-di Alessandro Gallucci,
Recita il primo comma dell’art.
1102 c.c.
Ciascun partecipante può servirsi
della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione
e non impedisca agli altri partecipanti di farne
parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può
apportare a proprie spese le modificazioni necessarie
per il migliore godimento della cosa.
Si tratta di una norma dettata in
materia di comunione ma applicabile anche al condominio
in virtù del richiamo a questi articoli (in quanto
compatibili) contenuto nell’art. 1139 c.c.
In sostanza, la Cassazione lo ha
detto in più occasioni, ciascun condomino può servirsi
dei beni comuni nel modo che ritiene più opportuno e pur
sempre nelle limitazioni indicate nell’art. 1102 c.c.
Diritto che non deve essere inteso come uso identico e
contemporaneo ma anche come facoltà di usare in tempi
diversi e nel modo più intenso la cosa comune sempre che
ciò non sia d’ostacolo agli altri. Eppure, nella
valutazione della legittimità dell’uso del bene,
dev’essere sempre tenuta in considerazione la
possibilità dell’uso identico seppur non contemporaneo
almeno successivo. Questo, in sostanza, quello che dice
la Suprema Corte di Cassazione con la sentenza 21
settembre 2011 n. 19205. Nel caso sotteso alla pronuncia
appena citata uno dei condomini aveva installato, nel
vano scala comune, una caldaia utile alla sua unità
immobiliare. Secondo gli ermellini, in relazione allo
stato dei luoghi emerso dalle risultanze istruttorie,
quello era da ritenersi un uso illegittimo? Perché? I
giudici di legittimità prima fanno una premessa di
carattere generale specificando che “ al singolo
condomino è consentito servirsi in modo esclusivo di
parti comuni dell’edificio soltanto alla duplice
condizione che il bene, nelle parti residue, sia
sufficiente a soddisfare anche le potenziali, analoghe
esigenze dei rimanenti partecipanti alla comunione e che
lo stesso, ove tutte le predette esigenze risultino
soddisfatte, non perda la sua normale ed originaria
destinazione, per il cui mutamento è necessaria
l’unanimità dei consensi (Cass. nn. 1062/11, 13752/06,
972/06 e 1737/05)” (Cass. 21 settembre 2011 n. 19205).
http://www.condominioweb.com/condominio/sentenza2013.ashx
Applicando questo concetto di
carattere generale al caso sottoposto alla sua
attenzione, la Corte regolatrice ha finito per affermare
che “ la sentenza impugnata ha valutato, per di più in
maniera affatto generica quanto alla parità dell’uso,
unicamente la prima delle due condizioni anzi dette,
ossia la potenziale fruizione del vano scala da parte
degli altri partecipanti al condominio per le loro
esigenze, date le modeste dimensioni del manufatto
installato, senza accertare se l’allocazione (non di una
sola, ma) di tante caldaie quanti i condomini sia non
solo e non tanto materialmente possibile, ma anche
compatibile con l’originaria destinazione del vano scala
comune, che nasce per la diversa finalità di dare
accesso alle proprietà individuali” (Cass. ult. cit.).
Come dire: l’uso del vano scale per
apporre caldaie è vietato in quanto, se tutti i
condomini facessero allo stesso modo, verrebbe ad essere
snaturata la sua normale destinazione d’uso.
CondominioWeb.com
Avv. Alessandro Gallucci |