Tra le modifiche che potrebbero essere apportate al
decreto-legge 31 marzo 2011 n. 34 (c.d. "decreto
omnibus") in corso di conversione in legge, potrebbe
esserci anche la riformulazione dell'articolo 5 che
porterebbe alla cancellazione di molte delle norme sul
nucleare (tra cui, alcune disposizioni della Legge
"sviluppo" 23 luglio 2009, n. 99 e altre del più recente
D.Lgs.n. 31/2010 sulla localizzazione degli impianti
nucleari). Lo scopo dichiarato - direttamente da
Berlusconi a Sarkozy - è di andare oltre l'annunciata
moratoria sul nucleare ed evitare il referendum
abrogativo. Ma sarà proprio così?
La posizione sul nucleare italiano dopo l’incidente di
Fukushima era sembrata chiara ed era stata approvata dal
Consiglio dei Ministri n. 133 del 23 marzo 2011: tenuto
conto della necessità di “approfondire le valutazioni
sul ritorno al nucleare” e del fatto che “la Comunità
europea intende sottoporre a scrupolose verifiche le
centrali nucleari in funzione”, su proposta dei Ministri
Romani e Prestigiacomo, il Governo aveva approvato
“un’opportuna moratoria di almeno un anno così da
pervenire a decisioni ponderate e serene e non
condizionate dall’emotività del momento.
Prima versione: la moratoria, “spiegata” agli italiani
Nei comunicati ufficiali diffusi al termine del
Consiglio dei Ministri veniva spiegato, in particolare,
che la moratoria approvata dal Governo italiano
riguardava la realizzazione di impianti nucleari e non
lo smaltimento in sicurezza delle scorie radioattive
esistenti, destinate ad essere immagazzinate in un
deposito nazionale.
Tra gli altri, il Ministro dell’Ambiente Stefania
Prestigiacomo dichiarava che “La moratoria di un anno
sul nucleare è una decisione di buon senso, di cautela,
di rispetto per la preoccupazione dei cittadini di
fronte a eventi straordinari che hanno suscitato grande
inquietudine nell’opinione pubblica. In sede UE è stato
deciso di avviare stress-test nelle centrali con
particolare attenzione a quelle più vecchie". Secondo la
Prestigiacomo, infatti, “In questo ambito il governo
italiano si è mosso in sintonia con i partner europei
condividendo la centralità del tema della sicurezza.
Abbiamo detto e ribadiamo che nessuna scelta che metta a
rischio salute e sicurezza dei cittadini sarà mai fatta
da questo Governo. Abbiamo inoltre sempre sostenuto che
sarebbe sbagliato assumere decisioni sul nucleare – in
un senso o nell’altro - sull’onda dell’emotività
comprensibilmente innescata dall’incidente in Giappone.
Da qui la scelta di dare al Governo ed al paese una
pausa di riflessione, un anno di moratoria nel corso del
quale sarà possibile avere piena e completa informazione
sull’incidente di Fukushima, piena consapevolezza dei
livelli di sicurezza negli impianti esistenti ed in
quelli che vengono realizzati oggi con le tecnologie più
moderne. Alla luce di questo quadro di riferimento e
superata l’emergenza di queste settimane, sarà
possibile, crediamo, assumere in maniera più attenta e
serena ogni decisione".
Il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani,
andava ancora più in là, dichiarando non solo che “Il
Governo oggi ha fatto una scelta responsabile e
nell’interesse dei cittadini” ma anche che “Adesso
bisogna guardare avanti, per far sì che il nostro Paese,
al di là dell’atomo, sia all’avanguardia nell’adozione
delle nuove tecnologie energetiche, necessarie per
ottenere un mix energetico più equilibrato e meno
dipendente dalle fonti fossili. Penso – concludeva il
Ministro - per esempio alle fonti rinnovabili, che
stiamo rendendo sostenibili economicamente per il
sistema Paese, così da assicurare prospettive di
pianificazione di lungo periodo alla filiera
produttiva”.
