Dal concorso morale nel reato
(cfr., amplius, "Il concorso di reati e il concorso di
persone nel reato", Cedam 2011) è doveroso distinguere
le (frequentemente) diverse ipotesi della connivenza,
della mera presenza inattiva nel luogo di esecuzione del
reato, nonché del mancato impedimento della consumazione
del reato medesimo :
“la semplice presenza inattiva od
anche la sola convivenza oppure il non avere impedito la
consumazione del reato (relativamente al quale occorre
considerare se sussiste un obbligo giuridico di impedire
un evento) non costituiscono concorso morale, di cui
all'art. 110 c.p., poiché questo richiede almeno il
volontario rafforzamento, il contributo ideologico, o
quanto meno, un'incidenza nel determinismo psicologico
dell'autore del reato. (Fattispecie relativa ad
esclusione di responsabilità di due imputati, dei quali
era stata accertata la semplice presenza sulla scena del
delitto, non essendo emerso alcun dato che manifestasse
la loro volontà di rafforzare l'intenzione omicida del
loro fratello)”.
Cassazione penale, sez. I, 17
ottobre 1985 Onorato Cass. Pen. 1987, 720
Premesso, dunque, che,
“la semplice condotta omissiva e
connivente non è sufficiente a fondare un'affermazione
di responsabilità a titolo di concorso nel reato,
occorrendo, a tal fine, che sussista un contributo
materiale o psicologico che abbia consentito una più
agevole commissione del delitto, stimolando o
rafforzando il proposito criminoso del concorrente”
Cassazione penale, sez. VI, 26
novembre 2002, n. 61 Delle Grottaglie Cass. pen. 2003,
3410 (s.m.)
e così identificate le
caratteristiche comuni alle due figure,
“la connivenza si distingue
dall'adesione passiva all'azione delittuosa altrui,
perché solo dalla seconda questa trae alimento e forza.
Entrambe hanno, infatti, una caratteristica comune e
cioè la rappresentazione e la conoscenza del fatto
delittuoso ed una precisa differenza, perché il
connivente rispetto all'esecutore materiale del delitto
e agli altri compartecipi è sempre un terzo estraneo,
mentre chi aderisce passivamente è un soggetto
oggettivamente e soggettivamente inserito nel rapporto
concorsuale”
Cassazione penale, sez. I, 18
febbraio 1983 Rolando Giust. pen. 1984, II,102 (s.m.)
quanto alla distinzione tra
connivenza
“la connivenza, non idonea ad
integrare il concorso di persone nel reato, si verifica
quando un individuo assiste passivamente alla
perpetrazione di un reato che avrebbe la possibilità, ma
non il dovere giuridico di impedire”
Cassazione penale, sez. I, 23
ottobre 1979 Fracchetti Cass. pen. 1980, 562 (s.m.) -
conforme - Cassazione penale, sez. I, 23 ottobre 1978
Fracchetti Giust. pen. 1979, 399,II, (s.m.)
(efficacemente definita quale
scienza che altri stia per commettere o commetta un
reato)
“in tema di reato concorsuale, la
distinzione tra connivenza non punibile e concorso nel
delitto, va individuata in ciò: mentre la connivenza
(che è la scienza che altri sia per commettere o
commetta un reato, e come tale non basta a dar vita ad
una forma di concorso) postula che l'agente mantenga un
comportamento meramente passivo, la condotta di
partecipazione, invece, deve manifestarsi in un
comportamento che arrechi un contributo alla
realizzazione del delitto, sia pure, mediante il
rafforzamento del proposito criminoso degli altri
compartecipi, o di agevolazione dell'opera degli altri
concorrenti, o che l'agente per effetto della sua
condotta idonea a facilitarne l'esecuzione, abbia
aumentato la possibilità della sua produzione, perché in
forza del rapporto associativo diventano sue anche le
condotte dei partecipi”
Cassazione penale, sez. I, 06
luglio 1987 Mango Cass. Pen. 1989, 1743 - conforme -
Cassazione penale, sez. VI, 03 giugno 1994 Campostrini
Cass. pen. 1996, 1128 (s.m.)
e concorso morale nel reato,
“non è sufficiente ad integrare il
concorso morale la semplice connivenza del terzo, salvo
che questi non sia tenuto, in virtù di uno specifico
obbligo giuridico, ad impedire il fatto che ne
costituisce reato. (Nella fattispecie è stato escluso
che tale obbligo potesse incombere al temporaneo
convivente di una donna trovata in possesso di un
quantitativo di droga)”
Cassazione penale, sez. I, 13
febbraio 1985 Cariccia Giust. pen. 1986, II,19 (s.m.)
