Sommario:
LAVORI CONDOMINIALI E RIMOZIONE GAZEBO - AMMINISTRATORE
DIMISSIONARIO E FONDO MANUTENZIONE SOTTOBALCONI -
SERVITU’ E SPESE - VIZI DELL’IMMOBILE E MUTUO -
COSTRUZIONE TETTO E RIDUZIONE IN PRISTINO -
SUPERCONDOMINIO E CENTRALE TERMICA - CHIUSURA CANCELLO -
MESSA IN SICUREZZA CORNICIONE - SERVITU’ - SOSTITUZIONE
TOMBINO - INFILTRAZIONI DA LASTRICO SOLARE - BOX AUTO
LAVORI CONDOMINIALI E RIMOZIONE GAZEBO
Sono proprietaria di un appartamento circondato da
villetta nella quale è stato costruito un gazebo,
fissato al terreno (non mobile), che impedisce il
montaggio dell'impalcatura per il rifacimento della
facciata debitamente deliberato in assemblea.
Considerato che non posso oppormi allo smontaggio del
gazebo (si dovrebbero segare i 4 piedi di metallo che lo
tengono fissato al terreno e, una volta ultimati i
lavori di rifacimento prospetto, togliere i 4 pezzetti
rimasti infissi nel terreno e cementare nuovamente i 4
piedi nel terreno), chi dovrebbe provvedere a ciò? Io
oppure la ditta che eseguirà i lavori o altra ditta
individuata dall’assemblea a tale scopo? Nel caso in cui
durante la fase dello smontaggio e del successivo
rimontaggio del gazebo dovessero verificarsi dei danni
(il tetto del gazebo è costituito da vetri che
potrebbero rompersi), avrei diritto al risarcimento dei
danni? Se sì, chi me li dovrebbe risarcire (la ditta che
provvede allo smontaggio o il condominio) e quale
procedura dovrei seguire? In alternativa, posso farmi
dichiarare per iscritto, a priori, dalla ditta che
eseguirà i lavori o dal capocondominio che in caso di
danni durante lo smontaggio e il rimontaggio del gazebo
si provvederà al risarcimento del danno?
H. M.
E’ opportuno far firmare, all’appaltatore e
all’amministratore del condominio, una dichiarazione che
preveda sia l’obbligo di provvedere allo smontaggio e al
rimontaggio del gazebo secondo le regole dell’arte, sia
l’ obbligo a risarcire, in solido fra loro, gli
eventuali danni che dovessero derivare dallo svolgimento
delle suddette operazioni. Ad evitare possibili
contestazioni è consigliabile che al documento vengano
allegate delle fotografie
AMMINISTRATORE DIMISSIONARIO E FONDO MANUTENZIONE
SOTTOBALCONI
Un condomino è debitore, nei confronti del condominio,
di quote relative alla costituzione di un fondo
specifico per la manutenzione straordinaria dei
sottobalconi. Tali somme, pertanto, non sono mai entrate
nella gestione ordinaria del condominio. Considerato che
l’amministratore in carica si è dimesso ed è quindi
tenuto a compiere gli atti di ordinaria amministrazione
fino al subentro del nuovo amministratore scelto
dall’assemblea, può l’attuale amministratore richiedere
il versamento di tali somme al condomino moroso?
H. M.
La prorogatio dei poteri dell’amministratore
dimissionario fino alla sua sostituzione vale solo nei
rapporti esterni, al fine di offrire ai terzi un
soggetto cui far riferimento nelle relazioni con il
condominio, ma non nei rapporti interni al negozio di
mandato tra amministratore e condomini; infatti la
rinuncia è una dichiarazione negoziale unilaterale,
ricettizia verso il mandante, a forma libera e con
efficacia ex nunc, per cui dalla sua ricezione si
estingue il mandato con le relative obbligazioni (Trib.
Torino 29/11/2000). Per il recupero del credito
occorrerà pertanto attendere l’insediamento del nuovo
amministratore, sempre che si provi che il condomino
aveva dato la propria adesione alla costituzione del
fondo.