Lo stesso Consiglio dei Ministri, però, approvava un
decreto recante “Modifiche ed integrazioni al decreto
legislativo 15 febbraio 2010, n. 31, recante disciplina
della localizzazione, della realizzazione e
dell'esercizio nel territorio nazionale di impianti di
produzione di energia elettrica nucleare, di impianti di
fabbricazione del combustibile nucleare, dei sistemi di
stoccaggio del combustibile irraggiato e dei rifiuti
radioattivi, nonché benefici economici e campagne
informative al pubblico, a norma dell'articolo 25 della
legge 23 luglio 2009, n. 99”.
Il provvedimento – che veniva, poi, pubblicato sulla
G.U. n. 85 del 13 aprile 2011 con la denominazione di
Decreto Legislativo 23 marzo 2011, n. 41 – come già
illustrato in un nostro precedente contributo, sembrava
dimostrare, a parere dello scrivente, che la volontà del
Governo non era quella di rinunciare al nucleare, quanto
piuttosto mirare a porre le basi per snellire le
procedure per la realizzazione degli impianti, una volta
trascorsa la pausa di riflessione imposta con la
moratoria.
Senza dimenticare che il D.Lgs n. 31/2010 – che il
D.Lgs. n. 41/2011 ha “corretto” – è una delle quattro
normative che dovrebbero essere oggetto del prossimo
referendum abrogativo sul nucleare fissato per il 12 e
13 giugno 2011 (al nucleare è dedicato il terzo dei
cinque quesiti del referendum).
La moratoria secondo l’art. 5 del d.l. n. 34/2011
Ad ogni modo, la moratoria è stata formalizzata ed
inserita nel D.L. 31 marzo 2011 n. 34, recante
“Disposizioni urgenti in favore della cultura, in
materia di incroci tra settori della stampa e della
televisione, di razionalizzazione dello spettro
radioelettrico, di moratoria nucleare, di partecipazioni
della Cassa depositi e prestiti, nonchè per gli enti del
Servizio sanitario nazionale della regione Abruzzo” (GU
n. 74 del 31 marzo 2011), subito ribattezzato – com’è
ormai tradizione – “decreto omnibus”, con un latinismo
che ci richiama alla mente l’illustre predecessore di
questa tipologia di strumento legislativo, e cioè le
“Rogationes per saturam” dell’età repubblicana
dell’antica Roma, avversate da Catone e da Cicerone.
In particolare, l’art. 5, D.L. n. 34/2011 – rubricato
“Sospensione dell'efficacia di disposizioni del decreto
legislativo n. 31 del 2010” – in piena coerenza con
quanto disposto dal D.Lgs. n. 41/2011 di modifica del
D.Lgs n. 31/2010, così recita(va): - (comma 1) “Allo
scopo di acquisire ulteriori evidenze scientifiche sui
parametri di sicurezza, anche in ambito comunitario, in
relazione alla localizzazione, realizzazione ed
esercizio nel territorio nazionale di impianti di
produzione di energia elettrica nucleare, per un anno
dalla data di entrata in vigore del presente decreto
resta sospesa l'efficacia delle disposizioni degli
articoli da 3 a 24, 30, comma 2, 31 e 32 del decreto
legislativo 15 febbraio 2010, n. 31”. - (comma 2) “In
deroga a quanto disposto dal comma 1, la sospensione
dell'efficacia non si applica alle disposizioni
individuate nel medesimo comma nelle parti in cui si
riferiscono alla localizzazione, costruzione ed
esercizio del Parco tecnologico e del deposito
nazionale”.
La conversione del “decreto omnibus” e il “ritocchino”
alla moratoria
Come è noto, il Parlamento è attualmente impegnato nella
conversione in legge del D.L. 31 marzo 2011, n. 34. Per
ora, il 20 aprile scorso, c’è stata l’approvazione, in
prima lettura, da parte del Senato (A. S. n. 2665) di un
testo in buona parte modificato, testo che è stato poi
trasmesso (il 22 aprile) alla Camera (A.C. 4307) ed
assegnato alle Commissioni riunite V Bilancio e VII
Cultura (l’esame non è ancora iniziato). Come
anticipato, tra le modifiche approvate dal Senato, vi è
anche quella apportata al citato articolo 5, che viene
completamente riformulato. Si comincia dalla rubrica
dell’art. 5, D.L. n. 34/2011, che diviene ora
“Abrogazione di disposizioni relative alla realizzazione
di nuovi impianti nucleari”.
