di Federico Gavioli
Con la sentenza n.2222 dell'11 aprile 2011 il Consiglio
di Stato ha stabilito che l'art. 23-bis, comma 9, del
decreto legge n. 112/2008 (cd. manovra estiva 2008) ,
convertito con legge n. 133/2008 e successive modifiche,
non si applica alle societa' miste pubblico-private
costituite ai sensi del comma 2 lettera b), del medesimo
articolo.
Tale articolo
prevede, al comma 2, che il conferimento della gestione
dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria:
a) a favore di
imprenditori o di società in qualunque forma costituite
individuati mediante procedure competitive ad evidenza
pubblica, nel rispetto dei principi del Trattato che
istituisce la Comunità europea e dei principi generali
relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei
principi di economicità, efficacia, imparzialità,
trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione,
parità di trattamento, mutuo riconoscimento e
proporzionalità;
b) a società a
partecipazione mista pubblica e privata, a condizione
che la selezione del socio avvenga mediante procedure
competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei
principi di cui alla lettera a), le quali abbiano ad
oggetto, al tempo stesso, la qualità di socio e
l'attribuzione di specifici compiti operativi connessi
alla gestione del servizio e che al socio sia attribuita
una partecipazione non inferiore al 40 per cento.
Il successivo comma
9 prevede che le società, le loro controllate,
controllanti e controllate da una medesima controllante,
anche non appartenenti a Stati membri dell'Unione
europea, che, in Italia o all'estero, gestiscono di
fatto o per disposizioni di legge, di atto
amministrativo o per contratto servizi pubblici locali
in virtù di affidamento diretto, di una procedura non ad
evidenza pubblica, nonché i soggetti cui è affidata la
gestione delle reti, degli impianti e delle altre
dotazioni patrimoniali degli enti locali, qualora
separata dall'attività di erogazione dei servizi, non
possono acquisire la gestione di servizi ulteriori
ovvero in ambiti territoriali diversi, né svolgere
servizi o attività per altri enti pubblici o privati, né
direttamente, né tramite loro controllanti o altre
società che siano da essi controllate o partecipate, né
partecipando a gare. Il divieto opera per tutta la
durata della gestione e non si applica alle società
quotate in mercati regolamentati e al socio selezionato.
I soggetti
affidatari diretti di servizi pubblici locali possono
comunque concorrere su tutto il territorio nazionale
alla prima gara successiva alla cessazione del servizio,
svolta mediante procedura competitiva ad evidenza
pubblica, avente ad oggetto i servizi da essi forniti.
Il caso posto
all’attenzione del CdS
La vicenda nasce a
seguito del fatto che una società per azione proponeva
ricorso avverso un Comune della Regione Calabria a
seguito della sentenza del T.A.R. della Regione stessa
concernente una gara per la gestione del servizio di
raccolta di rifiuti solidi urbani.
In particolare la
società ricorrente impugnava la determinazione del
Comune del 2009 con cui era stata indetta una gara a
procedura aperta, con il criterio dell’offerta
economicamente più vantaggiosa, per la gestione del
servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani con la
sola modalità differenziata e connesse attività ed oneri
sul territorio del Comune stesso; le successive
integrazioni al disciplinare di gara e, dunque, le
determinazioni di rettifica avevano consentito la
partecipazione alla gara della società che era risultata
essere l’affidataria del servizio.
La ditta ricorrente
deduceva , in particolare, che la società risultata
“vincitrice” era già affidataria diretta del servizio di
raccolta e trasporto dei rifiuti solidi urbani, di
quello di pulizia delle aree mercantili e di quello di
spazzamento del Comune e non avrebbe potuto partecipare,
ai sensi delle disposizioni contenute nell’art. 23-bis,
d.l. n. 112/2008, e s.m.i., a procedure di gara per
l’affidamento di servizi ulteriori né gestire il
servizio di raccolta differenziata, avendo un socio di
minoranza non selezionato per gestire il servizio, e
meno che mai quello della raccolta differenziata,
neppure inserito nell’oggetto sociale della società
affidataria , “esclusivo”, in quanto limitato ai servizi
affidati direttamente.
La partecipazione
della società affidataria alla gara in questione avrebbe
determinato effetti distorsivi della concorrenza, per
l’evidente vantaggio sui costi, determinato dalla
posizione di affidataria dei servizi di raccolta dei
rifiuti urbani indifferenziati.
L’analisi dei
giudici amministrativi
Per i giudici di
Palazzo Spada l'affidamento di servizi pubblici locali a
società miste pubblico-private, va equiparato, ai fini
della tutela della concorrenza e del mercato,
all'affidamento a terzi mediante gara (articolo 23-bis,
commi 2, lettera b) e 9, Dl 112/2008).
Il Consiglio di
Stato dopo una lunga disamina ha respinto un ricorso
contro l'affidamento del servizio di raccolta di rifiuti
solidi urbani.
Per i giudici
amministrativi il divieto ex articolo 23-bis, comma 9,
del Decreto legge n.112/2008, convertito in legge
133/2008, di partecipare a gare per l'affidamento di
servizi ulteriori a quelli già gestiti per il Comune,
vale solo per chi già gestisce i servizi locali a
seguito di affidamento diretto o comunque non tramite
gara.
L'affidamento a una
società mista pubblico-privata ex articolo 23-bis, comma
2, lettera a), va equiparato, secondo i giudici di
Palazzo Spada , all'affidamento mediante pubblica gara:
la società in questione, già affidataria di servizi del
Comune, in sintesi può partecipare alla gara per
l'affidamento di ulteriori servizi locali.
Il Consiglio di
Stato in sede giurisdizionale, respinge l’appello e
condanna l’appellante a rifondere al Comune e, alla
società affidataria, le spese e gli onorari del secondo
grado di giudizio.
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