SERVITU’ E SPESE
Ci troviamo in uno stabile composto di 10 appartamenti:
i 2 al piano terra hanno accesso autonomo (con un
cancelletto su giardino privato), gli altri 8 accedono
attraverso la scala comune. Il problema è che
all'interno del vano scale sono collocati i contatori
enel di tutti gli appartamenti: anche di quelli con
accesso autonomo, che quindi usufruiscono di una servitù
di accesso al vano. L'altro giorno l'assemblea - su
proposta di un condomino - ha deliberato che siccome
anche chi ha l'appartamento al piano terra "usa" il vano
scale per verificare il contatore, le spese di gestione
devono essere suddivise tra tutti nel rispetto delle
tabelle millesimali di proprietà. Io ovviamente ritengo
che l'uso non sia equiparato alla servitù, ma ero la
sola. L'amministratore ha riportato il caso di una
sentenza per un ascensore: in quel caso - riferisce - al
negozio con accesso autonomo è stato comunque richiesto
di pagarne le spese (pur non usandolo!). E comunque, se
proprio fosse che la servitù è equiparabile all'uso,
ritengo che le spese non debbano essere suddivise in
funzione dei millesimi generali, ma in funzione delle
tabelle delle scale: io mi fermo ad un metro oltre la
porta? Fin lì pago. Esistono sentenze che mi danno
credito?
M. B.
Per la Cassazione (sentenza n. 2328 del 6/6/1977), in
difetto di una clausola difforme del regolamento di
condominio, devono contribuire alle spese di
manutenzione, ricostruzione e illuminazione dell’androne
e delle scale, ancorché in misura ridotta, anche i
condomini che non ne usufruiscono per ac¬cedere alla
rispettiva proprietà esclusiva, per essere queste dotate
di accesso autonomo. La presenza, nel vano scale, dei
contatori delle unità immobiliari dotate di accesso
separato, legittima la ripartizione delle spese su base
millesimale, dal momento che quello che conta è l’uso
potenziale, non l’uso effettivo.
VIZI DELL’IMMOBILE E MUTUO
Abbiamo acquistato una porzione di cascina nel 2006
previo atto pubblico. Dopo 1 anno veniamo a conoscenza
di molteplici vizi occulti tra cui tetto in eternit,
umidità varie nascoste da perline, impianto elettrico
non a norma, serbatoio gpl 1250 lt (unica fonte di
riscaldamento) cucina e acqua calda non a norma per cui
chiusura totale da parete dei VV.FF. e ordinanze con
multa. Opere abusive all'interno del cortile, e per
finire il giorno di pasqua in camera da letto è crollato
il controsoffitto; abbiamo segni di assestamento e dal
tetto piove acqua. Nel 2008 abbiamo chiesto tramite
legale la risoluzione del contratto, ma come lei può ben
sapere sono cause piuttosto lunghe. Adesso io le chiedo,
a questo punto possiamo rifiutarci di pagare il mutuo
visto che oltre alla relazione rilasciataci dall'Asl
dopo un sopralluogo con l'inidoneità dello stabile e tra
l'altro in comune non esiste abitabilità ma al catasto
il venditore ha dichiarato nuova costruzione ma senza
Dia, e volevo anche alla banca, visto che abbiamo pagato
la perizia? Mi chiedo, è giusto pagare una rata su una
casa che non vale niente?
A.
Chi ha erogato il mutuo è estraneo alla controversia
riguardante i vizi occulti dell’immobile, questione che
dev’essere pertanto risolta fra acquirente e venditore.
Il mutuante, anzi, dalla presenza dei suddetti vizi ha
tutto da perdere, dal momento che, se essi si sono
evidenziati dopo la stima dell’immobile, ne riducono il
valore indicato nell’elaborato peritale, e quindi il
ricavato qualora si dovesse procedere alla vendita
forzata in caso di mancato pagamento delle rate di
mutuo.
COSTRUZIONE TETTO E RIDUZIONE IN PRISTINO
Abitiamo al secondo ed ultimo piano di una palazzina.
Nel 2002 a causa delle abbondanti infiltrazioni di acqua
nelle camere del nostro appartamento, abbiamo deciso di
costruire il tetto (non c'era, c'era solo un solaio con
dell'isolante) andando a coprire anche una piccola
terrazza interna che causava ulteriori problemi anche al
piano di sotto (dei nostri vicini). Nel 2002 i rapporti
con i vicini erano buoni quindi ci fu un’autorizzazione
solo orale e non scritta da parte loro che ci consentiva
la costruzione del tetto (esistono anche testimoni che
possono affermare quanto detto). All'inizio del 2011 è
arrivata una lettera degli avvocati dei vicini nella
quale richiedono il ripristino dello stato dei luoghi di
allora e un risarcimento danni in quanto non sono mai
stati avvertiti dei lavori effettuati. Il tetto è stato
costruito secondo le norme e le autorizzazioni edilizie
necessarie. La mia famiglia non ha mai chiesto soldi
per i lavori effettuati ed inoltre, i soliti ponteggi
utilizzati per la costruzione sono stati utilizzati
anche dai vicini per il rifacimento della facciata
(sempre pagati da noi). Le chiedo cortesemente se è
possibile a distanza di così tanti anni poter richiedere
il ripristino dello stato di allora e il risarcimento
danni.
