Diritto e processo.it
Avvocato - Cultore della materia di
Diritto dell’informatica
“Il carattere sincronico o
a-sincronico del contenuto della comunicazione, elemento
distintivo secondo una tesi più restrittiva dal quale si
dovrebbe ricavare il criterio per espungere dalla
previsione dell’art. 660 c.p., per l’appunto, la
comunicazione asincrona, non è affatto dirimente. Invero
entrambe le comunicazioni sono sempre segnalate da un
avvertimento acustico che ne indica l’arrivo, e che
può, specie nel caso di spamming, costituito
dall’affollamento indesiderato del servizio di posta
elettronica con petulanti e-mail, recare quella molestia
e quel disturbo alla persona che di questa lede con pari
intensità la libertà di comunicazione costituzionalmente
garantita. In tal caso è palese l’invasività
dell’avvertimento al quale il destinatario non può
sottrarsi se non dismettendo l’uso del telefono, con
conseguente lesione, per la forzata privazione, della
propria tranquillità e privacy, da un lato, con la
compromissione della propria libertà di comunicazione,
dall’altro”[1].
SOMMARIO: 1) premessa; 2)
Considerazioni sul fenomeno dello Spamming Internet; 3)
La contravvenzione di molestie o disturbo alle persone
ex art. 660 c.p.; 4) La tipicità e la tassatività quali
corollari del principio di stretta legalità della legge
penale (incriminatrice) e la Sent. n. 24510 del 17-30
giugno 2010 della Corte di Cassazione, Sez. I penale; 5)
Le molestie telefoniche perpetrate attraverso lo
Spamming; 6) lo Spamming quale auspicabile ipotesi
autonoma di reato.
1) premessa
Con la sentenza n. 36779,
depositata lo scorso 12 ottobre 2011, la I Sezione
penale della Corte di Cassazione si è nuovamente
pronunciata[2] circa la configurabilità della
contravvenzione di molestie telefoniche[3] perpetrata
attraverso l’invio ripetuto non richiesto e molesto di
e-mail, dovendo, perciò, prendere in considerazione la
rilevanza penale, ai sensi dell’art. 660 c.p., del c.d.
fenomeno dello Spamming. In particolare, la sentenza
della Corte di Cassazione ha ad oggetto l’invio,
copiosamente ripetuto, di messaggi di posta elettronica
da parte di due ragazzi del Grossetano, rivolti a due
donne, loro malgrado oggetto delle attenzioni dei due
spammers. E’ evidente come l’invio ripetuto di messaggi
di posta elettronica, indipendentemente dal loro
contenuto, e dalla modalità sincrona o asincrona con la
quale vengano inviati, sia idoneo a cagionare un elevato
grado di disagio emotivo e di disturbo in capo ai
destinatari, non foss’altro poiché l’elevato numero di
messaggi che vengono ricevuti comporta, il più delle
volte, un intasamento della posta elettronica, con la
necessità di cancellare le e-mail “spazzatura” e la
conseguente perdita di tempo e di denaro. Dunque, si
capisce come lo Spamming Internet sia fonte di una
sensibile compromissione della libertà di comunicazione
(garantita ai sensi dell’art. 25, comma 1 della
Costituzione) e anche di un disturbo evidente alla
tranquillità delle persone.
2) Considerazioni sul fenomeno
dello Spamming Internet
Il fenomeno dello Spamming
Internet trae origine dall’avvento globale e
generalizzato di Internet e della posta elettronica. Il
termine Spam (acronimo di Send phenomenal amounts of
mails), è una parola ottenuta dalla contrazione delle
parole ‘Spiced’ e ‘Ham’ ed è il nome di un noto cibo in
scatola, nella specie si trattava di carne in gelatina,
prodotta da una ditta alimentare americana e distribuita
ai sodati dell’esercito statunitense[4]. Data la scarsa
appetibilità e qualità del prodotto in sé, tale termine,
col tempo, divenne il significante di un genere di
scarsa qualità, se non proprio nocivo, comunque mal
tollerato e accettato dal consumatore. E tale accezione
non è mutata quando il termine spam è stato mutuato
dalla terminologia dell’informatica per descrivere il
fenomeno, sfortunatamente sempre più diffuso, dell’invio
ripetuto e non sollecitato di messaggi di posta
elettronica a contenuto promozionale e pubblicitario[5].
