Ricordiamo, prima di addentrarci
nell’esame e nello studio dello “Stato Sociale”, quali
sono considerate le sue fonti legislative:
a) la Costituzione, che è in
assoluto la fonte legislativa primaria e, quindi, la
più importante e precisamente gli articoli 2, 3, 4,
29, 31, 32, 36, 37, 38; ricordiamo, inoltre, fra i
più importanti, l'articolo 32 e l'articolo 38, che
vengono ripresi e meglio trattati più avanti;
b) le leggi ordinarie, e fra le più
importanti citiamo
- la riforma sanitaria
de11978,
- la riforma del diritto di
famiglia de11975,
- la legge sul volontariato,
(della quale parliamo a fine
capitolo);
c) le deleghe legislative, che sono
atti con forza di legge, perché si tratta di decreti
governativi, delegati dal Parlamento (ricordiamo, ad
esempio, la modifica sanitaria de11992);
d) i decreti legge, che sono atti
del Governo, i quali dovranno poi essere convertiti in
legge dal Parlamento entro 60 giorni, per avere valore
legale;
e) le leggi quadro, che sono fonti
di carattere generale, destinate ad essere riempite di
ulteriori contenuti da parte delle Regioni, con leggi
locali di attuazione. A livello locale, quindi, le leggi
regionali sono la fonte normativa più importante.
Ricordiamo tutto il settore dei servizi sociali, che è
stato trasferito alle Regioni ne11977;
f) la legge “Bassanini” del 15/3/96
n. 59), che si occupa del riordino delle competenze
amministrative fra la Pubblica Amministrazione diretta e
gli enti territoriali, per evitare sovrapposizioni, con
attribuzione agli enti delle generalità delle funzioni.
Si afferma, pertanto, il
principio della territorialità dei servizi sociali, con
deleghe sempre più frequenti di funzioni esecutive, da
parte delle regioni ai comuni;
g) le leggi stralcio, che sono
articoli esaminati e votati prima del varo di una legge
e che saranno, poi, destinati ad essere ricompresi in
questa (sono, in sostanza, l'anticipazione dei punti più
importanti di una legge, e quindi, per intenderci, una
specie di primizia in anteprima).
Ricordiamo, ad esempio, la
chiusura degli ospedali psichiatrici, che ha anticipato
la nota riforma sanitaria n. 833 del 1978.
Dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” del
8/2/2001 n. 38
“un super dicastero per lo Stato
Sociale”
Quattro dipartimenti, con ampi
poteri amministrativi, e dodici direzioni generali
saranno chiamati a gestire lo Stato Sociale italiano. Su
queste strutture è imperniato il nuovo super ministero
che prenderà il posto degli attuali dicasteri della
sanità, del lavoro e della solidarietà sociale e che
avrà quattro missioni “strategiche”: gestire la
previdenza pubblica, supervisionando tutta la politica
di protezione sociale; orientare il timone della sanità
e della tutela della salute, controllando la rotta
tracciata per la sicurezza degli alimenti e dei luoghi
di lavoro; far funzionare la macchina degli
ammortizzatori sociali e degli incentivi al lavoro,
coordinando i piani per l’occupazione e quelli per
l’immigrazione; tenere sotto controllo il lavoro
pubblico e privato, che non sarà più suddiviso in due
distinti “emisferi”.
Nel maxi dicastero, che dovrà
essere affiancato da un’agenzia leggera ad hoc per la
formazione, confluiranno anche le funzioni relative alla
gestione del pubblico impiego (attualmente esercitate
dalla “funzione pubblica”) e parte di quelle, ora
assegnate al ministero per le “pari opportunità”. Nel
primo caso spetterà al nuovo ministero “gestire” anche
tutte le controversie sul lavoro, riguardanti gli
“statali”.
A fissare le nuove funzioni è uno
dei regolamenti organizzativi, varati …da “palazzo
Chigi” ed ora al vaglio del “consiglio di stato” per il
parere di merito. Il testo apre la strada ad un’azione
di travaso di compiti amministrativi, dalle attuali
strutture ministeriali al nuovo maxi dicastero di ampie
proporzioni. Il ministero…assorbirà anche alcune
funzioni amministrative, attualmente gestite dai
dicasteri dei trasporti, dell’industria e dell’interno:
compiti di vigilanza sui trattamenti previdenziali e
assistenziali del personale delle aziende
autoferrotranviarie, dei “marittimi” e dei “portuali” e
dei lavoratori addetti ai servizi di trasporto aereo;
servizi ispettivi per la sicurezza mineraria e vigilanza
su tutte le questioni attinenti alla salute sui luoghi
di lavoro; cooperazione internazionale e attività di
prevenzione relative alle emergenze sociali.
Quanto all'organizzazione interna
del super ministero, due dipartimenti eserciteranno in
compiti di natura “sanitaria” (ordinamento sanitario;
tutela della salute umana e sanità veterinaria), mentre
gli altri due assolveranno, rispettivamente, le funzioni
su lavoro e occupazione e quelle su previdenza e
politiche sociali.
Sul fronte della sanità, il
regolamento conferma la strutturazione già definita
dell’attuale dicastero, con un provvedimento pubblicato
sulla “Gazzetta Ufficiale”. Il regolamento organizzativo
non lo prevede esplicitamente ma, con tutta probabilità,
il super Ministro sarà affiancato da un Vice Ministro e
almeno due Sottosegretari.
L'articolo 38 della Costituzione
introduce il concetto di "Stato Sociale", che ora meglio
andremo ad esaminare.
I settori di intervento dello Stato
Sociale sono tre:
la previdenza
la sanità
l’assistenza
Uno degli obiettivi dello Stato è
quello di ricercare il benessere della collettività,
attraverso l'impiego di risorse pubbliche. Liberare,
quindi, il cittadino dal bisogno e sviluppare, quindi, i
princìpi di solidarietà e di uguaglianza.
I servizi socio assistenziali sono
quindi un momento di solidarietà nei confronti di
specifiche situazioni di bisogno (anziani - minori -
handicap - immigrati). Non si soccorrono, quindi, più i
cittadini per bontà (sarebbero passivi e dipendenti), ma
perché è un loro diritto e possono, quindi, pretendere e
non chiedere. La socialità non è più, quindi, per
categoria o per classi, ma rivolta al soggetto in quanto
tale (nasce il principio della centralità
dell'individuo).
Quindi lo Stato si preoccupa di:
tutela della dignità e della
libertà dell'individuo,
diritto all'informazione ed a
servizi adeguati,
delega agli enti locali di
funzioni statali, per maggior conoscenza delle esigenze
locali e per un più rapido intervento, e quindi ai
Comuni, per l'assistenza; alle ASL (ex USL, come si dirà
tra breve), tramite i distretti sanitari di base, presso
i quali opera, oltretutto, un coordinatore dei servizi
sociali; agli IPAB (istituzioni pubbliche di assistenza
e beneficenza).
A differenza di ciò che accade per
la previdenza e per la sanità, manca una organizzazione
amministrativa centralizzata (cioè un ministero)) per
quanto riguarda l'assistenza sociale.
E' stato ora creato un dipartimento
per gli affari sociali presso la Presidenza del
Consiglio dei Ministri, per ciò che riguarda il
coordinamento e la ricerca, nel campo della assistenza
sociale.
Poiché abbiamo visto più sopra che
lo Stato Sociale interviene in tre settori e
precisamente nella previdenza, nella sanità ' e nella
assistenza. vediamo ora di occuparci più
dettagliatamente di ognuno di questi tre settori:
PREVIDENZA
Ha lo scopo di liberare il
cittadino dai bisogni del minimo vitale ed ha la sua
origine nell'articolo 38 della Costituzione. Il concetto
di "previdenza" ha origine in Inghilterra, verso la
prima metà dell'800, con le società di mutuo soccorso
(le "trade unions") per far fronte ai casi di infortuni
ed invalidità. In Italia nasce nel 1933 con l'INPS
(istituto nazionale della previdenza sociale) e l'INAIL
(istituto nazionale assicurazione infortuni lavoro) e
più tardi con l'INPDAP (previdenza per i dipendenti
pubblici). La previdenza, quindi, è un insieme di
assicurazioni obbligatorie rivolte a chi lavora ed alle
loro famiglie, per le ipotesi di infortunio, malattia,
invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria
(istituzione della cassa integrazione guadagni).
Caratteristiche:
(che distinguono le assicurazioni
sociali pubbliche da quelle private)
a) la Previdenza è
- pubblica (poiché le
assicurazioni sociali sono gestite da enti pubblici,
sottoposti al controllo dello Stato),
- obbligatoria (poiché è voluta
e regolata interamente dalla legge e
l'iniziativa dei privati non può intervenire),
- automatica (le prestazioni,
cioè, a favore dei lavoratori sono garantite anche
se gli imprenditori non abbiano versato i contributi
dovuti);
b) tutti i lavoratori ne
beneficiano (è stata estesa ora anche ai lavoratori
autonomi), e ne beneficiano pure i lavoratori stranieri;
c) lo Stato cerca di venire
incontro ai datori di lavoro, facendo loro sentire il
meno possibile il costo di previdenza dei dipendenti
(fenomeno che viene chiamato con il nome di
"fiscalizzazione degli oneri sociali");
d) per quanto riguarda la
"previdenza di vecchiaia", la legge 335/1995 (chiamata
"legge Dini") ha riformato il calcolo della pensione:
dall'attuale sistema retributivo (imperniato sulla media
delle retribuzioni degli ultimi 10 anni lavorativi), si
passerà, dopo un periodo transitorio, al sistema
contributivo (basato sull'ammontare dei contributi
versati, annualmente indicizzato).
INPS
(istituto nazionale della
previdenza sociale)
Trattasi di ente pubblico
sottoposto alla vigilanza del Mini2stero del lavoro e
del Ministero del tesoro (legge 88/1989). I contributi
devono essere versati all'INPS e sono dovuti dai datori
di lavoro per i propri dipendenti e dai lavoratori
medesimi, quando si tratta di lavoratori autonomi.
