“ L'amministratore del condominio
raffigura un ufficio di diritto privato assimilabile al
mandato con rappresentanza: con la conseguente
applicazione, nei rapporti tra l'amministratore e
ciascuno dei condomini, delle disposizioni sul mandato”
(Cass. SS.UU. 8 aprile 2008 n. 9148). Questa la
pressoché unanime indicazione proveniente dalla
giurisprudenza (di merito e di legittimità) e dalla
dottrina.
La nomina dell’amministratore è
obbligatoria in quelle compagini con almeno cinque
partecipanti (art. 1129 c.c.). Resta, invece,
facoltativa per i condomini di minori dimensioni (i così
detti condomini minimi o piccoli condomini). In entrambi
in casi, indipendentemente dal fatto che la sua nomina
avvenga in prima o seconda convocazione, la
deliberazione è da ritenersi validamente assunta se in
relazione a questa decisione è votata da un numero di
condomini pari alla maggioranza dei partecipanti
all’assemblea che rappresentino almeno la metà del
valore millesimale dell’edificio (art. 1136, secondo e
quarto comma, c.c.).
Nel caso di nomina obbligatoria,
per evitare che l’immobilismo dell’assemblea comporti
una impossibilità di giungervi ugualmente, il codice
civile prevede che ogni condomino (singolarmente
considerato) possa rivolgersi all’Autorità Giudiziaria
(vale a dire al Tribunale del luogo in cui è ubicato
l’edificio in condominio) affinché la stessa provveda in
sostituzione dell’organo condominiale.
Si tratta d’un ricorso di
volontaria giurisdizionale, la cui funzione sostitutiva
non vanifica i poteri dell’assemblea sul punto. In
sostanza se il Tribunale, a seguito del ricorso di un
comproprietario, nomina Caio come amministratore,
l’assemblea subito dopo può intervenire per sostituirlo
nominando altro soggetto.
Per ricapitolare i requisiti per
chiedere la nomina dell’amministratore da parte
dell’Autorità Giudiziaria sono due:
a) compagine composta da almeno
cinque condomini;
b) inerzia dell’assemblea rispetto
alla questione.
In sostanza il condomino ricorrente
dovrà dar prova che l’assise pur chiamata a decidere sul
punto (anche per una sola volta) non abbia disposto
nulla.
Che cosa accade se l’assemblea non
viene convocata perché si ha il fondato sospetto che
tale riunione porterebbero comunque ad una “fumata
nera”? Riguardo, proprio in relazione al ricorso per la
nomina, in una lontana sentenza di merito s’è detto che
sta al ricorrente, al fine di ottenere un provvedimento
di nomina, dare “ la prova del disaccordo paralizzante”
(Corte d’App. di Milano 2 aprile 1976 in Rezzonico,
Manuale del Condominio, Sole24Ore, 2008).
Che cosa accade, invece, se la
nomina viene deliberata dall’assemblea ma la
deliberazione è potenzialmente invalida (si pensi
all’omessa convocazione di uno dei comproprietari o al
mancato rispetto del termine libero che deve
intercorrere tra comunicazione svolgimento dell’adunanza
indicato dalla legge o dal regolamento condominiale)?
In tal caso il condomino può
ricorrere deducendo tale invalidità e contemporaneamente
chiedere la nomina giudiziale dell’amministratore?
La risposta è negativa.
Il perché è ben spiegato dal
Tribunale di Modena, che con una propria pronuncia dello
scorso febbraio ha spiegato che nel caso di nomina
assembleare è impossibile il ricorso per la nomina
giudiziale “ in quanto l'avvenuta formazione di una
maggioranza, benché in, ipotesi viziata, elude la
sussistenza dell'impossibilità di funzionamento
assembleare di cui all'art. 1129 c.c.”(Trib. Modena 21
febbraio 2011).
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Avv. Alessandro Gallucci |