Adamo Giovanni, Strangio Rossella,
Pesce Gian Maria
1. La concentrazione tra imprese
nel sistema europeo della concorrenza
L'opportunità di prevedere una
normativa ad hoc in materia di concentrazioni sorgeva
già nella seconda metà degli anni '50, in sede di
redazione del Trattato di Roma1, e tuttavia, in Europa,
il primo atto formale compiuto in questa direzione, può
essere individuato in un memorandum che la Commissione
emanò solo nel 19662. In tale documento si valutava la
possibilità di regolare il fenomeno della concentrazione
tra imprese attraverso l'uso di strumenti antitrust, in
particolare tramite l'applicazione dell'art. 82 TCE.
Al fine di rimediare alla carenza
di una normativa specifica, agli inizi degli anni
settanta, la Commissione Europea aveva avvertito
l'esigenza di creare una disciplina in materia in grado
di consentire un intervento ad hoc, realizzato
attraverso la predisposizione di un controllo
“preventivo” sulle operazioni di concentrazione ed in
grado di impedire così “ab origine” qualsiasi effetto
distorsivo della concorrenza. La discussione tra i vari
Stati membri si protrasse tuttavia nel corso di tutti
gli anni '70 (e poi ancora sino all'emanazione del primo
regolamento nel 1989) e nelle more di questa procedura
consultiva la Commissione iniziò a sottoporre a
controllo le concentrazioni utilizzando come base
giuridica gli artt. 81 e 82 TCE3.
Tuttavia queste disposizioni si
dimostrarono del tutto inadeguate all'obiettivo
preposto:
l'art. 81 - che vieta(va) le
intese anticompetitive - presupponeva infatti che le
parti coinvolte nell'operazione rimanessero
economicamente e giuridicamente indipendenti e dunque
tale fattispecie non trovava applicazione nelle ipotesi
di concentrazione avvenuta in seguito a fusione;
l'art. 82 - che vieta(va)
l'abuso di posizione dominante - trovava applicazione
solo nei casi in cui le imprese detenessero, già prima
dell'operazione di concentrazione, una posizione
dominante, sempre che la stessa fosse considerata
abusiva.
L'inadeguatezza di queste
disposizioni, ancora, si evidenziava anche sotto altro
profilo. E' evidente oggi, come lo era allora, il
carattere di controllo meramente “successivo” delle
disposizioni in questione ed è parimenti evidente,
invece, l'esigenza di assicurare la tutela della
concorrenza nel mercato in un momento anteriore alla sua
effettiva distorsione. La realizzazione di alcuni
fenomeni economici, infatti, non è, talvolta, operazione
i cui effetti sono del tutto azzerabili ex post. In
breve, sorgevano delle rilevanti difficoltà nei casi in
cui, accertato l'effetto anticoncorrenziale di una
concentrazione, si tentava di ristabilire gli equilibri
di mercato precedenti alla stessa.
2. Le operazioni di concentrazione
nel diritto comunitario: rapido excursus sull'evoluzione
della disciplina
Nel 1989 il Consiglio approvava la
prima disciplina comunitaria sul controllo delle
operazioni di concentrazione tra imprese. La necessità
di tale previsione si inseriva nel procedimento di
modifica del Trattato di Roma che culminò poi con
l'emanazione dell'Atto unico4. La normativa in questione
si concretizzò nel Regolamento n. 4064/1989 che entrò in
vigore solo nel 1990. Il regolamento del 1989 poneva in
essere alcuni meccanismi atti ad evitare le
problematiche precedentemente sorte con l'applicazione
degli artt. 81 e 82 TCE ed a tal fine, in particolare,
prevedeva:
l'obbligo della notifica
preventiva delle concentrazioni alla Commissione;
la determinazione
dell'individuazione delle concentazioni da notificare
con riferimento a precise soglie di fatturato (calcolate
tramite la somma dei fatturati delle imprese
interessate);
il divieto di procedere ad una
operazione di concentrazione quando questa realizzava la
creazione o il rafforzamento di una posizione dominante
sul mercato;
un meccanismo di rinvio
operante tra la Commissione e gli Stati membri nel caso
in cui si fosse ritenuto che la prima sede di controllo
non fosse la più adeguata (un rinvio biunivoco).
