Concordato fallimentare – Curatore
fallimentare – Ruolo processuale del curatore
nell’ambito del giudizio di omologazione – Qualità di
parte sostanziale – Esclusione – Conseguente carenza di
legittimazione del curatore al reclamo contro il decreto
che decide sull’omologazione del concordato
fallimentare.
In fase di omologazione del
concordato fallimentare è irrilevnte il parere negativo
espresso dal curatore fallimentare, che non è
legittimato a proporre reclamo contro il decreto di
omologazione2
Nell’ambito del fallimento di
un’importante s.p.a. viene avanzata una proposta di
concordato fallimentare da uno dei soggetti coinvolti.
Immediatamente dopo il deposito ma prima del voto dei
creditori il curatore esprime un parere favorevole sulla
proposta, ma il Tribunale respinge la proposta. In
secondo grado invece la Corte d’Appello omologa con
decreto il concordato, che viene subito impugnato, tra
gli altri dalla stessa curatela fallimentare. Al di là
dell’eccentricità di un curatore fallimentare che
propone ricorso contro un decreto di omologazione di un
concordato che lui stesso aveva approvato (o meglio,
aveva espresso un parere favorevole), rientra tra i
poteri del curatore l’impugnazione del concordato?
La soluzione al quesito è fornita
dalla Corte di Cassazione in un obiter dictum
nell’ambito di una pronuncia che si occupa
principalmente della legittimità o meno della
suddivisione in classi dei creditori, e la questione
della legittimità dell’intervento del curatore viene
trattata solo incidentalmente, ma presenta profili
interessanti che meritano un approfondimento.
Nel confuso quadro normativo il
potere del curatore di proporre o intervenire nel
reclamo contro l’omologazione non viene né ammesso né
vietato, ma la Corte d’Appello ha dichiarato legittimo
il suo intervento sulla base di un’interpretazione
dell’art. 131 LF (nel testo aggiornato dal DLGS 5/2006)
che, nell’elencare i soggetti cui notificare il decreto
di fissazione dell’udienza di discussione del reclamo,
indica “il curatore e le altre parti”, interpretando
l’aggettivo altre come ulteriori rispetto al curatore,
da considerarsi parte anche esso. Tale interpretazione
costituisce un ottimo tentativo di dare un significato
certo a norme ambigue, come spesso succede, ma non porta
necessariamente al risultato corretto. Innanzitutto la
stessa Corte d’Appello sembra glissare sul punto se il
curatore debba considerarsi parte solo in senso
processuale o anche in senso sostanziale, e non è
questione da poco.
L’interpretazione corretta -o
meglio la più corretta- da dare all’espressione “alle
altre parti” è ulteriori rispetto alla parte necessaria,
ossia il ricorrente stesso.
Tale dubbio interpretativo viene
risolto dal legislatore stesso con un intervento
successivo3, perché col DLGS 169/2007 la formulazione
della norma cambia, nel senso che il decreto non deve
essere notificato al fallito, al proponente o agli
opponenti se sono loro stessi che hanno proposto il
reclamo. L’esclusione del curatore dall’elenco non può
avere altra spiegazione se non che lo stesso non può
proporre reclamo: che senso avrebbe, altrimenti,
l’autonotifica del curatore a sé stesso, quando viene
esclusa per gli altri?
Il curatore fallimentare, in
realtà, non è né parte processuale né parte sostanziale,
ma è una parte sui generis. E’ certamente un organo
della procedura che interviene in funzione pubblicistica
come soggetto dotato di poteri di gestione e di
consulente del giudice, quindi potremmo parlare di
“ufficio” di curatore fallimentare, intendendo
l’espressione nel senso più squisitamente tecnico4.
I poteri del curatore, anche
processuali, non sono quindi comparabili a quelli delle
altre parti private, ma sono diversi, e comprendono il
potere di impugnazione solo se una norma glielo
riconosca espressamente (e così non è, come abbiamo
visto). Nel concordato fallimentare, in particolare, il
curatore ha una serie di poteri che non comprendono
iniziative processuali, ma semmai la qualità di
contradditore processuale necessario, che è cosa ben
diversa. Tale ruolo discende dall’essere il
rappresentante della massa dei creditori o, come si
dice, della procedura, sebbene i creditori stessi, veri
titolari dell’interesse sostanziale, possano intervenire
autonomamente per tutelare i loro diritti, e con pieni
poteri. Dal ruolo del curatore non discende la sua
legittimazione a proporre opposizione al decreto di
omologazione, neppure nel caso di parere contrario, e il
motivo è che tale potere non gli viene riconosciuto
dalla legge.
Ovviamente dall’assenza di
legittimazione attivo a proporre reclamo contro il
decreto di omologazione discende anche l’assenza di
legittimazione in tutti i gradi successivi.
La fattispecie trattata dalla
Suprema Corte era curiosa anche perché il curatore, come
già accennato, aveva in un primo momento espresso un
parere favorevole alla proposta di concordato.
Il curatore è infatti chiamato a
pronunciarsi due volte sulla proposta di concordato: una
prima volta subito dopo il deposito della proposta
stessa e una seconda nell'ambito del giudizio di
omologazione e dopo l'approvazione da parte dei
creditori; tuttavia l'esistenza di una parere favorevole
(così come di quello del comitato dei creditori per la
disciplina attuale) è condizione di procedibilità solo
con riferimento alla fase anteriore alla votazione dei
creditori in quanto viene espressamente previsto che il
giudice delegato ordini la comunicazione della proposta
ai creditori "acquisito il parere favorevole del
curatore" (art. 125 LF); nessun richiamo al contenuto
del parere del curatore è invece rinvenibile nell'art.
129 LF per quanto concerne il giudizio di omologazione e
l'assenza è del tutto ovvia dal momento che detto parere
è unicamente rivolto al tribunale che deve decidere
sull'omologazione ma non può certo avere l'effetto di
rendere inefficace l'avvenuta approvazione da parte dei
creditori bloccando la procedura o condizionandone
l'esito. E' dunque del tutto irrilevante sotto il
profilo della procedibilità la valutazione della
proposta operata dal curatore nella fase
dell'omologazione, positiva o negativa che sia.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
AAVV, Commentario Scialoja-Branca
alla legge fallimentare; Tedeschi, Manuale di diritto
fallimentare, 2001; Vassalli, Diritto Fallimentare, I,
II, 1997; Inzitari, Sospensione del contratto per
sopravvenuto fallimento ed incerti poteri autorizzativi
del comitato dei creditori, in Contratto e impresa 2007,
1.
1 Pubblicata su
http://www.ilfallimento.it/?p=506
2 Massima dell’autore
3 V. anche Cass. Civ. 22150/2010
4 V., a proposito del commissario
giudiziale, Cass. Civ. 9/5/2007 n. 10632; Cass. Civ.
9/2/2007 n. 2886 |