Cafaro Rosanna, MC redazione
Le polizze c.d. ‘indicizzate’,
siano esse index linked (ossia con una redditività
legata all’andamento di un determinato indice di borsa o
paniere di titoli azionari) o unit linked (che hanno una
redditività legata all’andamento di un fondo di
investimento) sono prodotti che, sebbene formalmente
rientranti nella categoria delle assicurazioni sulla
vita, presentano in realtà caratteristiche profondamente
diverse da quelli delle tradizionali polizze vita,
potendo non solo mancare qualsiasi forma di garanzia in
ordine alla restituzione del capitale, ma difettando
strutturalmente la garanzia della redditività del
capitale investito.
Nei primi anni 2000 venne immesso
sui mercati finanziari un prodotto di Credito Emiliano,
denominato “Unit Linked Equity”, che sovente veniva
posto dall’Istituto come pegno a garanzia di un’apertura
di credito, con un meccanismo piuttosto perverso (absit
injuria verbis) del tipo
‘apercredito-investimento-garanzia dell’apercredito’.
Pegno, costituito da un prodotto assicurativo
estremamente volatile, con rendimenti matematicamente
inferiori al tasso debitore, applicato dalla Banca
stessa all’affidamento, concesso per l’acquisto del
prodotto assicurativo indicizzato.
Il prodotto veniva illustrato con
la promessa (verbale) che alla scadenza della polizza,
all’investitore sarebbe stato assicurato un rendimento
elevato e tale da compensare non solo gli interessi
debitori, le spese e le competenze trimestrali maturati
sul conto corrente, ma anche da ricavare un ulteriore
rendimento, che avrebbe incrementato i risparmi
impegnati nella polizza.
Credito Emiliano era soggetto
collocatore di una polizza assicurativa “a vita intera a
premi liberi”, di cui sarebbero stati beneficiari gli
eredi indicati dal sottoscrittore, del tipo unit linked,
collegata al Fondo interno denominato “Azur Equity
Linked”, che si caratterizzava per essere “una nuova
linea che si affianca alle tre già esistenti,
indicizzato all’andamento di un portafoglio di fondi
azionari Euromobiliare, con la garanzia del rimborso del
capitale investito”.
Se l’investitore non disponeva dei
capitali necessari ad acquistare il prodotto, la Banca
concedeva un’apertura di credito ad hoc, che veniva
garantita dalla stessa polizza, costituita in pegno.
Dunque, si era al cospetto di un
prodotto assicurativo, agganciato all’andamento di linee
di investimento flessibili, ossia direttamente
agganciato all’andamento di fondi d’investimento; un
prodotto assicurativo con rischio di investimento a
carico dell’assicurato, ove si realizzava sempre, sia
pure con variabile entità, un trasferimento in capo
all’assicurato dei rischi connessi al risultato
finanziario della polizza.
Proprio per quanto riguarda il
“rischio di investimento sopportato dall’assicurato”, di
cui agli artt. 24 e 38 del D. Lgs. 173/97, occorre anche
precisare che tale nozione è stata introdotta dalla
normativa contabile per una finalità diversa da quella
per cui viene richiamato il concetto di rischio di
investimento a carico dell’impresa ex art. 35, D. Lgs.
174/95.
Per individuare la presenza del
“rischio di investimento sopportato dall’assicurato”
occorre far riferimento esclusivamente alla variabilità,
totale o parziale (in ragione dell’assenza o della
presenza di una garanzia di risultato
dell’investimento), dell’entità delle prestazioni dovute
a quest’ultimo soggetto in funzione delle fluttuazioni
del valore delle quote o degli attivi di fondi di
investimento ovvero degli indici azionari o dei valori
di riferimento.
