I Tribunale di Monza e Alba hanno,
recentemente, pronunciato due sentenze, in tema
fallimentare, che modificheranno in modo sostanziale le
prospettive di recupero per gli intermediari bancari.
I citati Tribunali, infatti, hanno
espressamente riconosciuto, in capo alla banca che abbia
perso un giudizio di revocatoria fallimentare e,
conseguentemente, abbia presentato domanda di ammissione
al passivo fallimentare per l’importo pagato alla
procedura, il diritto di partecipare ai riparti
pregressi.
Più semplicemente la questione di
fatto affrontata è la seguente:
nei confronti della banca viene
instaurato dal Curatore un giudizio di revocatoria
fallimentare con il quale viene chiesta la condanna
della banca al pagamento di una certa somma;
la banca perde il giudizio e
paga al Curatore la somma oggetto della condanna;
a seguito del pagamento, la
banca deposita una domanda di ammissione al passivo
fallimentare per una somma pari a quella pagata al
Curatore.
Ebbene, sino ad oggi, la banca,
dopo aver presentato la domanda di ammissione al
passivo, aveva diritto di partecipare solo ai riparti
effettuati dal Curatore dopo il deposito della domanda
di ammissione. Con la conseguenza che in tutti i casi in
cui il giudizio di revocatoria fallimentare fosse durato
(come di norma avviene) diversi anni e il Curatore,
medio tempore, avesse effettuato riparti a favore dei
creditori chirografari la banca avrebbe perso il diritto
di percepire tali somme.
Al contrario, ora, è stato
espressamente affermato il diritto della banca di
percepire anche le somme che il Curatore abbia,
eventualmente, distribuito anteriormente.
In particolare:
il Tribunale di Monza, con
sentenza n. 830/2011, ha riconosciuto il diritto della
Banca soccombente nel giudizio di revocatoria di
prelevare sull’attivo non ripartito anche le quote che
le sarebbero spettate nelle precedenti ripartizioni
riconoscendo che il ritardo nella proposizione della
domanda tardiva non fosse ad essa imputabile quantomeno
in relazione al riparto precedentemente effettuato,
tenuto conto che lo stesso era stato disposto circa tre
anni prima della notifica dell’atto di citazione in
revocatoria;
il Tribunale di Alba, con
sentenza n. 151/2011, ha, invece, riconosciuto il
medesimo diritto in capo alla Banca che aveva
precedentemente definito in via transattiva il giudizio
di revocatoria fallimentare promosso dal fallimento,
evidenziando come l’imputabilità del ritardo nella
proposizione della domanda non sussistesse in ragione
del fatto che: 1) il giudizio era stato definito
transattivamente, senza, quindi, alcun riconoscimento
della fondatezza della domanda; 2) che la transazione
era stata conclusa per un importo considerevolmente
minore rispetto al petitum iniziale; 3) che non è stata
fornita alcuna prova del fatto che il fallimento abbia
formulato nel corso del giudizio ipotesi transattive non
accettate dal convenuto, il quale, anzi, ha avanzato la
proposta conciliativa che ha poi dato origine
all’accordo transattivo.
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