Ciò premesso, il presente
contributo è volto a comprendere se, secondo il giudizio
della Corte di Cassazione, le condotte di Spamming
Internet siano astrattamente idonee ad integrare la
fattispecie contravvenzionale dell’art. 660 c.p..
3) La contravvenzione di molestie o
disturbo alle persone ex art. 660 c.p.
Il reato di molestie o disturbo
alle persone, previsto dal libro III del c.p. quale
contravvenzione, è finalizzato alla prevenzione e alla
repressione, in ultima analisi, del turbamento della
tranquillità pubblica in riferimento a possibili
ripercussioni sull’ordine pubblico che potrebbero
originarsi a seguito di reazioni innescate dal
turbamento della quiete e della tranquillità del privato
cittadino da parte di terzi. La condotta del reato può
consistere in qualsiasi contegno idoneo ad arrecare
molestia o disturbo a terze persone, di modo che si
verifichi una vera e propria ingerenza nella vita
privata e di relazione della persona. Elemento
necessario ai fini del reato è, inoltre, il fatto che la
condotta abbia luogo in luogo pubblico o in luogo aperto
al pubblico o, diversamente, per mezzo del telefono.
Sull’interpretazione del termine “telefono” si tornerà
più avanti quando si analizzerà come la Corte di
Cassazione ha applicato il principio di tassatività e
tipicità della legge penale (incriminatrice) nelle sue
pronunce. In riferimento all’elemento soggettivo,
l’agente deve agire con dolo specifico, ovvero “per
petulanza o per altro biasimevole motivo”. In altre
parole, con il termine petulanza, è richiesto che il reo
finalizzi la propria condotta al precipuo scopo di
interferire in maniera inopportuna nell’altrui sfera di
libertà[6], manifestando, in tal modo, la volontà di
infastidire una persona. Per biasimevole motivo, invece,
si intende, per usare le parole della Corte di
Cassazione, “ogni motivo diverso dalla petulanza, che
sia del pari riprovevole in sé stesso o in relazione
alla qualità della persona molestata e che abbia su
quest’ultima gli stessi effetti della petulanza”[7].
4) La tipicità e la tassatività
quali corollari del principio di stretta legalità della
legge penale (incriminatrice) e la Sent. n. 24510 del
17-30 giugno 2010 della Corte di Cassazione, Sez. I
penale
Gli artt. 25, comma 2 Cost., 1
c.p. e 199 c.p.(quest’ultimo con riferimento
all’applicazione delle misure di sicurezza),
stabiliscono che nel nostro ordinamento non è possibile
che un soggetto venga sottoposto a pena per un reato e
con una pena che non siano stati previamente ed
espressamente previsti con legge. Come noto, il
principio di legalità è principio cardine del sistema
del diritto penale (sostanziale) in Italia. Tale
principio, peraltro, rischierebbe di assolvere una
funzione prettamente formale, alla stregua di una
qualsiasi formula di stile, se il legislatore non avesse
ritenuto di prevedere alcuni corollari a garanzia della
sua efficacia sostanziale, oltre che formale. Ci si
riferisce ai principi di irretroattività della legge
penale, della riserva di legge, di tipicità e
tassatività della legge penale. Di tali principi, quello
di tipicità merita in questa sede una breve analisi,
dato che la I Sezione penale della Corte di Cassazione
vi ha basato il proprio giudizio tanto nel 2010 quanto
nel 2011, con la sua ultima pronuncia dello scorso
ottobre. Detto principio stabilisce che tanto i reati,
quanto le pene, debbano essere tipizzati nella norma
penale incriminatrice. Non ogni fatto moralmente e
socialmente riprovevole, dunque, potrà essere
considerato reato e, dunque, represso con la pena, ma
solamente quelli che corrispondano al fatto tipico, cioè
al fatto descritto dalla norma penale. Peraltro, detta
descrizione del fatto tipico deve necessariamente
soggiacere al principio di tassatività, nel senso che il
legislatore deve compiutamente definire e delineare il
fatto che si intende prevenire e reprimere con
l’adozione di una norma penale incriminatrice. Inoltre,
a ulteriore garanzia dei principi di legalità e tipicità
(sostanziali), l’art. 14 delle preleggi dispone il
divieto di applicazione analogica della legge penale
(incriminatrice).
