Gianmario Palliggiano
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Cds: "appello cumulativo"
inammissibile anche col nuovo codice amministrativo
di Gianmario Palliggiano
La Quinta sezione del Consiglio di
Stato, con la sentenza n. 5554/2011, ha considerato
inammissibile l’appello cumulativo, ossia
l’impugnazione unica proposta in secondo grado contro
una pluralità di sentenze rese in primo grado. Il
Consiglio di Stato conferma, quindi, il consolidato
orientamento della giurisprudenza sulla questione,
avendo preso atto che il codice del processo
amministrativo non innova rispetto al precedente regime.
Per il passato, infatti, la
giurisprudenza amministrativa ha generalmente
considerato inammissibile l'appello proposto contro
diverse sentenze, ancorché di analogo contenuto e
pronunciate nei confronti della stessa amministrazione
resistente, le quali abbiano definito in primo grado
ricorsi che avevano ricevuto separata trattazione in
distinti processi. Ad avviso di quella giurisprudenza,
ragionando diversamente, si consentirebbe alla parte di
esercitare un potere che l'ordinamento processuale
attribuisce unicamente al giudice (si confronti,
Consiglio di Stato, Sezione V, 25 febbraio 2009 n. 1129;
23 novembre 2007 n. 600; 17 febbraio 2006 n. 617;
Sezione IV, 10 agosto 2004, n. 5494; Cga 5 aprile 2002
n. 182; più risalente, nello stesso senso, Consiglio di
Stato, Sezione VI, 26 maggio 1997 n. 685; Sezione V, 14
luglio 1997, n. 805). Per questo, la giurisprudenza
amministrativa aveva chiarito che la riunione di più
ricorsi è frutto di una valutazione discrezionale del
giudice, non sindacabile in appello, avente l’effetto di
ridurre ad unità il processo e la sentenza che lo
conclude; ciò non produce alcuna perdita di autonomia
delle singole liti, rispetto alle quali ciascun
ricorrente ha esclusivamente il diritto di ottenere una
integrale pronuncia sulle proprie domande (Cga, Sezione
consultiva, 1 luglio 1999 , n. 298).
Venendo al caso odierno, il
Consiglio di Stato ha osservato che, in generale,
l’articolo 39 del codice di procedura amministrativa
rinvia, in quanto compatibili o espressione di principi
generali, alle disposizioni del codice del rito civile.
Quest’ultimo consente, esclusivamente per il primo
grado, che più cause siano trattate in un unico giudizio
non solo, com’è naturale, per disposizione del giudice
(articoli 274, 31, 32, 33 e 40 Cpc) ma anche per
iniziativa dell'attore (articoli 103, 104, 31, 32 e 33
Cpc.). Per l’appello non contempla invece norme del
genere, ad eccezione dell’ipotesi particolare
d’impugnazione unica della sentenza definitiva e di
quelle non definitive, ipotesi che, a ben riflettere,
riguarda lo stesso giudizio (articoli 340 e 361 Cpc).
Nel processo amministrativo, la
riunione è disposta sempre dal giudice, anche qualora
sia sollecitata dalla parte, ed è a posteriori, una
volta che gli appelli siano stati proposti. La riunione
è inoltre adottata insieme alla decisione definitiva o
in vista di un’uniforme decisione conclusiva delle
cause, allorché le parti abbiano ormai chiarito le
proprie posizioni.
Le regole che governano la riunione
dei giudizi amministrativi, si ricavano dall’art. 70 del
Cpa, secondo cui “Il collegio può, su istanza di parte o
d’ufficio, disporre la riunione di ricorsi connessi”. La
norma è teoricamente applicabile al grado d’appello, in
virtù dell’articolo 38 Cpa, che estende alle
impugnazioni ed ai riti speciali le disposizioni
generali del processo amministrativo, se non
espressamente derogate (analoga la previsione contenuta
nell’abrogato articolo 52 Rd 6 agosto 1907 n. 642,
recante il regolamento di procedura dinanzi alle sezioni
giurisdizionali del Consiglio di Stato).
Ne deriva che, in appello, ove si
tratti di cause connesse in senso oggettivo o
soggettivo, il giudice di secondo grado ha il potere di
riunire le impugnazioni proposte separatamente contro
più sentenze, allo scopo di venire incontro ad esigenze
di economia e speditezza del processo ed anche di
evitare il contrasto tra giudicati. Tuttavia, anche in
secondo grado, è pur sempre il giudice a dirigere il
traffico processuale, senza in alcun modo farsi
condizionare da eventuali impulsi delle parti.
Per questo, ad avviso del Consiglio
di Stato, non può essere avallata l'iniziativa
dell'appellante che, riunendo a priori distinte cause,
proponga un’unica impugnazione avverso più sentenze.
Un’eventualità del genere sarebbe in contrasto con
l’articolo 101 Cpa, che qualifica l’appello come ricorso
proposto avverso la sola sentenza che definisce il
giudizio, ed inoltre sottrarrebbe al giudice il governo
dei giudizi, ponendo le premesse per la creazione di
situazioni processuali confuse o inestricabili.
L’orientamento espresso dal
Consiglio di Stato è pienamente condivisibile, tuttavia
potrebbe peccare di eccessivo formalismo laddove
l’appello avverso distinte sentenze sia proposto
formalmente con un unico atto ma, nel contenuto, sia
formulato in modo da tenere distinte le diverse pronunce
di primo grado, oggetto d’impugnazione, e da rendere
facilmente individuabili i rispettivi capi di censura.
Escludere a priori l’ammissibilità di un simile appello,
appare in contrasto sostanziale proprio con gli invocati
principi del processo amministrativo, sanciti
dall’articolo 101 del Cpa.
LA MASSIMA
Impugnazioni – Appello - Appello
cumulativo - Inammissibilità
È inammissibile, anche nella
vigenza del codice del processo amministrativo,
l’appello cumulativamente diretto nei confronti di
distinte sentenze
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