La Corte di Giustizia Europea ha
depositato ieri, 24 novembre 2011, l’attesa sentenza nel
caso Scarlet/Sabam.
Sabam è il corrispettivo belga
della nostra SIAE, mentre Sabam è uno degli internet
service provider che in Belgio fornisce l’accesso alla
rete internet. Nel 2004 SABAM, ritenendo che gli utenti
dell’ISP Scarlet adoperassero la propria connessione ad
Internet per scaricare illegalmente (e senza pagare
alcunché) opere protette dal diritto d’autore ricomprese
nel “catalogo Sabam”, citava in giudizio il provider
belga chiedendo al Tribunale di Bruxelles di ordinare al
provider di adottare un sistema di filtraggio al fine di
impedire ai suoi utenti di scaricare illegalmente le
opere protette dal diritto d’autore.
Secondo la richiesta della Sabam,
quindi, il provider Scarlet avrebbe dovuto adottare
queste misure di filtraggio a prescindere da un
effettivo riscontro, caso per caso, di violazioni delle
norme in materia di diritto d’autore da parte dei suoi
utenti. Il filtraggio era richiesto, quindi, in via
“preventiva” piuttosto che “repressiva”.
Questo sistema di filtraggio che
Scarlet avrebbe dovuto adottare, secondo le richieste di
Sabam, doveva inibire, quindi, ai sistemi P2P degli
utenti dell’ISP di inviare o ricevere le opere protette
ricomprese nella lista delle opere di Sabam. Per porre
in essere questo sistema di filtraggio, però, l’ISP
avrebbe dovuto approntare un sistema di analisi dei
pacchetti in transito (da e per i suoi utenti) al fine
di distinguere i download (o upload) leciti da quelli
ritenuti illeciti da Sabam.
Il Tribunale di prima istanza di
Bruxelles, il 29 giugno 2007, accoglieva le richieste di
Sabam e ordinava a Scarlet di porre fine alle violazioni
lamentate da Sabam impedendo, così, agli utenti
dell’Internet Service Provider di inviare o ricevere
file contenenti anche in parte le opere musicali
contenute nel catalogo di Sabam.
Contro la decisione del Tribunale
di prima istanza proponeva appello la Scarlet
evidenziando, in primo luogo, che il Tribunale di prima
istanza non avesse tenuto conto delle innumerevoli
difficoltà di ordine tecnico che l’ISP dovrebbe
apprestare per rispettare tale ordine, in secondo luogo
si censurava la contraddittorietà della decisione del
Tribunale di prima istanza con le norme contenute nella
direttiva 2000/31/CE (recepita in Italia con il d.lgs.
70/2003) e, in ultimo, Scarlet lamentava che – anche se
si fossero apprestate le soluzioni tecnologiche atte a
rispettare l’ordine di filtraggio – si sarebbe comunque
violata la normativa europea in materia di protezione
dei dati personali e di confidenzialità delle
comunicazioni.
La Corte d’Appello di Bruxelles
rimetteva, quindi, la questione alla Corte di Giustizia
Europea con la questione pregiudiziale del 28 gennaio
2010 richiedendo alla Corte di Giustizia di valutare:
Se il sistema normativo europeo
(e partitamente le direttive 2001/29/CE, 2004/48/CE,
1995/45/CE, 2000/31/CE e 2002/58/CE) consenta agli Stati
membri di recepire le norme comunitarie con una
formulazione tale da consentire al giudice nazionale di
ordinare ai prestatori di servizi della società
dell’informazione (i cui servizi vengano utilizzati da
terzi per violare le norme sul diritto d’autore) di
predisporre – per tutti i suoi utenti, in astratto, a
tempo indeterminato e in modo preventivo – misure
tecniche atte a filtrare le comunicazioni in entrata ed
in uscita e, in particolare, quelle relative all’uso di
sistemi di peer to peer e, conseguentemente, una volta
individuate le “comunicazioni” illecite bloccarne il
trasferimento. (Questione principale)
- Se il giudice nazionale possa
o meno adottare una decisione che imponga al provider di
apprestare tale sistema di filtraggio a prescindere da
una valutazione relativa al bilanciamento degli
interessi tutelati e, in sostanza, del principio di
proporzionalità della misura imposta. (Questione
subordinata)
In modo tutt’altro che sorprendente
o eccezionale, la Corte di Giustizia Europea –
considerato che tale sistema di monitoraggio preventivo
avrebbe richiesto una costante analisi di tutte le
comunicazioni elettroniche degli utenti del singolo ISP
– ha stabilito che l’ordine imposto all’ISP di
apprestare tale sistema di filtraggio dei dati viola il
principio stabilito dall’art. 15 della direttiva
2000/31/CE secondo cui il prestatore di servizi della
società dell’informazione non ha un generale obbligo di
vigilanza sui dati originati ed immessi in rete dai suoi
clienti (e a maggior ragione sui dati “in entrata”).
In secondo luogo, la Corte di
Giustizia, fa rilevare come tale ordine giudiziario
imposto agli ISP rappresenterebbe un limite eccessivo
alla libertà imprenditoriale posto che costringerebbe
l’ISP ad adottare costose misure tecniche di filtraggio
(nel caso di specie si dovrebbe adottare un filtraggio
tipo deep packet inspection).
La Corte di Giustizia ha, altresì,
evidenziato – e questo è il punto essenziale e centrale
della decisione – che tale imposizione giudiziale agli
ISP violerebbe il principio di proporzionalità e di
giusto bilanciamento degli interessi in gioco. A questo
punto la Corte richiama la sentenza del “caso
Promusicae” per ribadire che nel contesto delle misure
adottate dalle autorità amministrative e giudiziarie
nazionali a protezione degli interessi dei titolari del
diritto d’autore occorre valutare anche la giusta
protezione dei diritti fondamentali degli individui
interessati dall’apprestamento di tali misure di
filtraggio (come, ad esempio, il diritto alla
riservatezza delle comunicazioni e il diritto alla
protezione dei dati personali).