All'assicurazione provvedono apposite "gestioni"
distinte per la varie categorie di assicurati. Per
quanto riguarda le prestazioni, che vengono fornite
dall'assicurazione in esame, ricordiamo, qui di seguito:
malattie
sono a carico dell'INPS le
prestazioni economiche dovute ai lavoratori in caso di
malattia (indennità di malattia, indennità per
maternità, ecc.). Tali prestazioni sono anticipate dal
datore di lavoro per conto dell'INPS, e sono poste poi a
conguaglio con le somme che l'imprenditore deve versare
all'istituto;
pensione di vecchiaia
viene corrisposta a tutti i
lavoratori in età pensionabile (attualmente 65 per
l'uomo e 60 per la donna, con esclusione per alcune
categorie, che conservano i vecchi limiti), che siano
assicurati da almeno 20 anni (erano 15 prima della
riforma) e per i quali sia stato versato un minimo di
contributi stabilito dalla legge, attualmente sono
1.040, mentre prima della riforma erano 780 (i
contributi venivano chiamati un tempo, dai nostri
anziani, con espressione infelice, "marchette");
pensione di anzianità
destinata a scomparire per
allinearci alla comunità europea, visto che, oltretutto,
questo tipo di pensione è sconosciuto nella quasi
totalità degli ordinamenti stranieri. Spetta
all'assicurato che abbia cessato di lavorare e che abbia
compiuto 57 anni (vi sono alcune eccezioni per casi
straordinari e particolari: ad esempio per esuberi di
personale) e possa far valere una anzianità contributiva
di almeno 35 anni (quindi almeno 1.820 contributi
settimanali), oppure, indipendentemente dall’età, almeno
40 anni di contributi;
Nota
A partire dal 2008 i lavoratori
potranno andare in pensione dopo 40 anni di versamenti,
oppure con il trattamento di vecchiaia Fino al 2015
continuerà ad operare, in via sperimentale, il
pensionamento di anzianità secondo il requisito misto
(57 anni di età e 35 di contribuzione), ma sarà
applicata una sorta di penalizzazione economica (il
calcolo con il metodo contributivo) i cui effetti,
tuttavia, sono tuttora abbastanza indefiniti, dal
momento che dipendono dal verificarsi di eventi decisivi
per al conferma delle previsioni sull’andamento della
spesa pensionistica (ad esempio la revisione dei
coefficienti di trasformazione, a partire dal 2005, in
relazione ai dati demografici).
pensione di inabilità
la legge considera "inabili", al
fine del conseguimento del diritto alla pensione, i
lavoratori che si trovano, a causa di infermità fisica o
mentale, nell'assoluta e permanente impossibilità di
svolgere qualsiasi attività lavorativa;
assegno di invalidità
il lavoratore è considerato
invalido se la sua capacità di lavoro è ridotta in modo
permanente a meno di un terzo. L'assegno viene
riconosciuto per un periodo di tre anni ed è
confermabile per periodi della stessa durata;
pensione ai superstiti
detta anche "pensione di
reversibilità", che viene corrisposta ai familiari
superstiti in caso di morte del titolare di un
trattamento pensionistico o di un assegno di invalidità.
Tale pensione spetta, in particolare, al coniuge ed ai
figli minori della persona deceduta.Si chiama, invece
"pensione indiretta" se chi muore è ancora in attività e
sta regolarmente pagando i contributi e non ha quindi
ancora la pensione;
disoccupazione
corresponsione di una indennità
giornaliera ai lavoratori disoccupati, per aver perduto
il posto di lavoro. Un trattamento speciale di
disoccupazione è previsto per i lavoratori che siano
stati licenziati dalle imprese industriali in seguito a
cessione di attività aziendali o per riduzione di
personale;
assegno per il nucleo familiare
è una forma di integrazione del
reddito complessivamente percepito dal nucleo familiare;
integrazione che varia sia in relazione all'ammontare
del reddito stesso e sia in relazione al numero dei
componenti del nucleo familiare. Tale assegno ha
sostituito dal 1988 i cosiddetti "assegni familiari”,
che erano precedentemente dovuti ai lavoratori con
familiari a carico. Viene anticipato a cura del datore
di lavoro, con la normale retribuzione, ma l'obbligo
giuridico spetta all'INPS, che vi provvede mediante
un'apposita cassa unica per gli assegni familiari. Il
finanziamento di tale cassa avviene attraverso i
contributi dei datori di lavoro ed un concorso
finanziario dello Stato;
pensione sociale
viene corrisposta,
indipendentemente da un precedente rapporto
assicurativo, a tutti i cittadini italiani residenti nel
territorio nazionale, che abbiano compiuto il 65° anno
di età e si trovino nelle seguenti condizioni: non siano
titolari di redditi propri per un ammontare superiore ad
un limite stabilito dalla legge; non abbiano titolo a
prestazioni economiche continuative erogate dallo Stato,
da enti pubblici o da altri stati.
Storia del sistema previdenziale
italiano
Anno
1919
Viene istituita l’assicurazione
generale obbligatoria. L’età legale per la pensione di
vecchiaia viene fissata a 65 anni per uomini e donne.
1935
Nel regio decreto legge nr. 1827,
l’età legale resta confermata a 65 anni, con possibilità
di anticipo a 60, ma con penalizzazioni economiche
variabili, in funzione dell’ampiezza dell’anticipazione,
dal 37 al 10 % dell’importo della pensione.
1939
Nel regio decreto nr. 636, l’età
pensionabile è ridotta a 60 anni per gli uomini ed a 55
per le donne.
1952
Nella legge nr. 218, che riordina
l’intero sistema dopo gli sconvolgimenti del conflitto
mondiale, rimangono confermati i previdenti limiti di
età.
1962
Incaricato di svolgere un’indagine
sui problemi della previdenza, il CNEL si esprime a
favore di un’innalzamento dell’età pensionabile, in
quanto rappresenta una delle condizioni fondamentali per
rendere possibile l’estensione della pensione a tutti.
1965
Con legge nr. 903 è introdotto
nell’ordinamento dell’associazione generale obbligatoria
il pensionamento anticipato di anzianità con 35 anni di
anzianità contributiva. E’ abolito anche ogni divieto di
cumulo, tanto che i pensionati di anzianità avrebbero
potuto accedere alla prestazione senza neppure
interrompere il rapporto di lavoro.
1968
Si comprende subito che
l’introduzione della pensione di anzianità è stato un
errore (in meno di un triennio si sono spesi 170
miliardi di lire dell’epoca): Il Governo prova a
scambiare l’abolizione del pensionamento anticipato con
la concessione dell’aggancio della pensione alla
retribuzione, fortemente richiesta dai sindacati. In un
primo momento le confederazioni accettano, poi la CGIL
ritira l’adesione e proclama lo sciopero. Nel decreto
legislativo nr. 488 (in attuazione della legge delega
nr. 238) viene disposta la formula retributiva (65 %
della retribuzione dell’ultimo triennio) ed è abolita la
pensione di anzianità (salvo un trattamento transitorio
fino al 1970, nel caso di disoccupazione involontaria,
con liquidazione secondo la precedente formula
contributiva) ed è fissato un rigoroso divieto di
cumulo.
1969
Nella legge nr. 153 si rafforza il
calcolo retributivo (il 74 % dei migliori tre anni negli
ultimi cinque, poi dal 1976 l’80 %), effettività del
sistema di perequazione automatica, attenuazione del
divieto di cumulo, introduzione della pensione sociale,
ripristino della pensione di anzianità dopo 35 anni di
versamento, inclusa la contribuzione figurativa.
1973
Con il Decreto del Presidente della
Repubblica nr. 1092 vengono consentite le baby pensioni
nel pubblico impiego (le donne coniugate con prole
potevano ottenere il trattamento dopo 14 anni, sei mesi
ed un giorno), dove già esistevano prestazioni più
vantaggiose (pensionamento anticipato dopo 20 anni per
gli statali, dopo 25 anni per i dipendenti degli enti
pubblici).
1990
La legge nr. 233 riordina i
trattamenti dei lavoratori autonomi, le cui gestioni
erano sorte in tempi diversi. L’età di vecchiaia è a 65
anni per gli uomini ed a 60 per le donne; per
l’anzianità valgono le medesime regole del lavoro
dipendente.
1991
La Corte Costituzionale, con
sentenza nr. 194, riconosce la legittimità della
pensione di anzianità.
1992 – 1994
Il Governo “Amato” eleva, a regime,
a 65 anni per gli uomini ed a 60 anni per le donne la
pensione di vecchiaia; per quella di anzianità
istituisce un blocco a tutto il 1993. Il Governo
“Ciampi” introduce una penalizzazione economica nel
pubblico impiego. Il Governo “Berlusconi” accelera il
meccanismo di andata a regime del pensionamento di
vecchiaia (che termina nel 2000) e stabilisce un altro
blocco per quello di anzianità.
1995
Nella legge nr. 335 (riforma
“Dini”) viene rivista la disciplina del pensionamento di
anzianità. A regime (nel 2008) si andrà in pensione a 57
anni di età e con 35 anni di contributi oppure a
qualunque età con 40 anni di versamenti. Nel pubblico
impiego resta un meccanismo di penalizzazione economica,
con qualche correttivo per i requisiti.
1997
La legge nr. 449 (riforma “Prodi”)
rende un po’ più veloce la transizione del pensionamento
di anzianità, salvo le deroghe per operai, equivalenti e
precoci. Il pubblico impiego viene sostanzialmente
parificato al lavoro privato. Per i lavoratori autonomi
il diritto si consegue con requisiti più severi.
2004
La legge delega approvata a fine
luglio prevede un periodo di transizione fino a tutto il
2007, durante il quale, fermi restando i requisiti
previdenti, viene introdotto un sistema di
incentivazione in base al quale il lavoratore dipendente
privato che, una volta maturati i requisiti per la
pensione di anzianità ed ottenuta la relativa
certificazione a garanzia del diritto, decide di
posticipare la quiescenza, riceve in busta paga un bonus
esentasse corrispondente al 32,7 % della retribuzione.
Dal primo gennaio 2008 sarà consentito di andare in
pensione a 60 anni di età e con 35 anni di versamenti
(che saliranno ulteriormente negli anni successivi)
oppure con l’età di vecchiaia o con 40 anni di
contribuzione. Fino al 2015 è ammesso sperimentalmente
il pensionamento delle donne a 57 anni di età, purchè
sottopongano la loro pensione al calcolo contributivo.
Il pensionamento anticipato
nell’Unione Europea
Belgio
si può andare in pensione
anticipata a 60 anni, facendo valere 32 anni di
contribuzione, che diverranno 35 dal 2005.
L’importo della pensione è ridotto
del 5 % per ogni anno di anticipo rispetto all’età di
vecchiaia (65 anni per gli uomini e 62 per le donne, che
diverranno 65 nel 2009).
Svezia
l’età del pensionamento è alquanto
flessibile, a partire da 61 anni, con correzione
attuariale.
Danimarca
non sono previste forme di
pensionamento anticipato, prima dell’età di vecchiaia (a
65 anni) per quanto riguarda la pensione pubblica. La
pensione supplementare (a 67 anni) può essere percepita
a partire da 65 anni con una riduzione attuariale.
Germania
fino al 2011 sarà possibile andare
in quiescenza anticipata due anni prima dell’età di
vecchiaia (a 65 anni) con 35 anni di contributi; ma con
una riduzione dello 0,3 % per ogni mese di anticipo e
fino ad un massimo del 7,2 %. Dal 2012 l’età è abbassata
fino a 62 anni con una riduzione dello 0,3 % al mese
fino ad un massimo del 10,8 %.
Grecia
i lavoratori con 11.000 giorni di
contribuzione (pari a 37 anni) possono ritirarsi prima
dei 65 anni a certe condizioni, che variano da 58 a 62
anni per gli uomini e dai 65 ai 60 per le donne, a
seconda della data di iscrizione e dei versamenti
effettuati.
Spagna
Per quanto riguarda i lavoratori
assicurati dopo il primo gennaio 1967, questi possono
andare anticipatamente in pensione a partire da 60 anni,
con la riduzione dell’8 % per ogni anno sotto i 65.
Niente riduzione per i lavoratori di 64 anni che abbiano
i requisiti e che siano rimpiazzati da un altro
lavoratore.
