Persona e danno.it
(Estratto da Diritto e Processo
formazione n. 10/2011)
QUESTIO IURIS
I. Con il provvedimento che si
annota (Cassazione, sez. I, 4 luglio 2011, n. 14554), i
Giudici della Suprema Corte di Cassazione chiariscono il
quesito sottoposto al Supremo Collegio che consiste
nell’attribuire o meno ai genitori del minore la
qualifica di parti necessarie nell’intero procedimento
di adottabilità e, quindi di essere considerate
litisconsorti necessari anche nel giudizio d’appello.
II. Il caso di specie trae origine
dall’avvio del procedimento relativo allo stato di
abbandono di una minore.
Il Tribunale dei minorenni di
Palermo dichiarava lo stato di adottabilità della
piccola.
I nonni paterni della bambina, per
ottenere l’affido di quest’ultima, proponevano appello
avanti alla Corte territoriale la quale accoglieva
l’impugnazione proposta dagli appellanti ritenendo che
quest’ultimi erano risultati capaci di garantire alla
nipote le dovute cure sul piano materiale, affettivo,
intellettivo e creativo e, dunque, di fornirle tutto
ciò che materialmente e spiritualmente fosse necessario
per lo sviluppo armonico della stessa.
Avverso la sentenza della Corte
d’appello di Palermo, infine, proponeva ricorso per
Cassazione il Procuratore Generale della Repubblica di
Palermo che denunciava, in particolare, la violazione e
falsa applicazione di norme di diritto di cui all'art.
360, comma 1 n. 3 c.p.c., con riferimento al combinato
disposto della L. n. 184 del 1983, art. 17, come
modificato dalla L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 1, e
dell'art. 331 c.p.c., comma 1, per non essere stato
l'appello notificato a tutte le parti che hanno
partecipato al processo di primo grado e per non avere
la Corte d’appello disposto l'integrazione necessaria
del contraddittorio nei confronti di dette parti e
segnatamente dei genitori della minore, regolarmente
costituiti a mezzo di difensore d'ufficio nel
procedimento dinanzi al Tribunale dei minori di Palermo.
La Corte di legittimità, con la
sentenza degna di nota, accoglieva il ricorso proposto
dal Procuratore Generale della Repubblica di Palermo e
statuiva che in tema di diritto del minore ad una
famiglia e segnatamente di sua adozione (nazionale), il
titolo II della legge 4 maggio 1983, n. 184, nel testo
novellato dalla legge 28 marzo 2001, n. 149, che
riflette anche principi sovranazionali dispone che il
procedimento deve svolgersi sin dall'inizio con
l'assistenza legale dei genitori, i quali devono essere
avvertiti dell'apertura della procedura, essere invitati
a nominare un difensore, essere informati della nomina
di un difensore d'ufficio per il caso che non vi
provvedano, ed ancora che gli stessi, assistiti dal
difensore, possono partecipare in primo grado a tutti
gli accertamenti disposti dal Tribunale e debbono essere
sentiti e ricevere la comunicazione dei provvedimenti
adottati, nonché possono presentare istanze anche
istruttorie e prendere visione ed estrarre copia degli
atti contenuti nel fascicolo previa autorizzazione del
giudice, e devono ricevere la notificazione per esteso
della sentenza, con contestuale avviso del loro diritto
di proporre impugnazione (art. 8 comma 4, art. 10, commi
2 e 5, art. 12, art.13, art. 15, art. 16).
L'art. 17 prevede, inoltre, che il
pubblico ministero e le altre parti possano proporre
impugnazione avanti la Corte d'appello e non pone alcuna
ulteriore restrizione al novero dei legittimati al
gravame e, dunque, deroga al regime del contraddittorio
previsto in via generale nel nostro ordinamento positivo
processuale con riguardo ai procedimenti contenziosi
ordinari.
La novellata normativa attribuendo,
dunque, ai genitori del minore una legittimazione
autonoma connessa ad un'intensa serie di poteri, facoltà
e diritti processuali, è atta a fare assumere loro la
veste di parti necessarie e formali dell'intero
procedimento di adottabilità e, quindi, di
litisconsorti necessari pure nel giudizio d'appello,
quand'anche in primo grado non si siano costituiti, con
conseguente necessità di integrare il contraddittorio
nei loro confronti, ove non abbiano proposto il gravame.
III. Un breve, ma doveroso accenno
deve essere fatto, seppur in linea generale, alla
disciplina dell’adozione e dell’affidamento del minore.
Com’è noto la legge 28 marzo 2001
n. 149, che modifica il titolo II della legge 4 maggio
1983, n. 184, ha introdotto l’obbligo di nominare un
avvocato al minore e al genitore nelle procedure di
limitazione e decadenza della potestà e in quelle per la
procedura di adottabilità dei minori.
La ratio della riforma è stata
quella di recepire in pieno il principio del
contraddittorio previsto dall’art. 111 Cost. per i
procedimenti civili e penali introdotto dalla legge
costituzionale 22 novembre 1999 n. 2, in ossequio ai
principi dettati dalla Consulta nella famosa sentenza
del 30 gennaio 2002 n. 1.
Il legislatore, con la riforma
della legge 4 maggio 1983, n. 184, ha aderito totalmente
ai principi dettati dalla Convenzione internazionale sui
diritti dell'infanzia, firmata in New York il 20
novembre 1989 che riconoscono al minore il diritto di
esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo
riguardano e di essere affiancato a un proprio
rappresentante quando i genitori non riescono per
ragioni di un conflitto di interessi o di una
limitazione della potestà.
