La Comunità Europea ha esteso i
diritti d’autore sulle opere artistiche da 50 a 70 anni
dalla morte dell’ultimo autore sopravvissuto. È quanto
disposto dalla nuova direttiva C.E. 2011/77/UE [1]. Gli
Stati membri, così, saranno obbligati ad adeguare le
proprie legislazioni alla nuova disciplina comunitaria.
Ciò si è reso necessario per
regolamentare, una volta per tutte, una situazione che
spesso risultava paradossale. Infatti, sino ad oggi, le
leggi dei singoli Paesi della Comunità Europea hanno
previsto differenti durate per i diritti d’autore. Con
la conseguenza che a nulla valeva pretendere una tutela
per un periodo determinato se poi, contemporaneamente,
in altri stati l’opera era già divenuta di pubblico
dominio e da tutti utilizzabile., con ovvie
ripercussioni su tutto il territorio europeo.
Dunque, lo strumento della
direttiva serve proprio a questo: a riavvicinare
gradualmente le legislazioni degli Stati membri,
imponendo ai singoli parlamenti, mediante l’emanazione
di leggi di recepimento, di conformare la propria
normativa interna al dettato dell’U.E.
L’Italia però non avrà bisogno di
adeguarsi alla riforma poiché, già dal 1996 [2], ha
esteso da 50 a 70 anni la durata dei diritti di
sfruttamento economico sulle opere protette (almeno in
questo, quando si tratta di leggi restrittive, il nostro
Paese è sempre primo).
Una modifica voluta dal governo
Dini che, forse per pura coincidenza, in quel periodo
aveva assistito allo spirare, da parte della Mondadori,
dei diritti sulle opere di Pirandello, deceduto nel
1936.
La giustificazione di questa
estensione di tutela (che già appariva sin troppo
prolungata) è stata ridicola. Poiché la precedente
normativa (introdotta all’inizio degli anni ’40) avrebbe
inteso offrire protezione agli eredi per un periodo pari
alla vita di due generazioni, atteso che la durata media
della vita si era allungata, occorreva prolungare anche
il periodo di tutela.
Settant’anni vi sembrano, tutto
sommato, un breve periodo di attesa perché un’opera
possa tornare al popolo e quindi essere liberamente
utilizzata? Facciamo allora un esempio. È come se “Vola
colomba” o “Papaveri e papere”, successi di Nilla Pizzi,
potessero essere riprodotti, senza vincoli, solo tra
settanta anni (l’artista infatti è deceduta lo scorso
marzo 2011). Immagino, a questo punto, quante persone
potranno essere seriamente interessate a cantare in una
manifestazione pubblica tali motivetti.
La nuova legge varata dal
Parlamento europeo va nel senso diametralmente opposto a
quello sperato. Anziché spingere per adeguare il diritto
d’autore al nuovo mercato – liquido e immateriale –
rendendolo più flessibile, si è insistito ancora una
volta nella politica dell’ancien regime. Così si
inaspriscono le pene, si aumenta la vita del diritto
stesso, come una macchina che rifiuta a tutti i costi
l’eutanasia.
Peraltro, non mi sembra neanche
corretto parlare di una riforma che a va a favore degli
autori. Infatti, i diritti d’autore coprono tutta la
vita degli autori stessi e anche il periodo successivo
alla loro morte. Per cui, i vent’anni in più di tutela
potranno – a tutto voler concedere – andare a favore
degli eredi degli autori (che nessuna attività inventiva
hanno peraltro esercitato) e non già dell’autore stesso,
passato ormai a miglior vita.
Diciamo invece le cose come stanno.
Questo incremento dei diritti andrà solo in minima parte
in favore degli eredi. Gli autori, infatti, già in vita
vendono normalmente i diritti di sfruttamento economico
delle loro opere alle case discografiche e agli editori.
Sono in realtà questi ultimi a percepire la fetta più
cospicua dei diritti.
Non è in discussione il giusto
compenso agli autori, ma le modalità in cui l’opera
possa essere contemporaneamente usufruita dalla
collettività – circostanza che poi le nuove regole non
sono riuscite a impedire.
Dal “dopo Napster” è stata solo una
lunga e lenta agonia, quella subita dall’industria dei
contenuti sempre più arroccata nell’isolamento della
propria roccaforte.
[1] Direttiva 2011/77/UE sulla
nuova durata dei diritti degli artisti interpreti ed
esecutori, pubblicata in Gazzetta Ufficiale dell’Unione
europea n. L 256 dell’11 ottobre 2011.
[2] Con la legge 6 febbraio 1996 n.
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