Francia
la riforma del 2003 consente il
pensionamento anticipato solo ai lavoratori cosiddetti
precoci (che abbiano iniziato a lavorare fra i 14 ed i
17 anni): potranno andare in pensione fra i 56 ed i 59
anni, ma solo se in grado di far valere requisiti più
lunghi quanto alla durata della prestazione.
Irlanda
non sono previste anticipazioni per
la pensione pubblica (a 65 anni per la pensione di base
ed a 65 per quella contributiva), anticipazioni che
possono invece essere contenute negli schemi privati.
Lussemburgo
a 60 anni dopo 480 mesi di
versamenti o di periodi assimilati; a 57 anni con 480
mesi di contribuzione effettiva.
Austria
a partire dal luglio 2004, il
pensionamento può essere anticipato dopo 450 mesi di
versamenti effettivi e figurativi o dopo 420 mesi
effettivi, a 61 anni e mezzo per gli uomini ed a 56 anni
e mezzo per le donne.
Per ogni anno prima dell’età di
vecchiaia (65 anni per gli uomini e 60 per le donne, che
saliranno a 65 dal 2033) è fissato un taglio del 4,2 %,
fino ad un massimo del 15 %.
Paesi Bassi
(Olanda)
nessun anticipo è previsto per la
pensione pubblica (a 65 anni). Taluni schemi privati
contemplano invece anticipazioni.
Regno Unito
(Inghilterra)
non opera alcuna anticipazione per
la pensione pubblica (65 anni gli uomini e 60 le donne;
65 dal 2020). Sono fatti salvi i diversi schemi privati.
Portogallo
a 55 anni dopo 30 anni di
contribuzione, con penalizzazione del 4,5 % per ciascun
anno precedente l’età di vecchiaia (flessibile intorno
ai 65 anni). Dopo 30 anni di contribuzione, il numero
degli anni considerato è ridotto ad uno per ogni gruppo
di tre lavorati.
Finlandia
a 60 anni. Per ogni mese in meno
rispetto all’età di vecchiaia (a 65 anni) opera una
riduzione dello 0,4 %.
Dal 2005, le persone di 62/63 anni
avranno ridotta la pensione dello 0,6 % per ogni mese di
anticipo.
INAIL
(Istituto nazionale assicurazioni
infortuni sul lavoro)
Trattasi di ente pubblico
sottoposto alla vigilanza del Ministero del lavoro.
L'assicurazione comprende tutti i casi di:
malattie professionali
sono considerate malattie
professionali quelle che vengono contratte
nell'esercizio ed a causa di determinate lavorazioni,
secondo le norme stabilite dalla legge (pensiamo ai
lavoratori delle fonderie, che contraggono malattie
polmonari per causa di vapori e polveri inspirate sul
luogo);
infortunio in occasione di lavoro
da cui sia derivata la morte del
lavoratore o la sua invalidità permanente, oppure
un'invalidità temporanea assoluta, che comporti I'
astensione dal lavoro per più di tre giorni.
L'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro è
obbligatoria per tutti coloro che sono addetti ad una
serie di attività indicate dalla legge (esempio:
costruzione di opere edili e di ferrovie, manutenzione
ed uso di particolari macchine od impianti, trattamento
ed impiego di prodotti esplosivi o tossici, costruzione
di navi, allestimento ed esecuzione di pubblici
spettacoli, lavori di fonderie, vetrerie, miniere,
ecc.). I contributi sono a carico dei datori di lavoro e
devono essere versati all'INAIL.
Quando si verifica un infortunio
sul lavoro, il lavoratore è tenuto a darne immediata
notizia al proprio datore di lavoro, il quale, a sua
volta, è obbligato a denunciare l'infortunio all'INAIL
entro il termine di due giorni. Se si tratta di
infortunio mortale, la denuncia all'INAIL deve essere
fatta per telegramma o fax entro 24 ore dall'infortunio.
Inoltre, sempre nell'ipotesi di infortunio mortale, la
legge prevede che venga informata anche l'autorità di
pubblica sicurezza; quest'ultima deve trasmettere un
esemplare della denuncia al giudice, che è tenuto a
svolgere una inchiesta nel più breve tempo possibile.
Le prestazioni, infine, che vengono
fornite dall'INAIL, sono le seguenti:
in caso di morte della persona
assicurata, viene corrisposta una rendita ai superstiti
(e precisamente al coniuge ed ai figli minori),
in caso di invalidità
temporanea, viene corrisposta all'infortunato una
indennità giornaliera per tutta la durata
dell'invalidità stessa,
in caso di invalidità
permanente, viene corrisposta all'infortunato una
rendita rapportata al grado di invalidità (se
l'attitudine al lavoro dell'infortunato è ridotta in
misura non superiore al 10 %, non si ha diritto ad
alcuna rendita). La misura della rendita di invalidità
può essere riveduta, su domanda del titolare della
rendita o per disposizione dell'INAIL, in caso di
diminuzione o di aumento dell'attitudine al lavoro e, in
genere, in seguito a modificazioni nelle condizioni
fisiche del titolare della rendita.
Dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” del
5/2/2001 n. 5
fitta serie di provvidenze ai
nuclei numerosi e disagiati.
Famiglia, ricetta dell’Alto Adige
La Provincia Autonoma di Bolzano
riserva attenzione particolare alle provvidenze a favore
della famiglia, favorita, in questa politica, dal
rapporto tra il numero degli abitanti (450.000) e la
disponibilità finanziaria, che oscilla tra i 7.000 ed i
7.500 miliardi all’anno.
La politica si articola in una
fitta serie di provvedimenti, che riguardano
principalmente assegni di natalità, di cura, assegni al
nucleo familiare, indennità di degenza ospedaliera e per
infortunio domestico.
Il provvedimento più importante di
questa politica è costituito dal “reddito minimo di
inserimento”, provvedimento che ha assorbito il cosi
detto “minimo vitale”, istituito nel 1973.
Un provvedimento complesso, che
prevede appunto una politica di sostegno e
riqualificazione per i soggetti ancora inseribili nel
mondo del lavoro ed il mero sostegno a persone che,
soprattutto per ragioni di età, non possono più aspirare
ad un inserimento.
L’assegno è di 632.000 lire al
mese, per le persone che vivono in compagnia e che non
sono titolari di altro reddito, e di 758.000 lire, per
coloro che vivono da soli.
Si articola poi in una “scala di
equivalenza”, a seconda delle diverse situazioni. Per
questa voce, nel 1999 (ultimo anno di rilevazione
definitiva), la Provincia Autonoma ha erogato 31.483
miliardi a favore di 4.659 soggetti, di cui 2.778 nel
quadro del solo “minimo vitale” (11.190 miliardi).
Con l’integrazione affitto, la
Provincia Autonoma nel 2000 ha sostenuto 5.176 famiglie,
trasferendo all’IPES (istituto previdenziale per
l’edilizia sociale), che ha materialmente effettuato le
erogazioni, 19.350 miliardi, che saliranno a 28 miliardi
nel 2001.
Il provvedimento, a norma dell’art.
91 della legge provinciale 19/98, viene riconosciuto a
soggetti a basso reddito, in possesso di regolare
contratto di affitto.
L’assegno di natalità, a norma
dell’art. 10 della legge regionale 24/5/1992 e
successive modifiche, ammonta a 4.370 milioni “una
tantum”, anche in caso di parto o di adozioni plurime;
viene riconosciuto a donne con residenza di almeno tre
anni in regione e che non siano titolari di
assicurazioni sociali.
Nel 1999, in Alto Adige sono stati
erogati 1.302 assegni, per un importo globale di 5.506
miliardi. In questo particolare ambito, vanno segnalati
10 asilo nido comunali, per i quali nel 2000 sono stati
stanziati 580 milioni per spese di investimento e 3.840
miliardi per spese di gestione.
Inoltre, è attivato un servizio di
assistenza domiciliare all’infanzia (“Tagesmuetter” in
tedesco), che ha comportato una spesa di 50 milioni per
investimenti e 548 milioni per la gestione.
Ulteriori interventi in materia di
sostegno alla famiglia hanno comportato, nel 1999,
stanziamenti per 8.741 miliardi per assegni di cura,
1.540 miliardi per pensione regionale di vecchiaia,
circa 680 milioni per la promozione dell’associazionismo
familiare ed erogazioni diverse per un cosiddetto
“pacchetto di previdenza integrativa”.
Il programma di “politiche per la
famiglia”, predisposto dalla ripartizione servizio
sociale, ufficio famiglia, donna e gioventù della
Provincia Autonoma di Bolzano, prevede un ampliamento
dell’impegno provinciale.
In particolare, al riguardo si
legge: “non dovrà esserci il timore di investire denaro
pubblico nei bisogni delle famiglie “normali”, in quanto
si rende assolutamente necessario superare
l’impostazione, che vede la fruizione di servizi e
prestazioni in via esclusiva da parte di coloro che sono
al di sotto di una soglia di povertà.
E ancora, andranno sperimentate
nuove forme di assistenza ai bambini, quali le “case di
infanzia” che, offrendo in un luogo protetto una
possibilità di accoglienza di più bambini,
rappresenteranno l’anello di congiunzione tra il
servizio domiciliare delle “Tagesmuetter” e quello semi
residenziale degli asilo nido.
Tali servizi non andranno a
costituire un doppione rispetto agli asili nido, in
quanto manterranno una dimensione più ridotta (di tipo
familiare) e decentralizzati, a livello di quartiere o
addirittura di condominio….si rende necessario un
sistema di accreditamento, e si propone inoltre di
sperimentare il sistema dei “voucher” nell’ambito dei
servizi alla prima infanzia. Andranno ulteriormente
sviluppati ed inquadrati più organicamente i centri
genitori / bimbi…, che non dovranno configurarsi come
servizi professionali, ma dovranno mantenere la natura
di semi volontariato.
Nota
tutti i punti della delega sulla
previdenza
ai sensi della “finanziaria” del
2001
liberalizzazione
dell’età pensionabile
il lavoratore, che supera l’età di
vecchiaia (uomini 65 anni e donne 60), potrà restare al
lavoro se vuole e se il datore di lavoro è d’accordo.
Per il lavoratore che resta varranno gli incentivi
contributivi previsti in generale per chi rinuncia a
ritirarsi, anche se ha maturato il diritto alla
pensione: esenzione dai contributi se si rimane almeno
due anni;
incentivi a rimanere
il lavoratore che matura i
requisiti per la pensione di anzianità, può avere un
certificato dall’ente di previdenza a cui è iscritto,
che attesti il diritto alla pensione. Se deciderà di
restare al lavoro, potrà ritirarsi dall’attività in
qualsiasi momento.