Tuttavia, i rapidi mutamenti di
mercato che hanno caratterizzato gli anni '80 e '90, e
l'ampliarsi dei confini e degli obbiettivi della stessa
Comunità Europea, imposero, nel giro di pochi anni,
un'altra revisione alla giovane disciplina introdotta
nel '89.
Alcuni aspetti del reg. 4064 furono
infatti modificati tramite il successivo reg. 1310/19975
che, oltre a tenere in debito conto il generale aumento
del volume d'affari delle imprese europee, introdusse
financo una nuova ipotesi di fattispercie soggetta al
controllo della Commissione. In particolare, il reg.
1310/1997, prevedeva:
la modifica delle soglie di
fatturato per la determinazione dell'obbligo di notifica
della concentrazione con successivo ampliarsi del campo
di applicazione del regolamento rispetto a quanto
precedentemente statuito;
la relativa modifica del
procedimento di rinvio delle concentrazioni tra
Commissione e Stati membri, peraltro già previsto anche
dal regolamento precedente;
infine, si introduceva una
nuova ipotesi soggetta a controllo, quella relativa alla
costituzione di un impresa comune6.
In seguito, poi, anche dopo
l'entrata in vigore della nota riforma del diritto della
concorrenza europeo7, si è inteso ulteriormente mettere
a mano alla disciplina in questione, questa volta
operando un intervento più organico rispetto alle
modifiche adottate nel 1997, e tuttavia tenendo altresì
in conto gli interventi adottati con quell'ultima
revisione. Nell'inverno del 2004 veniva così emanata la
vigente disciplina, reg. 139/20048 che ha previsto, tra
l'altro, le seguenti modifiche:
la riorganizzazione dell'ormai
superata struttura del reg. 4064/1989, in linea anche
con le modifiche che erano state più recentmente
introdotte;
l'inserimento di alcune
ulteriori modifiche al procedimento di controllo, in
particolare:
il criterio di
determinazione delle concentrazioni non compatibili con
il mercato comune;
i procedimenti di rinvio
delle concentrazioni tra Commissione e Autorità
nazionali.
3. Aspetti essenziali della riforma
del diritto comunitario: il test di dominanza.
Come facilmente intuibile dal
rapido excursus che precede, il regolamento comunitario
sulle concentrazioni, tra il 1989 e il 2004, si limitava
a proibire le operazioni di concentrazione che avevano
come effetto quello di:
a) creare o rafforzare una
posizione dominante sul mercato
b) impedire il libero gioco della
concorrenza.
Era, in realtà, la stessa struttura
del test di valutazione impiegato in precedenza a non
lasciare alcuna libertà di azione alla Commissione che
si trovava costretta dalla esigenza di dimostrare, al
fine di vietare una determinata concentrazione lesiva
della concorrenza, l'esistenza di una posizione
dominante.
Il criterio della dominanza non si
è rivelato sempre appropriato nella valutazione dei
possibili effetti che da un'operazione di concentrazione
potevano scaturire, e si è molto discusso
sull'opportunità di sostituirlo con altri ritenuti più
idonei come, ad esempio, quello adottato
dall'ordinamento antitrust statunitense9.
