Al notaio non spetta riscuotere le
tasse e, sul rogito sottoscritto nel suo studio, se la
fattura è obbligatoria, l’imposta va indicata
separatamente dal prezzo intero
posto riservato
Con l’ordinanza 22084 del 25
ottobre, la Corte di cassazione ha stabilito che l’atto
notarile in cui si certifica che il prezzo della
compravendita immobiliare è stato corrisposto per
intero, non dimostra anche l’effettivo versamento
dell’imposta sul valore aggiunto da parte
dell’acquirente al venditore.
Il fatto
All’acquirente di un immobile era
stato contestato dal venditore di non aver pagato l’Iva
sul prezzo di una compravendita intercorsa fra le parti,
per il cui recupero il Tribunale adito aveva emesso
decreto ingiuntivo.
L’intimata si opponeva sostenendo
che, invece, da una clausola contrattuale e dal rogito
del notaio si evinceva l’avvenuto versamento
dell’imposta (la venditrice aveva infatti rilasciato
quietanza attestante il pagamento del’“intero prezzo”).
Il giudice accoglieva
l’opposizione, ma il verdetto è stato poi ribaltato in
secondo grado, ove la Corte d’appello ha escluso che la
clausola contrattuale invocata potesse essere
interpretata come dichiarazione di quietanza liberatoria
dell’avvenuta soluzione anche dell’imposta.
Da qui, il conseguente ricorso per
Cassazione, con il quale la soccombente denunciava
violazione di legge in quanto la sentenza impugnata
aveva escluso apoditticamente che fosse stata emessa
quietanza liberatoria dell’avvenuto pagamento dell’Iva
relativa al prezzo dell’immobile, atteso che proprio
dalla lettura della predetta clausola era risultato che
la venditrice aveva rilasciato quietanza del prezzo, del
quale anche l’imposta sul valore aggiunto, per legge, ne
costituisce componente essenziale.
Senza contare poi, aggiungeva la
ricorrente, che, per principio generale, la liberatoria,
costituendo attestazione del ricevimento del pagamento,
ha efficacia probatoria di tali circostanze come una
confessione giudiziale (articolo 2730 del codice
civile).
Non ultima, l’affermazione secondo
cui è il notaio, nella sua qualità di responsabile
dell’imposta, a dover richiedere il tributo.
Motivi della decisione
Il giudice di legittimità ha reso
definitiva la vertenza argomentando – nel respingere il
ricorso – che correttamente la Corte territoriale “ha
escluso che il notaio partecipi alla fase di riscossione
dell’imposta che grava sul cedente dei beni e servizi,
il quale ha rivalsa nei confronti del cessionario”.
Infatti, il notaio è un
professionista la cui attività è costituita
istituzionalmente dall’esercizio di pubbliche funzioni,
sicché il suo lavoro ha una duplice natura, quella di
porre in essere atti costituenti pubbliche funzioni
adempiendo, nel contempo, all’incarico affidatogli da un
cliente, nei confronti del quale ha diritto al compenso.
E’ questo secondo aspetto che
rileva ex se, ai fini dell’imposta sul valore aggiunto,
restando per il resto estraneo al rapporto
cedente/cessionario nelle operazioni da loro poste in
essere.
Occorre anche ricordare che la
disciplina Iva prevede contemporaneamente l’obbligo per
il cedente/prestatore di rendersi debitore dell’imposta
nei confronti dell’Erario e il diritto/dovere dello
stesso di addebitarla in via di rivalsa al proprio
cliente, trasferendo così in avanti l’imposta, in
attuazione dei principi fondamentali del tributo:
trasparenza e neutralità (Cassazione 12882/2010).
Pertanto, in tutti i casi in cui è
indispensabile l’emissione della fattura, l’Iva deve
essere indicata separatamente dal prezzo – come avrebbe
dovuto essere nel caso di specie –, mentre nelle
operazioni in cui tale obbligo non sussiste (attività
indicate nell’articolo 22 del Dpr 633/1972), il
corrispettivo si intende comprensivo dell’imposta.
Ma le motivazioni dell’ordinanza
contengono anche un’altra interessante presa di
posizione circa l’interpretazione delle clausole
contrattuali (cfr articolo 1362 codice civile) e, più in
particolare, sulle eccezioni non rilevabili d’ufficio
dal giudice. Viene, infatti, precisato che sono tali
“solo quelle in cui la manifestazione della volontà
della parte sia strutturalmente prevista quale elemento
integrativo della fattispecie difensiva (come nel caso
di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione
costitutiva), ovvero quando singole disposizioni
espressamente prevedano come indispensabile l'iniziativa
di parte, dovendosi in ogni altro caso ritenere la
rilevabilità d’ufficio dei fatti modificativi,
impeditivi o estintivi risultanti dal materiale
probatorio legittimamente acquisito”.
Si ricorda al riguardo che
l’interpretazione del contratto, consistendo in
un’operazione di accertamento della volontà dei
contraenti, si risolve in un’indagine di fatto riservata
al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile
in Cassazione soltanto per inadeguatezza della
motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche.
Salvatore Servidio |