Palana Maurizio
L’art. 18 del D.L. n. 78/2010
(convertito nella Legge 30.7.2010 n. 122), ai fini
dell’attuazione dell’art. 44 del D.P.R. 29.9.1973, n.
600 e dell’art. 1 del D.L. 30.9.2005, n. 203
(convertito, con modificazione, dalla Legge 2.12.2005,
n. 248), in materia di partecipazione dei comuni
all’attività di accertamento e contrasto all’evasione
fiscale e contributiva, ha previsto, tra l’altro, la
costituzione, obbligatoria in tutti i comuni(1), del
Consiglio Tributario.
Strutturato come organo tecnico
consultivo interno all’ente, il Consiglio Tributario è
chiamato a supportare l’impegno del comuni al fine del
riconoscimento, agli stessi, di una quota delle maggiori
somme riscosse, afferenti i controlli fiscali effettuati
appunto con il loro apporto. Tale ‘quota di
partecipazione’, proporzionata alle maggiori somme dei
tributi statali riscosse nonché alle sanzioni civili
applicate sui maggiori contributi riscossi, aveva già
subìto un primo innalzamento - dal 30%, inizialmente
previsto, al 33% - sempre per effetto del D.L. 78/2010
ed un ulteriore incremento - dal 33% al 50% - per
effetto dell’art. 2, comma 10, lett. b) del D.Lgs. n.
23/2011. Inoltre, quest’ultimo intervento aveva
ridefinito la base della commisurazione riferendola,
infine, alle somme riscosse pur a titolo non definitivo,
fermo restando il recupero delle stesse qualora
rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo(2).
Invero, le novità fiscali
introdotte dal legislatore nell’estate di quest’anno
sono riconducibili ad un intervento di più vasta
portata(3). Circoscrivendo l’analisi al tema in esame,
si può osservare che la cd. ‘manovra di ferragosto’ – di
cui al D.L. n. 138/2011, come modificato in sede di
conversione in Legge n. 148 del 14 settembre 2011 –
oltre ad apprestare misure di compensazione del rigore
nell’assunzione degli impegni di spesa degli enti locali
previsto dal cd. “patto di stabilità”(4) - ha innovato
il meccanismo di coinvolgimento dei comuni nell’attività
di contrasto all’evasione delineato in precedenza,
inserendo nell’impianto preesistente modifiche che, in
sintesi, prevedono:
l’ulteriore incremento delle
somme eventualmente spettanti ai comuni,
la pubblicazione delle
dichiarazioni dei redditi sui siti web dei comuni,
il potenziamento delle funzioni
dei Consigli Tributari, il cui ruolo originario risulta,
in tal guisa, sensibilmente riordinato.
Quanto al primo punto, con
riferimento agli anni 2012, 2013 e 2014, la quota del
maggior gettito riconosciuta ai comuni, a fronte del
loro fattivo contributo all’attività di accertamento ai
sensi dell’art. 1, comma 1 del D.L. 203/2005, è stata
elevata al 100%. Per rendere omogenea, sul piano
strutturale, la specifica attività di partecipazione
all’accertamento demandata all’ente locale, oltre che
per potenziarla(5), il riconoscimento del gettito in
tale misura è, però, connesso all’effettiva istituzione
del Consiglio Tributario entro il 31/12/2011,
‘rimediando’ in tal modo all’assenza, nella prescrizione
istitutiva, di una sanzione specifica in caso di
inadempimento(6).
Il tenore letterale della norma,
nonché la sua collocazione al di fuori del disposto
dell’art. 1 del D.L. 30 settembre 2005, n. 203,
inducono, tuttavia, a ritenere che se il comune non
procederà ad istituire il Consiglio Tributario entro il
31 dicembre 2011, non potrà beneficiare delle maggiori
entrate recuperate, nella misura del 100%, ma solo del
“vecchio” 50%, e pur sempre a seguito di collaborazione
all’accertamento. Diversa considerazione dovrebbe valere
nel caso di costituzione in data successiva al 31
dicembre 2011, stante sia la palese natura ordinamentale
del temine - in assenza di una previsione di decadenza
ma soltanto di non applicazione del beneficio - sia
perché la quota del maggior gettito alla misura del
100%, spettante ai Comuni a seguito della partecipazione
all'attività di accertamento supportata dal Consiglio
Tributario, è prevista per un triennio (2012, 2013 e
2014). Ne consegue che l’istituzione tardiva del
Consiglio Tributario – ovviamente entro il termine
ultimo del 2014 – dovrebbe comportare l’applicazione “a
regime” del beneficio.