Al termine della fase di
preparazione della nuova disciplina, caratterizzata da
un lungo ed approfondito dibattito, sono emersi in seno
alla stessa Commissione europea diverse scuole di
pensiero che avevano individuato le carenze ed i limiti
del test di rilevanza. È stato evidenziato, tra l'altro,
che il test non si mostrava particolarmente adatto ad
essere applicato a tutte le varie tipologie di
concentrazione che producevano pregiudizio alla
concorrenza10; ed ancora, che il concetto di dominanza
in materia di concentrazioni veniva applicato a
situazioni e fattispecie anche molto lontane da quella
di concentrazione così come era stata fino ad allora
intesa. Nonostante i dubbi e le perplessità, tuttavia,
nella nuova normativa comunitaria in materia il test di
dominanza non è stato completamente abbandonato e ciò,
soprattutto, al fine di garantire una maggiore certezza
giuridica, nel senso di garantire un collegamento col
vasto patrimonio giurisprudenziale prodottosi nella
vigenza del precedente Regolamento, evitando
un'estensione spropositata del potere discrezionale
della Commissione che si appresterebbe a valutare le
concentrazioni con l'utilizzo di un nuovo strumento non
effettivamente “collaudato”. Tuttavia, a fronte delle
perplessità e delle obiezioni sollevate dalla maggior
parte degli Stati membri è sorta l'esigenza
dell'introduzione di un nuovo test che si basa sul
criterio generale dell'impedimento significativo della
concorrenza effettiva.
L'art. 2 del Regolamento definisce
incompatibili con il mercato comune “le concentrazioni
che ostacolano in modo significativo la concorrenza
effettiva del mercato comune o in una parte sostanziale
di esso”. Fermo restando, come detto in precedenza, il
mantenimento del test di dominanza, è stato introdotto
il nuovo test denominato SIEC, Substantial Impediment of
Effective Competition. Secondo il nuovo criterio, una
concentrazione è vietata solo se impedisce
sostanzialmente la concorrenza effettiva e non se
comporta anche una posizione dominante sul mercato. Il
nuovo test rappresenta una sorta di compromesso tra il
test utilizzato nel sistema statunitense (SLC),
imperniato sulla riduzione sostanziale della
concorrenza, e il test di dominanza. La dominanza, in
questo caso, non rappresenta più il fulcro dell'intero
sistema ma diventa l'esempio più tipico della riduzione
sostanziale della concorrenza, assumendo le
caratteristiche di specie del più ampio genere del SLC.
In pratica, la riduzione della concorrenza generata da
una posizione dominante diventa l'ipotesi più tipica e
più frequente del pregiudizio alla concorrenza ma non
completa l'intero panorama di ipotesi anticompetitive
che possono scaturire da una concentrazione. Pertanto,
con l'impiego del nuovo test possono essere vietate, a
differenza di ciò che succedeva precedentemente, tutte
quelle operazioni suscettibili di produrre restrizioni
significative della concorrenza ma che non danno luogo
ad una situazione di dominanza.
L'impiego di questo nuovo
strumento, infine, consente ai paesi appartenenti
all'Unione Europea di allinearsi maggiormente anche agli
altri sistemi giuridici internazionali rendendo così più
efficiente ed unitario lo studio e la trattazione di
quelle operazioni di concentrazione che si realizzano in
diversi contesti economico-giuridici, le concentrazioni
internazionali appunto.
4. Aspetti innovativi della
riforma: la procedura di controllo delle concentrazioni.
La Commissione Europea ha istituito
al suo interno una Direzione generale della concorrenza
(DG Concorrenza), competente in materia di attuazione
della politica della concorrenza con particolare
attenzione alle operazioni di concentrazione. La DG
Concorrenza è, infatti, destinataria della notifica
preventiva dell'operazione di concentrazione, si occupa
della raccolta della documentazione e delle informazioni
ritenute utili ed effettua la valutazione
sull'operazione, spetta poi alla Commissione, nel plenum
dei suoi componenti, emettere la decisione sulla
concentrazione.
Prima di passare ad analizzare il
profilo procedurale relativo al controllo delle
operazioni di concentrazione previsto dalla normativa
europea è opportuno specificare quando un'operazione
assume “dimensione comunitaria”.