Il comma 1, poi, è totalmente sostituito col seguente:
“Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche,
mediante il supporto dell’Agenzia per la sicurezza
nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare,
tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore
e delle decisioni che saranno assunte a livello di
Unione europea, non si procede alla definizione e
attuazione del programma di localizzazione,
realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di
impianti di produzione di energia elettrica nucleare”.
Come si vede, qui la “pausa di riflessione” non è più di
un anno e non viene indicata una scadenza precisa della
moratoria. Il comma 2 abroga l’articolo 7 del D.L. 25
giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 agosto 2008, n. 133. Dal comma 3 in poi
diventa più complicato seguire la ridda di modifiche
“chirurgiche” apportate per realizzare quella che viene
indicata come la (nuova) decisione del Governo di
fermare la realizzazione di nuove centrali nucleari,
decisione che sembrerebbe andare ben oltre la originaria
moratoria, dunque.
Così il ministro Paolo Romani ha spiegato l’emendamento
in Senato, nella seduta del 20 aprile: “la decisione di
abrogare l'intera normativa in materia si inserisce in
un quadro ormai radicalmente mutato ed è coerente con la
sospensione inizialmente stabilita, in quanto una
riflessione proficua sul tema e su tutte le implicazioni
che un programma di fatto superato comporta non può
essere compressa nei limiti temporali previsti dalla
moratoria”.
In pratica – come si apprende dal Dossier pubblicato
sulle pagine del sito istituzionale del Governo – “del
decreto legislativo n. 31 del 2010 e del decreto
legislativo correttivo n. 41 del 2011 sono mantenute
soltanto le disposizioni che riguardano il trattamento
dei rifiuti e delle scorie radioattive derivanti da
attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e il
decommissioning degli impianti pregressi.
È evidente, infatti, che si tratta di attività
importanti e delicate, che prescindono dalla
realizzazione o meno di impianti nucleari e che è
necessario svolgere nelle condizioni migliori
possibili”.
Ulteriormente, la modifica dell’art. 5 operata con
l’approvazione dell'emendamento n. 5.800 ridefinisce i
contenuti della Strategia energetica nazionale che il
Governo intende adottare, eliminando anche il
riferimento alla produzione di energia nucleare, in
coerenza con le precedenti disposizioni dello stesso
emendamento.
Alla stregua di ciò, il “nuovo” comma 7 dell’art. 5
dispone che il DPCM di cui all’art. 3 del D.Lgs. n.
31/2010 debba essere adottato entro 12 mesi dalla data
di entrata in vigore della legge di conversione del D.L.
n. 34/2011, mentre il comma 8 dispone che entro la
stessa data il Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dello sviluppo economico e del Ministro
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare
adotti la Strategia energetica nazionale, che individua
le priorità e le misure necessarie al fine di garantire:
- la sicurezza nella produzione di energia, - la
diversificazione delle fonti energetiche e delle aree
geografiche di approvvigionamento,
- il miglioramento della competitività del sistema
energetico nazionale e lo sviluppo delle infrastrutture
nella prospettiva del mercato interno europeo,
- l’incremento degli investimenti in ricerca e sviluppo
nel settore energetico e la partecipazione ad accordi
internazionali di cooperazione tecnologica,
- la sostenibilità ambientale nella produzione e negli
usi dell’energia, anche ai fini della riduzione delle
emissioni di gas ad effetto serra,
- la valorizzazione e lo sviluppo di filiere industriali
nazionali.
Modificare la legge per evitare di essere travolti dalla
sindrome Nimby (e dal referendum)
Quella che per molti è l’unica e la vera ratio sottesa
all’emendamento è “rivelata” nella stessa occasione
dallo stesso Ministro Romani, e si tratta in pratica
della necessità di evitare un nuovo referendum
condizionato dall’onda emozionale conseguente
all’incidente di Fukishima: “Ecco perché riteniamo che
gli stessi cittadini sarebbero stati chiamati a
scegliere fra poche settimane fra un programma di fatto
superato o una rinuncia definitiva sull'onda
dell'emozione, assolutamente legittima dopo l'incidente
di Fukushima, senza avere sufficienti elementi di
chiarezza. In Europa, inoltre, dobbiamo essere forti di
una strategia definita per avere voce in capitolo, non
essendo un Paese con impianti nucleari sul nostro
territorio.