Per chi, dopo aver ottenuto i
requisiti per l’anzianità, si impegna a restare al
lavoro almeno due anni con un contratto a tempo
rinnovabile, è prevista l’esenzione totale dal pagamento
dei contributi, che saranno destinati in misura non
inferiore al 50% al lavoratore (che quindi avrà una
busta paga più pesante) e per il resto alla riduzione
del costo del lavoro;
decontribuzione
Per incentivare occupazione con
carattere di stabilità ed incrementare le risorse da
destinare ai fondi integrativi, il governo punta ad una
riduzione non inferiore a 3 e non superiore a 5 punti
degli oneri contributivi dovuti dal datore di lavoro
alla previdenza pubblica per i neo assunti. La misura
sarà a carico dell’INPS e quindi non avrà effetti
negativi sulla pensione futura;
si al cumulo
si amplierà progressivamente la
possibilità di cumulare totalmente la pensione di
anzianità ed i redditi di lavoro dipendente od autonomo,
in funzione dell’anzianità contributiva e dell’età.
L’abolizione non si estenderà ai dipendenti pubblici,
che comunque non potranno lavorare oltre i 67 anni (70
per i dirigenti).
Per il pubblico impiego, il governo
punta ad un’estensione graduale della riforma prevista
per il settore privato;
parasubordinati
per i collaboratori aumenta
l’aliquota contributiva dal 13% al 16,9% e dovrebbero
anche migliorare alcune prestazioni come quelle per la
maternità e per la disoccupazione. Sono esclusi
dall’aumento gli amministratori, sindaci e revisori di
società e coloro che sono iscritti ad altre forme di
previdenza obbligatoria o già percepiscono trattamenti
pensionistici;
fondi pensione
la previdenza integrativa sarà
rilanciata, facendo leva sulla destinazione di tutto il
TFR maturando ai fondi pensione. Il governo si impegna a
garantire che il conferimento del TFR sia senza oneri
per le imprese e sono in tal senso previste
compensazioni in termini di accesso al credito,
riduzioni del costo del lavoro ed eliminazione del
contributo relativo al finanziamento del fondo di
garanzia del TFR. Si punta, inoltre, alla concorrenza
tra fondi contrattuali e fondi aperti.
SANITA’
La legge di riforma sanitaria è la
833/1978 e stabilisce che le prestazioni sanitarie sono
garantite a tutti i cittadini (ognuno può scegliere il
medico di fiducia ed il luogo di cura che più gli
aggrada).
Con l'introduzione del S.S.N.
(servizio sanitario nazionale) vengono aboliti i
numerosi enti assistenziali, fino a quel momento
esistenti e si unifica quindi l'assistenza in campo
sanitario. Il cittadino diventa, quindi, titolare del
diritto al servizio e non più semplice destinatario. Si
garantisce l'uguaglianza e la gratuità del servizio agli
indigenti, senza distinzione fra contribuenti che pagano
di più e contribuenti che pagano di meno.
Il trattamento sanitario
obbligatorio (TSO) viene applicato solo per legge, con
il massimo rispetto per la dignità della persona e
vengono, quindi, di riflesso, vietati esperimenti sulle
persone.
Sono pure vietate le terapie non
accettate. Particolare risalto ed importanza viene dato
al concetto di "danno ambientale".
A proposito del “TSO” è
interessante ricordare una sentenza, emessa nel 2001,
dalla corte di cassazione sull’intervento anche senza il
consenso del paziente. Viene detto, infatti, che il
chirurgo, che abbia ricevuto dal paziente il consenso
solo per un piccolo intervento, se nel corso
dell’operazione scopre un’altra patologia può asportare
gli organi affetti, anche se non c’è alcuna urgenza e
senza consultare il diretto interessato.
In sostanza, il servizio sanitario
nazionale (SSN), attraverso le sue strutture, si
prefigge di realizzare i seguenti obiettivi:
l'educazione sanitaria,
la prevenzione delle malattie,
la diagnosi, cura ed assistenza
medica,
assistenza ospedaliera,
la riabilitazione,
l'igiene e la salute nel
lavoro,
medicina scolastica,
assistenza farmaceutica,
vigilanza sulle farmacie,
vigilanza veterinaria,
la maternità e l'infanzia,
cura ed attenzione per gli
anziani,
la salute mentale.
La struttura di base per il
servizio sanitario è l'USL (detta ora ASL, perché dotata
di personalità giuridica e propria autonomia
organizzativa e contabile).
Il finanziamento è alimentato da
contributi dei lavoratori e da stanziamenti di fondi da
parte dello Stato.
I contributi vengono versati
all'INPS, che provvede al pagamento delle indennità di
legge. Fa parte, inoltre, dei compiti delle USL il
provvedere all'aggiornamento del personale addetto ed a
mantenere in piena efficienza e funzionalità tutte le
strutture medico sanitarie pubbliche.
Tratteremo, quindi, tre aspetti del
S.S.N. e precisamente:
Organizzazione
il SSN è un settore della
Pubblica Amministrazione e vi è, quindi, una
amministrazione centrale ed una amministrazione locale.
Amministrazione Centrale
Ministero della Sanità, che si
occupa di programmazione, attraverso il piano
sanitario nazionale, che viene fatto ogni tre anni,
per raggiungere determinati obiettivi e con
fissazione delle relative spese (quindi si parla di
funzione di proposta ed analisi). Altro compito è
quello di individuare le professioni sanitarie;
mantenere inoltre contatti e rapporti in materia
sanitaria con altri stati; si occupa anche di
politiche comunitarie ed ha il delicato compito di
vigilare sui farmaci;
Istituto Superiore di Sanità,
che è un organo tecnico e scientifico e si occupa dei
laboratori per la ricerca, la cura e la formazione del
personale e si occupa di sperimentazioni cliniche;
Istituto Superiore per la
prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), che
è un organo tecnico e scientifico, per garantire la
salute nei posti di lavoro;
Commissione Unica del Farmaco,
che predispone il formulario terapeutico;
Ministero dell'Ambiente, del
quale si parla in altro capitolo.
Amministrazione locale
- la Regione organizza le ASL (ex
USL - dal 1992) e predispone il piano sanitario
regionale ogni tre anni;
- la Provincia si occupa
dell'igiene ambientale;
- il Comune, che si occupa di
assistenza sanitaria ed ospedaliera, avvalendosi,
appunto, delle ASL.
Le USL erano, in origine, solo
strutture operative del comune e quindi organismi degli
stessi. Quando l'USL è diventata ASL, non è più stata
considerata espressione del comune, ma ente pubblico con
propria personalità giuridica e con competenza
territoriale quasi corrispondente a quella di una
provincia. L'ASL ha, quindi, una sua autonomia
organizzativa, patrimoniale, contabile e finanziaria.
Ogni ASL è cosi organizzata:
- Distretto Sanitario di Base (che
è un organo tecnico, che coordina i vari tipi di
prestazione), controllato da un organismo che si chiama
VRQ (formato da professionisti che si occupano di
verifica e revisione della qualità dell'assistenza
sanitaria e delle cure mediche),
- Presìdi Sanitari (accento sulla
“i” di presì..), che sono strutture che erogano servizi,
non costituiti in aziende autonome (come gli ospedali),
Ogni ASL ha, inoltre, un direttore
generale (con compiti di rappresentanza e gestione), un
collegio di revisori (con compiti di controllo) ed un
coordinatore dei servizi sociali.
2. Prestazioni
Prevenzione
(controllo su ciò che è nocivo per
la salute)
scarichi inquinanti,
risanamento ambientale (luoghi
di lavoro),
prevenzione delle epidemie,
igiene pubblica (alimenti e
rifiuti);
cura
medico di famiglia,
analisi di laboratorio,
visite specialistiche,
assistenza farmaceutica
(ticket),
trattamento delle malattie
mentali,
consultori familiari
(interventi curativi, assistenza alla donna in
gravidanza ed al nascituro, prevenzione tumori);
riabilitazione
recupero dei malati con menomazioni
fisiche, psichiche e sensoriali;
medicina legale
accertamenti sui lavoratori che
si assentano per malattia,
accertamenti sullo stato di
incapacità lavorativa;
interventi socio sanitari
tossicodipendenze e creazione
dei "SERT", servizi per tossicodipendenti),
AIDS e sieropositivi da HIV,
Handicap,
malattie mentali (centri di
salute mentale).
3. Professioni
Vi sono, prima di tutto ed
ovviamente, le tradizionali professioni sanitarie del
medico chirurgo, dell'odontoiatra, del veterinario, del
farmacista, del biologo, per le quali occorre la laurea
e l'iscrizione all'Ordine.
Per tutte le altre professioni,
occorre ora fare riferimento alla nuova normativa, che
sancisce il superamento del mansionario (simbolo di una
cultura prescrittiva, che relegava di fatto gli addetti
nel recinto del mestiere).
La normativa sancisce, pure,
l'equivalenza dei titoli, anche ai fini della
prosecuzione degli studi, con libera circolazione in
Europa.
A definire i contenuti della
professione infermieristica, d'ora in avanti, sarà il
profilo professionale (dignità adulta, quindi, e
pienamente responsabile delle proprie scelte e dei
propri atti).
Vediamo dunque il contenuto di
questa nuova ed importante legge:
Legge 26 febbraio 1999 n. 42
disposizioni in materia di
professioni sanitarie
articolo 1
definizione delle professioni
sanitarie
La denominazione "professione
sanitaria ausiliaria" nel testo unico delle leggi
sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934 n.
1265, e successive modificazioni, nonché in ogni altra
disposizione di legge, è sostituita dalla denominazione
"professione sanitaria".
Dalla data di entrata in vigore
della presente legge sono abrogati il regolamento
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 14
marzo 1974 n. 225, ad eccezione delle disposizioni
previste dal titolo V, il decreto del Presidente della
Repubblica 7 marzo 1975 n. 163, e l'articolo 24 del
regolamento approvato con decreto del Presidente della
Repubblica 6 marzo 1968 n. 680, e successive
modificazioni.
Il campo proprio di attività e di
responsabilità delle professioni sanitarie di cui
all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30
dicembre 1992 n. 502, e successive modificazioni ed
integrazioni, è determinato dai contenuti dei decreti
ministeriali istitutivi dei relativi profili
professionali e degli ordinamenti didattici dei
rispettivi corsi di diploma universitario e di
formazione post base, nonché degli specifici codici
deontologici, fatte salve le competenze previste per le
professioni mediche e per le altre professioni del ruolo
sanitario, per l'accesso alle quali è richiesto il
possesso del diploma di laurea, nel rispetto reciproco
delle specifiche competenze professionali.
articolo 2
attività della commissione centrale
per gli esercenti le professioni
sanitarie
Alla corresponsione delle indennità
di missione ed al rimborso delle spese sostenute dai
membri della commissione centrale per gli esercenti le
professioni sanitarie designati dai comuni centrali
delle federazioni nazionali degli ordini e dei collegi,
ai sensi dell'articolo 17, terzo comma, del decreto
legislativo del Capo provvisorio dello Stato 13
settembre 1946 n. 233, provvedono direttamente le
federazioni precedente.
articolo 3
modifiche alla legge 5 febbraio
1992, n. 175
Alla legge 5 febbraio 1992, a 175,
sono apportate tutte le modificazioni, qui di seguito
elencate:
all'articolo l, comma l, dopo
le parole "sugli elenchi telefonici" sono aggiunte le
seguenti: "sugli elenchi generali di categoria e
attraverso giornali e periodici destinati esclusivamente
agli esercenti le professioni sanitarie",
all'articolo 2, dopo il comma
3, è aggiunto il seguente: "le autorizzazioni di cui al
comma 1 sono rinnovate solo qualora siano apportate
modifiche al testo originario della pubblicità",
all'articolo 3 comma l, le
parole "sono sospesi dall'esercizio della professione
sanitaria per un periodo da due a sei mesi" sono
sostituite dalle seguenti: sono assoggettati alle
sanzioni disciplinari della censura o della sospensione
dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi
dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950 numero
221,
all'articolo 4, comma l, dopo
le parole: "sugli elenchi telefonici" sono inserite le
seguenti: "e sugli elenchi generali di categoria",
all'articolo 5, comma 4, le
parole: "sono sospesi dall'esercizio della professione
sanitaria per un periodo da due a sei mesi", sono
sostituite dalle seguenti: "sono assoggettati alle
sanzioni disciplinari della censura o della sospensione
dall'esercizio della professione sanitaria, ai sensi
dell'articolo 40 del regolamento approvato con decreto
del Presidente della Repubblica 5 aprile 1950 numero
221",
all'articolo 5, dopo il comma
5, sono aggiunti i seguenti: "Le inserzioni autorizzate
dalla regione, per la pubblicità sugli elenchi
telefonici, possono essere utilizzati per la pubblicità
sugli elenchi generali di categoria e, viceversa, le
inserzioni autorizzate dalla regione, per la pubblicità
sugli elenchi generali di categoria, possono essere
utilizzate per la pubblicità sugli elenchi telefonici.