L'art. 12 della Convenzione di New
York del 20 Novembre 1989 sui diritti del fanciullo,
conferisce, infatti, al minore "il diritto di esprimere
liberamente la sua opinione su ogni questione che lo
interessa”.
L’art. 10 della legge 4 maggio
1983, n. 184 novellato dalla legge 28 marzo 2001, n.
149, impone al giudice di sentire il minore che ha
compiuto i dodici anni e anche il minore di età
inferiore, in considerazione della sua capacità di
discernimento.
Il legislatore ha voluto, in tal
modo, riconoscere maggiore autonomia al minore
concorrendo alla creazione del rapporto adottivo.
L'art. 8 della legge n. 184/1983,
modificato dalla legge di riforma, dispone che Tribunale
per i Minorenni dichiara in stato di adottabilità i
minori che si trovano nel distretto e dei quali sia
accertata la situazione di abbandono.
Il procedimento di adottabilità, in
base alla nuova legge sull'adozione, deve svolgersi fin
dall'inizio con l'assistenza legale del minore, dei
genitori o degli altri parenti.
Fu infatti giudicata manifestamente
infondata la questione di legittimità costituzionale
degli articoli 8, 9, 10, 12 e 15 della legge 4 maggio
1983 n. 184, con riferimento all'articolo 24 della
Costituzione, nella parte in cui non prevedevano e non
garantivano il completo esercizio del diritto di difesa
ed il rispetto del contraddittorio nella fase precedente
la dichiarazione di adottabilità.
L’art. 17 della legge n.
184/1983, modificato dalla legge di riforma, prevede che
contro la sentenza del Tribunale per i minorenni che
definisce il procedimento è possibile proporre appello.
I soggetti legittimati a proporre
appello sono: il pubblico ministero, i genitori, i
parenti entro il quarto grado che abbiano mantenuto
rapporti significativi con il minore, il tutore e il
curatore speciale.
L’appello si propone entro trenta
giorni dalla notificazione della copia della pronuncia e
la Corte, sentite le parti e il pubblico ministero ed
effettuato ogni altro opportuno accertamento, pronuncia
sentenza in camera di consiglio e provvede al deposito
della stessa in cancelleria, entro quindici giorni dalla
pronuncia.
La legge n.149/2001 intervenuta,
come noto, a modificare la L. 184/1983 ha attribuito,
quindi al minore e ai genitori la qualifica di parti
necessarie titolari sia di un ruolo sostanziale, sia,
sul piano processuale, di una legittimazione autonoma
connessa ad un’intensa serie di poteri, facoltà e
diritti processuali.
I genitori del minore, secondo la
normativa novellata sono anche parti necessarie nel
giudizio di gravame e, quindi litisconsorti necessari
quand'anche in primo grado non si siano costituiti, con
conseguente necessità di integrare il contraddittorio
nei loro confronti, ove non abbiano proposto il gravame
(art. 331 c.p.c.).
Sulla qualifica di parte necessaria
e formale del minore nel procedimento di adottabilità
era intervenuta sul punto la Suprema Corte che aveva
ritenuto: “In tema di adozione, gli art. 8, comma
ultimo, e 10 comma 2, l. 4 maggio 1983 n. 184, come
novellati dalla l. 28 marzo 2001 n. 149, devono essere
interpretati nel senso che il dovere del presidente del
tribunale di nominare un difensore d'ufficio ai genitori
ed ai parenti entro il quarto grado, con rapporti
significativi con il minore, nel caso in cui essi non vi
provvedano, espressamente introdotto con riguardo a
detti soggetti, a maggior ragione sussiste nei confronti
del minore (rappresentato dal tutore o dal curatore
speciale), che del procedimento di adozione è la parte
principale e in senso formale; tuttavia, alla ritardata
costituzione del difensore del minore o alla mancata
assistenza da parte di costui ad uno o più atti
processuali, non consegue l'automatica declaratoria
della nullità dell'intero processo e/o dell'atto e di
tutti quelli successivi, potendo tale sanzione essere
invocata dal P.M. o dalle altre parti solo previa
allegazione e dimostrazione del reale pregiudizio che la
tardiva costituzione o la mancata partecipazione
all'atto ha comportato per la tutela effettiva del
minore”. (Cass., 26 marzo 2010, n. 7281).
La SOLUZIONE di Cassazione, sez. I,
4 luglio 2011, n. 14554
Secondo la Suprema Corte di
Cassazione, con la sentenza del 4 luglio 2011, n. 14554,
ha statuito che:
1. L'art. 17 prevede, inoltre, che
il pubblico ministero e le altre parti possano proporre
impugnazione avanti la Corte d'appello e non pone alcuna
ulteriore restrizione al novero dei legittimati al
gravame e, dunque, deroga al regime del contraddittorio
previsto in via generale nel nostro ordinamento positivo
processuale con riguardo ai procedimenti contenziosi
ordinari.
2. La novellata normativa
attribuendo, dunque, ai genitori del minore una
legittimazione autonoma connessa ad un'intensa serie di
poteri, facoltà e diritti processuali, è atta a fare
assumere loro la veste di parti necessarie e formali
dell'intero procedimento di adottabilità e, quindi, di
litisconsorti necessari pure nel giudizio d'appello,
quand'anche in primo grado non si siano costituiti, con
conseguente necessità di integrare il contraddittorio
nei loro confronti, ove non abbiano proposto il gravame.
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