La dimensione comunitaria di
un'operazione di concentrazione è determinata in base a
criteri legati alle soglie di fatturato delle imprese
che partecipano all'operazione (c.d. imprese
interessate). Una concentrazione acquisisce quindi
“dimensione comunitaria”:
a) quando il fatturato totale
realizzato a livello mondiale dall’insieme delle imprese
interessate è superiore a 5 miliardi di euro;
b) quando il fatturato totale
realizzato singolarmente nella UE da almeno due delle
imprese interessate è superiore a 250 milioni di euro, a
meno che ciascuna di tali imprese realizzi più di due
terzi del proprio fatturato totale nell’UE all’interno
di un unico e medesimo Stato membro.
Tuttavia, anche nel caso in cui le
soglie di cui ai punti a) e b) non siano raggiunte,
un'operazione di concentrazione può assumere dimensione
comunitaria se
il fatturato totale realizzato
a livello mondiale dall’insieme delle imprese
interessate è superiore a 2,5 miliardi di euro;
in ciascuno di almeno tre Stati
membri, il fatturato totale realizzato da tutte le
imprese interessate è superiore a 100 milioni di euro;
in ciascuno di almeno tre Stati
membri, il fatturato totale realizzato singolarmente da
almeno due delle imprese interessate è superiore a 25
milioni di euro;
il fatturato totale realizzato
singolarmente nella UE da almeno due delle imprese
interessate è superiore a 100 milioni di euro, a meno
che ciascuna delle imprese di cui sopra realizzi più di
due terzi del proprio fatturato totale nella UE
all’interno di un unico e medesimo Stato membro.
Il criterio del fatturato, sebbene
rappresenti uno strumento empiricamente plausibile, al
fine di poter classificare la portata di un'operazione,
non è l'unico criterio applicabile. Un suo omologo è
rappresentato dal “3+”, ossia un criterio che prevede
l'insorgere di una competenza esclusiva della
Commissione qualora una richiesta di rinvio le venga
effettuata da tutti gli Stati membri o da almeno tre di
questi.
Chiarita la dimensione comunitaria
di un'operazione, occorre poi avere riguardo alla
procedura di notifica. L'individuazione del momento in
cui nasce, in capo alle imprese interessate, l'obbligo
di notifica della concentrazione è di radicale
importanza al fine di evitare le conseguenze che la
notificazione tardiva di una concentrazione può
comportare. Nel precedente Regolamento n. 4064/1989,
l'obbligo di notifica doveva essere assolto entro la
settimana successiva alla conclusione dell'accordo,
dall'annuncio di un offerta pubblica di acquisto o di
scambio o dall'acquisizione del controllo. Con il nuovo
Regolamento è stato eliminato il termine di una
settimana ed è stata introdotta una maggiore
flessibilità che consente di rendere più agile il
sistema, ma anche di facilitare il coordinamento delle
inchieste in materia di concentrazioni con le altre
giurisdizioni. Infatti, oggi la notifica può essere
eseguita anche in presenza di una “goof-faith intention
to conclude an agreement or to make a pubblic bid” 11.
Al fine di meglio coordinare
l’attività con le autorità nazionali competenti, il
nuovo regolamento introduce la possibilità per le
imprese interessate di presentare alla Commissione,
prima della presentazione della notifica, una richiesta
motivata di rinvio alle autorità nazionali. Si tratta di
una "prenotifica", che consente di dimostrare alla
Commissione che la concentrazione proposta, anche se ha
dimensione comunitaria, va ad incidere esclusivamente
sulla concorrenza nel mercato di un singolo Stato
membro. Se lo Stato membro in questione, entro un
termine di quindici giorni successivi alla ricezione
della richiesta motivata, non dichiara il proprio
disappunto riguardo alla richiesta di rinvio, la
Commissione ha venticinque giorni per rinviare la
questione alle autorità competenti dello Stato membro in
questione affinché queste applichino il diritto
nazionale in materia di concorrenza.
Passando alla procedura vera e
propria possiamo osservare come la Commissione, in
seguito al ricevimento di una notifica, conduca le
relative indagini, adottando i poteri necessari per dare
eventualmente avvio al procedimento e imponendo le
opportune sanzioni. In questo iter la Commissione deve
in primo luogo verificare se:
a) la concentrazione notificata
rientra nel campo di applicazione del Regolamento;
b) la concentrazione è compatibile
con il mercato comune oppure suscita seri dubbi circa la
sua compatibilità.
