di Silvano Carletti
sud mondoUn più ampio differenziale
di crescita tra paesi sviluppati ed economie emergenti.
Tra il 1981 e il 1999 il differenziale di crescita tra
le economie emergenti e i paesi sviluppati è stato in
media pari ad appena +0,6 punti percentuali l’anno,
risultando in cinque anni negativo e in altri due (il
1991 e il 1996) superiore ai 2 punti percentuali.
Dal 2000 in poi questo
differenziale è costantemente aumentato fino a
posizionarsi al di sopra dei 6 punti percentuali nel
triennio 2007-09. Nell’anno più grave della crisi (2009)
il differenziale ha toccato il massimo (6,5 punti
percentuali) degli ultimi trenta anni. Secondo il Fmi,
dopo il ridimensionamento registrato nel 2010 (4,3 punti
percentuali) e una temporanea risalita nell’anno in
corso (4,8 punti percentuali), nel quinquennio 2012-16
la differenza nel tasso annuale di crescita tra paesi
emergenti e paesi sviluppati dovrebbe stabilizzarsi sui
4 punti percentuali.
Sud–Sud: il nuovo asse di sviluppo
mondiale
Al centro della galassia dei paesi
emergenti ci sono i cosiddetti paesi BRIC (Brasile,
Russia, India, Cina), un insieme che la Banca Mondiale
estende anche a Indonesia e Corea del Sud (BRIICK).
Facendo riferimento ad aggregati espressi a cambi
correnti, nel 2010 il PIL complessivo dei BRIICK era di
poco inferiore a 13mila miliardi di dollari, il 20,5%
del Pil mondiale e meno della metà dell’ammontare del
Pil di Stati Uniti, Giappone e Eurozona considerati
congiuntamente (51,2% del Pil mondiale). Se come avviene
più frequentemente la valutazione viene fatta
considerando lo stesso aggregato espresso in PPP
(Purchasing Power Parity) il peso dei sei paesi BRIICK
(34,1%) risulta non più troppo lontano da quello di
Stati Uniti, Giappone e Eurozona (39,7%).
Secondo la Banca Mondiale1 tra il
2004 e il 2010 la quota dei paesi emergenti nel flusso
mondiale degli scambi commerciali è aumentata di 6,2
punti percentuali dal lato dell’export e di 4,9 punti
percentuali da quello import, risultando alla fine del
periodo pari rispettivamente al 40,3% e al 45,5%. Questo
incremento è dovuto assai più allo sviluppo delle
relazioni commerciali tra paesi emergenti (cosiddetti
scambi Sud-Sud) che non alla crescita dell’interscambio
tra paesi emergenti e paesi sviluppati (Nord–Sud). Negli
scambi con il resto dei paesi in via di sviluppo la
quota congiunta di Stati Uniti, Giappone e Eurozona è
scesa dal 48% del 1990, al 38,4% del 2000, al 29,3% del
2009; viceversa, la quota dei paesi BRIICK è aumentata
alle stesse date dall’8,8%, al 20,8%, al 32,1%. Dal
2009, dunque, i paesi BRIICK sono divenuti i principali
interlocutori commerciali dei paesi in una più iniziale
fase di sviluppo.
La funzione sostitutiva dei paesi
BRIICK rispetto ai paesi più sviluppati risulta più
evidente quando si considera la composizione di questi
scambi. Il 60% delle importazioni proveniente dai paesi
BRIICK è costituito da manufatti, macchinari e mezzi di
trasporto (prodotti delle classi SITC 6 e SITC 7).
Dalle merci alla finanza
L’ascesa dei paesi emergenti
nell’economia mondiale non si limita agli scambi
commerciali. Nella classifica Fortune Global 500, che
considera le più importanti aziende mondiali per
ammontare del fatturato, le imprese dei paesi emergenti
sono passate da 47 nel 2005 a 95 nel 2010.
Soprattutto negli anni più recenti,
una parte importante del processo di crescita delle
aziende dei paesi emergenti è avvenuto al di fuori dei
confini nazionali. Dal 2003 al 2010 circa 5000 imprese
dei paesi emergenti hanno deciso di stabilire una
presenza estera attivando oltre 12.500 nuove iniziative
(greenfield investments) con un investimento totale
superiore a $ 1700 mld. Il 72% di queste investimenti
esteri è classificabile come Sud-Sud. Viceversa gli
investimenti realizzati da imprese dei paesi emergenti
nei paesi avanzati hanno prevalentemente (85%) assunto
la forma di operazioni di fusione e acquisizione. Nel
complesso, le aziende dei paesi emergenti si propongono
come una delle componenti più dinamiche del mercato
mondiale delle operazioni M&A cross border: il numero
delle operazioni a loro attribuite è salito da 661 del
2001 (9% del totale mondiale) a 2447 del 2010 (22%). La
tipica operazione di M&A perfezionata da una azienda di
un paese emergente ha un carattere non ostile, è quasi
sempre regolata in contanti, avviene a prezzi generosi,
ha una dimensione relativa ampiamente superiore a quanto
verificabile nei paesi sviluppati, valutazione questa
stabilita considerando il rapporto tra il valore
dell’operazione di M&A e il valore di borsa dell’azienda
acquirente.
Lo sviluppo delle aziende dei paesi
emergenti trae beneficio dall’azione di due leve. La
prima è quella dell’innovazione: tra le prime 1000
aziende al mondo per investimento in ricerca e sviluppo,
il numero di quelle con sede nei paesi emergenti è
passato da 57 nel 2004 a 114 nel 2009.
La seconda leva è quella
finanziaria. Tra il 2003 e settembre 2010, un migliaio
di aziende dei paesi emergenti ha raccolto quasi $ 800
miliardi attraverso l’emissione di proprie obbligazioni.
Dal 1995 in poi, sono già 80 le società di paesi
emergenti che hanno collocato emissioni di corporate
bonds di ammontare unitario pari o superiore a $ 1
miliardo.
La quota dei paesi emergenti in
questo mercato è ancora complessivamente modesta (meno
del 4% nella media del periodo 2003-09). Il forte
potenziale di crescita è testimoniato dal crescente
interesse degli investitori istituzionali: il patrimonio
dei fondi d’investimento concentrati sui titoli di
debito dei paesi emergenti risulta a metà 2011 più che
raddoppiato (a $ 181 miliardi) rispetto alla fine del
2009. Nell’ambito di questo patrimonio la quota dei
titoli denominata in valuta locale si è più che
triplicata attestandosi a poco meno di metà del totale
(a $ 77 mld). Oltre alle favorevoli prospettive di
crescita delle aziende emittenti ad alimentare questo
successo ha contribuito il forte apprezzamento della
valuta di numerosi paesi emergenti. Non meno
spettacolare l’ascesa dei mercati azionari: nella
classifica delle prime 1000 società al mondo per
capitalizzazione di Borsa, la quota dei paesi emergenti
è salita dal 10% del 2000 al 31% del 2010.
1. Banca
Mondiale, Global Development Horizons. Multipolarity:
The New Global Economy, maggio 2011. |