Nei contratti in cui le prestazioni
assicurative sono direttamente collegate al valore di
uno specifico attivo detenuto dall’impresa (ad esempio
un titolo azionario o un titolo obbligazionario o un
attivo strutturato che costituisce il “valore di
riferimento”), i tre profili di rischio in capo
all’impresa (di performance, di base e di controparte)
possono essere totalmente assenti se, in base alle
condizioni di polizza, risulta chiaro che l’impresa
stessa non offre alcuna garanzia minima (assenza del
“rischio di performance”), che ogni deprezzamento del
valore dell’attivo di riferimento determina direttamente
una corrispondente riduzione delle prestazioni
assicurative (assenza del “rischio di base”) e che anche
la perdita di valore dell’attivo di riferimento
derivante dall’insolvenza dell’emittente si ripercuote
direttamente sull’assicurato (assenza del “rischio di
controparte”).
In relazione alla disciplina
giuridica applicabile ed al sistema di controllo del
settore, le caratteristiche delle polizze in esame
impongono di considerare, oltre ai profili di tutela del
consumatore, propri delle c.d. “obbligazioni di
risultato”, tipici dei prodotti assicurativi
tradizionali e facenti leva su misure tese
prioritariamente alla stabilità dell’impresa, anche i
profili propri delle c.d. “obbligazioni di mezzo”,
tipici dei prodotti di gestione del risparmio e
focalizzati su misure volte innanzitutto a garantire la
trasparenza del soggetto offerente e dell’attività di
investimento da questi realizzata.
Nella “obbligazione di mezzo” il
debitore, come è noto, pur tenuto ad un certo
comportamento, non risponde della realizzazione del
risultato perseguito dal creditore; mentre nella
“obbligazione di risultato” è tenuto a garantire al
creditore proprio il conseguimento di un determinato
risultato.
“La struttura tecnica di questi
contratti, in altre parole, oltre a costituire un netto
elemento di differenziazione rispetto ad altri prodotti
assicurativi, pone alla vigilanza problemi del tutto
peculiari, tali da richiedere misure specifiche, pur nel
quadro di quelli che sono gli istituti cardine della
disciplina di settore.”[1]
La normativa di riferimento è
costituita, per il caso che ci occupa, dal D.Lgs. 17
marzo 1995, n. 174, attuativo della c.d. “III direttiva
vita” e regolante l’intera attività assicurativa nei
rami vita; e, per quanto riguarda i riflessi contabili,
dal D.Lgs. 26 maggio 1997, n.173, che ha recepito la
direttiva sui conti annuali e consolidati delle imprese
di assicurazione.
Entrambi i citati decreti attuano
rispettivamente, la direttiva n. 92/96 CEE e la
direttiva n. 91/674 CEE.
Specificatamente di contratti
“linked” si parla nell’art. 30, del D.Lgs. 174/95,
nell’ambito delle norme regolanti la copertura delle
riserve tecniche delle imprese di assicurazione.
L’art. 30 distingue i contratti con
prestazioni “direttamente collegate al valore delle
quote di un OICVM (organismo di investimento collettivo
in valori mobiliari) oppure al valore di attivi
contenuti in un fondo interno detenuto dall’impresa di
assicurazione” (comma 1), ossia i contratti c.d.
“unit-linked”, dai contratti con prestazioni
“direttamente collegate ad un indice azionario o ad
altro valore di riferimento” (comma 2), ossia i
contratti c.d. “index-linked”.
Mentre, la disciplina sugli OICVM
discende dalla direttiva 85/611 CEE. Le forme tipiche di
OICVM coordinate dalla direttiva sono Fondo di
investimento, Sicav e Unit trust.
In relazione a questo tipo di
contratti l’articolo individua una disciplina
particolare per la copertura delle riserve tecniche.
L’ ISVAP, poi, con la Circolare
n.332 del 25 Maggio1998, in tema di contratti di
assicurazione sulla vita e di capitalizzazione con
prestazioni direttamente collegate a fondi di
investimento o ad indici azionari o altri valori di
riferimento (disciplinati dal citato art. 30, d. lgs. 17
marzo 1995, n. 174), ha raccomandato “l’adozione di
rigorosi principi di prudenza nella gestione di tali
prodotti”.