La Commissione, entro il termine di
90 giorni dalla data dell'inizio del procedimento di
controllo (termine che può essere prorogato di ulteriori
20 giorni o che può essere interrotto, su richiesta
delle imprese interessate, nel caso in cui queste si
impegnino a trovare dei rimedi per eliminare eventuali
aspetti anti-concorrenziali), sulla base delle
valutazioni effettuate, può decidere di approvare la
concentrazione, di vietarla o di acconsentire al suo
perfezionamento previa modifica, da parte delle imprese
interessate, della struttura originaria dell'operazione.
Una concentrazione di dimensione
comunitaria, in linea di principio, non può essere
realizzata prima di essere notificata alla Commissione e
neanche nelle tre settimane successive alla stessa.
Qualora una concentrazione fosse stata realizzata nel
mancato rispetto dei termini previsti e sia
successivamente dichiarata incompatibile con il mercato
comune, la Commissione può ordinare il disfacimento
dell'operazione e può adottare qualsiasi misura, anche
provvisoria, ritenuta utile ed opportuna al fine di
ristabilire la situazione precedente alla
concentrazione, e cercare di attenuare così i possibili
pregiudizi alla concorrenza.
Nel caso in cui un'operazione di
concentrazione susciti dei seri dubbi di compatibilità
con il mercato comune, la Commissione può invitare le
imprese interessate a fornire informazioni aggiuntive e,
nel caso lo ritenga opportuno, può effettuare anche
ispezioni sul posto (accedere a tutti i locali, terreni,
verificare libri contabili ed altri documenti attinenti
all’attività dell’impresa, estrarre copia di documenti,
apporre sigilli su locali, libri o documenti, chiedere
spiegazioni su fatti etc). La Commissione può quindi
chiedere anche alle imprese interessate che vengano
apportate le modifiche necessarie per rendere la
concentrazione compatibile con il mercato comune.
Al fine di assicurare il rispetto
delle proprie decisioni, la Commissione ha il potere di
infliggere due tipi di sanzioni:
a) le ammende, di un ammontare pari
all'1% del fatturato totale di un’impresa quando questa
fornisca indicazioni inesatte, fuorvianti, incomplete o
oltre il termine prescritto, o quando siano stati
infranti i sigilli apposti nel corso di un’ispezione;
a)bis oppure un'ammenda ammontare
pari al 10% del fatturato totale quando un’impresa
ometta di notificare una concentrazione prima della sua
realizzazione, o quando realizzi una concentrazione
violando le norme del regolamento o contravvenendo ad
una decisione della Commissione;
c) le penalità di mora, in
percentuale del 5% del fatturato totale giornaliero
medio dell’impresa per giorno lavorativo di ritardo a
decorrere dalla data fissata dalla Commissione nella sua
decisione relativa alla richiesta di informazioni, ad
un’ispezione o altro.
5. La disciplina nazionale e la
ripartizione delle competenze
La logica economica che presiede al
controllo delle concentrazioni è un'esigenza
direttamente legata agli equilibri del mercato la quale
mira ad evitare che, attraverso un modello di crescita
“esterna”, un'impresa sia in grado di acquisire un
potere di mercato che le consenta di peggiorare le
condizioni di offerta ai consumatori. La logica
giuridico-economica è dunque la medesima logica che ha
animato la disciplina delle concentrazioni comunitarie,
e, nonostante nel nostro Paese si sia giunti
relativamente tardi ad una compiuta disciplina in
materia di concorrenza12, la pregressa esperienza
derivata dall'applicazione della disciplina comunitaria
ha permesso di approntare sin dal suo esordio una
disciplina, sebbene ancora perfettibile, sicuramente
completa, e cioè che abbraccia mutatis mutandis tutte le
fattispecie di concentrazione tra imprese che erano
state individuate nel sistema comunitario. Passando poi
al tema del coordinamento tra le attribuzioni
comunitarie e quelle nazionali occorre rilevare come la
competenza esclusiva della Commissione per il controllo
delle concentrazioni di dimensione comunitaria esclude
radicalmente la possibilità di procedimenti paralleli
sulla medesima fattispecie in applicazione della
disciplina interna. I rapporti tra la legge antitrust
nazionale e la disciplina comunitaria della concorrenza
possono così dirsi improntati ad un modello definito di
cd. “barriera unica”13.