In conclusione la Corte di
Giustizia Europea ha stabilito che non si può ingiungere
ad un ISP di apprestare il sistema di filtraggio sopra
descritto. Tale decisione, per sua natura, imporrà a
tutti i giudici dei Paesi aderenti di disapplicare la
normativa nazionale nel punto in cui sia in contrasto
con tale decisione.
A questo punto le osservazioni
preliminari (a questo procedimento) contenute nelle
conclusioni dell’Avvocato Generale Pedro Cruz Villalòn e
depositate il 14 aprile scorso dimostrano tutto il loro
interesse. L’Avvocato Generale, infatti, fa rilevare che
la questione relativa al rispetto del principio di
proporzionalità da parte dei giudici nazionali, “viene
sollevata solo in subordine, nella specie per il caso in
cui la Corte risolvesse la prima in senso affermativo”.
La sentenza che esaminiamo, in
sostanza, ha glissato sulla prima questione
pregiudiziale sollevata dalla Corte d’Appello di
Bruxelles. Sarebbe stato possibile attribuire un peso
maggiore rispetto alle questioni da tempo aperte in
dottrina e giurisprudenza, qualora la Corte avesse dato,
da subito, una risposta negativa alla questione
pregiudiziale principale, ossia qualora avesse statuito
che “le direttive 2001/29 e 2004/48, lette in combinato
disposto con le direttive 95/46, 2000/31 e 2002/58,
interpretate, in particolare, alla luce degli artt. 8 e
10 della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
[non]consentano agli Stati membri di autorizzare un
giudice nazionale […] ad ordinare ad un Fornitore di
Accesso ad Internet (ISP) di predisporre, nei confronti
della sua intera clientela, in abstracto e a titolo
preventivo, esclusivamente a spese di tale ISP e senza
limitazioni nel tempo, un sistema di filtraggio di tutte
le comunicazioni elettroniche, sia entranti che uscenti,
che transitano per i suoi servizi […] sulla quale il
richiedente affermi di vantare diritti, e in seguito di
bloccare il trasferimento di questi, al momento della
richiesta o in occasione dell’invio”.
L’Avvocato Generale fa
correttamente notare come “la Commissione considera
invece che, se pure le direttive controverse non ostano
di per sé stesse all’applicazione di un sistema di
filtraggio e di blocco come quello richiesto, tuttavia
le sue concrete modalità di attuazione non sono conformi
al principio di proporzionalità”. In questo senso emerge
che nel caso Sabam/Scarlet il giudice nazionale abbia
semplicemente omesso di valutare il principio di
proporzionalità mentre “le norme giuridiche nazionali,
di per sé, non sono censurabili”.
In conclusione ci troviamo di
fronte ad una sentenza certamente interessante e di
enorme impatto sulle vicende giudiziarie degli Internet
Service Provider ma che, probabilmente, avrebbe potuto
vestire i panni di “pietra miliare” qualora dalla Corte
di Giustizia fosse giunto un approfondimento maggiore
sulla prima questione pregiudiziale sollevata da
Scarlet.
SENTENZA CORTE UE (Terza Sezione)
24 novembre 2011
«Società dell’informazione –
Diritto d’autore – Internet – Programmi “peer-to-peer” –
Fornitori di accesso a Internet – Predisposizione di un
sistema di filtraggio delle comunicazioni elettroniche
al fine di impedire gli scambi dei file che ledono i
diritti d’autore – Assenza di un obbligo generale di
sorvegliare le informazioni trasmesse»
Testo
Nel procedimento C-70/10,
avente ad oggetto la domanda di
pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi
dell’art. 267
TFUE, dalla cour d’appel de
Bruxelles (Belgio), con decisione 28 gennaio 2010,
pervenuta in
cancelleria il 5 febbraio 2010,
nella causa
Scarlet Extended SA
contro
Société belge des auteurs,
compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM),
con l’intervento di:
Belgian
Entertainment Association Video ASBL (BEA Video),
Belgian
Entertainment Association Music ASBL (BEA Music),
Internet Service
Provider Association ASBL (ISPA),
LA CORTE (Terza Sezione),
composta dal sig. K. Lenaerts,
presidente di sezione, dal sig. J. Malenovský
(relatore), dalla
sig.ra R. Silva de Lapuerta, dai
sigg. E. Juhász e G. Arestis, giudici,
avvocato generale: sig. P. Cruz
Villalón
cancelliere: sig.ra C. Strömholm,
amministratore
vista la fase scritta del
procedimento e in seguito all’udienza del 13 gennaio
2011,
considerate le osservazioni
presentate:
– per la Scarlet Extended SA, dagli
avv.ti T. De Meese e B. Van Asbroeck, avocats;
– per la Société belge des auteurs,
compositeurs et éditeurs SCRL (SABAM), la Belgian
Entertainment
Association Video ASBL (BEA Video) e la Belgian
Entertainment Association
Music ASBL (BEA
Music), dagli avv.ti F. de Visscher, B. Michaux e F.
Brison, avocats;
– per la
Internet Service Provider Association ASBL (ISPA),
dall’avv. G. Somers, avocat;
– per il governo belga, dai sigg.
T. Materne e J.-C. Halleux, nonché dalla sig.ra C.
Pochet, in
qualità di agenti;
– per il governo ceco, dal sig. M.