E. F.
Il rilascio del permesso di costruire non comporta
accettazione dei lavori da parte dell’altro condomino;
la concessione, infatti, viene accordata facendo salvi i
diritti dei terzi, anche se, trattandosi d’intervenire
su una parte comune dell’edificio, alcuni Comuni sono
soliti chiedere il benestare degli altri condomini. Il
consenso del vicino all’effettuazione dei lavori va
provato per iscritto, trattandosi di bene immobile. La
richiesta di demolizione e risarcimento del danno è
tempestiva, non essendo ancora intervenuta l’usucapione
ventennale del diritto.
SUPERCONDOMINIO E CENTRALE TERMICA
In un Condominio costituito da tre singole palazzine con
impianto di riscaldamento ed acqua calda centralizzati,
l’Assemblea ha deliberato la formazione di tre impianti
separati. A causa della difficoltà di posizionamento
delle nuove caldaie in due delle tre palazzine, si vuole
continuare col centralizzato. La palazzina dotata di
centrale termica di propria proprietà può opporsi al
cambiamento della delibera ?
E. G.
Il Tribunale di Napoli (sentenza del 29/11/1991), con
riferimento alla trasformazione di un impianto
centralizzato di riscaldamento in impianti a gas di
proprietà singola, avvenuta ai sensi della L. n.
10/1991, ha escluso, sia sotto l'aspetto funzionale che
sotto il profilo giuridico, la conservazione attiva del
sistema termico trasformato, le cui componenti materiali
rimangono solo come semplici residuati per l’opportuna
rottamazione, non potendo la minoranza dissenziente
pretendere di lasciare attivo o riattivare e far
funzionare a proprie spese l'impianto trasformato, in
quanto ciò sarebbe contrario alla ratio legis, che è
chiaramente quella della razionalizzazione dell'energia
sotto il triplice profilo termico, economico ed
ecologico.
CHIUSURA CANCELLO
Risiedo in una villetta bifamiliare con accesso comune
tramite cancello a scorrimento manuale di 3 m. Le
chiedo, vista l'insistenza della mia vicina a lasciare
sempre aperto il cancello con tutto quello che ne deriva
e cioè cani che entrano e depositano i loro bisogni nel
giardino e si mettono a litigare con i miei due gatti e
quello che è più grave che entrano persone ed arrivano
fino alla porta di casa, se è possibile imporle la
chiusura del cancello e quali sono le norme del codice
che regolano tale materia ed eventuali responsabilità
ipotetiche per danni o vandalismi vari e se possibile
diffidare la Signora dal continuare con tale
atteggiamento.
S. B.
Se la vicina disattende l’invito a chiudere il
cancello non resta che rivolgersi al Giudice di pace
adducendo ragioni di sicurezza. Una soluzione potrebbe
essere quella di convincere la vicina ad automatizzare
il sistema di chiusura. Se si prova il nesso di
causalità fra il comportamento della vicina e il danno
se ne può chiedere il risarcimento ai sensi dell’art.
2043 c.c.
MESSA IN SICUREZZA CORNICIONE
Chi paga la messa in sicurezza del cornicione di una
delle sei scale di cui è composto il nostro condominio
(abbiamo l'ingiunzione del Comune di Napoli),
considerando anche che per vari abusi i nostri
millesimi sono da rifare?
L. L.V.
Se il cornicione interessato alla messa in sicurezza
fa parte di un tetto unico, alla spesa devono
contribuire i condomini di tutte e sei le scale. Se
invece ciascuna scala è coperta da un tetto a sé stante,
alla spesa devono contribuire i soli condomini della
scala interessata alla riparazione.
SERVITU’
Dal 1991 io, la mia mamma e i miei due fratelli,
ospitiamo in un nostro locale una caldaia che, al
momento, serve un solo nostro appartamento ed un altro
di proprietà di nostri parenti. Questi ultimi non sono
proprietari del locale in cui si trova la caldaia. Nel
1991 avevamo firmato un accordo in base al quale
accettavamo di ospitare questa caldaia sino a che i
parenti non si fossero resi autonomi, confidando in
buona fede in una soluzione, se non a breve almeno a
media scadenza. Da allora sono passati quasi venti anni
e, un po' perchè dobbiamo fare dei lavori, un po' perchè
temiamo una qualche forma di usucapione, abbiamo
quest'anno chiesto loro di staccarsi dall'impianto e
rendersi autonomi. Ci hanno risposto che non abbiamo
nessun diritto a chiedere loro quanto sopra e che se
procediamo possiamo incorrere in sanzioni
civili e penali. E' vero? Se si, come potersi
"liberare"? In che termini sta esattamente la questione
secondo lei?
via mail
Il proprietario del locale è tenuto a rispettare
l’accordo fino a quando la controparte non decida di
staccarsi dall’impianto comune. Un’eventuale azione di
forza verrebbe presumibilmente contrastata da un’azione
di reintegrazione in sede civile (art. 1168 c.c.), cui
potrebbe accompagnarsi una querela per danneggiamento in
sede penale (art. 635 c.p.).
