di Domenico Ciardulli**
Si è tenuto martedì 17 maggio 2011
a Roma presso l'Istituto Superiore di Sanità un
interessante convegno dal titolo "I rischi in ambito
scolastico: il bullismo e il mobbing. Modalità di azione
e aspetti di genere". L'iniziativa è stata organizzata
dallo stesso ISS in collaborazione con la Rete
Scolastica del XXXI distretto (una zona che raccoglie i
comuni della Flaminia fino a Fiano Romano).
In apertura del Convegno, moderato
dalla dr.ssa Mirella Taranto, capoufficio stampa
dell'istituto Superore di Sanità, ha preso la parola il
dirigente scolastico dell'Istituto comprensivo "Olga
Rovere" di Rignano Flaminio, prof.ssa Maria Teresa
Manara. Dal punto di vista del dirigente di Rignano
Flaminio, i tre rischi maggiori in ambito scolastico
sarebbero "Pedofilia", "Bullismo" e "Mobbing". Il
problema della pedofilia, inteso anche come false accuse
di pedofilia, sarebbe prevalente nella scuola
dell'Infanzia e nella scuola primaria. Il fenomeno del
Bullismo prevarrebbe invece nella scuola secondaria di
primo grado. Esso si può presentare anche nella scuola
primaria soprattutto nelle classi quarte e quinte.
Riguardo al Mobbing, "Vi posso
assicurare - ha aggiunto la prof.ssa Manara- di aver
visto casi tipici di mobbing che coinvolgono in
particolar modo il genere femminile. Inoltre, poche
volte gli episodi di razzismo vengono rilevati come tali
e spesso vengono intepretati diversamente (ad esempio
come atteggiamenti dovuti ad antipatia personale)".
A conclusione del suo intervento il
dirigente dell'istituto "Olga Rovere" ha lasciato aperti
due interrogativi:
(1) "Come valutare la misura di
questi rischi"
(2) "E' possibile la prevenzione?"
Maria Antonietta Ruggiero, docente
di Pedagogia presso l'Università degli studi di Roma
Tre, ha descritto il lavoro svolto da una Commissione di
Studio voluta nel 2007 dall'ex Ministro dell'Istruzione
on. Fioroni per conoscere l'estensione del bullismo
nelle scuole italiane, un fenomeno che allora sembrava
diffuso in maniera capillare. La docente di Roma Tre ha
detto: "La Commissione nazionale composta da 40 persone,
tra insegnanti, rappresentanti di associazioni di
genitori, ricercatori universitari, si è mossa su tre
direttive:
1) Conoscenza del bullismo;
2) Studio della normativa;
3) Monitoraggio dei sistemi di
lotta al bullismo adottati nelle scuole; Quest'ultima
attività di monitoraggio è stata da me proposta e
portata avanti con fatica e con tempi lunghi a causa
della scarsa collaborazione delle scuole.
Si è trattato di un lavoro che ha
coinvolto 10mila scuole sul territorio nazionale e sono
stati elaborati 20 rapporti regionali. Ci sono state
notevoli difficoltà nella partecipazione perchè molte
scuole tendevano a non restituire le griglie del
monitoraggio se non dopo molte sollecitazioni. Soltanto
nel 2009, dopo quasi due anni, ho potuto avere in mano
le risposte di un campione rappresentativo". Chi volesse
approfondire e conoscere i dettagli della ricerca può
farlo andando sul sito smontailbullo.
L'esigenza del monitoraggio nasce
dall'esigenza di rilevare l'aspetto problematico che
vive la scuola e quante energie disperde per mancanza di
qualcosa che non viene data alla scuola stessa. Sul
bullismo tutte le scuole si sono date alla prevenzione.
"Fare tutta questa prevenzione è come sparare ai
canarini con l'obice" ha detto la prof. Ruggieri.
Dai rapporti emerge che il fenomeno
del bullismo non è così esteso come volevano farci
credere i giornali. La parte sana è preponderante
rispetto alla parte malata. Ma è anche vero che la parte
malata potrebbe moltiplicarsi all'infinito se non
poniamo fine ai rischi. I sistemi di lotta al bullismo
si differenziano in assistenza, prevenzione e
promozione. La "promozione", definibile anche come
"proattività", ossia impiego efficace delle energie e
risorse positive esistenti all'interno delle scuole, ha
dimensioni troppo piccole pur essendo l'elemento più
importante nella lotta al bullismo. Esiste un disagio
tra i ragazzi. "Una variabile importante è la loro
debolezza rispetto ai valori e rispetto alla visione del
futuro".
Sul "Cyberbullismo" ha preso la
parola Maria Elena Saturno, docente di criminologia
presso l' IFOS di Roma, la quale ha descritto come le
nuove tecnologie vengano usate dagli adolescenti per
mettere in atto nel mondo virtuale le stesse prepotenze
fatte in ambito scolastico. Viene usato abilmente
internet, i telefoni cellulari e quant'altro. il
cyberbullismo agisce 24 ore su 24 senza interruzioni. Il
cyberbullo assume una cattiveria maggiore nella vita
virtuale rispetto alla vita reale. Il fatto di non
vedere la reazione della vittima fa sì che il bullo
possa continuare senza sensi di colpa. Mettendo i panni
di un avatar particolare, invia sms, mette in rete foto,
video e pone in essere "cyberminacce" in base ad un
processo di depersonalizzazione amplificando così le
sofferenze della vittima per un arco di tempo più
esteso. Nella vita reale, invece, il processo è di
deresponsabilizzazione.