Smolek e dalla sig.ra K. Havlíčková, in qualità di
agenti; – per il governo italiano, dalla sig.ra G.
Palmieri, in qualità di agente, assistita dal
sig. S. Fiorentino, avvocato dello
Stato;
– per il governo olandese, dalle
sig.re C. Wissels e B. Koopman, in qualità di agenti;
– per il governo polacco, dai sigg.
M. Szpunar, M. Drwięcki e J. Goliński, in qualità di
agenti;
– per il governo finlandese, dalla
sig.ra M. Pere, in qualità di agente;
– per la Commissione europea, dalle
sig.re J. Samnadda e C. Vrignon, in qualità di agenti,
sentite le conclusioni
dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 14
aprile 2011,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia
pregiudiziale verte sull’interpretazione delle seguenti
direttive:
– direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a
taluni aspetti giuridici dei
servizi della società dell’informazione, in particolare
il commercio
elettronico, nel mercato interno
(«Direttiva sul commercio elettronico») (GU L 178, pag.
1);
– direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE,
sull’armonizzazione di taluni
aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi
nella società
dell’informazione (GU L 167, pag.
10);
– direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto
dei
diritti di proprietà intellettuale
(GU L 157, pag. 45; rettifiche nella GU 2004, L 195,
pag. 16);
– direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla
tutela delle persone fisiche con
riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla
libera
circolazione di tali dati (GU L
281, pag. 31), e
– direttiva del Parlamento europeo
e del Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al
trattamento dei dati personali e
alla tutela della vita privata nel settore delle
comunicazioni
elettroniche (direttiva relativa
alla vita privata e alle comunicazioni elettroniche) (GU
L 201,
pag. 37).
2 Questa domanda è stata presentata
nel contesto di una controversia tra la Scarlet Extended
SA (in
prosieguo: la «Scarlet») e la
Société belge des auteurs, compositeurs et éditeurs SCRL
(SABAM) (in
prosieguo: la «SABAM») vertente sul
rifiuto della Scarlet di predisporre un sistema di
filtraggio
delle comunicazioni elettroniche
realizzate tramite programmi per lo scambio di archivi
(detti
«peer-to-peer»), onde impedire gli
scambi dei file che ledono i diritti d’autore.
Contesto normativo
Il diritto dell’Unione
La direttiva 2000/31
3 Ai sensi del quarantacinquesimo e
del quarantasettesimo ‘considerando’ della direttiva
2000/31: «(45) Le limitazioni alla responsabilità dei
prestatori intermedi previste nella presente direttiva
lasciano impregiudicata la
possibilità di azioni inibitorie di altro tipo. Siffatte
azioni inibitorie
possono, in particolare, essere
ordinanze di organi giurisdizionali o autorità
amministrative
che obbligano a porre fine a una
violazione o impedirla, anche con la rimozione
dell’informazione illecita o la
disabilitazione dell’accesso alla medesima.
(…)
(47) Gli Stati membri non possono
imporre ai prestatori un obbligo di sorveglianza di
carattere
generale. Tale disposizione non
riguarda gli obblighi di sorveglianza in casi specifici
e, in
particolare, lascia impregiudicate
le ordinanze emesse dalle autorità nazionali secondo le
rispettive legislazioni».
4 L’art. 1 di questa direttiva così
recita:
«1. La presente direttiva mira a
contribuire al buon funzionamento del mercato interno
garantendo la libera circolazione
dei servizi della società dell’informazione tra Stati
membri.
2. La presente direttiva ravvicina,
nella misura necessaria alla realizzazione
dell’obiettivo di cui
al paragrafo 1, talune norme
nazionali sui servizi della società dell’informazione
che interessano il
mercato interno, lo stabilimento
dei prestatori, le comunicazioni commerciali, i
contratti per via
elettronica, la responsabilità
degli intermediari, i codici di condotta, la
composizione extragiudiziaria
delle controversie, i ricorsi
giurisdizionali e la cooperazione tra Stati membri.
(…)».
5 L’art. 12 di detta direttiva, che
figura nella Sezione 4 del Capo II della stessa ed è
intitolato
«Responsabilità dei prestatori
intermediari», dispone quanto segue:
«1. Gli Stati membri provvedono
affinché, nella prestazione di un servizio della società
dell’informazione consistente nel
trasmettere, su una rete di comunicazione, informazioni
fornite da
un destinatario del servizio, o nel
fornire un accesso alla rete di comunicazione, il
prestatore non
sia responsabile delle informazioni
trasmesse a condizione che egli:
a) non dia origine alla
trasmissione;
b) non selezioni il destinatario
della trasmissione; e
c) non selezioni né modifichi le
informazioni trasmesse.
(…)
3. Il presente articolo lascia
impregiudicata la possibilità, secondo gli ordinamenti
degli Stati
membri, che un organo
giurisdizionale o un’autorità amministrativa esiga che
il prestatore
impedisca o ponga fine ad una
violazione».
6 Ai sensi dell’art. 15 della
direttiva 2000/31, anch’esso incluso nella sua Sezione 4
del Capo II:
«1. Nella prestazione dei servizi
di cui agli articoli 12, 13 e 14, gli Stati membri non
impongono
ai prestatori un obbligo generale
di sorveglianza sulle informazioni che trasmettono o
memorizzano
né un obbligo generale di ricercare
attivamente fatti o circostanze che indichino la
presenza di
attività illecite.
