La Corte di Cassazione, con la
sentenza 2 novembre 2011 n. 22695, si pronuncia sulla
disciplina del trasferimento del lavoratore. Il
trasferimento si realizza col mutamento definitivo del
luogo geografico di esecuzione della prestazione,
normalmente da una unità produttiva ad un'altra, ossia
da un'articolazione autonoma dell'azienda ad un'altra.
Non è trasferimento quando invece c'e uno spostamento
nella stessa unità, salvo i casi in cui quest'ultima
comprenda uffici notevolmente distanti tra loro. Il
datore di lavoro non può trasferire il dipendente da
un'unità produttiva ad un'altra se non per comprovate
ragioni tecniche, organizzative e produttive (art. 2103
c.c), esigenze queste che non è tenuto a comprovare
quando non sia ricorrente propriamente un caso di
trasferimento, ma la mera assegnazione del dipendente ad
un altro posto nell'ambito dello stesso ufficio. La
Corte ha stabilito che si configura il trasferimento del
lavoratore anche senza il cambiamento della residenza,
quando il cambiamento del luogo di esecuzione del lavoro
comporti a lui ed alla sua famiglia disagi apprezzabili
e che quindi necessitano di essere indennizzati in
quanto meritevoli di tutela.
Autore: L.S.) -
(Fonte: StudioCataldi.it) |