Segue- La Sent. n. 24510 del 17-30
giugno 2010 della Corte di Cassazione, Sez. I penale.
Proprio in applicazione del
principio di tipicità della legge penale incriminatrice
e del divieto di interpretazione analogica della legge
penale, la Corte di Cassazione, Sez. I penale, con la
Sent. n. 24510 del 17-30 giugno 2010 aveva stabilito
che, con riferimento alla contravvenzione di molestia o
disturbo alle persone perpetrata col mezzo del telefono
(c.d. molestia telefonica), non rientra nella cornice
edittale dell’art. 660 c.p. il caso in cui il disturbo
alla persona sia stato cagionato attraverso l’invio
ripetuto di e-mail. Ciò in quanto la molestia,
all’infuori del caso in cui avvenga in un luogo
pubblico, deve avvenire esclusivamente attraverso
l’utilizzo del telefono. Ebbene, da tale pronuncia si
evince una definizione del termine “telefono” (ai fini
dell’applicazione della norma dell’art. 660 c.p.), che
presuppone tre elementi essenziali: 1) deve trattarsi di
un apparecchio telefonico, cioè di uno strumento che
permetta la trasmissione di suoni e di voci (ovvero,
come nel caso del citofono, di altro strumento che
permetta di comunicare attraverso le medesime modalità);
2) la modalità di funzionamento dell’apparecchio deve
avvenire mediante la rete telefonica o cellulare; 3) vi
deve essere una segnalazione della comunicazione in
modalità sincrona, nel senso che l’avviso deve avvenire
contestualmente alla comunicazione mediante segnalazione
acustica. Orbene, da un punto di vista strettamente
formale, la sentenza in commento risulta ineccepibile. E
infatti, la ratio che fonda il giudizio della Suprema
Corte di Cassazione sul punto, poggia sul ragionamento
in base al quale, evidentemente, il legislatore,
nell’inserire nella norma dell’art. 660 c.p. il
riferimento al solo utilizzo del telefono (all’infuori
del requisito topografico inerente il luogo pubblico),
ha sì previsto una formula aperta, ma non ha inteso
consentire un’estensione applicativa della norma tale
da farvi rientrare anche condotte concernenti l’utilizzo
di apparecchi di comunicazione che, per il diverso tipo
funzionamento rispetto a quello dell’apparecchio
telefonico e, dunque, per la minore invasività dovuta al
fatto che non consentono un’interazione diretta tra le
persone, non sono idonei ad arrecare un’immediata
molestia o comunque un disturbo.
A ben vedere, però, il giudizio
della I Sezione penale della Corte di Cassazione non
sembra tener conto del contesto sociale e tecnologico
peculiari dell’epoca contemporanea. Ci si riferisce al
fatto che, oramai, le enormi potenzialità di internet
pervadono in maniera preponderante il vissuto delle
persone e che la comunicazione mediante l’utilizzo
della posta elettronica è divenuta, in un mondo sempre
più globalizzato e dai confini più ampi, da strumento di
comunicazione di nicchia a principale mezzo per
comunicare. Se poi si considera che già oggi esistono
telefoni cellulari in grado di scaricare attraverso la
rete cellulare la posta elettronica e di segnalarla con
avvisi acustici (al pari di ciò che avviene con gli
sms[8]), ci si rende conto di come la concezione volta
ad escludere lo Spamming internet dalle possibili
condotte astrattamente idonee a configurare il reato di
molestia telefonica sia superata. Sulla base di tali
considerazioni, si può affermare che, in ossequio al
principio di tipicità, oggi le condotte di Spamming
rimangono inidonee ad integrare la fattispecie descritta
dall’art. 660 c.p. solo in riferimento a determinati
casi , come quelli analizzati dalla Corte nel 2010 e nel
2011, nei quali l’invio di e-mail prescinde
dall’utilizzo del telefono (da parte del destinatario).
Di tale situazione, peraltro, sembra essersi pienamente
resa conto la I Sezione penale della Corte di
Cassazione, con la sent. n. 36779, 12 ottobre 2011.