2. Gli Stati membri possono
stabilire che i prestatori di servizi della società
dell’informazione
siano tenuti ad informare senza
indugio la pubblica autorità competente di presunte
attività o
informazioni illecite dei
destinatari dei loro servizi o a comunicare alle
autorità competenti, a loro
richiesta, informazioni che
consentano l’identificazione dei destinatari dei loro
servizi con cui hanno
accordi di memorizzazione dei
dati».
La direttiva 2001/29 7 A norma del
sedicesimo e del cinquantanovesimo ‘considerando’ della
direttiva 2001/29:
«(16)(…) La presente direttiva
dovrebbe essere attuata in tempi analoghi a quelli
previsti per [la
direttiva 2000/31], in quanto tale
direttiva fornisce un quadro armonizzato di principi e
regole che riguardano tra l’altro
alcune parti importanti della presente direttiva. Questa
direttiva lascia impregiudicate le
regole relative alla responsabilità della direttiva
suddetta.
(…)
(59) In particolare in ambito
digitale, i servizi degli intermediari possono essere
sempre più
utilizzati da terzi per attività
illecite. In molti casi siffatti intermediari sono i più
idonei a porre
fine a dette attività illecite.
Pertanto fatte salve le altre sanzioni e i mezzi di
tutela a
disposizione, i titolari dei
diritti dovrebbero avere la possibilità di chiedere un
provvedimento
inibitorio contro un intermediario
che consenta violazioni in rete da parte di un terzo
contro
opere o altri materiali protetti.
Questa possibilità dovrebbe essere disponibile anche ove
gli
atti svolti dall’intermediario
siano soggetti a eccezione ai sensi dell’articolo 5. Le
condizioni e
modalità relative a tale
provvedimento ingiuntivo dovrebbero essere stabilite dal
diritto
nazionale degli Stati membri».
8 L’art. 8 della direttiva 2001/29
stabilisce quanto segue:
«1. Gli Stati membri prevedono
adeguate sanzioni e mezzi di ricorso contro le
violazioni dei
diritti e degli obblighi
contemplati nella presente direttiva e adottano tutte le
misure necessarie a
garantire l’applicazione delle
sanzioni e l’utilizzazione dei mezzi di ricorso. Le
sanzioni previste
devono essere efficaci,
proporzionate e dissuasive.
(…)
3. Gli Stati membri si assicurano
che i titolari dei diritti possano chiedere un
provvedimento
inibitorio nei confronti degli
intermediari i cui servizi siano utilizzati da terzi per
violare un diritto
d’autore o diritti connessi».
La direttiva 2004/48
9 Il ventitreesimo ‘considerando’
della direttiva 2004/48 così recita:
«[Senza pregiudizio di] eventuali
altre misure, procedure e mezzi di ricorso disponibili,
i titolari dei
diritti dovrebbero avere la
possibilità di richiedere un provvedimento inibitorio
contro un
intermediario i cui servizi sono
utilizzati da terzi per violare il diritto di proprietà
industriale del
titolare. Le condizioni e modalità
relative a tale provvedimento inibitorio dovrebbero
essere stabilite
dal diritto nazionale degli Stati
membri. Per quanto riguarda le violazioni del diritto
d’autore e dei
diritti connessi, la direttiva
[2001/29] prevede già un ampio livello di
armonizzazione. Pertanto
l’articolo 8, paragrafo 3, della
direttiva [2001/29] non dovrebbe essere pregiudicato
dalla presente
direttiva».
10 Ai termini dell’art. 2, n. 3,
della direttiva 2004/48:
«La presente direttiva fa salve:
a) le disposizioni comunitarie che
disciplinano il diritto sostanziale di proprietà
intellettuale (…),
la direttiva [2000/31] in generale
e le disposizioni degli articoli da 12 a 15 [di
quest’ultima]
in particolare;
(…)».
11 L’art. 3 della direttiva 2004/48
così recita:
«1. Gli Stati membri definiscono le
misure, le procedure e i mezzi di ricorso necessari ad
assicurare il rispetto dei diritti
di proprietà intellettuale di cui alla presente
direttiva. Tali misure,
procedure e mezzi di ricorso sono
leali ed equi, non inutilmente complessi o costosi e non
comportano termini irragionevoli né
ritardi ingiustificati. 2. Le misure, le procedure e i
mezzi di ricorso sono effettivi, proporzionati e
dissuasivi e sono
applicati in modo da evitare la
creazione di ostacoli al commercio legittimo e da
prevedere
salvaguardie contro gli abusi».
12 L’art. 11 della direttiva
2004/48 così dispose:
«Gli Stati membri assicurano che,
in presenza di una decisione giudiziaria che ha
accertato una
violazione di un diritto di
proprietà intellettuale, le autorità giudiziarie possano
emettere nei
confronti dell’autore della
violazione un’ingiunzione diretta a vietare il
proseguimento della
violazione. Se previsto dalla
legislazione nazionale, il mancato rispetto di
un’ingiunzione è oggetto,
ove opportuno, del pagamento di una
pena pecuniaria suscettibile di essere reiterata, al
fine di
assicurarne l’esecuzione. Gli Stati
membri assicurano che i titolari possano chiedere un
provvedimento ingiuntivo nei
confronti di intermediari i cui servizi sono utilizzati
da terzi per violare
un diritto di proprietà
intellettuale, senza pregiudizio dell’articolo 8,
paragrafo 3, della direttiva
[2001/29]».
Il diritto nazionale
13 L’art. 87, n. 1, primo e secondo
comma, della legge 30 giugno 1994, sul diritto d’autore
e sui
diritti connessi (Moniteur belge
del 27 luglio 1994, pag. 19297) prevede quanto segue:
«Il presidente del tribunal de
première instance (…) consta[ta] l’esistenza e [ordina]
la cessazione
di qualsiasi violazione del diritto
d’autore o di un diritto connesso.