Ricordo che 14 Paesi su 27 non hanno impianti nucleari,
ma l'unico grande Paese a non averne è proprio l'Italia.
La campagna referendaria, e a maggior ragione un esito
abrogativo del referendum, avrebbe messo decisamente in
secondo piano le nostre posizioni, le richieste, le
pressioni con cui vogliamo garantire invece sicurezza al
nostro Paese.
La sindrome Nimby (not in my backyard) non ci deve
travolgere. Noi dobbiamo parlare in Europa a pieno
titolo perché la sicurezza dei nostri cittadini dipende
dalle centrali installate in tutta Europa. Il
referendum, al contrario, non può abrogare al di fuori
dei confini nazionali; non impone parametri di
sicurezza, e quindi non dà nessuna garanzia di poter
decidere standard, parametri, criteri validi per noi ma
soprattutto per gli altri”.
La moratoria spiegata a Sarkozy, una posizione di buon
senso
Le spiegazioni del Ministro Romani, invero, non hanno la
stessa eco che avranno, dopo qualche giorno, quelle del
Premier Berlusconi di analogo contenuto. E così, mentre
le prime erano quasi passate sotto silenzio, le seconde
vengono amplificate anche dalle particolari circostanze
in cui vengono pronunciate.
L’occasione è quella del vertice italo-francese sulla
Libia svoltosi a Villa Madama. Il Presidente Berlusconi,
rivolgendosi a Nicolas Sarkozy, nella conferenza stampa
finale, dichiara che “Siamo assolutamente convinti che
l'energia nucleare sia la sfida al futuro per tutto il
mondo", ma il recente incidente giapponese "ha
spaventato i nostri cittadini" come è dimostrato dai
“sondaggi che abitualmente facciamo sull'opinione
pubblica".
Perciò, “se fossimo andati oggi al referendum il
nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti
anni, quindi il governo responsabilmente ha ritenuto di
proporre questa moratoria, per far sì che si chiarisca
la situazione in Giappone e per far sì che magari dopo
un anno, dopo due anni, si possa ritornare ad avere
un'opinione pubblica consapevole della necessità di
ritornare al nucleare".
Il pensiero espresso dal Premier è chiaro: “Questa è la
posizione del governo italiano, una posizione di buon
senso per non aver rigettato la possibilità di
proseguire verso quello che credo sia il destino
ineluttabile. Naturalmente questa decisione ci rende
molto più proiettati su quelle che sono le energie
rinnovabili che sappiamo che nel mondo possono arrivare
a delle percentuali sul totale dell'energia necessaria
che sono assolutamente insufficienti".
A ben vedere, le sue parole sono praticamente le stesse
che in parte sono state già pronunciate sia dalla
Prestigiacomo sia da Romani. Le reazioni sono state
molteplici (da parte del modo politico, giuridico e
anche da parte degli ambientalisti) e la notizia è stata
rilanciata con vigore dai mass-media nazionali e
stranieri. C’è chi parla di autogol, chi di truffa e chi
anche di bluff. Fatto sta che il Presidente Berlusconi
non nasconde che l’intenzione è quella di continuare
sulla strada del nucleare al più presto possibile, e che
in tal senso è da leggersi la collaborazione tra l’Enel
e l’Edf, che continua regolarmente e che è volta
soprattutto, per ora, alla formazione del personale.
La questione è comunque delicata e c’è chi solleva dubbi
sulla legittimità della norma, sempre considerando che
essa dovrà essere approvata anche dalla Camera.
D’altro canto, c’è chi precisa che la norma non ha
effettivamente cancellato la normativa nucleare italiana
ma ha solo disposto una breve moratoria e che pertanto
non deve leggersi come una norma “ammazza-refrendum”, e
che anzi il referendum avrebbe ancora tutta la sua
ragion d’essere. Anche in questo caso, non ci resta che
aspettare, innanzitutto, l’esito dell’iter di
conversione in legge del D.L. n. 34/2011, ma una prima
puntualizzazione su quanto sta accadendo, soprattutto
sotto il profilo tecnico-giuridico e col richiamo
espresso alle norme in questione, ci sembrava quanto mai
opportuna. |