SOSTITUZIONE TOMBINO
Sono proprietario di un box dove all'interno ci sono 2
tombini per le fogne, i chiusini sono ormai distrutti ed
ho chiesto già da un anno all'amministratore la
sostituzione dato che non posso far fare più la pulizia
delle fogne perché poi non posso rimetterli al loro
posto, mi si sfaldano in mano. Dall'amministratore non
ho risposte, è comunque in dovere di farli sostituire o
no ?
A. C.
Se il chiusino è collocato su un tombino che smaltisce,
oltre ai liquami provenienti dall’unità immobiliare del
proprietario del box, anche quelli delle unità
immobiliari di uno o più altri condomini, si è nel
diritto di pretenderne la sostituzione, con spesa a
carico dei condomini serviti dall’impianto, spesa da
dividersi in proporzione ai millesimi di proprietà salvo
diversa convenzione.
INFILTRAZIONI DA LASTRICO SOLARE
Abito in un palazzo dal doppio numero civico con due
ingressi separati e due ingressi per accedere al
terrazzo. La copertura è unica per i due palazzi
attigui e uniti. A seguito di lavori per infiltrazioni
sulla parziale copertura di uno dei due palazzi gradirei
sapere come vanno divise le spese. I condomini del
palazzo non interessato a detti lavori devono
contribuire alle spese anche se i palazzi, uniti, hanno
doppio numero civico e doppio ingresso?
U. B.
Se il lastrico solare è comune ai due edifici, nel
senso che i condomini di entrambi i fabbricati hanno
accesso all’intera superficie del lastrico, alla spesa
richiesta dall’eliminazione delle infiltrazioni devono
contribuire i condomini di tutte e due le costruzioni.
Se invece il lastrico è diviso in due da una ringhiera o
altro riparo, alla spesa devono contribuire i soli
condomini dell’edificio in cui si sono verificate le
infiltrazioni.
BOX AUTO
Sono proprietario, in un condominio di 5 appartamenti,
di un appartamento e di un box interrato. L'ingresso del
box, come gli altri 2, è largo metri 2,60 e si trova
grande difficoltà a far entrare la macchina perchè
bisogna scendere la rampa a marcia indietro ed il
disimpegno per le manovre, antistante i box, è largo
solo 4 metri ed una macchina media è lunga metri 3,50.
Il muro dove è fissata la basculante di chiusura del box
non è un muro portante ed è formato da mattoni forati.
Tale muro è lungo 11 metri : per metà divide il mio box
dalla cantinola del possessore dei maggiori
millesimi(600), altri 2,50 metri confinano col corridoio
largo metri 1,50 di accesso alla detta cantinola ed i
restanti due metri e 60 sono chiusi dalla basculante,
basculante che da un lato è fissata ad un pilastro
portante di cemento armato. Avevo chiesto di allargare
il muro di 30 centimetri verso il lato della cantinola
per essere più agevolato nel fare manovra di entrata ed
uscita dal box rimettendo una basculante uguale ma il
proprietario dei 600 ha dato un diniego alla richiesta.
Ho interpellato in merito due geometri che hanno dato
pareri discordanti ed un legale il quale, d'accordo con
uno dei geometri, ha detto che ci vuole l'assenso del
possessore dei 600 mill/mi. perchè comunque il muro è
condominiale. Un architetto ha detto che basta
presentare solo la DIA e darne comunicazione per
iscritto all'amministratore per poter usufruire al
meglio della cosa propria in quanto una basculante di 30
cm più lunga non impedisce al condomino di usufruire
della cosa comune e ne gli crea alcun impedimento.
All'ufficio tecnico del comune riferiscono che concedono
la DIA ma se vi è un ricorso fermano il lavoro. Non ho
fatto nulla se non vi è la certezza legale di non farmi
far causa dal possessore dei 600 millesimi: magari c'è
qualche sentenza già emessa che possa essere da base di
appoggio e di partenza per il lavoro.
C.
L’allargamento della porta comporta l’inglobamento,
nella proprietà esclusiva di un condomino, dello spazio
già occupato dal muro comune, per cui è necessario il
consenso di tutti i condomini.
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