Un esempio di cyberbullismo è il
cosiddetto "happy slapping" (schiaffo allegro),
comportamento deviante che nasce nei paesi anglosassoni
nel 2004 e consiste nel dare schiaffi e ceffoni
improvvisi a sconosciuti filmando la scena e mettendola
in rete. Non disponendo del materiale video prodotto
dalla relatrice, forniamo il seguente link da youtube,
scelto a caso ed esplicativo del fenomeno happy
slapping. Un secondo fenomeno violento di cyberbullismo
è la cosiddetta "cinghiamattanza", in uso tra gruppi di
giovani di estrema destra. Esso consiste nel prendersi a
cinghiate provocandosi vistose ferite. Per entrare
nell'ottica pseudoculturale prendiamo un altro esempio
esplicativo da youtube il video del gruppo zetazeroalfa.
L'IFOS, con la collaborazione del
comune di Cagliari, ha prodotto il primo manuale pratico
contro il cyberbullismo per difendersi e per insegnare
ai ragazzi l'utilizzo delle nuove tecnologie. Il volume
è scaricabile gratuitamente dal sito ifos-formazione.
A seguire è intervenuta per una
relazione la dr.ssa Sofia Listorto, psicologa
dell'associazione "Il caleidoscopio". Ha raccontato due
esperienze fatte in una scuola del Laurentino 38.
Lavorando in quella scuola, ha registrato il
"verificarsi di gravi episodi di violenza come quello in
cui un ragazzo ha tirato fuori una pistola puntandola
contro l'insegnante. Ma c'era un condensato di violenza
tutta intorno, nell'ambiente, nei corridoi, tra gli
insegnanti, tra i bidelli". La seconda esperienza ha
riguardato una scuola elementare. La psicologa ha
somministrato a bambini di 8 anni la Swot analisis,
ossia l'esame dei punti di forza e di debolezza. "I
bambini hanno individuato abbastanza bene quali siano le
opportunità date dall'ambiente e quali le loro
potenzialità ma alla domanda quali siano per loro le
minacce del mondo esterno la risposta è stata "la
guerra", quella che vedevano spesso in televisione, e "i
litigi dentro casa".
La dr.ssa Listorto ha messo in
evidenza anche l'effetto devastante di alcuni
videogiochi usati dai bambini. Un esempio è la lotta tra
"forzuti", il "wrestling" con una serie di mosse che
nella realtà sono violente ma con accorgimenti tecnici
sull'impatto effettivo (ecco un video da youtube).
Quando vengono imitate dai bambini nel conflitto tra
pari provocano situazione di grosso rischio. C'è da
chiedersi quali modelli educativi vengano fatti
circolare a livello personale e sociale. Un altro
esempio citato dalla relatrice è l'esperimento dello
psicologo canadese Albert Bandura sul bambino e la
bambola.
In un carteggio tra Freud ed
Einstein, lo scienziato chiese a Freud se è possibile
debellare la guerra. Il genio della psiche rispose che
esistono in realtà due pulsioni fondamentali
nell'individuo: la pulsione sessuale e la pulsione di
morte. Se esiste una pulsione bisogna imparare a
controllare, rispettare la parte libidica ma acquisire
capacità di controllo tramite un lavoro nelle famiglie.
In terapia emerge poi come il bambino bullo rappresenta
le lotte tra mamma e papà. Chi è più forte vince".
In conclusione è stato citato un
progetto condotto a livello regionale "Abili a vivere"
dall'associazione in cui è emerso su un campione di 836
genitori la grande difficoltà percepita dai genitori
nello svolgere adeguatamente il proprio ruolo
genitoriale. Per il 76% dei genitori la comunicazione
con i figli è l'argomento che provoca più disagio e
difficoltà.
Interessante anche l'ultimo
intervento della dr.ssa Antonella Gigantesco,
coordinatore scientifico del reparto Salute mentale
CNESP, ISS Roma, la quale ha parlato di un programma di
promozione della salute su oltre 3400 preadolescenti.
Dallo studio Prisma condotto qualche anno fa è emerso
che i preadolescenti hanno ansia e depressione nel 8,2 %
dei casi trattati. (Ad iniziativa di chi scrive si
fornisce come approfondimento un link dello studio
prisma reperito in rete ). Ricordando come i Ministri
della Salute dell'Unione Europea avevano auspicato che
entro l'anno 2010 si addivenisse in tutto il continente
ad un programma comune di promozione della salute
mentale tra gli adolescenti, la dr.ssa Gigantesco ha
citato un programma di "Promotion education" che ha
coinvolto 14 classi e 12 scuole. 20 incontri di 90
minuti o in alternativa 30 incontri di 60 minuti. Il
programma ha riguardato il primo biennio della scuola
superiore che è piaciuto ai ragazzi. Si tratta di
programmi basati su evidenze e non su percorsi ex novo.
* Istituto Superiore di Sanita'
** educatore professionale |