la giurisprudenza, nell'affermare
che
“a configurare la nozione giuridica
di concorso di persone nel reato decorre l'apporto, da
parte di queste, di un'attività, materiale o morale,
che, aderendo all'azione antigiuridica di altri, si
colleghi, con efficacia causale, alla determinazione
dell'evento, mentre ogni atteggiamento passivo, quale la
semplice connivenza o l'inerte adesione morale o la mera
presenza, costituiscono forme di connivenza, che non
comportano partecipazione al reato,
Cassazione penale, sez. II, 18
marzo 1980 Palazzi Giust. pen. 1981, II,212 (s.m.)
comunemente precisa:
“si ha concorso ai sensi dell'art.
110 c.p., e non semplice connivenza, ogni volta che
l'agente partecipa, in qualunque modo, alla
realizzazione dell'illecito e, quindi, anche quando, con
la sua presenza, agevola o rafforza il proposito
criminoso altrui, giacché tale situazione è ben diversa,
sotto il profilo ontologico e giuridico, dalla mera
adesione interna ad un'altrui condotta penalmente
rilevante, che nessun contributo arreca alla commissione
del reato”.
Cassazione penale, sez. VI, 26
maggio 1993 Menzio Cass. pen. 1994, 2983 (s.m.) Mass.
pen. cass. 1993, fasc. 11, 97 Giust. pen. 1994, II, 186
(s.m.) - conforme - Cassazione penale, sez. I, 27
novembre 1991 Terranova Cass. pen. 1993, 294 (s.m.)
Giust. pen. 1992, II, 350 (s.m.)
Quanto alla casistica
giurisprudenziale in materia, si vedano le seguenti
pronunce, aventi per oggetto il reato di minacce,
“la distinzione tra connivenza non
punibile e concorso di persone nel reato va individuata
nel fatto che, mentre la prima postula che l'agente
mantenga un comportamento meramente passivo, nel secondo
detto comportarmento può manifestarsi anche in forme che
agevolino la condotta illecita, anche solo assicurando
all'altro concorrente stimolo all'azione o un maggior
senso di sicurezza nella propria condotta, palesando
chiara adesione alla condotta delittuosa. (Nella specie,
secondo la Corte correttamente era stata ravvisata la
responsabilità a titolo di concorso nel reato di
minaccia a carico di un imputato che aveva affiancato
altro coimputato nell'aggressione verbale ai danni delle
persone offese, pur essendo state profferite solo da
quest'ultimo le frasi intimidatorie)”
Cassazione penale, sez. V, 05
ottobre 2007, n. 42044 C. e altro Guida al diritto 2007,
49 74 (SOLO MASSIMA)
l'omicidio volontario,
In tema di concorso di persone,
mentre la connivenza non punibile postula che l'agente
mantenga un comportamento meramente passivo, il concorso
può essere manifestato in forme che agevolano la
condotta illecita, anche solo assicurando all'altro
concorrente nel reato lo stimolo all'azione criminosa, o
un maggiore senso di sicurezza nella propria condotta,
rendendo in tal modo palese una chiara adesione alla
condotta delittuosa. (Nel caso di specie la S.C. ha
ritenuto corretta la motivazione dei giudici di merito
in relazione alla prova della responsabilità, a titolo
di concorso nel reato di omicidio volontario, di uno dei
partecipanti all'agguato organizzato nei confronti di un
rappresentante di oggetti preziosi, nel corso del quale
venivano esplosi ripetuti colpi di arma da fuoco contro
l'auto condotta dalla vittima, che l'attingevano
mortalmente)
Cassazione penale, sez. I, 14
febbraio 2006, n. 15023 - CED Cass. pen. 2006, 234128
nonché, soprattutto, la detenzione
di sostanze stupefacenti:
“in tema di detenzione di sostanze
stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile
e concorso di persone nel reato va individuata nel fatto
che, mentre la prima postula che l'agente mantenga un
comportamento meramente passivo, nel concorso di persone
è richiesto un contributo che può manifestarsi anche in
forme che agevolino la detenzione, l'occultamento e il
controllo della droga, assicurando all'altro
concorrente, anche implicitamente, una collaborazione
sulla quale questi può contare. (La Corte ha così
condiviso la decisione di merito che aveva ritenuto il
concorso punibile, e non la mera connivenza invocata
dalla difesa, essendo stato accertato che l'imputata -
moglie convivente del detentore della droga - aveva
positivamente e consapevolmente contribuito alla
custodia della sostanza, rinvenuta in luoghi di normale
accesso alla medesima: busta sopra l'armadio; barattolo
sistemato tra i generi alimentari nello sgabuzzino)”;
Cassazione penale, sez. IV, 08
luglio 2009, n. 39107 C. Guida al diritto 2009, 49 104
(SOLO MASSIMA) - conforme- Cassazione penale, sez. IV,
10 aprile 2006, n. 21441 - CED Cass. pen. 2006, 234569
“in tema di detenzione di sostanze
stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile
e concorso nel reato va individuata nel fatto che,
mentre la prima postula che l'agente mantenga un
comportamento meramente passivo, inidoneo ad apportare
alcun contributo alla realizzazione del reato, nel
concorso di persona punibile nel fatto della detenzione
illecita di sostanza stupefacente da parte di altri è
richiesto, invece, un contributo partecipativo - morale
o materiale - alla condotta criminosa altrui,
caratterizzato, sotto il profilo psicologico, dalla
coscienza e volontà di arrecare un contributo
concorsuale alla realizzazione dell'evento illecito.
