(-di Alessandro Gallucci,
“ Nei limiti delle attribuzioni
stabilite dall'articolo precedente (art. 1130 c.c.
n.d.A.) o dei maggiori poteri conferitigli dal
regolamento di condominio o dall'assemblea,
l'amministratore ha la rappresentanza dei partecipanti e
può agire in giudizio sia contro i condomini sia contro
i terzi.
Può essere convenuto in giudizio
per qualunque azione concernente le parti comuni
dell'edificio; a lui sono notificati i provvedimenti
dell'autorità amministrativa che si riferiscono allo
stesso oggetto.
Qualora la citazione o il
provvedimento abbia un contenuto che esorbita dalle
attribuzioni dell'amministratore, questi e tenuto a
darne senza indugio notizia all'assemblea dei condomini.
L'amministratore che non adempie a
quest'obbligo può essere revocato (att. 64) ed è tenuto
al risarcimento dei danni”.
Quello appena citato è l’art. 1131
c.c., che disciplina la legittimazione ad agire e
resistere in giudizio da parte dell’amministratore di
condominio, argomento che desta sempre grande interesse.
Soffermiamoci sui casi di legittimazione senza
preventiva autorizzazione assembleare. La legittimazione
passiva, l’abbiamo evidenziato più volte in diversi
articoli, presenta profili di criticità enormi.
Nonostante anni di discussioni e un intervento delle
Sezioni Unite della Corte di Cassazione due tesi si
contendono ancora il campo. Da un lato chi ritiene che
la legittimazione passiva non ha limiti, dall’altro chi
sostiene che essa soggiace alle medesime restrizioni
previste per la capacità di agire in giudizio da parte
dell’amministratore. In quest’ultimo caso, tuttavia, per
quanto si dia un’indicazione di massima sul raggio
d’azione, non sempre è facile comprendere quali siano
gli effettivi limiti. Una recente sentenza del Tribunale
di Roma ci aiuta a connotare meglio la legittimazione
attiva e di conseguenza, se si aderisce alla seconda
delle tesi esposte, quella passiva.
Il caso. Dei condomini appoggiano
ad un muro condominiale una canna fumaria.
L’amministratore gli fa causa chiedendo la rimozione
della medesima ed il risarcimento del danno che
l’alterazione del decoro aveva causato. I condomini
aditi, in relazione alla richiesta di risarcimento,
domandavano venisse dichiarata la carenza di
legittimazione attiva del mandatario della compagine. A
loro dire, infatti, quella particolare domanda
necessitava di un’autorizzazione assembleare che non
c’era mai stata. Di diverso avviso il giudice adito.
Secondo il magistrato capitolino andava " disattesa
l'eccezione di carenza, in capo all'amministratore del
condominio attore, di legittimazione alla spiegata
domanda per quel che concerne, nello specifico, il capo
di contenuto risarcitorio atteso che, essendo, il
presente giudizio, volto alla salvaguardia di
beni-interessi di rilevanza condominiale, quali il
decoro architettonico, e al rispetto di precetti del
regolamento interno di cui s'assume la trasgressione,
essa rientra nel novero delle materie per le quali
l'art. 1131 c.c. abilita l'amministratore all'avvio di
relativa procedura giudiziaria anche in difetto di
preventivo deliberato autorizzativo poiché comprese nel
proprio ordinario mancipium, legittimazione che include
ed abbraccia anche le eventuali connesse pretese
risarcitone (v. Cass. 22.10.1998 n. 10474; Cass.
30.10.2009 n. 23065)" (Trib. Roma 19 settembre 2011 n.
17849). A contrario, quindi, è possibile affermare
quanto segue: l’amministratore di condominio è
legittimato passivo a stare in giudizio, senza
l’autorizzazione dell’assemblea, in quelle cause aventi
ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno per
alterazione del decoro dello stabile avanzata da un
condomino contro il condominio.
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Avv. Alessandro Gallucci |