Trib. Brindisi, sezione distaccata
Fasano, 10 febbraio 2010, g.u. Natali, ha riconosciuto
il diritto al risarcimento del danno non patrimoniale in
favore di una vittima di usura. Ecco alcuni brani di
motivazione.
<<Nel caso di specie, i danni di
cui può dirsi raggiunta la prova sono:
A) danno non patrimoniale, sub
specie, di danno biologico (…) Omissis
B) danno non patrimoniale
descrivibile, come danno di tipo esistenziale per
lesione dei principi costituzionali della libertà di
autodeterminazione e della libertà d’impresa.
Accanto al danno biologico, può
dirsi raggiunta la prova anche di un danno di natura non
patrimoniale distinto dal danno biologico. Se prima
dell’avvento delle Sezioni Unite dell’11 Novembre 2008
era pacifica l’affermazione giurisprudenziale secondo
cui: “il soggetto passivo dei reati di usura e di
estorsione subisce una alterazione peggiorativa della
qualità della vita, obiettivamente apprezzabile, e deve
essere definito in termini di danno esistenziale,
distinto sia dal c.d. pretium doloris, sia dal c.d.
danno biologico” (Tribunale Milano, del 18.2.02), la
permanente validità di tali conclusioni va, attualmente,
vagliata attraversi il “filtro” imposto dalla suddetta
pronuncia.
A tal riguardo sovviene, proprio
l’applicazione dei principi enucleati dalle Sezioni
Unite, attente nell’ancorare la risarcibilità del danno
non patrimoniale alla configurazione della lesione di un
interesse costituzionalmente rilevante.
Orbene, è indubbio che il
coinvolgimento in una vicenda di usura sia idoneo a
pregiudicare, da una parte, la capacità di
autodeterminazione dell’individuo con riguardo alla
propria sfera patrimoniale, dall’altra, la libertà
d’impresa, ponendo l’imprenditore nell’incapacità di
programmare liberamente le proprie scelte
d’investimento.
Ciò premesso, le libertà de quibus
costituiscono valori costituzionalmente garantiti (…)
Omissis
Quanto alla natura del danno
risarcibile, i beni de quibus – inerendo la sfera
personale e organizzatoria dell’imprenditore e del
semplice individuo – non hanno una valenza, almeno,
direttamente, patrimoniale, non costituiscono un cespite
integrativo del patrimonio dell’impresa.
Dunque, il danno, conseguente alla
compressione della libertà d’impresa e libertà di
autodeterminazione dell’individuo con riguardo alla
propria sfera patrimoniale, avrà natura necessariamente
non patrimoniale.
(…) nel caso di specie (…)
l’attrice ha subito un’apprezzabile compromissione della
propria libertà d’impresa, pervenendo, in ultimo, alla
chiusura della propria attività d’impresa nel 1994.
C) danno non patrimoniale, come
danno morale. Quale ulteriore voce del danno non
patrimoniale nel caso di specie, anche in conseguenza
della natura criminosa dell’usura, deve riconoscersi in
capo all’attrice anche il danno morale (o pretium
doloris), consistente nei patemi d'animo nelle
sofferenze e nei turbamenti patiti dall’attrice,
eziologiamente riconducibili alla vicenda usuraria. |