[Può] altresì emanare un
provvedimento inibitorio contro intermediari i cui
servizi siano utilizzati da
un terzo per violare il diritto
d’autore o un diritto connesso».
14 Gli artt. 18 e 21 della legge 11
marzo 2003, su taluni aspetti giuridici dei servizi
della società
dell’informazione (Moniteur belge
del 17 marzo 2003, pag. 12962), recepiscono nel diritto
nazionale gli artt. 12 e 15 della
direttiva 2000/31.
Causa principale e questioni
pregiudiziali
15 La SABAM è una società di
gestione che rappresenta gli autori, i compositori e gli
editori di opere
musicali ed autorizza l’utilizzo
delle loro opere tutelate da parte di terzi.
16 La Scarlet è un fornitore di
accesso ad Internet (in prosieguo: «FAI») che procura ai
propri clienti
tale accesso, senza proporre altri
servizi come lo scaricamento o la condivisione dei file.
17 Nel corso del 2004, la SABAM
perveniva alla conclusione che gli utenti di Internet
che si
avvalevano dei servizi della
Scarlet scaricavano da Internet, senza autorizzazione e
senza pagarne i
diritti, opere contenute nel suo
catalogo utilizzando reti «peer-to-peer», che
costituiscono uno
strumento aperto per la
condivisione di contenuti, indipendente, decentralizzato
e dotato di
avanzate funzioni di ricerca e di
scaricamento di file.
18 Con atto di ricorso del 24
giugno 2004 essa citava pertanto la Scarlet dinanzi al
presidente del
tribunal de première instance de
Bruxelles, sostenendo che, nella sua qualità di FAI,
tale società si
trovava nella situazione ideale per
adottare misure volte a far cessare le violazioni del
diritto
d’autore commesse dai suoi clienti.
19 LA SABAM chiedeva, anzitutto,
che venisse riconosciuta la violazione dei diritti
d’autore sulle opere
musicali appartenenti al suo
repertorio, in particolare dei diritti di riproduzione e
di comunicazione
al pubblico, dovuta allo scambio
non autorizzato di file musicali realizzato grazie a
software «peer
to peer». Tali violazioni sarebbero
state commesse avvalendosi dei servizi della Scarlet.
20 Essa domandava inoltre che la
Scarlet fosse condannata, a pena di ammenda, a far
cessare tali
violazioni rendendo impossibile o
bloccando qualsiasi forma di invio o di ricezione da
parte dei suoi clienti, mediante programmi «peer to
peer», senza autorizzazione dei titolari dei diritti, di
file
contenenti un’opera musicale,
pretendendo infine che la Scarlet le comunicasse la
descrizione delle
misure che intendeva applicare per
ottemperare all’emananda sentenza, a pena di ammenda.
21 Con sentenza 26 novembre 2004,
il presidente del tribunal de première instance de
Bruxelles
accertava l’esistenza delle
violazioni del diritto d’autore denunciate dalla SABAM.
Tuttavia, prima di
statuire sull’istanza di
provvedimenti inibitori, esso incaricava un perito di
verificare se le soluzioni
tecniche proposte dalla SABAM
fossero tecnicamente realizzabili, se esse consentissero
di filtrare
unicamente gli scambi illeciti di
file e se esistessero altri dispositivi idonei a
controllare l’utilizzo di
programmi «peer to peer», nonché di
quantificare il costo dei dispositivi considerati.
22 Nella sua relazione, il perito
designato traeva la conclusione che, nonostante la
presenza di
numerosi ostacoli tecnici, non si
poteva escludere completamente che il filtraggio ed il
blocco degli
scambi illeciti di file fosse
realizzabile.
23 Con sentenza 29 giugno 2007, il
presidente del tribunal de première instance de
Bruxelles
condannava pertanto la Scarlet a
far cessare le violazioni del diritto d’autore accertate
con la
sentenza 26 novembre 2004, rendendo
impossibile qualsiasi forma, realizzata mediante un
programma «peer to peer», di invio
o di ricezione, da parte dei suoi clienti, di file che
contenessero
un’opera musicale appartenente al
repertorio della Sabam, a pena di ammenda.
24 La Scarlet interponeva appello
contro tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio,
affermando,
anzitutto, che le risultava
impossibile ottemperare a tale ingiunzione poiché
l’efficacia e la durata
nel tempo dei dispositivi di blocco
o di filtraggio non erano dimostrate e l’attuazione di
tali
dispositivi era ostacolata da
diversi fattori pratici, quali problemi di capacità
della rete e di impatto
sulla stessa. Inoltre, qualsiasi
tentativo di bloccare i file incriminati, a suo avviso,
sarebbe stato
destinato al fallimento a breve
termine, stante l’esistenza di numerosi programmi
«peer-to-peer»
che avrebbero reso impossibile la
verifica del loro contenuto da parte di terzi.
25 La Scarlet sosteneva poi che
detta ingiunzione non era conforme all’art. 21 della
legge 11 marzo
2003, su taluni aspetti giuridici
dei servizi della società dell’informazione, che
recepisce nel diritto
nazionale l’art. 15 della direttiva
2000/31, in quanto imponeva, de facto, un obbligo
generale di
sorveglianza sulle comunicazioni
veicolate dalla sua rete, posto che qualsiasi
dispositivo di blocco o
di filtraggio del traffico «peer to
peer» presuppone una sorveglianza generalizzata su tutte
le
comunicazioni che passano per tale
rete.