Il secondo aspetto della manovra
riguarda la pubblicazione, sui siti web dei comuni, dei
dati reddituali, opzione adottata dal legislatore in
base al principio del cd. “controllo sociale della
fedeltà fiscale”(7). L’art. 1, comma 12-ter, lett. e),
sempre del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 aggiunge,
infatti, un ultimo comma all'art. 44 del D.P.R.
29.9.1973, n. 600 (Partecipazione dei comuni
all'accertamento). Il comma aggiunto prevede che con:
“decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro dell'economia e delle finanze,
d'intesa con la Conferenza Stato-Città ed autonomie
locali, sono stabiliti criteri e modalità per la
pubblicazione, sul sito del comune, dei dati aggregati
relativi alle dichiarazioni di cui al comma secondo, con
riferimento a determinate categorie di contribuenti
ovvero di reddito”.
Il richiamo al secondo comma
dell’art. 44 circoscrive, a sua volta, questa specifica
forma di pubblicità agli “elementi contenuti nelle
dichiarazioni presentate dalle persone fisiche”.
E’ da ritenere che l’emanando
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dovrà
conciliare questa ulteriore previsione di pubblicità
legale dei dati reddituali(8) con quanto statuito nella
Decisione del Garante per la protezione dei dati
personali del 6 maggio 2008(9) – emessa a seguito di un
provvedimento di pubblicazione on-line dei redditi in
maniera centralizzata adottato dal Direttore
dell’Agenzia delle entrate(10), già foriero di non poche
polemiche nonché oggetto della decisione inibitoria
dello stesso Garante. In tale occasione il Garante
aveva, infatti, deciso che la fonte legislativa che
allora disciplinava le modalità di conoscibilità dei
dati detenuti dall’Agenzia e le disposizioni contenute
nel Codice dell’amministrazione digitale, pur
incentivanti l’uso delle tecnologie informatiche nella
gestione dei dati da parte della PA, non costituivano,
di per sé, sufficiente fondamento per una divulgazione
incontrollata, via web, dei dati reddituali dei
contribuenti.
L’orientamento del legislatore,
attuato con la disposizione in commento, ha tenuto conto
dei citati rilievi del Garante, avendo circoscritto in
modo preciso i confini di tale opzione. L’ambito
applicativo della disposizione in esame riguarda,
infatti, i dati aggregati relativi alle dichiarazioni
presentate dalle persone fisiche, con riferimento a
determinate categorie di contribuenti ovvero di reddito,
ossia le informazioni relative a soggetti persone
fisiche riunite in gruppi – per tipologie di soggetti o
per categorie reddituali - di modo che non sia possibile
l’identificazione dei singoli soggetti. Tale
inquadramento è, altresì, conforme all’orientamento
espresso della Corte di giustizia dell’Unione europea,
riguardo all’interpretazione dell’art. 3, n. 1, della
direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 24
ottobre 1995, 95/46/CE(11), secondo cui la pubblicazione
dei dati reddituali ”in ordine alfabetico e per classi
di reddito, sotto forma di elenchi particolareggiati
redatti per singoli comuni” deve, in ogni caso, “essere
considerata come un trattamento di dati personali”, per
cui occorre apprestare le garanzie previste dalla
direttiva in questione e dalla specifica normativa
nazionale(12).
Quanto al terzo punto, relativo al
ruolo dei Consigli Tributari, l’intervento del
legislatore assume una portata per molti aspetti
innovativa. Il nuovo impianto normativo suggerisce
alcune riflessioni di approfondimento sul ridefinito
ruolo dei Consigli Tributari, soprattutto riguardo al
rafforzamento dei poteri ad essi attribuiti. La norma in
commento prevede, infatti, che anche i Consigli
Tributari, e non più solo i Comuni, siano destinatari di
appositi obblighi di comunicazione a carico dell’Agenzia
delle entrate. Parallelamente, in capo agli stessi
Consigli Tributari, sono previsti specifici doveri
informativi all’Agenzia delle entrate. In tale contesto,
ai Consigli Tributari vengono assegnate le seguenti
funzioni, appunto già previste in capo ai Comuni:
- acquisizione e analisi dei
dati dichiarativi dei contribuenti e delle segnalazioni
relative agli accertamenti sintetici che l’Agenzia delle
entrate avvia su contribuenti residenti nel territorio
del comune;
- segnalazione all’Agenzia
delle entrate delle integrazioni alle dichiarazioni
presentate, indicando dati, fatti ed elementi rilevanti
e fornendo documentazione idonea;
- comunicazione, entro 60
giorni da quello di ricevimento della segnalazione
dell’Agenzia delle entrate, di ogni elemento utile alla
determinazione del reddito;
- richiesta di dati e notizie
alle amministrazioni ed enti pubblici che hanno
l’obbligo di rispondere gratuitamente.