Per quanto riguarda il dato
normativo della disciplina nazionale in materia di
concentrazioni occorre avere riguardo alla l. 287/90.
Neppure la nostra cd. legge antitrust, come d'altra
parte anche il reg. comunitario, specifica in maniera
puntuale cosa si intenda per concentrazione e tuttavia
descrive, all'art. 5 della legge in questione, un serie
di ipotesi in cui si presumono realizzate le conseguenze
di una concentrazione. Secondo la normativa nazionale
tale ipotesi si realizza:
a) quando due o più imprese
procedono a fusione;
b) quando uno o più soggetti in
posizione di controllo di almeno un'impresa ovvero una o
più imprese acquisiscono direttamente od indirettamente,
sia mediante acquisto di azioni o di elementi del
patrimonio, sia mediante contratto o qualsiasi altro
mezzo, il controllo dell'insieme o di parti di una o più
imprese;
c) quando due o più imprese
procedono, attraverso la costituzione di una nuova
società, alla costituzione di un'impresa comune.
Vengono invece espressamente
escluse dal dettato normativo le operazioni di
concentrazione che hanno per oggetto o per effetto
principale il coordinamento di imprese indipendenti.
In breve, dall'analisi del dettato
normativo si può facilmente evincere che per il diritto
nazionale si ha una concentrazione quando un'operazione
incide in maniera rilevante sulla struttura delle
imprese partecipanti concedendo a queste la possibilità
di operare sul mercato in maniera anticoncorrenziale e
comunque in contrasto con gli interessi dei consumatori.
Per quanto riguarda gli altri aspetti rilevanti della
discipilina vengono altresì in evidenza gli artt. 6, 7,
16, 17, 18 e 19 del medesimo testo normativo. Fulcro
dell'intera disciplina è l'art. 6, rubricato “divieto di
operazioni di concentrazione restrittive della libertà
di concorrenza”. Tale disposizione va letta in un'ottica
organica, ed in particolare, con specifico riferimento
all'art. 16 che a sua volta prevede i casi in cui una
concentrazione deve ritenersi soggetta a comunicazione.
Si tratta sostanzialmente di un criterio quantitativo e
basato sul fatturato14 delle imprese interesasate
dall'operazione, criterio omologo a quello comunitario.
Ancora, poi, interessante, anche in
prospettiva comparatistica con la normativa comunitaria,
deve ritenersi il successivo art. 7. Tale disposizione,
rubricata “controllo”, estende in maniera sostanziale
l'applicabilità della disciplina in discorso
all'ipotesi, riconducibile, per espresso richiamo, a
quella di cui all'art. 2359 c.c. e pur tuttavia più
ampia. Si ha un'ipotesi di controllo al verificarsi di
una circostanza di diritto o di fatto che dia la
possibilità di esercitare un’influenza determinante
sulle attività di un’impresa. Il controllo deve essere
stabile e duraturo e può interessare qualsiasi impresa,
parte di impresa o fattore di produzione a cui è
possibile attribuire un fatturato. Pare che con tale
disposizione il legislatore italiano, già memore e
consapevole delle lacune incontrate con le prime
formulazioni della disciplina comunitaria, abbia inteso
porre una norma di “chiusura”, capace di adattarsi alle
mutevoli esigenze del mercato ed in grado di presiedere
alla direzione anche di quelle condotte che pur non
rientrando specificamente nel concetto di concentrazione
in senso stretto producono comunque i medesimi effetti
negativi sul mercato.