Le autorizzazioni, di cui al comma l, sono rinnovate
solo qualora siano apportate modifiche al testo
originario della pubblicità,
dopo l'articolo 9, è inserito
il seguente articolo 9/bis: "Gli esercenti le
professioni sanitarie, di cui all'articolo l, nonché le
strutture sanitarie, di cui all'articolo 4, possono
effettuare la pubblicità nelle forme consentite dalla
presente legge e nel limite di spesa del 5 per cento del
reddito dichiarato per l'anno precedente".
articolo 4
diplomi conseguiti in base alla
normativa anteriore a quella di attuazione
dell'articolo 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni
Fermo restando quanto previsto dal
decreto legge 13 settembre 1996, a 475, convertito, con
modificazioni, dalla legge 5 novembre 1996, a 573, per
le professioni di cui all'articolo 6, comma 3, del
decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e
successive modificazioni e integrazioni, ai fini
dell'esercizio professionale e dell'accesso alla
formazione post base, i diplomi e gli attestati
conseguiti in base alla precedente normativa, che
abbiano permesso l'iscrizione ai relativi albi
professionali o l'attività professionale in regime di
lavoro dipendente o autonomo o che siano previsti dalla
normativa concorsuale del personale del servizio
sanitario nazionale o degli altri comparti del settore
pubblico, sono equipollenti ai diplomi universitari, di
cui al citato articolo 6, comma 3, del decreto
legislativo a 502 del 1992 e successive modificazioni e
integrazioni, per l'esercizio professionale e l'accesso
alla formazione post base.
Con decreto del ministro della
sanità, d'intesa con il ministro dell'università e della
ricerca scientifica e tecnologica, sono stabiliti, con
riferimento all'iscrizione nei ruoli normativi
regionali, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 20 dicembre 1979 n. 761, allo stato giuridico
dei dipendenti degli altri comparti del settore pubblico
e privato e alla qualità e durata dei corsi e, se del
caso, al possesso di una pluriennale esperienza
professionale, i criteri e le modalità per riconoscere
come equivalenti ai diplomi universitari, di cui
all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo n. 502
del 1992, e successive modificazioni e integrazioni, ai
fini dell'esercizio professionale e dell'accesso alla
formazione post base, ulteriori titoli conseguiti
conformemente all'ordinamento in vigore anteriormente
all'emanazione dei decreti di individuazione, dei
profili professionali. I criteri e le modalità definiti
dal decreto, di cui al presente comma, possono prevedere
anche la partecipazione ad appositi corsi di
riqualificazione professionale, con lo svolgimento di un
esame finale. Le disposizioni previste dal presente
comma non comportano nuovi o maggiori oneri a carico del
bilancio dello Stato, né degli enti di cui agli articoli
25 e 27 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive
modificazioni.
Il decreto, di cui al comma 2, è
emanato, previo parere delle competenti commissioni
parlamentari, entro tre mesi dalla data di entrata in
vigore della presente legge. In fase di prima
applicazione, il decreto di cui al comma 2 stabilisce i
requisiti per la valutazione dei titoli di formazione
conseguiti presso enti pubblici o privati, italiani o
stranieri, ai fini dell'esercizio professionale e
dell'accesso alla formazione post base per i profili
professionale di nuova istituzione, ai sensi
dell'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 30
dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni e
integrazioni.
Ricordiamo:
il codice deontologico degli
infermieri, del febbraio 1999,
il decreto 14 settembre 1994,
n. 739, del ministero della sanità, che istituisce il
regolamento, concernente l'individuazione della figura e
del relativo profilo professionale dell'infermiere,
il decreto ministeriale del 24
luglio 1996 del ministero dell'università e della
ricerca scientifica e tecnologica sull'ordinamento
didattico del corso di diploma universitario per
infermiere.
Decreto n. 402 del novembre 2001
convertito in legge dal Parlamento
nel dicembre dello stesso anno.
Secondo la nuova normativa, gli
ospedali e le strutture, che non hanno abbastanza
infermieri, si possono rivolgere agli ex dipendenti
andati in pensione, che possono tornare a lavorare con
una regolare assunzione; inoltre, è previsto il cumulo
dello stipendio alla pensione, senza alcuna detrazione.
Per gli infermieri, che già
lavorano in un ospedale, sono state introdotte le
prestazioni aggiuntive, ossia una serie di prestazioni
di libera professione, che l’infermiere può svolgere
all’interno dell’ospedale, al di là dei suoi turni di
lavoro e degli eventuali straordinari necessari a
coprire la carenza di organico. Con la nuova legge si
aprono anche maggiori possibilità di carriera e di
riconoscimento professionale per gli infermieri.
I diplomi conseguiti con la vecchia
normativa vengono riconosciuti ed equiparati a quello
ottenuto con la laurea.
I vecchi titoli potranno essere
utilizzati per iscriversi ai master di specializzazione
post laurea breve, a patto che l’infermiere abbia
conseguito la maturità quinquennale di scuola superiore.
La possibilità di specializzarsi, per ottenere
miglioramenti ai fini della carriera, potrà convincere
gli infermieri impiegati a continuare a lavorare ed
invogliare i giovani ad intraprendere la professione.
Dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” del
19 ottobre 2000
Assistenza: dopo 110 anni si cambia
In prima linea le amministrazioni
locali e più spazi alla collaborazione con i privati Il
Senato approva in via definitiva la riforma dei servizi
sociali. L'obiettivo è l'intervento personalizzato.
Roma. Assistenza, 110 anni dopo si
cambia. Dal 2001 si scommette sui "servizi
personalizzati" in aggiunta agli aiuti economici e si
promette di abbandonare l'assistenzialismo e la carità
di Stato. Con queste grandi parole d'ordine ha visto la
luce la riforma dei servizi sociali. Una legge il cui
iter era iniziato nel febbraio 1997 e che va a
sostituire l'attuale sistema ancora regolamentato dalla
"legge Crispi" de11890.
La parola passa ora alle
amministrazioni locali, comuni in testa, cui spetterà il
non semplice compito di dare concreta attuazione a quel
"sistema integrato di interventi e servizi sociali ",
che il provvedimento si propone di realizzare.
La nuova assistenza sociale potrà
contare su una dote di tutto rispetto: oltre ai 40 mila
miliardi già stanziati (oggi dispersi in una miriade di
interventi settoriali, ma che con l'entrata in vigore
della legge confluiranno in un unico “fondo sociale
nazionale”), ci sono i 1.800 già attivi per gli
interventi per l'infanzia, i disabili e le famiglie e si
mettono in campo ulteriori 1.800 miliardi, che la legge
stanzia per interventi immediati negli anni 2000, 2001 e
2002.
A tutto ciò si aggiunge il
consistente patrimonio delle IPAB (istituzioni pubbliche
di beneficenza e assistenza) stimato in 37 mila
miliardi, che dovranno entrare a pieno titolo nella rete
dei servizi sociali. A questo scopo la legge quadro
delega il governo a varare un apposito decreto.
L'Italia dovrebbe, quindi, poter
contare su un nuovo sistema di interventi sociali,
programmati a livello nazionale e gestiti a livello
locale.
Un sistema che promette di saper
offrire risposte personalizzate ai diversi bisogni di
assistenza: accanto ai tradizionali sussidi economici
(dei quali la legge prevede un riordino), nasceranno
servizi di assistenza domiciliare per gli anziani;
servizi di sollievo per le famiglie che accudiscono un
familiare non autosufficiente; percorsi di inserimento
individuali per i disabili; chiusura graduale degli
orfanotrofi a favore dell'affido familiare e delle "case
famiglia". Previste anche agevolazioni fiscali e
tariffarie per i genitori single, per le giovani coppie
con figli e per le famiglie di recente immigrazione o in
temporanee difficoltà economiche.
Per fare tutto ciò, la legge mette
in campo nuovi strumenti: da un riconoscimento inedito
del ruolo del “no profit”, visto anche come volano
dell'economia, alla collaborazione con soggetti privati
che, purché accreditati, potranno entrare a far parte
della rete dei servizi, fino ai “bonus” validi per
l'acquisto di servizi, che i comuni potranno erogare a
favore dei soggetti bisognosi.
La verifica delle condizioni
economiche dei cittadini, che chiedono l'accesso ai
servizi sociali, sarà effettuata secondo i criteri del
riccometro.
I fondi integrativi previsti
dall'ultima riforma sanitaria, infine, comprenderanno le
spese sostenute dai cittadini per programmi
assistenziali prolungati, mentre sarà esteso in tutto il
paese il reddito minimo di inserimento, attualmente in
sperimentazione in alcune aree.
In sintesi, le novità del riordino:
servizi alle famiglie
la rete dei servizi sociali dovrà
privilegiare, tra l'altro, l'erogazione di assegni di
cura ed altri interventi a sostegno della maternità e
della paternità responsabili;
prestiti d’onore
i Comuni potranno concedere, in
alternativa ai contributi in denaro, "prestiti
sull'onore", per sostenere coppie giovani, single con
figli, gestanti in difficoltà e famiglie con difficoltà
economiche che accudiscono persone non autosufficienti;
buoni servizio
i Comuni potranno prevedere la
concessione di titoli, validi per l'acquisto di servizi
erogati da soggetti accreditati, anche come sostitutivi
delle prestazioni economiche;
livelli essenziali delle
prestazioni
il provvedimento stabilisce quali
sono i livelli essenziali di assistenza sociale, che
dovranno essere garantiti in tutto il paese, anche se
nel rispetto della programmazione locale;
reddito minimo di inserimento
al termine della sperimentazione in
corso del reddito minimo di inserimento, il governo
definirà le modalità per estendere questo istituto su
tutto il territorio nazionale, riconducendovi altre
misure di contrasto della povertà;
IPAB
Il governo è delegato, come abbiamo
visto sopra, a rivedere la disciplina delle IPAD, in
modo da garantirne l'autonomia.