Con il medesimo decreto del
Presidente del Consiglio dei Ministri di definizione dei
criteri e delle modalità per la pubblicazione, sul sito
del comune, dei dati aggregati relativi alle
dichiarazioni presentate, sono altresì individuati gli
ulteriori dati che l’Agenzia delle entrate mette a
disposizione dei comuni e dei Consigli Tributari per
favorire la partecipazione all’attività di accertamento,
nonché le modalità di trasmissione idonee a garantire la
necessaria riservatezza(13).
Con queste ultime disposizioni il
legislatore è intervenuto in linea di principio, cioè
con il rafforzamento degli strumenti di partecipazione
all’attività di accertamento, mediante modificazioni e
integrazioni all’articolo 44 del DPR 29 settembre 1973,
n. 600 che, in sostanza, sembra avere come obbiettivo il
coinvolgimento anche dei Consigli Tributari in un
rapporto diretto con l’amministrazione finanziaria. Con
il nuovo comma aggiunto all’articolo 44, oltre alla
pubblicità dei dati reddituali, è stato, infatti,
aggiunto il rinvio alla definizione, sempre per via
regolamentare, di specifiche modalità d’interscambio dei
“dati sensibili” con l’Agenzia delle entrate, sia sotto
il profilo di nuove tipologie di comunicazioni sia come
garanzie di riservatezza da assicurare nella
trasmissione dei dati.
Inoltre - e questa pare
l’innovazione più significativa - al Consiglio
Tributario viene esteso il cd. “potere istruttorio” di
richiesta di notizie “alle amministrazioni ed agli enti
pubblici”, finora riservato, oltre che ai comuni per i
tributi propri, all’Agenzia delle entrate dalle
disposizioni processuali in materia di accertamento e,
in virtù del rinvio a queste ultime, contenuto in norme
speciali, alla Guardia di Finanza e al Giudice
tributario(14).
Tale inquadramento dà in qualche
modo conto della coesistenza di due diverse “filosofie”
da sempre evidenziate dagli interpreti, rispetto ai
compiti e alle funzioni da riservare a tali organismi:
intesi, in linea di massima, come strutture consultive
con un profilo prevalentemente “tecnico”, e però anche
come organismi da collocare, in via sistematica, fra gli
strumenti operativi delle politiche locali di
programmazione fiscale(15).
Ora, soprattutto l’accentuazione,
ad opera di disparate “istanze” sociali e civili, di
quest’ultima caratterizzazione ha suscitato le maggiori
perplessità “di merito”, in specie rispetto al
prevalente orientamento dottrinale che vuole che
l’attuale normativa sui Consigli tributari, definisce in
ogni caso organi consultivi interni dell’ente locale,
fondati su un potere di auto-organizzazione interna
riconosciuto ex lege ai comuni e, per ciò, privi di una
effettiva “rappresentatività autonoma” in termini di
“statuizioni” che si discostano dagli orientamenti
democraticamente rappresentati nell’ente locale.
Questo aspetto conduce direttamente
ad una riflessione sui poteri attribuiti ai Consigli
tributari. Le criticità che si evidenziano riguardo a
questo tema interessano, infatti, le modalità di
interlocuzione con i soggetti istituzionalmente deputati
a gestire i controlli (nel caso, le Agenzie fiscali, la
Guardia di Finanza, l’INPS). In sostanza, riemerge, qui,
il “rischio di sovrapposizione di funzioni
programmatorie e gestionali in atto assegnate,
rispettivamente, al Governo, alle Agenzie fiscali, agli
organi elettivi ed esecutivi locali ed agli uffici delle
entrate”, già paventato dall’ANCI e dall’IFEL in sede di
commento dell’art. 18 del D.L. 30 maggio 2010, n.