I successivi articoli 16, 17 e 18
presiedono poi al procedimento di comunicazione delle
concentrazioni, all'eventuale sospensione temporanea
dell'operazione di concentrazione ed alla conclusione
dell'istruttoria sulle concentrazioni. L'analisi di tale
procedimento, e dei suoi risvolti sia sui soggetti
passivi direttamente interessati da questo, sia sugli
equilibri di mercato che il procedimento stesso tende a
proteggere, è questione la cui trattazione non può
esaurirsi in poche righe. Sia sufficiente perciò
un'osservazione che valga come spunto per eventuali
riflessioni. Al di là del procedimento in senso stretto
è, in generale, interessante analizzare la natura ed il
ruolo del soggetto che le svolge: l'autorità
indipendente che in Italia presiede all'applicazione
della normativa antitrust fa parte del più ampio network
ECN (European Competition Network) ed è un'autorità
amministrativa indipendente, priva del carattere di
terzietà proprio degli organi giurisdizionali, e
dall'altra parte, tuttavia, pur sempre soggetta al
controllo di questi, ma il cui operato è severamente
scandito dalle disposizione di legge ed il know-how dei
suoi componenti altamente specializzato. Dunque, in
Italia, se da una parte il ruolo dell'AGCM può in un
certo modo essere considerato “ingombrante” e per certi
versi le sue attribuzioni troppo ampie, in
considerazione degli evidenti limiti di difesa di un
soggetto passivo chiamato a rispondere in un
procedimento amministrativo comunque guidato
dall'insindacabilità delle scelte dell'organo che lo
governa, dall'altra parte l'alto carattere di
specializzazione dell'Autorità consente un equo
bilanciamento degli interessi di volta in volta
valutati. Da un punto di vista meramente interno,
l'auspicio per il futuro sarebbe quello, mantenendo il
medesimo impianto strutturale, di uno sviluppo
improntato ad una sempre maggior collaborazione
dell'Autorità anche con gli organi giurisdizionali, onde
garantire ai soggetti interessati le medesime tutele
previste dal processo anche nel procedimento ed in modo
tale da contribuire altresì alla creazione di una
“coscienza comune di mercato” nella cui scala di valori
i posti più in alto siano occupati dall'equilibrio del
mercato stesso e dal benessere sia degli operatori del
settore che dai consumatori che alimentano il sistema.
1 * Junior Assistant Studio Legale
Adamo – curatore blog www.concentrazioni.it
** Junior Assistant Studio Legale
Adamo
*** Fondatore Studio Legale Adamo –
www.studiolegaleadamo.it
Precisamente nel 1957, durante i
lavori preparatori del Trattato di Roma. Si discusse in
merito all'opportunità di prevedere un controllo sulle
concentrazioni, disciplina poi non inclusa nella
versione definitiva del Trattato. Da rilevare, tuttavia,
che nel 1952 il Trattato CECA prevedeva già, ai sensi
dell'art. 66, un controllo delle concentrazioni
limitatamente al settore del carbone e dell'acciaio.
2“Memorandum of
the Commission to the Governements of the Member State”,
Concentration of Enterprise in the Common Market, EEC
Competition Series, Study No. 3, Brussels, 1966
3In assenza di una specifica
disciplina, e nella consapevolezza del ruolo
determinante spiegato nel mercato dal fenomeno delle
concentrazioni, la Commissione avviò una prassi
applicativa, dapprima sulla base dell'art. 82 TCE (ex
multis Europemballage Corportazion e Continental Can c.
Commissione, causa 6/72, Racc. 1973, p. 215), e poi ai
sensi dell'art. 81 TCE (ad es. Sentenza della Corte del
17 novembre 1987, caso 142 e 156/84, British American
Tobacco Company Ltd e R.J. Reybolds Industries, inc. c.
Commissione, cause riunite 142 e 156/84, Racc. 1987).
