesimo A. (loc. cit.) respinge “dovendosi
rileggere la disabilità come concetto in evoluzione così
come richiesto dalla lett. e) della Convenzione delle
Nazioni Unite del 2006 e ricordando che i diritti
sanciti dal Trattato non sono esclusivamente riservati
ai soggetti di cui alla legge 104 del 1992, si può
desumere che il divieto di discriminazione di cui
all'art. 5 della Convenzione riguarda anche le persone
con D.S.A. Se questo è vero, anche la disciplina che
attua l'art. 5 in Italia – cioè la legge n. 67 del 2006
– dovrebbe trovare applicazione nei casi di D.S.A”.
Sempre per le medesime
ragioni, regna tuttora incertezza assoluta e disparità
di trattamento, ad ulteriore esempio, circa la
concessione o meno allo studente con D.S.A.
dell’indennità mensile di frequenza istituita con la
legge 11 ottobre 1990, n. 289 “Modifiche alla
disciplina delle indennità di accompagnamento di cui
alla L. 21 novembre 1988, n. 508, recante norme
integrative in materia di assistenza economica agli
invalidi civili, ai ciechi civili ed ai sordomuti e
istituzione di un'indennità di frequenza per i minori
invalidi".
Anche qui, la ragione
per cui viene negata la concessione dell’indennità è che
lo studente cui siano stati diagnosticati solo D.S.A.
non rientra nella tutela della legge 104/1992 e come
tale non giustificherebbe l’anzidetta indennità.
Il confronto della legge
sui D.S.A. con le leggi 104/1992 e 67/2006 impone de
jure condendo una riflessione circa la necessità di
ulteriormente intervenire in materia e provvedere ad una
disciplina ad hoc dei casi più gravi di soggetti con
D.S.A. in modo da garantire una tutela parificata con
analoghe situazioni di disabilità.
Una revisione ed
uniformazione della normativa, sarebbe dunque,
certamente auspicabile.
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