78(16).
Nell’innovare l’articolazione
normativa di riferimento, con il D.L. n. 138/2011 il
legislatore interviene nuovamente nella disciplina
prevista dall’art. 44 del D.P.R. n. 600 del 1973, con
specifico riferimento alle modifiche già apportate
dall’art. 18 del D.L. n. 78/2010. Per l’effetto, la
norma risulta infine così articolata:
L'Agenzia delle entrate mette a
disposizione dei comuni e dei consigli tributari le
dichiarazioni di cui all'articolo 2 dei contribuenti in
essi residenti; gli Uffici dell'Agenzia delle entrate,
prima della emissione degli avvisi di accertamento, ai
sensi dell'articolo 38, quarto comma e seguenti, inviano
una segnalazione ai comuni di domicilio fiscale dei
soggetti passivi nonché ai relativi consigli tributari.
Il comune di domicilio fiscale del
contribuente, o il consorzio al quale lo stesso
partecipa, ed il consiglio tributario segnalano
all'ufficio delle imposte dirette qualsiasi integrazione
degli elementi contenuti nelle dichiarazioni presentate
dalle persone fisiche ai sensi dell'art. 2, indicando
dati, fatti ed elementi rilevanti e fornendo ogni idonea
documentazione atta a comprovarla. Dati, fatti ed
elementi rilevanti, provati da idonea documentazione,
possono essere segnalati dal comune anche nel caso di
omissione della dichiarazione.
Il comune di domicilio fiscale del
contribuente, con riferimento agli accertamenti di cui
al secondo comma, ed il consiglio tributario comunicano
entro sessanta giorni da quello del ricevimento della
segnalazione ogni elemento in suo possesso utile alla
determinazione del reddito complessivo.
Il comune per gli adempimenti
previsti dal terzo e quarto comma ed il consiglio
tributario possono richiedere dati e notizie alle
amministrazioni ed enti pubblici che hanno obbligo di
rispondere gratuitamente.
L’intervento legislativo pare,
dunque, “accomunare” l’impegno del Consiglio Tributario
a quello dell’ente locale, senza apportare un’effettiva
distinzione, né funzionale né operativa, al ruolo di
ciascuno. Tale scelta comporta l’immediata conseguenza
di duplicare un’attività istruttoria e di collaborazione
in una forma teoricamente indistinta, fatta salva una
diversa determinazione “convenzionale” che, tuttavia,
appare come mera scelta operativa di ciascuno dei
soggetti coinvolti, non potendosi negare che specifiche
attribuzioni in rassegna discendenti dalla norma non
sono suscettibili di una “diversificazione” per via
regolamentare(17).
L’effettivo esercizio dei poteri
istruttori rappresenta un ulteriore punto di criticità,
per altro preesistente alla novella in rassegna. In
particolare, riguardo alle richieste di dati e notizie
ad amministrazioni ed enti pubblici(18), pur in assenza
di un rinvio esplicito ma stante il carattere generale
della disposizione contenuta nell’art. 44, comma 5 (ex
ultimo comma) e trattandosi, inoltre, di accertamenti
relativi ad un’imposta personale erariale, può trovare
applicazione – pur se limitatamente ai destinatari
indicati nel citato comma - il disposto dell’art. 32,
comma 1, n. 5) dello stesso D.P.R. n. 600/1973(19). Non
meno problematica appare la questione dell’eventuale
sanzione applicabile in caso d’inadempimento da parte
delle amministrazioni ed enti pubblici destinatari,
nonché della titolarità del potere sanzionatorio e della
modalità di irrogazione. Si ritiene che, quanto alla
sanzione – sia per le richieste formulate dal comune che
dal Consiglio Tributario – in linea con quanto previsto
dal regime sanzionatorio in materia di I.C.I.(20),
potrebbe farsi riferimento al disposto dell’art.14,
comma 3, del D.Lgs. 18 dicembre 1997 n. 473, che prevede
la sanzione amministrativa da euro 51 (100.000) a euro
258 (500.000) per “per la mancata restituzione di
questionari nei sessanta giorni dalla richiesta o per la
loro mancata compilazione o compilazione incompleta o
infedele“. Sempre con riguardo alle citate previsioni
sanzionatorie, l’applicazione della sanzione sarà da
assumere a carico del comune, previa contestazione, ai
sensi dell’art. 16, comma 2, del D.Lgs. 18 dicembre
1997, n. 472(21).