26 Infine, la Scarlet spiegava che
la predisposizione di un sistema di filtraggio avrebbe
leso le
disposizioni del diritto
dell’Unione in materia di tutela dei dati personali e di
segreto delle
comunicazioni, in quanto tale
filtraggio implica il trattamento degli indirizzi IP,
che sono dati
personali.
27 In tale contesto il giudice del
rinvio ha ritenuto che, prima di verificare se un
meccanismo di
filtraggio e di blocco dei file
«peer-to-peer» esista e possa essere efficace, occorre
assicurarsi che
gli obblighi da porre eventualmente
a carico della Scarlet siano conformi al diritto
dell’Unione.
28 In tale contesto, la cour
d’appel de Bruxelles ha deciso di sospendere il
procedimento e di
sottoporre alla Corte le seguenti
questioni pregiudiziali:
«1) Se le direttive 2001/29 e
2004/48, lette in combinato disposto con le direttive
95/46,
2000/31 e 2002/58, interpretate, in
particolare, alla luce degli artt. 8 e 10 della
Convenzione
europea per la salvaguardia dei
diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali,
consentano agli
Stati membri di autorizzare un
giudice nazionale, adito nell’ambito di un procedimento
nel
merito e in base alla sola
disposizione di legge che prevede che “[i giudici
nazionali] possono
altresì emettere un’ingiunzione
recante un provvedimento inibitorio nei confronti di
intermediari i cui servizi siano
utilizzati da un terzo per violare il diritto d’autore o
un diritto
connesso”, ad ordinare ad un [FAI]
di predisporre, nei confronti della sua intera
clientela, in
abstracto e a titolo preventivo,
esclusivamente a spese di tale FAI e senza limitazioni
nel
tempo, un sistema di filtraggio di
tutte le comunicazioni elettroniche, sia entranti che
uscenti,
che transitano per i suoi servizi,
in particolare mediante l’impiego di software “peer to
peer”,
al fine di individuare, nella sua
rete, la circolazione di file contenenti un’opera
musicale, cinematografica o audiovisiva sulla quale il
richiedente affermi di vantare diritti, e in seguito
di bloccare il trasferimento di
questi, al momento della richiesta o in occasione
dell’invio.
2) In caso di risposta affermativa
alla [prima] questione (…), se tali direttive obblighino
il
giudice nazionale, adito per
statuire su una richiesta di ingiunzione nei confronti
di un
intermediario dei cui servizi si
avvalgano terzi per violare il diritto d’autore, ad
applicare il
principio della proporzionalità
quando è chiamato a pronunciarsi sull’efficacia e
sull’effetto
dissuasivo della misura richiesta».
Sulle questioni pregiudiziali
29 Con le sue questioni il giudice
del rinvio chiede, in sostanza, se le direttive 2000/31,
2001/29,
2004/48, 95/46 e 2002/58, lette nel
loro combinato disposto ed interpretate alla luce delle
condizioni che la tutela dei
diritti fondamentali applicabili implica, debbano essere
interpretate nel
senso che ostano all’ingiunzione
rivolta ad un FAI di predisporre un sistema di
filtraggio:
– di tutte le comunicazioni
elettroniche che transitano per i suoi servizi, in
particolare
mediante programmi «peer-to-peer»;
– che si applichi indistintamente a
tutta la sua clientela;
– a titolo preventivo;
– a sue spese esclusive, e
– senza limiti nel tempo,
idoneo ad identificare nella rete
di tale fornitore la circolazione di file contenenti
un’opera musicale,
cinematografica o audiovisiva
rispetto alla quale il richiedente affermi di vantare
diritti di proprietà
intellettuale, onde bloccare il
trasferimento di file il cui scambio pregiudichi il
diritto d’autore (in
prosieguo: il «sistema di
filtraggio controverso»).
30 In proposito, occorre anzitutto
ricordare che, ai sensi degli artt. 8, n. 3, della
direttiva 2001/29 e
11, terza frase, della direttiva
2004/48, i titolari di diritti di proprietà
intellettuale possono chiedere
un provvedimento inibitorio nei
confronti degli intermediari, come i FAI, i cui servizi
siano utilizzati
da terzi per violare i loro
diritti.
31 Dalla giurisprudenza della Corte
risulta poi che la competenza attribuita, a norma di
tali
disposizioni, agli organi
giurisdizionali nazionali deve consentire a questi
ultimi di ingiungere a detti
intermediari di adottare
provvedimenti che contribuiscano in modo effettivo, non
solo a porre fine
alle violazioni già inferte ai
diritti di proprietà intellettuale mediante i loro
servizi della società
dell’informazione, ma anche a
prevenire nuove violazioni (v., in questo senso,
sentenza 12 luglio
2011, causa C-324/09, L’Oréal e a.,
non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 131).
32 Infine, dalla medesima
giurisprudenza si evince che le modalità delle
ingiunzioni che gli Stati
membri devono prevedere ai sensi di
detti artt. 8, n. 3, e 11, terza frase, quali quelle
relative alle
condizioni che devono essere
soddisfatte e alla procedura da seguire, devono essere
stabilite dal
diritto nazionale (v., mutatis
mutandis, sentenza L’Oréal e a., cit., punto 135).
33 Pertanto, tali norme nazionali,
al pari della loro applicazione da parte degli organi
giurisdizionali
nazionali, devono rispettare i
limiti derivanti dalle direttive 2001/29 e 2004/48,
nonché dalle fonti
del diritto alle quali tali
direttive fanno riferimento (v., in questo senso,
sentenza L’Oréal e a., cit.,
punto 138). 34 Di conseguenza, in
conformità al sedicesimo ‘considerando’ della direttiva
2001/29 e all’art. 2,
n. 3, lett. a), della direttiva
2004/48, dette norme, emanate dagli Stati membri, non
possono
intaccare le disposizioni della
direttiva 2000/31 e, più precisamente, i suoi artt.
