Plagenza Fabrizio
Al fine di ridurre il flusso in
ingresso di nuove cause nel sistema Giustizia, il
Decreto Legislativo n. 28 del 4 Marzo 2010, pensato per
offrire al cittadino uno strumento più semplice e veloce
con tempi e costi certi, fa leva sulla direttiva Europea
n. 2008/52/CE che prevede una tutela dei Consumatori e
delle Piccole Imprese da realizzarsi attraverso il
miglioramento dell’accesso alla giustizia e garantendo i
valori di libertà, sicurezza e giustizia. Stanchi della
ormai cronica lentezza della della giustizia ordinaria
nel risolvere le controversie devolute al suo esame ed a
nulla servita la continua condanna dell’Italia per i
c.d. processi lumaca (con risarcimenti a favore del
cittadino per l'eccessiva lunghezza dei processi ex Lege
Pinto), il sistema giustizia già da anni cerca di
affidarsi ad altre procedure alternative di decisione :
la cosiddetta A.D.R. (Alternative Dispute Resolution).
Primo metodo di risoluzione stragiudiziale delle
controversie è costituito dall’arbitrato. L'arbitrato
presuppone l'esistenza di una controversia. Ciò
contraddistingue tale strumento dall’arbitraggio e dalla
perizia contrattuale. L'arbitrato - che ai sensi
dell'art. 808-bis, può essere esperito anche per
autoregolamentare i conflitti di interessi tra le parti
che nascono da rapporti extracontrattuali, purché
determinati - è una convenzione negoziale specifica che
si conclude con un lodo, al quale viene attribuita
efficacia di sentenza ex art. 824-bis cod. proc. civ.,
per la riparazione delle lesioni subite dal diritto
privato di un soggetto giuridico, sia esso una persona
fisica sia esso un ente collettivo. L’arbitrato può
essere incardinato in presenza di una clausola
compromissoria scritta, inserita in un contratto al fine
di risolvere possibili vertenze future, oppure a seguito
di un compromesso, sempre scritto, quando le parti,
essendo già insorta una lite tra loro, intendano
risolverla ricorrendo a un arbitrato. Conseguentemente,
accettando una clausola compromissoria di cui sopra, le
parti coscientemente decidono di rinunciare alla
competenza del giudice ordinario. Il procedimento che
giungerà all’emanazione del lodo arbitrale, deve
necessariamente, a pena di nullità del lodo stesso,
osservare determinate regole. I vantaggi della
risoluzione arbitrale delle controversie sono a tutti
noti, e non è certo il caso di dilungarci. Ma, come
spesso accade, ad ogni vantaggio corrisponde uno
svantaggio ed ecco allora che uno uno dei punti deboli
dell’arbitrato si manifesta allorquando una pluralità di
parti sia interessata alla decisione della controversia,
atteso che, in tale caso, l’arbitrato si trova
sicuramente in una posizione di svantaggio, rispetto
alla giurisdizione ordinaria. Infatti, in primis, perché
il potere decisorio degli arbitri deriva dalla volontà
degli interessati, e quindi occorre che tutte le parti
siano vincolate al patto compromissorio; in secundis,
perché nella formazione del collegio arbitrale o più in
generale nella nomina del o degli arbitri, occorre che
tutte le parti si trovino in situazione di parità, sì
che il collegio arbitrale non sia espressione di una o
di alcune di esse più di quanto lo sia delle altre
(Francesco P. LUISO in “Controversie societarie,
clausola binaria e ruolo delle camere arbitrali nelle
controversie con pluralità di parti” - Per la
riaffermazione di tale principio, v. da ultimo Cass. 5
febbraio 1997 n. 1090; Cass. 25 marzo 1998 n. 3136. In
dottrina SALVANESCHI, L’arbitrato con pluralità di
parti, Padova 1999, 170; CONSOLO, Postilla: Su
arbitrato, azione surrogatoria e designazione degli
arbitri, in Giur.it.1996, I, 1, 528 ss.). Viceversa, con
l'arbitraggio, regolato dall'art. 1349 cod. civ., le
parti deferiscono a un arbitro l'incarico di determinare
esattamente il contenuto della prestazione oggetto del
contratto. In caso di questioni controverse di natura
squisitamente tecnica, poi, le parti posso richiedere ad
un professionista la redazione di una perizia
contrattuale. Il professionista incaricato,
conseguentemente, giungerà ad una definizione tecnica
del problema sottoposto, senza alcuna sua
discrezionalità. Altro strumento è, poi, la
conciliazione. Comune denominatore, anche per questo
strumento alternativo di risoluzione delle controversie,
è in ogni caso un'insorgenda vertenza. Le parti si