5) Le molestie telefoniche
perpetrate attraverso lo Spamming
Con la sentenza n. 36779,
depositata il 12 ottobre 2011, la I Sezione penale della
Corte di Cassazione ha assolto due Spammers del
Grossetano che avevano inviato numerosi messaggi di
posta elettronica a due ragazze. Ora, nella parte motiva
della sentenza, la Corte di Cassazione, dopo aver
ripercorso il ragionamento sotteso al suo precedente
arresto del 2010, (qui analizzato nel paragrafo che
precede), ha precisato (e questo è l’elemento di
assoluta novità,) che non è lo Spamming ad essere
escluso sic et simpliciter dalle modalità di condotta
astrattamente idonee a configurare il reato di molestie
telefoniche, bensì, caso per caso, la specifica modalità
con la quale avviene la comunicazione. In particolare
dovrà escludersi che lo Spamming possa configurare una
condotta rilevante in riferimento all’applicazione
dell’art. 660 c.p. qualora la comunicazione dei messaggi
di posta elettronica non avvenga attraverso l’uso del
telefono o di “qualsiasi mezzo di trasmissione, tramite
rete telefonica e rete cellulare delle bande di
frequenza, di voci e di suoni imposti al destinatario,
senza possibilità per lui di sottrarsi alla immediata
interazione con il mittente”[9].
Ad esempio, nel caso analizzato
dalla Suprema Corte di Cassazione, lo Spamming è stato
posto in essere mediante l’invio di e-mail che venivano
registrate sull’account dell’operatore professionale e
che, analogamente a quanto accade con le missive
cartacee, i destinatari, successivamente, avevano scelto
di scaricare allo stesso modo in cui si sceglie di
aprire le lettere cartacee. Nel caso di specie, perciò,
gli Spammers non hanno arrecato un disturbo immediato
alla persona solo perché le e-mail non sono state
scaricate sul telefono e segnalate attraverso un segnale
acustico in modalità sincrona. Sul punto, infatti, la
Corte di Cassazione ha osservato che “nella specie (…)
il carattere invasivo, senza possibilità di sottrarsi al
suono molesto, dell’avvertimento dell’arrivo della posta
elettronica non può dirsi realizzato perché gli imputati
comunicavano con le persone offese tramite computer ed
in tanto la posta elettronica con questo mezzo inviata
poteva essere letta in quanto i destinatari di essa, per
nulla avvertiti dell’arrivo, avessero deciso di “aprire”
la posta elettronica pervenuta”. Tuttavia, a conferma
della tesi sostenuta sinora circa l’idoneità delle
condotte di Spamming internet ad integrare la
fattispecie contravvenzionale prevista dall’art. 660
c.p., sempre la I Sezione penale della Corte di
Cassazione, nel passaggio motivo più significativo della
sentenza n. 36779/11, ha affermato che l’arrivo di
e-mail sul telefono cellulare attrezzato “può, specie
nel caso di spamming, costituito dall’affollamento
indesiderato del servizio di posta elettronica con
petulanti e-mail, recare quella molestia e quel disturbo
alla persona che di questa lede con pari intensità la
libertà di comunicazione costituzionalmente garantita.
In tal caso è palese l’invasività dell’avvertimento al
quale il destinatario non può sottrarsi se non
dismettendo l’uso del telefono, con conseguente lesione,
per la forzata privazione, della propria tranquillità e
privacy, da un lato, con la compromissione della propria
libertà di comunicazione, dall’altro”[10].