12-15.
35 Tali norme devono quindi
rispettare l’art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31, che
vieta alle autorità
nazionali di adottare misure che
impongano ad un FAI di procedere ad una sorveglianza
generalizzata sulle informazioni
che esso trasmette sulla propria rete.
36 A questo riguardo, la Corte ha
già statuito che siffatto divieto abbraccia in
particolare le misure
nazionali che obbligherebbero un
prestatore intermedio, come un FAI, a realizzare una
vigilanza
attiva su tutti i dati di ciascuno
dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura
violazione di diritti di
proprietà intellettuale. Peraltro,
un obbligo siffatto di vigilanza generale sarebbe
incompatibile con
l’art. 3 della direttiva 2004/48,
il quale enuncia che le misure contemplate da detta
direttiva
devono essere eque e proporzionate
e non eccessivamente costose (v. sentenza L’Oréal e a.,
cit.,
punto 139).
37 Ciò considerato, occorre
verificare se l’ingiunzione oggetto della causa
principale, che impone al
FAI di predisporre il sistema di
filtraggio controverso, implichi in tale circostanza
l’obbligo di
procedere ad una sorveglianza
attiva su tutti i dati di ciascuno dei suoi clienti per
prevenire
qualsiasi futura violazione di
diritti di proprietà intellettuale.
38 A questo proposito, è pacifico
che l’attuazione di tale sistema di filtraggio
presuppone:
– che il FAI identifichi, in primo
luogo, nell’insieme delle comunicazioni elettroniche di
tutti i
suoi clienti, i file che
appartengono al traffico «peer-to-peer»;
– che esso identifichi, in secondo
luogo, nell’ambito di tale traffico, i file che
contengono opere
sulle quali i titolari dei diritti
di proprietà intellettuale affermino di vantare diritti;
– in terzo luogo, che esso
determini quali tra questi file sono scambiati in modo
illecito e,
– in quarto luogo, che proceda al
blocco degli scambi di file che esso stesso qualifica
come
illeciti.
39 Siffatta sorveglianza preventiva
richiederebbe così un’osservazione attiva sulla totalità
delle
comunicazioni elettroniche
realizzate sulla rete del FAI coinvolto e, pertanto,
includerebbe tutte le
informazioni da trasmettere e
ciascun cliente che si avvale di tale rete.
40 Alla luce di quanto precede,
occorre dichiarare che l’ingiunzione rivolta al FAI in
questione di
predisporre il sistema di
filtraggio controverso lo obbligherebbe a procedere ad
una sorveglianza
attiva su tutti i dati di ciascuno
dei suoi clienti per prevenire qualsiasi futura
violazione di diritti di
proprietà intellettuale. Da ciò si
evince che tale ingiunzione imporrebbe a detto FAI una
sorveglianza generalizzata, che è
vietata dall’art. 15, n. 1, della direttiva 2000/31.
41 Per vagliare la conformità di
tale ingiunzione al diritto dell’Unione, occorre inoltre
tenere conto
delle condizioni che discendono
dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili, come
quelli
menzionati dal giudice del rinvio.
42 In proposito va ricordato che
l’ingiunzione oggetto della causa principale è volta a
garantire la
tutela dei diritti d’autore, che
appartengono alla sfera del diritto di proprietà
intellettuale e che
possono essere lesi dalla natura e
dal contenuto di talune comunicazioni elettroniche
realizzate per
il tramite della rete del FAI in
questione.
43 Sebbene la tutela del diritto di
proprietà intellettuale sia sancita dall’art. 17, n. 2,
della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione
europea (in prosieguo: la «Carta»), non può desumersi né
da tale
disposizione né dalla
giurisprudenza della Corte che tale diritto sia
intangibile e che la sua tutela
debba essere garantita in modo
assoluto. 44 Come emerge, infatti, dai punti 62-68 della
sentenza 29 gennaio 2008, causa C-275/06,
Promusicae (Racc. pag. I-271), la
tutela del diritto fondamentale di proprietà, di cui
fanno parte i
diritti di proprietà intellettuale,
deve essere bilanciata con quella di altri diritti
fondamentali.
45 Più precisamente, dal punto 68
di tale sentenza emerge che è compito delle autorità e
dei giudici
nazionali, nel contesto delle
misure adottate per proteggere i titolari di diritti
d’autore, garantire un
giusto equilibrio tra la tutela di
tali diritti e quella dei diritti fondamentali delle
persone su cui
incidono dette misure.
46 Pertanto, in circostanze come
quelle della causa principale, le autorità ed i giudici
nazionali devono
in particolare garantire un giusto
equilibrio tra la tutela del diritto di proprietà
intellettuale, di cui
godono i titolari di diritti
d’autore, e quella della libertà d’impresa, appannaggio
di operatori come i
FAI in forza dell’art. 16 della
Carta.
47 Orbene, nella presente
fattispecie, l’ingiunzione di predisporre il sistema di
filtraggio controverso
implica una sorveglianza,
nell’interesse di tali titolari, su tutte le
comunicazioni elettroniche
realizzate sulla rete del FAI
coinvolto. Tale sorveglianza è inoltre illimitata nel
tempo, riguarda
qualsiasi futura violazione e
postula che si debbano tutelare non solo opere
esistenti, bensì anche
opere future, che non sono state
ancora create nel momento in cui viene predisposto detto
sistema.
