Costituisce oramai giurisprudenza
costante e condivisibile quella secondo cui "il
condomino può legittimamente rinunziare all'uso del
riscaldamento centralizzato e distaccare le diramazioni
della sua unità immobiliare dall'impianto comune, senza
necessità di autorizzazione o approvazione da parte
degli altri condomini, se prova che dalla sua rinunzia e
dal distacco non derivano nè un aggravio di spese per
coloro che continuano a fruire del riscaldamento
centralizzato, nè uno squilibrio termico dell'intero
edificio, pregiudizievole per la regolare erogazione del
servizio. Soddisfatta tale condizione, egli è obbligato
a pagare soltanto le spese di conservazione
dell'impianto di riscaldamento centrale, mentre è
esonerato dall'obbligo del pagamento delle spese per il
suo uso" (Cass. civ. seni. n. 5974 del 25.3.2004; si
vedano nella stessa direzione anche Cass. civ. seni. n.
15079 del 30.6.2006, Cass. civ. seni. n. 7708 del
29.3.2007).
Dunque non corrisponde al vero che
il distacco del condomino dall'impianto condominiale di
riscaldamento debba essere necessariamente autorizzato
dall'assemblea dei condomini. Il distacco del condomino
dal riscaldamento centralizzato non è invece possibile
quando vietato dal regolamento condominiale (cfr. Cass.
civ. seni. ult. cit., Cass. civ. seni. n. 6923 del
21.5.2001), salva delibera/ione unanime dei condomini o
modifica del regolamento.
Nel caso di specie, contrariamente
a quanto affermato dal condominio opposto, l'art. 10
lett. e) del regolamento condominiale non fa divieto ai
singoli condomini di distaccarsi. Esso infatti si limita
a disporre che "nessun condomino potrà, senza una
regolare delibera del consiglio di amministrazione,
variare il numero dei radiatori o modificare in
qualunque modo l'attuale impianto".
Tale norma convenzionale deve
interpretarsi nel senso di far divieto ai singoli
condomini di intaccale il funzionamento dell'impianto,
vuoi aggiungendo un impianto radiante che possa
assorbire una potenza eccessiva a detrimento degli altri
condomini vuoi causando modifiche strutturali, come la
modifica dell'estensione, della direzione o della
diramazione di una conduttura. TI distacco di un
condomino non costituisce invece in senso stretto una
modifica dell'impianto, ma si limita ad intervenire a
valle del suo funzionamento, lasciandolo integro sia nei
suoi aspetti strutturali (caldaia, tubature ecc.) sia
nei suoi aspetti funzionali.
Né può richiamarsi la disposizione
di cui alla lettera d) del citato art. 10 del
regolamento condominiale, la quale (fatta salva una
labile identità teleologica) regola una fattispecie
obiettivamente diversa da quella qui in contestazione e
non è pertanto applicabile in via estensiva nella
direzione auspicata dal convenuto.
In conclusione, dinanzi a
previsione regolamentari generiche ed interpretabili
realisticamente in modo diverso, o disciplinanti
situazioni differenti, non può ritenersi codificato tra
i condomini del Condominio "La.Pl." il divieto di
staccarsi dall'impianto centralizzato di riscaldamento.
Occorre quindi verificare se, nell'assenza di una
deliberazione assembleare, risultano qui rispettati i
presupposti richiesti dalla suddetta giurisprudenza di
legittimità per la legittimità del distacco e per il
conseguente diritto del condomino proprietario
dell'appartamento distaccatosi a non dover pagare le
spese di uso dell'impianto.
Tali presupposti sono: 1)
l'effettività del distacco;
2) la prova che dal distacco non
derivi un aggravio di spese per tutti gli altri
condomini;
3) la prova che dal distacco non
derivi uno squilibrio termico dell'impianto. Ai sensi
dell'art. 2697 ce. tali prove competono a chi si sia
distaccato, ossia nel caso di specie al Ca..
CondominioWeb.com |