Riforma sanitaria – fissati i
livelli essenziali di assistenza
(LEA)
con la pubblicazione nella
“Gazzetta Ufficiale”, supplemento ordinario n. 26,
dell’8/2/2002, entra in vigore il decreto del Presidente
del Consiglio dei Ministri, che fissa i livelli
essenziali di assistenza (LEA) assicurati dal servizio
sanitario nazionale (SSN).
Il nuovo regime di pubblica
assistenza dovrà, quindi, conciliare qualità ai
cittadini e risparmio per le casse dello Stato. La
definizione dei citati livelli è prevista dal decreto
legislativo 502 del 1992 e dal decreto 347/2001,
convertito in legge 405 del 16/11/2001.
L’obiettivo del decreto è quello,
dunque, di ridurre gli sprechi, prevenire i conti in
rosso della sanità, migliorare gli strumenti di
erogazione ai cittadini ed assicurare alla collettività
le prestazioni base, che non possono essere lasciate a
carico dei singoli, né essere garantite solo ai più
abbienti.
In conseguenza di quanto stabilito,
pertanto, Il servizio sanitario nazionale lascerà del
tutto a carico dei cittadini gli interventi di chirurgia
estetica (tranne quella necessaria per incidenti,
malattie o malformazioni congenite), le vaccinazioni non
obbligatorie per soggiorni all’estero, le medicine non
convenzionali (quali ad esempio la omeopatia) e diverse
prestazioni di medicina fisica.
Sono a spese del cittadino anche
tutte le certificazioni mediche (salvo quelle
scolastiche). Vi è poi tutto un elenco di prestazioni
parzialmente escluse dal “LEA” (quali, ad esempio,
l’assistenza odontoiatrica ed alcune forme di chirurgia
rifrattiva con laser).
Le responsabilità del medico
Il codice civile e quello penale
disciplinano la responsabilità del medico sulla base
degli stessi principi che regolano la responsabilità per
qualsiasi attività professionale. In materia di
prestazioni professionali, l’articolo 2236 del codice
civile esprime il principio secondo il quale il
sanitario non risponde dei danni nei confronti dei
terzi, quando ka prestazione implica la soluzione di
problemi tecnici di speciale difficoltà se non per dolo
o colpa grave.
Oltre alle disposizioni comprese
nei codici civile e penale, il medico deve rispettare un
complesso di regole di autodisciplina e di comportamento
finalizzate, fra l’altro, alla tutela del rapporto
medico-paziente nel suo complesso ed alla salvaguardia
dei pazienti da eventuali comportamenti illeciti dei
medici.
Tali regole sono contenute nel
“Codice di deontologia medica”, rispetto al quale è
tenuto ogni medico iscritto all’Ordine professionale e
la cui violazione comporta sanzioni determinate dal
Consiglio di disciplina dell’Ordine professionale.
Inoltre, è bene ricordare che il medico non è tenuto a
garantire un risultato, ma è solo obbligato ad
assicurare un comportamento idoneo a conseguire il
risultato sperato, prestando la propria opera con la
massima efficienza, tempestività e correttezza
possibile. Una eventuale colpa personale del medico va
vista secondo i criteri dell’imperizia, dell’imprudenza
e della negligenza, come spesso ribadito dalla Corte di
Cassazione.
Merita anche ricordare che il
medico non è impotente rispetto a condizioni di lavoro
inaccettabili. Infatti, il medico ospedaliero, quando
gli venga ordinata o disposta una condotta che si
discosti da corretti criteri di professionalità, può
rifiutarne l’adempimento, confortato da precise leggi in
proposito e dall’articolo 38 del codice di deontologia
medica, che dice:
“il medico, che presti la propria
opera a rapporto di impiego o di convenzione nell’ambito
di strutture sanitarie pubbliche o private…qualora si
verifichi contrasto tra le norme deontologiche e quelle
proprie dell’ente…per cui presta la propria attività
professionale, deve chiedere l’intervento dell’Ordine
dei medici, onde siano salvaguardati i diritti propri e
degli assistiti”.
Ancora, merita di essere ricordato
l’articolo 481 del codice penale che punisce “chiunque,
nell’esercizio di una professione sanitaria, attesti
falsamente in un certificato fatti dei quali l’atto è
destinato a provare la verità”. La pena prevista è la
reclusione fino ad un anno, oppure una multa da euro 51
ad euro 516 e tali pene si applicano congiuntamente se
il fatto è commesso a scopo di lucro.
La Corte di Cassazione ha anche
stabilito che un medico che prescriva un farmaco ad un
paziente sconosciuto o non visitato commette un falso
ideologico. Per la Cassazione la ricetta è un vero e
proprio certificato destinato, non solo ad affermare che
il paziente ha necessità e diritto di fruire del
servizio farmaceutico, ma anche a provare che il medico
ha effettivamente verificato, visitandolo, tale
necessità.
D’altro canto, nella convenzione
fra medici di base e servizio sanitario nazionale è
previsto anche che “il medico può dar luogo al rilascio
della prescrizione anche in assenza del paziente,
quando, a suo avviso, ritenga non necessaria la visita”.
Un pilastro importante dell’assistenza sanitaria di base
è rappresentato dalla “guardia medica”, che garantisce
un servizio a domicilio per situazioni che rivestono
carattere di urgenza e che si verificano nelle ore
notturne o nei giorni festivi. Quindi, se un medico del
servizio di guardia medica, nonostante reiterati
solleciti per una visita domiciliare urgente, interviene
con un ritardo di circa due ore, senza che impegni
personali od altri legittimi impedimenti giustifichino
il ritardo, è responsabile di omissione di atti di
ufficio.
Lo ha precisato la Corte di
Cassazione, riconoscendo tuttavia una certa
discrezionalità al medico di valutare il carattere di
urgenza.
I MINORI
Con la legge di riforma del diritto
di famiglia del 1975, è stato introdotto il principio
secondo il quale il minore è soggetto di diritto e non
più oggetto di protezione. E’ questa sicuramente una
grande conquista sociale.
Sono numerosi i servizi a sostegno
della famiglia e dei minori; vediamoli partitamente uno
ad uno:
il consultorio familiare
per il sostegno alla donna ed al
nascituro, per la prevenzione delle malattie, per gli
interventi sanitari, psicologici e sociali;
asilo nido
per aiutare le madri lavoratrici,
che abbiano figli in età fra i due mesi ed i tre anni. I
finanziamenti sono statali;
centro giovani
sono centri di socializzazione, per
prevenire le situazioni di disagio giovanili. Qui si
dovrebbero fare esperienze culturali, sportive, ecc. e
funzionano in tutto il periodo dell'anno;
centro estivo
ospitano minori dai 5 ai 14 anni e
sono gestiti dai Comuni, tramite i quartieri, chiamati
anche circoscrizioni).
In tali centri si cerca di favorire
la socializzazione ed è stata introdotta la nuova figura
dell'educatore di strada, che dovrebbe essere presente
dove i giovani trascorrono il tempo libero (bar, pub,
circoli, ecc.);
gruppo famiglia
nel quale non si può affidare o
adottare. È una struttura che accoglie un piccolo gruppo
di minori fino ai 10 anni e sono seguiti da adulti
preparati;
comunità alloggio
nella quale si può affidare o
adottare. Idem come sopra, con la differenza della
possibilità di affidare o adottare;
istituto educativo assistenziale
comunità che accoglie fino a 50
minori. E' considerato il servizio peggiore e l'ultima
delle possibilità.
Gli interventi sostitutivi della
famiglia sono:
l’affidamento, che è temporaneo
l’adozione, che è definitiva
Affidamento
è il collocamento presso una
famiglia di un minore momentaneamente (ma potrebbe anche
essere a tempo indeterminato), perché la famiglia di
origine si trova in difficoltà.
l’affidamento è spontaneo
(detto anche consensuale) quando è organizzato dai
servizi sociali di base, o consultori, con il solo
obbligo di informare la Magistratura per la convalida,
è disposto d'autorità dal
Tribunale dei minorenni, se la famiglia di origine non
ne vuole più sapere.
E' previsto anche il solo
affidamento diurno, quando non ci sono motivi di
particolare gravità, ma solo difficoltà;
Adozione
l'adozione è stata regolata dalla
legge numero 184/1983, che prevede si possano adottare i
minori solo se siano stati dichiarati in stato di
abbandono totale. (questa è una condizione
irrinunciabile ed assoluta). L'abbandono può essere
segnalata da chiunque al Tribunale per i minorenni
presso il quale operano anche operatori sociali.
Il concetto di "abbandono" è molto
complesso e la giurisprudenza considera ormai come
situazione di abbandono anche le seguenti:
il bambino maltrattato, che
vive in famiglia, ma è sempre picchiato e quasi mai per
un motivo comprensibile,
il bambino trascurato, spesso
segnalato dalla scuola perché trasandato, sporco, con i
compiti mai eseguiti ed i cui genitori non si fanno mai
vedere,
il bambino solo, spesso
appartenente ad un ceto sociale medio alto, che passa
molto tempo solo a casa, che diventa precocemente
autonomo e che appare molto triste e con atteggiamenti
da adulto.
Con l'adozione, il minore viene
considerato dalla legge, a tutti gli effetti, figlio
legittimo dei genitori adottivi ed interrompe ogni
rapporto giuridico con i genitori naturali.
Condizioni per poter adottare:
la situazione economica e
psicologica deve essere idonea,
la coppia che chiede di
adottare deve essere sposata da almeno tre anni (niente
adozioni per single e coppie di fatto, a meno che dopo
tre anni di convivenza non decidano di sposarsi. In
questo caso, quindi, viene riconosciuta la precedente
convivenza di tre anni ai fini dell’adozione e questo è
un passo avanti rispetto alla vecchia normativa),
chi adotta deve avere almeno 18
anni più del minore,
non avere più di 45 anni
rispetto al minore (limite elevato di recente, perché in
precedenza era di 40 anni). Il Tribunale per i minorenni
si riserva, però, di decidere altrimenti e di non tenere
conto di questi limiti di età, valutando caso per caso,
qualora ritenesse che la mancata adozione del minore
comporti al bambino o al ragazzo un danno serio e non
altrimenti evitabile. La coppia può adottare anche più
bambini con adozioni successive. E' un titolo
preferenziale l'aver già adottato o l'aver fatto
richiesta di adozione del fratello o della sorella del
minore di cui si richiede l'adozione,
occorre la dichiarazione di
abbandono totale, che deve essere segnalata da chi
esercita un pubblico servizio, sotto pena di denuncia
penale per reato di omissione o rifiuto di atti
d'ufficio (art. 328 del codice penale, che prevede la
reclusione fino ad un anno o una ammenda sostitutiva di
non meno di 206 euro (ex lire quattrocentomila).
Il Tribunale, accertato
l'abbandono, dichiara aperto lo stato di adottabilità.
Se il bimbo non ha compiuto 14 anni, deve solo essere
sentito. Se ha compiuto 14 anni, occorre il suo
consenso.