Un altro riferimento normativo
importante è costituito dall’ Allegato al D. Lgs 174/95
(Tabella A), che contiene l’elenco dei sei rami nei
quali è classificata l’attività delle imprese di
assicurazione sulla vita.
La tabella A del suddetto allegato
1) riporta riporta la seguente classificazione per ramo:
I – Le assicurazioni sulla durata della vita umana. II –
Le assicurazioni di nuzialità, le assicurazioni di
natalità. III – Le assicurazioni di cui ai punti I e II
connesse con fondi di investimento. IV –
L’assicurazione malattia (di cui all’art. 1, numero 1,
lettera d), della direttiva CEE n. 79/267 del 5 marzo
1979). V – Le operazioni di capitalizzazione (di cui
all’art.40 del presente decreto). VI - Le operazioni di
gestione di fondi collettivi costituiti per l’erogazione
di prestazioni in caso di morte, in caso di vita o in
caso di cessazione o riduzione dell’attività lavorativa.
Sia nei prodotti “unit” (come
quello per cui è causa), che in quelli “index”, le
condizioni contrattuali possono comportare trasferimenti
totali o parziali del rischio di investimento
sull’assicurato e la possibilità di graduazione del
trasferimento è apparsa l’elemento unificante e
qualificante delle due tipologie ai fini della
classificazione nel ramo.
Per quanto riguarda le polizze
“linked”, va aggiunto che in esse l’accrescimento delle
prestazioni non dipende da tassi di rendimento
periodici, ma dal valore corrente dell’entità di
riferimento. In particolare, non si tratta di tassi di
rendimento determinati a posteriori sulla base dei
risultati conseguiti, ma di variazioni di valore desunte
dall’andamento corrente dei mercati di riferimento.
Infine, nelle polizze “linked” non
si hanno di norma accrescimenti delle prestazioni
assegnati in via definitiva, ad eccezione dei casi di
utilizzo di opzioni “cliquet” (o ratchet option, ovvero
di opzioni che non prevedono alcuna garanzia di tasso
minimo di rendimento a scadenza).
Dunque, solo nelle polizze
“linked”, in concreto, si può dire che l’assicurato
sopporti il rischio dell’investimento; rischio che si
concretizza mediante la diretta dipendenza delle
prestazioni dal valore corrente dell’unità di conto
presa a riferimento.
Nella gestione degli investimenti
connessi alle polizze “linked” assume un ruolo rilevante
l’utilizzo degli strumenti finanziari derivati : proprio
l’estrema flessibilità con la quale possono essere
modellate le esposizioni e attivate strategie di
copertura, infatti, rende particolarmente efficaci gli
strumenti derivati nelle politiche di gestione volte a
replicare sinteticamente valori di riferimento
(benchmark) e, soprattutto, a bloccare un determinato
rendimento minimo.
Per meglio illustrare il prodotto,
estremamente depauperante, propinato all’attore, si può
aggiungere che polizze di assicurazione unit-linked sono
contratti in cui l’entità del capitale assicurato (la
c.d. performance finanziaria) dipende dal valore delle
quote di fondi di investimento interni (appositamente
costituiti dall’impresa di assicurazione) o da fondi
esterni (OICVM - Organismi di investimento collettivo in
valori mobiliari), in cui vengono investiti i premi
versati.
Le polizze unit linked si
differenziano da quelle tradizionali, in quanto il loro
rendimento è agganciato a un'attività finanziaria
sottostante.
Di norma è consentito al contraente
scegliere il fondo di investimento al quale agganciare
il capitale tra più opportunità offerte dall’impresa di
assicurazione e trasferire le somme accumulate da un
fondo all’altro (switch) pagando eventualmente una
commissione.
Come dice il nome stesso, dunque, i
prodotti in esame sono polizze legate (linked) a quote
di fondi (unit) che investono in prevalenza in mercati
azionari.