4“Monopolkommission”, 1989.
Trattasi di quel processo che aveva come obbiettivo la
creazione, entro il 31 dicembre 1992, del “mercato
interno” (art. 14 TCE).
5Regolamento n. 1310/1997 del
Consiglio del 30 giugno 1997 che modifica il regolamento
(CEE) n. 4064/1989 relativo al controllo delle
operazioni di concentrazione tra imprese, in GU L 180
del 9 luglio 1997.
6Più precisamente “era prevista la
valutazione delle concentrazioni ai sensi dell'art. 81
TCE per quelle imprese comuni le cui società madri
rimanendo attive nel settore di attività dell'impresa
comune, potevano coordinare il proprio comportamento in
violazione dell'art. 81 TCE”, L.F. Pace, Diritto europeo
della concorrenza, Cedam, 2007.
7Attuata, in prima battuta, con
l'emanazione del ben noto reg. 1/2003, ed in seguito con
il cd. “pacchetto di modernizzazione” del diritto
antitrust europeo - tra cui rientrano, a vario titolo,
almeno sei comunicazioni emanate dalla Commissione allo
scopo, da una parte, di fornire agli operatori di
settore ed alle imprese interessate una serie di
indicazioni indispensabili ad integrare le disposizioni
precettive, e dall'altra a rappresentare un quadro di
insieme degli orientamenti della Commissione in
relazione alle questione maggiormente dibattute -.
8Regolamento n. 139/2004 del
Consiglio, del 20 gennaio 2004, relativo al controlle
delle concentrazioni tra imprese, GU L 24 del 29 gennaio
2004.
9Il criterio utilizzato dal sistema
statunitense è il “Substantial lessening of Competition
test” (SLC). In base a tale criterio sono vietare quelle
operazioni in cui vi è una riduzione sostanziale della
concorrenza, a nulla valendo la creazione o il
rafforzamento di una posizione dominante.
10Come, ad esempio, potevano essere
quelle operazioni che davano luogo a situazioni di
oligopolio non collusivo; in pratica in “quei mercati a
struttura oligopolistica nei quali, in presenza di
determinate circostanze (prima tra tutte la
differenziazione dei prodotti), l'operazione di
concentrazione può condurre all'eliminazione di
importanti vincoli concorrenziali reciprocamente
esercitati dalle imprese partecipanti alla
concentrazione, in grado, a loro volta di tradursi in
significativi ostacoli ad una concorrenza effettiva sul
mercato anche in assenza di un coordinamento tra i
membri dell'oligopolio precludendo ogni possibilità di
ricorrere all'istituto della dominanza collettiva”, così
Stefano Bastianon, in “Diritto antitrust dell'Unione
Europea”.
11Così art. 4, Reg. 139/2004; sul
punto cfr. Merola e Amati, “La riforma del controllo
comunitario delle concentrazioni: gli aspetti della
procedura”, in Dir. Unione europea, 2004, che
evidenziano l'utile innovazione a favore delle imprese.
12Legge 10 ottobre 1990, n. 287:
Norme per la tutela della concorrenza e del mercato.
(Pubblicata nella gazzetta Ufficiale n. 240 del 13
ottobre 1990)
13 Vengono così definiti quei
sistemi che, per imposizione dell'ordinamento
comunitario o per scelta dell'ordinamento nazionale, si
escludono a vicenda con una netta divisione delle sfere
di competenza. Nella medesima classificazione troviamo
poi, agli estremi, il sistema di cd. doppia barriera da
una parte, e quello di barriera unica omogenena
dell'altra.
14 Qualora il fatturato congiunto
delle imprese interessate dall’operazione sia superiore
ad € 448 milioni; oppure qualora il fatturato
dell’impresa acquisita sia superiore ad € 45 milioni; (e
sempre che non siano raggiunte le soglie per la notifica
all’UE). Da notare che le due soglie sono alternative,
l'utilizzo dell'una esclude la possibilità di potersi
avvalere dell'altre |