Prima della definitiva adozione,
occorre un periodo di osservazione di un anno, che si
chiama "pre adozione".
Nota
per quanto riguarda l’affidamento
condiviso, vedasi quanto espresso nel capitolo dedicato
al matrimonio ed ai figli.
Le nuove regole dell’adozione:
(A)
Se il bambino è italiano
presentazione della domanda di
disponibilità all’adozione ad un qualsiasi Tribunale dei
minorenni. È possibile inoltrare la richiesta anche a
più Tribunali contemporaneamente. La domanda ha validità
di due anni e, allo scadere del termine, può essere
rinnovata. Gli aspiranti genitori devono dimostrare di
essere in possesso dei requisiti:
devono essere uniti in matrimonio
da almeno tre anni, o con una convivenza precedente al
matrimonio di almeno tre anni;
tra di loro non deve sussistere
separazione personale, né di fatto;
devono avere almeno 18 anni, ma non
più di 45 anni di differenza con l’adottato. L’adozione
è possibile anche quando il limite massimo di età è
superato da uno solo dei due coniugi in misura non
superiore a dieci anni.
I coniugi vengono sottoposti ad un
colloquio dallo psicologo della ASL di zona, per
verificare l’idoneità all’adozione. I carabinieri del
luogo di residenza accertano la situazione personale
della coppia. Il Tribunale può disporre un ulteriore
colloquio dei coniugi con una equipe di esperti,
composta da due giudici onorari. Gli accertamenti
sull’idoneità della coppia vanno compiuti entro 120
giorni dalla presentazione della domanda.
A questo punto, la pratica per
l’adozione può considerarsi completata. Una camera di
consiglio, composta da due giudici togati e da due
onorari, ha il compito di trovare il miglior abbinamento
possibile tra gli aspiranti genitori adottivi ed i
minori dichiarati in stato di abbandono. Per fare
questo, potrà servirsi della banca dati relativa ai
minori adottabili ed agli aspiranti genitori, che darà
istituita entro 180 giorni dall’entrata in vigore della
nuova legge.
Al termine della ricerca, un’equipe
individua una terna di coppie idonee e le invita per un
colloquio di ulteriore approfondimento e quindi formula
la proposta di affido pre adottivo, che dura un anno, ai
coniugi ritenuti più indicati. Esiste la possibilità di
prolungare l’affido, se il minore ha bisogno di più
tempo per inserirsi nella nuova famiglia.
Con la riforma, questo periodo non
potrà essere prorogato oltre 24 mesi, salvo diversa
decisione del Tribunale.
Una volta concluso l’affidamento,
il Tribunale dichiara definitiva l’adozione, che crea un
vincolo giuridico tra genitori e figli, del tutto
equiparato dalla legge alla filiazione legittima.
L’adottato acquista il cognome
paterno e, dopo la trascrizione allo stato civile, è
vietato a chiunque di fornire informazioni sulle sue
origini, e all’ufficiale dello stato civile e
all’ufficio dell’anagrafe di fornire certificati in cui
risulti il rapporto di adozione, con sanzioni penali in
caso di trasgressione.
Raggiunti i 25 anni di età,
l’adottato può chiedere informazioni sull’identità dei
genitori biologici.
L’istanza deve essere presentata al
Tribunale per i minori, che autorizza con decreto
l’accesso alle notizie.
(B)
Se il bambino è straniero -
(adozione internazionale)
con la legge 476/1998, l’Italia ha
recepito la Convenzione dell’Aia del 1993, che
regolamenta l’adozione internazionale. Punto centrale
della legge è l’abolizione delle cosiddette adozioni fai
da te. Alle coppie italiane, infatti, non è consentito
utilizzare canali privati per concludere la procedura; è
necessario appoggiarsi ad enti autorizzati, che fanno da
tramite tra aspiranti genitori e Paese di origine del
minore. La coppia, dunque, che è in possesso del decreto
di idoneità, rilasciato dal Tribunale dei minorenni,
deve rivolgersi ad uno di questi enti. L’ente
contattato, poi, invia alla coppia l’elenco dei
documenti necessari per mettersi in lista d’attesa.
Raggiunto il turno nella lista d’attesa, viene fissato
un incontro con gli operatori dell’ente.
Alcune associazioni richiedono il
pagamento di una quota già in questa fase, altre
forniscono il servizio gratuitamente. Esauriti i
colloqui, la coppia viene convocata per la stesura di
una relazione. Subito dopo, i coniugi scelgono, con
l'aiuto di un responsabile dell'ente, il paese straniero
al quale indirizzare la domanda di adozione ed i
relativi documenti. Ultimata la preparazione dei
documenti, con relative traduzioni e visti, la coppia
consegna il dossier al responsabile del paese di
adozione presso l’associazione. L’ente invia il dossier,
tramite il proprio rappresentante, all’autorità centrale
straniera per le adozioni.
Inoltre, informa la commissione per
le adozioni internazionali presso il ministero per gli
affari sociali, inviando copia della documentazione, per
ottenere la richiesta di autorizzazione dell’ingresso
del minore. Non appena, da parte dell’autorità straniera
per le adozioni, arriva la proposta di abbinamento di un
minore alla coppia, i coniugi vengono convocati
dall’ente e ricevono la documentazione pervenuta
riguardante il minore. La coppia parte per il paese
estero e qui viene accolta dal rappresentante
dell’associazione, che rimane il punto di riferimento
per tutta la procedura, fino al ritorno in Italia con il
minore.
Dopo l’incontro con il bambino,
seguono una o più udienze presso il Tribunale estero di
competenza.
Prima di entrare in Italia, la
coppia deve fare tappa presso l’ambasciata italiana per
il rilascio del visto e delle legalizzazioni necessarie
per il rientro. L’associazione segue di solito anche la
fase post adottiva, elaborando periodiche relazioni
d’inserimento, secondo le indicazioni delle autorità
straniere, e mantenendo stretti contatti con la
commissione per le adozioni internazionali.
Nota
Cento e diecimila adozioni in 37
anni, dal 1967 al 2004 dunque, che hanno dato una nuova
famiglia a bambini in difficoltà ed un figlio ad adulti
che hanno deciso di diventare genitori in modo nuovo e
che hanno cambiato il costume italiano e che, con
l’adozione internazionale, hanno mutato volto e colori
dell’Italia. Dal 1967, anno in cui le regole sulle
adozioni sono state rivoluzionate, è dunque questo il
bilancio numerico stimato in base ai dati ANFAA,
l’associazione nazionale famiglie adottive ed
affidatarie, che monitora il funzionamento
dell’istituto. Secondo l’associazione, a tutto il 2002
sono stati più di 107.000 i minori italiani e stranieri
adottati, e si prevede che per gli anni futuri tali
numeri saranno destinati ad aumentare.
Adozioni in Italia dal 1995 al 2002
Fonte: elaborazione Anfaa su dati
Istat
Anno
Istanze
Affidamenti preadottivi
Adozioni pronunciate
Adozioni particolari *
1995
7.824
904
882
593
1996
8.685
983
934
621
1997
9.148
1.075
978
516
1998
9.797
962
1.068
543
1999
10.788
938
1.000
545
2000
11.126
974
1.078
638
2001
12.901
930
1.290
655
2002
13.265
1.006
1.135
651
TOTALE
83.534
7.772
8.365
4.762
*Adozioni di:
parenti del minore
del figlio del coniuge
di bambini con handicap
quando è impossibile
l’affidamento preadottivo
Adozioni di minori stranieri dal
1995 al 2003
Fonte: elaborazione su dati Istat,
Anfaa e Commissione adozioni internazionali
Anno
Istanze
Decreti di idoneità
Affidamenti preadottivi
Adozioni
1995
5.370
4.002
2.222
2.806
1996
5.734
3.977
1.833
2.810
1997
6.440
4.493
1.987
2.505
1998
6.778
4.489
2.537
2.374
1999
7.586
5.170
2.595
2.265
2000
7.579
5.373
2.873
3.115
2001
7.887
6.331
----
3.915
2002
7.193
5.790
----
2.970
2003
----
5.407
----
2.760
TOTALE
54.567
45.032
14.047
25.520
Il sistema delle adozioni in alcuni
Stati
Francia
la disciplina deriva dal Codice
Civile, da un decreto del 1998 sui requisiti degli
adottanti e dal Codice dell’azione sociale e delle
famiglie. Sono oltre 20.000 le famiglie che ogni anno
vengono dichiarate idonee all’adozione e sono 5.000 le
adozioni che hanno effettivamente luogo, tenuto conto di
quelle internazionali. L’adozione può essere richiesta
sia da due coniugi non separati, sposati da più di due
anni o aventi oltre 28 anni, e sia da un single di oltre
28 anni di età. Al Consiglio provinciale compete
dichiarare idoneo un adottante. La procedura è rigida e
complessa. Al termine, si ottiene un’idoneità che ha una
durata di cinque anni, ma annualmente bisogna confermare
la propria volontà. A seconda dei casi, l’adozione può
comportare la raccolta del consenso dei genitori
naturali ed anche di quello dell’adottato, che viene
comunque sentito se ha più di 13 anni. Il “Tribunal de
grande instance” è l’organo che pronuncia l’adozione.
Germania
non possono adottare un bambino
congiuntamente le persone non sposate, ma solo una di
esse può farlo. I coniugi invece possono adottare solo
congiuntamente, eccetto il caso di adozione del figlio
dell’altro, se uno dei due abbia compiuto 25 anni e
l’altro 21. Se l’adottante ha già dei figli, il loro
interesse sarà tenuto in debito conto. Tutti gli
adottanti sono sottoposti ad un periodo di prova
variabile in funzione di vari fattori, quale ad esempio
l’età del bambino. Occorre sempre il consenso del
bambino, che verrà espresso dal tutore nel caso in cui
sia minore di 14 anni. Anche il consenso dei genitori
naturali è necessario ed il padre, in determinate
condizioni, può esprimerlo anche prima della nascita. A
seconda dei casi il consenso può essere sostituito da
quello del Tribunale per i minori. Il consenso è senza
condizioni ed irrevocabile. L’iter per procedere ad una
adozione prevede che si presenti domanda incondizionata
al Tribunale per i minori. Dopo lunghe verifiche di
carattere psicologico, fisico ed economico, il Tribunale
emette il decreto di adozione. La procedura richiede
intorno ai due anni.
Gran Bretagna
l’età dell’adottante deve essere di
almeno 21 anni e non è richiesta una differenza minima
con l’adottato. Gli enti in gioco sono le Corti di
Contea ed i Consigli comunali o agenzie che operano con
l’autorizzazione del Segretario di Stato per la sanità.
Il magistrato pronuncia l’ordine di adozione con il
quale rimuove tutti i diritti parentali dei genitori
naturali, mentre l’esistenza dei requisiti necessari per
adottare un bimbo è accertata dal Consiglio o
dall’agenzia. Un assistente sociale si occuperà poi di
raccogliere informazioni personali più approfondite. I
single possono adottare ed anche i non sposati che, al
contrario dei coniugi, non possono però farlo
congiuntamente. L’essere omosessuale non è
controindicazione all’adozione. Purtroppo è generalmente
accettata una percentuale di insuccessi piuttosto
elevata: il 20 %. Le cause più frequenti sono legate
all’età elevata dell’adottato, ad una storia personale
travagliata, alla separazione da fratelli o sorelle. La
durata dell’iter varia a seconda delle difficoltà che
possono sorgere, come l’opposizione dei genitori
naturali, ma generalmente è poco sopra i due anni.