Più nel dettaglio, il contratto de
quo è un contratto, in cui i premi pagati
dall’assicurato, anziché essere dirottati nella
cosiddetta gestione separata, confluiscono in un fondo
comune d'investimento aperto. In questo caso i
rendimenti dipendono direttamente dalle performance del
fondo.
Più che a una polizza vita, di cui
comunque porta il nome, la polizza unit linked è
assimilabile ad un vero e proprio investimento di tipo
finanziario ed è un prodotto che, come già detto,
rientra nel comparto relativo all’espressione “ogni
altra forma di investimento finanziario”.
Con questi prodotti le possibilità
di guadagno sono le stesse che si avrebbero nel caso di
investimento diretto in un fondo : alla scadenza della
polizza si calcola il valore delle quote del fondo e lo
si moltiplica per il numero delle quote accumulate.
Proprio come normalmente si fa con
i fondi di investimento quando si decide di uscire,
anche nel caso delle polizze unit linked tutto dipende
dal valore delle quote al momento della liquidazione.
Per i prodotti unit linked è
importante, tuttavia, che l’intermediario richiami
l’attenzione dell’investitore sul rischio finanziario,
che può comportare la liquidazione di un capitale
inferiore ai premi versati nel caso in cui l’impresa di
assicurazione non offra garanzie.
Infatti, nelle polizze linked, come
quella de qua, l’assicurato assume interamente o
parzialmente, a secondo che esista o no la garanzia di
un rendimento minimo, il rischio di investimento, ma in
entrambi i casi permane quella che è la causa tipica dei
contratti di assicurazione sulla vita, cioè il
trasferimento, verso pagamento di un premio, di un
rischio attinente alla durata della vita umana e
continua pertanto ad applicarsi la disciplina degli
artt. 1882 ss. c.c..[2]
I rischi finanziari del prodotto
sono riconducibili all’andamento dell’indice di
riferimento, al quale il capitale assicurato è legato e,
in assenza di garanzie da parte dell’impresa di
assicurazione, alle variazioni del valore delle quote
(unit-linked).
In buona sostanza, i prodotti in
esame pur avendo la medesima natura giuridica dei
prodotti tradizionali di assicurazione sulla vita, si
differenziano per la diversa modalità con cui
determinano l’entità della prestazione assicurativa la
quale risente, in misura più o meno accentuata,
dell’andamento degli investimenti effettuati
dall’assicuratore.
Il Tribunale di Reggio Emilia con
sentenza del 30 agosto 2011[3] ha condannato il Credito
Emiliano al pagamento della somma di euro 104.343,03 a
titolo di risarcimento del danno, subìto da un
investitore, cui era stata fatta acquistare la polizza
indicizzata, denominato “Unit Linked Equity”, posta a
garanzia di un’apercredito, utilizzata proprio per
l’investimento di capitali nella polizza stessa, sul
presupposto che l’intermediario non avesse a suo tempo
adempiuto agli obblighi di informazione sull’operazione
finanziaria decisamente complessa e rischiosa.
Infine, va sottolineato come il
Tribunale abbia ritenuto che detti obblighi non vengono
meno neppure nell’ipotesi in cui l’impulso
all’investimento provenga dal cliente.
Rosanna Cafaro
Avvocato in Lecce
[1] Cfr. ISVAP, Le polizze Index e
Unit Linked in Italia, Quaderno n° 5.
[2] Cfr., F. GALGANO, Il prodotto
misto, assicurativo-fiananziario, in Banca, borsa e
titoli di credito, 1988, p. 95; M. MIOLA, Il risparmio
assicurativo, Jovene, 1988; G. FANELLI, Assicurazione
sulla vita e intermediazione finanziaria, in
Assicurazioni, 1984; G. VOLPE PUTZOLU, Assicurazione
sulla vita, fondi assicurativi e fondi comuni di
investimento, in Giurisprudenza commerciale, 1984, p.
227.
[3] Trib. Reggio Emilia, 30.8.2011,
n. 1338, www.rosannacafaro.it. |