Qualche ulteriore considerazione
merita l’aspetto della “comunanza” del ruolo del
Consigli Tributari rispetto a quello già definito per i
Comuni.
La prassi finora attuata ha
contribuito a definire il seguente iter:
i comuni che hanno provveduto
all’istituzione del Consiglio Tributario hanno proceduto
tramite apposito regolamento, approvato dal Consiglio su
proposta della Giunta;
in tale sede, ha finora trovato
definizione, pressoché unanime, l’aspetto operativo che
individua nel Consiglio Tributario un organo tecnico di
consulenza interno all’ente;
nella miriade di regolamenti
emanati dai singoli comuni, e in assenza di una
specifica definizione legislativa, sono state inserite
regole di funzionamento “tipizzate”, volte cioè a
delineare – nel rispetto della normativa generale - i
compiti operativi, il ruolo di consulenza e, in
definitiva, l’attività di ausilio all’ente nello
svolgimento dei compiti di partecipazione
all’accertamento.
Ora, fermo restando il riferimento
normativo generale, anche l'eventuale ulteriore
specificazione delle funzioni del Consiglio Tributario è
stata disciplinata dalla delibera istitutiva, riservando
al Consiglio Comunale le funzioni di indirizzo
dell'attività specifica disciplinata dalla legge. Ci
pare che tale impostazione potrebbe ancora essere
accolta, pur nel contesto del “dualismo” che è possibile
rintracciare nella scelta del legislatore di attribuire
anche al Consiglio Tributario l’iniziativa di diretta
interlocuzione con i titolari del potere di controllo e
accertamento e con amministrazioni ed enti pubblici. In
altri termini, volendo considerare tale scelta come un
mero completamento delle attribuzioni strumentali del
Consiglio Tributario non emendabile in via
regolamentare, resta pur sempre all’ente locale
l’esclusiva competenza sugli indirizzi generali nel cui
quadro l’organo consultivo dovrà orientare la sua
attività.
1 Si veda il comma 2, lettera b)
dell’articolo 18 del D.L. n. 78/2010, relativo al
ricorso, per i comuni minori (ovvero con popolazione
inferiore a 5 mila abitanti), allo strumento del
consorzio quale forma organizzativa di gestione
associata dei Consigli Tributari, scelta allo stato
gravata da una notevole criticità, connessa alla
previsione di soppressione dei “consorzi di funzioni tra
gli enti locali”, nell’ambito della manovra di
contenimento della spesa pubblica di cui alla Legge 23
dicembre 2009, n. 191 (“legge finanziaria 2010”).
2 Nella formulazione originaria,
l’articolo 1, comma 1 del D. L. 203/2005 disponeva
l’attribuzione ai Comuni di una quota pari al 30 per
cento delle maggiori somme riscosse; tale ammontare è
stato poi elevato al 33 per cento dall’articolo 18,
comma 5, lettera a) del D.L. n. 78 del 2010[27],
disposizione che ha inoltre riferito la partecipazione
dei comuni all'attività di contrasto all'evasione, oltre
che all'accertamento fiscale, anche a quello
contributivo e ha disposto il riconoscimento della quota
di gettito anche in riferimento alle sanzioni civili
applicate sui maggiori contributi riscossi a titolo
definitivo. L’articolo 2, comma 10, lettera b) ha
attribuito ai comuni - in via provvisoria - anche una
quota parte delle somme “riscosse a titolo non
definitivo”, fermo restando il recupero delle stesse
qualora esse siano rimborsate ai contribuenti a
qualunque titolo. Le modalità di recupero delle suddette
somme saranno disciplinate con decreto del MEF da
emanare sentita la Conferenza Stato-città ed autonomie
locali. Con Decreto del Direttore generale delle Finanze
e del Ragioniere generale dello Stato del 15 luglio
2011, sono stati fissati i criteri per la determinazione
dell'importo netto da erogare ai comuni che abbiano
partecipato all'accertamento fiscale e contributivo;
tali criteri vengono individuati in rapporto alle varie
imposte e/o contributi e comportano un’applicazione
differenziata secondo l’ubicazione dei comuni (in
regioni a statuto ordinario o speciale). In sostanza,
per effetto delle disposizioni in commento, per gli anni
2012, 2013 e 2014 ai comuni andrà l’intero maggior
gettito ottenuto a seguito dell’intervento svolto
dall’ente stesso nell’attività di accertamento, anche se
si tratta di somme riscosse a titolo non definitivo e
fermo restando il successivo recupero delle stesse ove
rimborsate ai contribuenti a qualunque titolo.