affideranno ad una figura, denominata Conciliatore, che
individuerà i reali interessi delle parti, agevolando il
loro accordo formalizzando un nuovo negozio giuridico
contrattuale. Esempi di conciliazione sono, ad esempio,
la c.d. conciliazione paritetica e le conciliazioni in
materia di telecomunicazioni innanzi ai Corecom
competenti. La conciliazione paritetica è un mezzo di
risoluzione delle controversie che si svolge attraverso
il confronto tra consumatore ed azienda, per il tramite
di loro rispettivi rappresentanti, che vengono definiti
“conciliatori”. Il termine “paritetica” deriva, infatti,
dal fatto che il Consumatore (parte debole) viene
rappresentato da un Conciliatore designato
dall’Associazione dei Consumatori incaricata, al fine di
riequilibrare il “peso” con il contraente “forte”
rappresentato dall’Impresa. In tal modo, i conciliatori
(e conseguentemente il Consumatore), al momento
dell’incontro stabilito per cercare di risolvere la
controversia, si confrontano e si misurano, direttamente
e senza l’intervento di un terzo, “ad armi pari”,
mettendo cioè in campo, per quanto ciò è possibile, le
stesse competenze. In Italia la conciliazione paritetica
ha visto il suo esordio nel 1989, grazie ad un accordo
tra alcune associazioni di consumatori e la compagnia
telefonica SIP (oggi Telecom Italia), all’epoca
monopolista, con il quale si conveniva che per risolvere
le controversie tra consumatori e azienda si sarebbe
dovuto istituire un apposito organo conciliativo,
composto da un rappresentante dell’azienda stessa e da
un rappresentante del consumatore, proveniente da una
delle associazioni dei consumatori. Oggi, alla base
delle conciliazioni paritetiche, vi sono i protocolli
d’intesa che le Aziende e le Associazioni dei
Consumatori più rappresentative, sottoscrivono. Al
protocollo di intesa segue il “regolamento di
conciliazione”, che illustra le modalità pratiche di
svolgimento della procedura, dalla istanza per
l’accesso, al verbale di conciliazione.Del resto, la
crescente diffusione delle procedure di conciliazione
paritetica e i risultati ottenuti nel tempo attraverso
di esse, ne testimoniano l’indiscusso successo, che
spinge sempre più le grandi aziende a preferire questo
metodo di risoluzione delle controversie. Per i
consumatori invece questo strumento consente di ottenere
spesso soluzioni rapide, economiche e particolarmente
efficaci rispetto a controversie che spesso, a fronte
della esiguità del loro valore economico, difficilmente
vengono portate davanti alla giustizia ordinaria, i cui
costi e tempi necessari fungono da deterrente, se
rapportati all’interesse del consumatore.
In materia di telecomunicazioni,
laddove il tentativo di conciliazione è previsto come
obbligatorio, un ruolo molto attivo ed importante
assumono i Co.Re.Com. territoriali. Il CO.RE.COM.
(Comitato Regionale per le Comunicazioni) è l'organo di
garanzia e controllo sul sistema delle comunicazioni in
ambito regionale. E' organo funzionale dell'Autorità per
le garanzie nelle comunicazioni (AGCOM) e organismo di
consulenza della Giunta e del Consiglio regionale.
La mediazione ex lege ha come ratio
quella di cercare di deflazionare le cause giudiziarie e
diffondere la cultura del ricorso alla conciliazione per
risolvere le controversie. Il decreto legislativo
attuativo 4 marzo 2010, n. 28, ha introdotto una duplice
mediazione: semplice e obbligatoria. Le parti, comunque,
sono libere di scegliere l'organismo pubblico o privato
presso il quale si deve svolgere il procedimento di
mediazione, purché tale ente sia accreditato presso il
Ministero di giustizia. Al procedimento, che non deve
avere una durata superiore a quattro mesi, si applica il
regolamento dell'organismo prescelto ma, in ogni caso,
la domanda della parte procedente deve indicare
l'oggetto e le ragioni della sua pretesa. L'organismo
indicato deve garantire l'imparzialità e l'idoneità del
mediatore incaricato di procedere alla mediazione. In
caso di presenza di una clausola compromissoria, si
ritiene che le parti che abbiano accettato la precitata
clausola non abbiano l’obbligo di procedere al tentativo
di conciliazione obbligatoria. Tale considerazione trae
spunto dal tenore letterale dell'art. 5 D.Lgs. n.
28/2010, riferito all'autorità giudiziaria e al giudice,
e che sembra poter escludere, pertanto, l'arbitro. |