Spagna
il Codice Civile e la legge 1 del
2000, e le sue successive modifiche, contengono le
regole. Gli organi competenti, dal punto di vista
amministrativo, sono i servizi di protezione dei minori
delle Comunità autonome e delle città autonome di Ceuta
e Melilla. Un’equipe multi professionale del servizio di
protezione dei minori si occupa di realizzare uno studio
psico sociale sui potenziali adottanti, che permette di
valutare la loro idoneità ad adottare e ad esercitare la
potestà dei genitori. L’adozione viene poi sancita dal
giudice competente. L’adottante, anche single, deve
avere più di 25 anni. Nel caso di adozione congiunta dei
coniugi è sufficiente che il requisito sia posseduto da
uno di essi, ed avere almeno 14 anni in più rispetto
all’adottato. Gli unici soggetti adottabili sono i
minori di 18 anni non emancipati. Non è necessario
l’intervento del giudice qualora il minore versi in
particolari condizioni, ad esempio sia orfano e
consanguineo o affine in terzo grado dell’adottante,
oppure sia figlio del coniuge. La procedura richiede da
3 a 5 anni circa.
Stati Uniti d’America
chi vuole adottare un bambino può
avvalersi di diversi canali. Il più comune è quello
costituito dalla rete delle agenzie pubbliche di ogni
singolo Stato. Esistono poi agenzie private con licenza
statale ed, infine, in alcuni Stati è possibile
rivolgersi ad avvocati o altre persone, che non
necessitano di riconoscimento statale, che fungono da
intermediari. Poiché ogni Stato adotta regole proprie,
un apposito provvedimento federale, valido anche per le
isole Vergini, disciplina le adozioni che prevedono il
passaggio di un bambino da uno Stato all’altro. La
procedura può durare anche due anni, con costi medi
intorno ai 15.000 dollari. Proprio perché la disciplina
non è uniforme, vediamo alcuni Stati di un certo
rilievo. Nel New Jersey, l’adottante deve avere compiuto
18 anni ed avere almeno 10 anni più dell’adottato;
mentre in Massachusetts è sufficiente essere più vecchi
ed il minore sposato può adottare il figlio del coniuge.
LA VOLONTARIA GIURISDIZIONE
E' un ricorso (inoltrato dal
coniuge o dai parenti entro il 4° grado) al Tribunale
del luogo di residenza per chiedere l'interdizione o
l'inabilitazione di un familiare, che si trovi in
particolari condizioni.
Interdetto
è colui che si trova in condizioni
di abituale infermità di mente, tale da renderlo
incapace di provvedere ai propri interessi. Sarà
assistito da un "tutore". Il fenomeno riguarda i
maggiorenni o il minore emancipato (cioè colui che abbia
un lavoro o sia sposato). Ricordiamo che i minorenni si
trovano già, per l'età stessa, in situazione di
incapacità assoluta.
Inabilitato
è colui che abbia infermità di
mente non gravi o che sia prodigo (cioè spende senza
alcun criterio e con grave danno alla famiglia – si usa
anche dire: scialacqua le proprie sostanze) o che abusi
di sostanze alcoliche o stupefacenti. E' anche il caso
di chi sia sordomuto o cieco dalla nascita o dalla prima
infanzia (salvo che non abbiano ricevuto una sufficiente
educazione). Dovrà essere assistito da un "curatore".
Nel ricorso bisogna esporre i fatti ed indicare che si
tratta di parentela stretta. A questo punto, Il
Presidente del Tribunale ordina la comunicazione al “PM”
(sigla di “Pubblico Ministero”, che rappresenta lo
Stato), nomina il giudice istruttore (che dovrà seguire
tutta l’operazione) e fissa la data di udienza per la
comparizione degli interessati. Il giudice istruttore
può farsi assistere da un consulente tecnico, può
disporre i mezzi di prova che ritiene utili e può
nominare, se lo ritiene opportuno, un tutore o un
curatore provvisorio.
Il processo si chiude con una
sentenza del giudice, che può essere impugnata (cioè
contestata) da tutti coloro che parteciparono e da
coloro (i familiari) che potevano proporre la domanda.
Per vendere uno o più beni
dell'interdetto o dell’inabilitato, occorre sempre
l'autorizzazione del tribunale, che ne decide pure le
modalità.
Le principali differenze fra la
“volontaria giurisdizione” ed un qualsiasi processo
civile sono le seguenti:
non c'è contenzioso (cioè, non
c'è lite di uno contro un altro),
c'è l'ingerenza del giudice in
affari altrui (perché non deve solo ascoltare le parti
che litigano e poi decidere, ma può anche entrare nella
vita privata della persona da interdire o inabilitare,
per meglio valutare e decidere),
ogni decisione (decreto) del
giudice, durante il processo, può essere revocata o
modificata,
la sentenza, contrariamente
alla regola, può essere impugnata (cioè contestata)
anche da chi non ha partecipato al processo (cioè i
parenti stretti).
NORMATIVA PENALE
Abbandono di persone minori o
incapaci
(articolo 591 del codice penale)
chiunque abbandona una persona
minore degli anni quattordici, ovvero una persona,
incapace, per malattia di mente o di corpo, per
vecchiaia o per altra causa, di provvedere a sé stessa,
e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è
punito con la reclusione da 6 mesi a 5 anni.
Alla stessa pena soggiace chi
abbandona all’estero un cittadino italiano minore degli
anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello
Stato, per ragioni di lavoro. La pena è della reclusione
da 1 a 6 anni, se dal fatto deriva una lesione
personale, ed è da 3 a 8 anni se ne deriva la morte. Le
pene sono aumentate se il fatto è commesso dal genitore,
dal figlio, dal tutore o dal coniuge, ovvero
dall’adottante o dall’adottato.
Impiego di minori
nell’accattonaggio - (articolo 671 del codice penale)
chiunque si vale, per mendicare, di
una persona minore degli anni quattordici o, comunque,
non imputabile, la quale sia sottoposta alla sua
autorità o affidata alla sua custodia o vigilanza,
ovvero permette che tale persona mendichi, o che altri
se ne valga per mendicare, è punito con l’arresto da 3
mesi a 1 anno. Qualora il fatto sia commesso dal
genitore o dal tutore, la condanna importa la
sospensione dall’esercizio della patria potestà o
dall’ufficio di tutore.
Abuso dei mezzi di correzione o di
disciplina
(articolo 571 del codice penale)
chiunque abusa dei mezzi di
correzione o di disciplina in danno di una persona
sottoposta alla sua autorità, o lui affidata per ragione
di educazione, istruzione, cura, vigilanza e custodia,
ovvero per l’esercizio di una professione o di un’arte,
è punito, se dal fatto deriva il pericolo di una
malattia nel corpo o nella mente, con la reclusione fino
a 6 mesi. Se dal fatto deriva una lesione personale, si
applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583,
ridotte ad un terzo; se ne deriva la morte, si applica
la reclusione da 3 a 8 anni.
Maltrattamenti in famiglia o verso
fanciulli
(articolo 572 del codice penale)
chiunque, fuori dei casi indicati
nell’art. precedente, maltratta una persona della
famiglia, o un minore degli anni quattordici, o una
persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata
per ragione di educazione, istruzione, cura, vigilanza o
custodia, o per l’esercizio di una professione o di
un’arte, è punito con la reclusione da 1 a 5 anni. Se
dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica
la reclusione da 4 a 8 anni; se ne deriva una lesione
gravissima, la reclusione da 7 a 15 anni; se ne deriva
la morte, la reclusione da 12 a 20 anni.
Inosservanza dell’obbligo della
istruzione elementare dei minori
(articolo 731 del codice penale)
chiunque, rivestito di autorità o
incaricato della vigilanza sopra un minore, (240 codice
civile, omette, senza giusto motivo, d’impartirgli o di
fargli impartire l’istruzione elementare, è punito con
l’ammenda fino a euro 6,20 (ex lire 12.000); importo ora
rivalutato (vedasi anche il R.D.5 febbraio 1928 n. 557).
Omesso avviamento dei minori al
lavoro - (articolo 732 del codice penale)
chiunque, rivestito di autorità o
incaricato della vigilanza sopra un minore, che ha
compiuto gli anni quattordici e deve trarre dal lavoro
il proprio sostentamento, omette, senza giusto motivo,
di avviarlo al lavoro, è punito con l’ammenda fino a
euro 30,99 (ex lire 60.000); importo che periodicamente
viene aggiornato e quindi rivalutato.
Somministrazione di bevande
alcoliche a minori o a infermi di mente
(articolo 689 del codice penale)
l’esercente un’osteria o un altro
pubblico spaccio di cibi o di bevande, il quale
somministra, in un luogo pubblico o aperto al pubblico,
bevande alcoliche ad un minore degli anni sedici, o a
persona che appaia affetta da malattia di mente, o che
si trovi in manifeste condizioni di deficienza psichica
a causa di un’altra infermità, è punito con l’arresto
fino ad un anno. Se dal fatto deriva l’ubriachezza, la
pena è aumentata. La condanna importa la sospensione
dall’esercizio. (vedasi art. 6 legge 26/4/1934 n. 653
sulla tutela del lavoro della donna e dei fanciulli).
Circonvenzione di persone incapaci
(articolo 643 del codice penale)
chiunque, per procurare a sé o ad
altri un profitto, abusando dei bisogni, delle passioni
o della inesperienza di una persona minore (articolo 240
del codice civile), ovvero abusando dello stato di
infermità o deficienza psichica di una persona, anche se
non interdetta o inabilitata, la induce a compiere un
atto, che importi qualsiasi effetto giuridico per lei o
per altri dannoso, è punito con la reclusione da 2 a 6
anni e con la multa da euro 206,58 ad euro 2.065,83 (da
ex lire 400.000 ad ex lire 4.000.000.
Nota
Il Ministero della giustizia ha
annunciato (nel 2001) che è pronto un provvedimento di
riforma della giurisdizione che si occupa di minori e
che prevede un nuovo ruolo per il magistrato che deve
giudicare i giovani, per potenziare sempre di più la
funzione rieducativa della pena e creare un rapporto
diretto con le famiglie. Si vogliono abolire i tribunali
per i minorenni ed a sostituirli saranno sezioni,
specializzate per la famiglia e per i minori, che
verranno istituite presso Tribunali e Corti di Appello.
Saranno rivoluzionati sia il settore civile che quello
penale. Tali sezioni saranno chiamate a decidere in
materia di formazione e rettificazione degli atti di
stato civile, per quanto riguarda i procedimenti di
interdizione, inabilitazione, assenza e morte presunta e
trattamenti sanitari obbligatori, che rientrino nella
competenza dell’autorità giudiziaria. Inoltre, le
sezioni si occuperanno anche di separazioni o di
ricoveri di persone colpite da malattie psichiche.
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