6) lo Spamming quale auspicabile
ipotesi autonoma di reato
Il fenomeno dello Spamming, per la
sua attitudine a ledere in maniera sempre più incisiva
diversi diritti e libertà tutelati dal nostro
ordinamento, è opportunamente sempre più oggetto di
attenzione da parte degli operatori del diritto. Si è
visto come oggi lo Spamming, qualora ne ricorrano i
presupposti, sia astrattamente idoneo a configurare il
reato di molestie telefoniche, ai sensi dell’art. 660
c.p. E, d’altronde, anche altre norme penali
incriminatrici, in determinate ipotesi, già reprimono lo
Spamming. Si pensi, ad esempio, al delitto di
trattamento illecito dei dati[11] o, ancora, al delitto
di atti persecutori (Stalking) perpetrato attraverso
l’invio di messaggi di posta elettronica[12]. Tuttavia,
l’esito della pronuncia oggetto va considerato come un
serio campanello d’allarme in quanto è la conferma di
come, ancora oggi, un fenomeno come quello dello
Spamming, potenzialmente lesivo di diversi diritti e
libertà (alcuni dei quali godono anche della garanzia
costituzionale), troppo spesso sfugga alle maglie della
giustizia penale. E non potrebbe essere diversamente,
posto che, anche un collegio illuminato e sensibile alle
moderne esigenze di tutela (coma si è dimostrata la I
Sezione penale della Corte di Cassazione con la
pronuncia analizzata in questa sede) rimane impotente di
fronte a condotte di Spamming palesemente lesive le
quali, però, non potendo essere sussunte in alcuna delle
fattispecie criminose previste dal legislatore, sfuggono
al controllo della giustizia.
De iure condendo, si auspica una
maggiore attenzione del legislatore alle esigenze di
tutela e di repressione del fenomeno dello Spamming in
sé, confidando nella sua capacità di trovare una
soluzione decisa al problema, magari e se necessario,
con l’introduzione di una figura di reato ad hoc.
[1] Corte di Cassazione, Sez. I,
sentenza n. 36779, dep. 12 ottobre 2011, www.penale.it;
[2] La medesima Sezione della Corte
di Cassazione si era recentemente pronunciata sul punto
con sent. n. 24510/10, CED 247558;
[3] Art. 660 c.p.: Molestia o
disturbo alle persone. Chiunque, in un luogo pubblico o
aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per
petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno
molestia o disturbo è punito con l'arresto fino a sei
mesi o con l'ammenda fino a euro 516;
[4] Cfr. V.S. DESTITO, G. DEZZANI,
C. SANTORIELLO, “Il diritto penale delle nuove
tecnologie”, edito CEDAM
[6] Cfr. Corte di Cassazione, Sez.
I pen., n. 17308/08, CED, 239615;
[7] Cfr. Corte di Cassazione, Sez.
V pen., n., 15 giugno 1982- 14 ottobre 1982, n. 9181,
R.P. 83, 489;
[8] Il reato di molestia telefonica
mediante l’invio di sms è pacificamente ammessa dalla
giurisprudenza della Corte di Cassazione. Sul punto,
cfr. Cass., 26 marzo 2004, n. 28680, CED 229464.
[9] cfr. Corte di Cassazione, Sez.
I, sentenza n. 36779/11, cit;
[10] cfr. Corte di Cassazione, Sez.
I, sentenza n. 36779/11, cit;
[11] Art. 167. Trattamento illecito
di dati. 1. Salvo che il fatto costituisca più grave
reato, chiunque, al fine di trarne per sè o per altri
profitto o di recare ad altri un danno, procede al
trattamento di dati personali in violazione di quanto
disposto dagli articoli 18, 19, 23, 123, 126 e 130,
ovvero in applicazione dell'articolo 129, è punito, se
dal fatto deriva nocumento, con la reclusione da sei a
diciotto mesi o, se il fatto consiste nella
comunicazione o diffusione, con la reclusione da sei a
ventiquattro mesi;
Art. 130. Comunicazioni
indesiderate
1. L'uso di sistemi automatizzati
di chiamata senza l'intervento di un operatore per
l'invio di materiale pubblicitario o di vendita diretta
o per il compimento di ricerche di mercato o di
comunicazione commerciale è consentito con il consenso
dell'interessato.
2. La disposizione di cui al comma
1 si applica anche alle comunicazioni elettroniche,
effettuate per le finalità ivi indicate, mediante posta
elettronica, telefax, messaggi del tipo Mms (Multimedia
Messaging Service) o Sms (Short Message Service) o di
altro tipo (omissis);
[12] Art. 612
bis. Atti persecutori. Stalking.
Salvo che il fatto costituisca più
grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a
quattro anni chiunque, con condotte reiterata, minaccia
o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e
grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un
fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo
congiunto o di persona al medesimo legata da relazione
affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le
proprie abitudini di vita (omissis).
|