48 Pertanto, un’ingiunzione di
questo genere causerebbe una grave violazione della
libertà di impresa
del FAI in questione, poiché
l’obbligherebbe a predisporre un sistema informatico
complesso,
costoso, permanente e unicamente a
suo carico, il che risulterebbe peraltro contrario alle
condizioni
stabilite dall’art. 3, n. 1, della
direttiva 2004/48, il quale richiede che le misure
adottate per
assicurare il rispetto dei diritti
di proprietà intellettuale non siano inutilmente
complesse o costose.
49 Ciò premesso, occorre dichiarare
che l’ingiunzione di predisporre il sistema di
filtraggio
controverso non rispetta l’esigenza
di garantire un giusto equilibrio tra, da un lato, la
tutela del
diritto di proprietà intellettuale,
di cui godono i titolari dei diritti d’autore, e,
dall’altro, quella della
libertà d’impresa, appannaggio di
operatori come i FAI.
50 Per di più, gli effetti di detta
ingiunzione non si limiterebbero al FAI coinvolto,
poiché il sistema di
filtraggio controverso è idoneo a
ledere anche i diritti fondamentali dei clienti di tale
FAI, ossia i
loro diritti alla tutela dei dati
personali e alla libertà di ricevere o di comunicare
informazioni, diritti,
questi ultimi, tutelati dagli artt.
8 e 11 della Carta.
51 Da un lato, infatti, è pacifico
che l’ingiunzione di predisporre il sistema di
filtraggio controverso
implicherebbe un’analisi
sistematica di tutti i contenuti, nonché la raccolta e
l’identificazione degli
indirizzi IP degli utenti
all’origine dell’invio dei contenuti illeciti sulla
rete, indirizzi che costituiscono
dati personali protetti, in quanto
consentono di identificare in modo preciso suddetti
utenti.
52 Dall’altro, detta ingiunzione
rischierebbe di ledere la libertà di informazione,
poiché tale sistema
potrebbe non essere in grado di
distinguere adeguatamente tra un contenuto lecito ed un
contenuto illecito, sicché il suo
impiego potrebbe produrre il risultato di bloccare
comunicazioni
aventi un contenuto lecito.
Infatti, è indiscusso che la questione della liceità di
una trasmissione
dipende anche dall’applicazione di
eccezioni di legge al diritto di autore che variano da
uno Stato
membro all’altro. Inoltre, in certi
Stati membri talune opere possono rientrare nel pubblico
dominio
o possono essere state messe in
linea gratuitamente da parte dei relativi autori.
53 Pertanto, occorre dichiarare
che, adottando l’ingiunzione che costringe il FAI a
predisporre il
sistema di filtraggio controverso,
il giudice nazionale in questione non rispetterebbe
l’obbligo di
garantire un giusto equilibrio tra,
da un lato, il diritto di proprietà intellettuale e,
dall’altro, la libertà
di impresa, il diritto alla tutela
dei dati personali e la libertà di ricevere o di
comunicare
informazioni.
54 Alla luce di quanto precede,
occorre risolvere le questioni sottoposte dichiarando
che le direttive
2000/31, 2001/29, 2004/48, 95/46 e
2002/58, lette in combinato disposto e interpretate
tenendo
presenti le condizioni derivanti
dalla tutela dei diritti fondamentali applicabili,
devono essere interpretate nel senso che ostano
all’ingiunzione ad un FAI di predisporre il sistema di
filtraggio
controverso.
Sulle spese
55 Nei confronti delle parti nella
causa principale il presente procedimento costituisce un
incidente
sollevato dinanzi al giudice
nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le
spese sostenute da
altri soggetti per presentare
osservazioni alla Corte non possono dar luogo a
rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Terza
Sezione) dichiara:
Le direttive:
– del Parlamento europeo e del
Consiglio 8 giugno 2000, 2000/31/CE, relativa a
taluni aspetti giuridici dei
servizi della società dell’informazione, in particolare
il
commercio elettronico, nel mercato
interno («Direttiva sul commercio
elettronico»);
– del Parlamento europeo e del
Consiglio 22 maggio 2001, 2001/29/CE,
sull’armonizzazione di taluni
aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi
nella
società dell’informazione;
– del Parlamento europeo e del
Consiglio 29 aprile 2004, 2004/48/CE, sul rispetto
dei diritti di proprietà
intellettuale;
– del Parlamento europeo e del
Consiglio 24 ottobre 1995, 95/46/CE, relativa alla
tutela delle persone fisiche con
riguardo al trattamento dei dati personali, nonché
alla libera circolazione di tali
dati, e
– del Parlamento europeo e del
Consiglio 12 luglio 2002, 2002/58/CE, relativa al
trattamento dei dati personali e
alla tutela della vita privata nel settore delle
comunicazioni elettroniche
(direttiva relativa alla vita privata e alle
comunicazioni
elettroniche),
lette in combinato disposto e
interpretate tenendo presenti le condizioni derivanti
dalla
tutela dei diritti fondamentali
applicabili, devono essere interpretate nel senso che
ostano all’ingiunzione ad un
fornitore di accesso ad Internet di predisporre un
sistema di
filtraggio:
– di tutte le comunicazioni
elettroniche che transitano per i suoi servizi, in
particolare mediante programmi
«peer-to-peer»;
– che si applica indistintamente a
tutta la sua clientela;
– a titolo preventivo;
– a sue spese esclusive, e
– senza limiti nel tempo,
idoneo ad identificare nella rete
di tale fornitore la circolazione di file contenenti
un’opera musicale, cinematografica
o audiovisiva rispetto alla quale il richiedente
affermi di vantare diritti di
proprietà intellettuale, onde bloccare il trasferimento
di file il
cui scambio pregiudichi il diritto
d’autore.
Pubblicato da Francesco Paolo
Micozzi
|