3 Numerose novità fiscali sono
state introdotte con i seguenti interventi normativi:
D.L. 98 del 6/7/2011, convertito nella Legge 111 del
15/7/2011; D.L. 138 del 13/8/2011, convertito nella
Legge 148 del 14/09/2011; D.L. 70 del 13/5/2011,
convertito nella Legge 106 del 12/7/2011.
4 L’articolo 7 del D.L.
138/2011aumenta l'addizionale Ires (portandola dal 6,5%
al 10,5%) per le imprese operanti nel settore
petrolifero e in quello dell'energia elettrica
(cosiddetta "Robin Hood Tax") estendendo la platea delle
imprese soggette all'imposta e includendovi quelle
operanti nel campo delle energie rinnovabili e delle
infrastrutture energetiche. Tale maggior gettito sarà
interamente destinato agli enti locali.
5 Nella relazione tecnica al D.L.
138/2011, si è sostenuto che la norma “è foriera (…) di
determinare un potenziamento dell’attività di contrasto
all’evasione fiscale, anche in considerazione del fatto
che i Comuni, data la vicinanza al territorio, riescono
ad intercettare fattispecie non immediatamente
individuabili dall’Amministrazione centrale e, dunque,
aggiuntive rispetto all’ordinaria attività di
accertamento”. (la relazione è consultabile in
www.federalismi.it)
6 L’art. 1, comma 12-quater
condiziona l’attribuzione ai comuni di risorse derivanti
dal gettito fiscale - disposte dai commi 12 e 12-bis –
alla costituzione, entro il 31 dicembre 2011, dei
Consigli Tributari.
7 Cfr. Pubblicare i redditi come
antidoto per l’evasione fiscale, in Quotidiano IPSOA,
01/09/2011.
8 La disposizione in commento
rappresenta, invero, una nuova ed ulteriore forma di
pubblicità ex lege, dato che non sembra incidere sulle
previsioni di conoscibilità dei dati reddituali già
contenute nell’art. 69, c. 4 ss., D.P.R. n. 600/1973,
ancora vigente, bensì vi si aggiunge.
9 Cfr. “Redditi on line:
illegittima la diffusione dei dati sul sito Internet
dell'Agenzia delle entrate” - 6 maggio 2008, in G.U. n.
107 dell'8 maggio 2008, in G.U. n. 107 del 8-5-2008.
10 Cfr. Provvedimento del Direttore
dell'Agenzia del 5 marzo 2008, Prot. 197587/2007.
11 Relativa alla “tutela delle
persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati
personali”.
12 Corte di giustizia dell’Unione
europea, Sentenza relativa al Procedimento C 73/07, in
GU C 95 del 28.4.2007.
13 Sempre l’ultimo comma all'art.
44 del D.P.R. 29.9.1973, n. 600 dispone che “Con il
medesimo decreto sono altresì individuati gli ulteriori
dati che l'Agenzia delle entrate mette a disposizione
dei comuni e dei consigli tributari per favorire la
partecipazione all'attività di accertamento, nonché le
modalità di trasmissione idonee a garantire la
necessaria riservatezza”.
14 Cfr. gli artt. 32, c. 1, numero
4), DPR 600/73 e 51, c. 1, numeri 3) e 4) del DPR 633/72
per l’amministrazione finanziaria,; l’art.1 R.D.L.
n.63/1926, come sostituito dall’art.1 R.D.L. n.1290/37,
tuttora vigente, che conferisce agli appartenenti al
Corpo “tutti i poteri e diritti di indagine, accesso,
visione, controllo, richiesta d’informazioni, che
spettano per legge ai diversi uffici finanziari
incaricati dell’applicazione dei tributi diretti ed
indiretti”, per la Guardia di Finanza ; e, infine,
l’art. 7 del D.Lgs 31 dicembre 1992 n. 546, per i
Giudici Tributari.