Tale contributo può essere di qualsiasi genere ed è
certamente ravvisabile nella condotta di chi, lungi
dall'aver mantenuto un atteggiamento meramente passivo,
nel consentire al detentore di custodire la droga nella
sua abitazione abbia fornito a questi uno stimolo
all'azione o comunque un maggior senso di sicurezza
nella propria condotta (nella specie, correttamente,
secondo la Corte, era stato ravvisato il concorso
punibile giacché era stato accertato, in sede di merito,
che l'imputata aveva realizzato una vera e propria
"custodia" in nome e per conto del detentore della
droga, finalizzata a garantire, anche per la singolarità
del luogo di detenzione, dal rischio della scoperta)”;
Cassazione penale , sez. IV, 16
gennaio 2006, n. 11392 Q. Cass. pen. 2007, 9 3438
(NOTA)nota AMATO Guida al diritto 2006, 20 105 (SOLO
MASSIMA) - conforme - Tribunale Matera, 17 dicembre 2008
S. e altro Riv. pen. 2009, 7-8 865
“in tema di detenzione di
stupefacenti, la distinzione tra connivenza non punibile
e concorso nel delitto va individuata nel fatto che,
mentre la prima postula che l'agente mantenga un
comportamento meramente passivo, nel concorso è
richiesto un contributo quanto meno nell'occultamento,
custodia e controllo dello stupefacente che, per essere
finalizzati ad evitare che la stessa venga rinvenuta e
quindi a protrarre la illegittima detenzione,
costituiscono apporto concorsuale al reato in questione.
(Fattispecie in cui è stato ritenuto concorrente il
figlio, titolare dell'appartamento in cui la droga era
nascosta)”;
Cassazione penale, sez. IV, 12
ottobre 2000, n. 12777 Zurolo Cass. pen. 2002, 365
(s.m.) - conforme - Cassazione penale, sez. IV, 10
novembre 2005, n. 47361 P. Guida al diritto 2006, 25 98
– conforme - Cassazione penale, sez. VI, 30 settembre
1993 Borgia Cass. pen. 1995, 182 (s.m.) Giust. pen.
1994, II, 393 (s.m.) Mass. pen. cass. 1994, fasc. 3, 74
“in tema di detenzione di sostanze
stupefacenti a fine di spaccio, la distinzione tra
connivenza non punibile del coniuge e concorso nel
delitto va individuata nel fatto che, mentre la prima
postula che l'agente mantenga un comportamento meramente
passivo, nel secondo detto comportamento deve
manifestarsi in modo che si arrechi un contributo alla
realizzazione del delitto, come mantenere i contatti con
gli altri spacciatori o con gli acquirenti, ricevere
telefonate e riferirne al proprio coniuge, facilitare ed
agevolare la detenzione, contribuendo all'occultamento e
fornendo così maggior senso di sicurezza al coniuge etc.
La destinazione da parte del marito dei proventi
dell'illecita attività al mantenimento della famiglia
nulla aggiunge al comportamento passivo della moglie, la
quale pur nella consapevolezza dell'attività illecita
del marito, non apporta alcun contributo casuale alla
detenzione della droga, mantenendo un atteggiamento
passivo, che come tale non integra la figura del
concorso nel reato”.
Cassazione penale, sez. VI, 22
settembre 1995, n. 751 Pisciotta Giust. pen. 1997, II,
63 (s.m.) Cass. pen. 1996, 3786 (s.m.) |