15 Si veda l’appassionata
perorazione, proposta al tempo del recupero, negli anni
settanta, di tali organismi, in Giulio Cesare Rattazzi,
I Consigli Tributari Comunali, in Il ruolo del Comune
nell’accertamento tributario - “Il potere Locale”, Roma
– maggio 1976: “L'esercizio della facoltà di fornire un
parere nell’accertamento dovrà quindi essere svolto dai
Comuni attraverso una procedura che sia nello stesso
tempo tecnicamente efficace e politicamente democratica.
La prima di queste due condizioni essenziali potrà
essere soddisfatta tenendo presente che in materia
tributaria i pressapochismi e le intuizioni contano poco
e quindi i'Amministrazione locale dovrà mantenere un
organismo tecnico funzionale che provveda a ricerche e
documentazioni tali da consentire l'esprimersi di un
congruo parere che aggiunga e scopra elementi provabili
di novità rispetto all'opera degli uffici statali. Sia
per fornire indicazioni all'ufficio comunale su queste
ulteriori ricerche, sia per pubblicizzare il più
largamente possibile le situazioni contributive (ciò che
di per se comporterebbe un incentivo psicologico alla
veridicità da parte del cittadino dichiarante, per non
subire la pubblica esecrazione), sia per coinvolgere con
le dovute formalità e cautele la generalità dei
cittadini su questi argomenti, sarà necessario
agganciare il discorso metodologico e la funzionalità
tecnica dell'Amministrazione Comunale in campo
tributario alla sua valenza democratica attraverso la
istituzione del Consiglio Tributario. Ad esso dovrebbero
partecipare i rappresentanti delle forze politiche
presenti in Consiglio Comunale, alcuni esperti nominati
dalla Giunta comunale, i rappresentanti delle realtà di
quartiere, con l'assistenza di segreteria da parte di
funzionari comunali e consentendo l'eventuale presenza
dell'Assessore alle Finanze o comunque di un delegato
della Giunta Municipale”.
16 Cfr. ANCI - IFEL, Gli
adempimenti derivanti dalla nuova disciplina della
partecipazione all’accertamento: art. 18, decreto legge
30 maggio 2010, n. 78 - COSA FARE PER I CONSIGLI
TRIBUTARI?, pag. 3.
17 Né, a tal proposito, pare
potersi invocare il già richiamato rinvio - contenuto
nell’ultimo comma aggiunto all’articolo 44 del D.P.R.
600/1973 - al Decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri relativo all’interscambio di dati e alla
pubblicità dei contenuti delle dichiarazioni. E ciò,
vuoi perché ben definito resta l’ambito di operatività
di tale provvedimento, vuoi perché il legislatore non è
ricorso alla formula del cd. “decreto di natura non
regolamentare”, strumento sempre più spesso utilizzato
dal Governo, attraverso cui veicolare un contenuto di
natura normativa. (Cfr. Enrico Albanesi, I decreti del
Governo «di natura non regolamentare». Un percorso
interpretativo, in Gruppo di Pisa).
18 Fatti salvi i flussi informativi
ricavabili tramite l’accesso dei comuni alle banche dati
del sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria
garantito dal sistema PuntoFisco-SIATEL – Sistema di
Interscambio Anagrafe Tributaria Enti Locali.
19 A differenza che per i tributi
locali per i quali rileva – per quanto sostenuto in
passato dall’A.F. - la richiesta da formulare ai sensi
dell'art. 275 del T.U.F.L (Nota 7/2913 del 14.6.1983 -
Min. Finanze - Direzione Generale II.DD., ribadita con
Risoluzione del 13/10/1987 n. 1076 - Min. Finanze -
Direzione Generale Finanza Locale).
20 Dal primo aprile 1998, il regime
sanzionatorio dell'Ici è stato riformulato in base a
quanto disposto dai decreti legislativi 471, 472 e 473
del 18 dicembre 1997, come modificati dai decreti
legislativi n. 203 del 5 giugno 1998, n. 422 del 19
novembre 1998, n. 99 del 30 marzo 2000, n. 32 del 26
gennaio 2001 e dal decreto legge n. 185 del 29 novembre
2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2
del 28 gennaio 2009.
21 Salvo il recepimento con
apposito regolamento, adottato dall’ente locale, per
l’applicazione e l’irrogazione delle sanzioni
amministrative in materia di tributi locali. |