Con il Decreto Legislativo n. 28 del 4 Marzo 2010,
l’attuale Governo ha introdotto una sensibile novità di
riforma del processo civile.
Si tratta dell’istituto della mediazione civile e
commerciale che si pone quale obiettivo principale
quello di ridurre il flusso in ingresso di nuove cause
nel sistema Giustizia. Obiettivo del Ministro Alfano è
quello di offrire al cittadino uno strumento più
semplice e veloce con tempi e costi certi.
La riforma “Alfano” poggia sulla direttiva Europea n.
2008/52/CE che prevede una tutela dei Consumatori e
delle Piccole Imprese da realizzarsi attraverso il
miglioramento dell’accesso alla giustizia e garantendo i
valori di libertà, sicurezza e giustizia.
Gli elementi soggettivi ed oggettivi cardine della
precitata riforma sono senza dubbio :
Le materie oggetto di mediazione obbligatoria;
La condizione di procedibilità.
Il mediatore;
La mediazione;
La proposta del mediatore;
L’art. 13 del D.lgs. 28/2010 e le spese di
mediazione;
Le agevolazioni fiscali.
LE MATERIE OGGETTO DI MEDIAZIONE OBBLIGATORIA
L’art.5 del D.Lgs. 28/2010 indica le materie che devono
necessariamente essere oggetto di mediazione :
“Chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa
ad una controversia in materia di condominio, diritti
reali, divisione, successioni ereditarie, patti di
famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende,
risarcimento del danno derivante dalla circolazione di
veicoli e natanti, da responsabilita’ medica e da
diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo
di pubblicita’, contratti assicurativi, bancari e
finanziari, e’ tenuto preliminarmente a esperire il
procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto
ovvero il procedimento di conciliazione previsto dal
decreto legislativo 8 ottobre 2007, n. 179, ovvero il
procedimento istituito in attuazione dell’articolo
128-bis del testo unico delle leggi in materia bancaria
e creditizia di cui al decreto legislativo 1° settembre
1993, n. 385, e successive modificazioni, per le materie
ivi regolate”.
L’obbligatorietà per le numerosissime controversie in
materia di condominio e risarcimento del danno derivante
dalla circolazione di veicoli e natanti è stata
differita al 20 marzo 2012.
LA CONDIZIONE DI PROCEDIBILITA’
L’esperimento del procedimento di mediazione e’
condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L’improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto, a
pena di decadenza, o rilevata d’ufficio dal giudice, non
oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la
mediazione e’ gia’ iniziata, ma non si e’ conclusa,
fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine
di cui all’articolo 6. Allo stesso modo provvede quando
la mediazione non e’ stata esperita, assegnando
contestualmente alle parti il termine di quindici giorni
per la presentazione della domanda di mediazione. Il
presente comma non si applica alle azioni previste dagli
articoli 37, 140 e 140-bis del codice del consumo di cui
al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e
successive modificazioni.
In sostanza, incardinato il giudizio e rilevato il
mancato esperimento del tentativo obbligatorio di
mediazione, non si avrà una sospensione del procedimento
né, tantomeno, una interruzione dello stesso. Il
Giudice, infatti, si limiterà ad un mero rinvio ad una
data successiva al termine previsto per la fine del
procedimento di mediazione (quattro mesi).
IL MEDIATORE
Ai sensi dell’art. 1, Capo I del D.Lgs. n. 28/2010, il
mediatore è “la persona o le persone fisiche che,
individualmente o collegialmente, svolgono la mediazione
rimanendo prive, in ogni caso, del potere di rendere
giudizi o decisioni vincolanti per i destinatari del
servizio medesimo”.
Per poter diventare mediatore professionista, il Decreto
ministeriale n. 180 del 18 Ottobre 2010, all’art. 3,
detta inoltre quali siano i i requisiti di
qualificazione dei mediatori.
I
mediatori devono, infatti :
a) possedere un titolo di studio non inferiore al
diploma di laurea universitaria triennale ovvero, in
alternativa, devono essere iscritti a un ordine o
collegio professionale;
b) il possesso di una specifica formazione e di uno
specifico aggiornamento almeno biennale, acquisiti
presso gli enti di formazione in base all’articolo 18;
c) il possesso, da parte dei mediatori, dei seguenti
requisiti di onorabilità:
a. non avere riportato condanne definitive per delitti
non colposi o a pena detentiva non sospesa;
b. non essere incorso nell'interdizione perpetua o
temporanea dai pubblici uffici;
c. non essere stato sottoposto a misure di prevenzione o
di sicurezza;
d. non avere riportato sanzioni disciplinari diverse
dall'avvertimento;
Il mediatore deve sottoscrivere, per ciascun affare per
il quale e’ designato, una dichiarazione di
imparzialita’ secondo le formule previste dal
regolamento di procedura applicabile, nonche’ gli
ulteriori impegni eventualmente previsti dal medesimo
regolamento.
Il Mediatore, quindi, deve avere i requisiti di
imparzialità ed indipendenza.
Critiche ha suscitato la previsione che per diventare
Mediatore sia sufficiente possedere un titolo di studio
non inferiore al diploma di laurea universitaria
triennale ovvero che, in alternativa, debbano essere
iscritti a un ordine o collegio professionale.
Tali critiche, condivise, peraltro, dallo scrivente,
muovono dal presupposto che la mediazione non debba
essere solo un semplice accordo tra le parti ma debba
avere il significato intrinsecamente più importante, di
costituire una forma di realizzazione del diritto, al
fine di comporre una controversia. Volta, cioè, a
realizzare la libertà umana. Il Mediatore, con la sua
funzione, realizza un equilibrio tra le parti,
costruendolo mediante la forma più primordiale :
l’accordo. Ristabilisce il diritto tramite l’accordo.
Il Mediatore, pertanto, è (rectius, dovrebbe essere)
esclusivamente un giurista, posto che tale figura
professionale deve (rectius, dovrebbe) avere una sua
deontologia professionale che presuppone che per cercare
di realizzare il diritto, il Mediatore debba conoscere
il diritto.
Ecco perché, ritiene lo scrivente, unitamente ai
requisiti di imparzialità ed indipendenza, la legge
avrebbe dovuto aggiungere anche il requisito della
competenza professionale del mediatore.
LA MEDIAZIONE
La mediazione può essere:
a. facoltativa, e cioé scelta dalle parti;
b. demandata, quando il giudice, cui le parti si siano
già rivolte, invita le stesse a tentare la mediazione;
la mediazione demandata si distingue a sua volta in :
Obbligatoria : laddove il Giudice abbia verificato
la mancanza del preventivo di mediazione;
Facoltativa : il Giudice, anche nel giudizio del
grado di Appello, fino alla precisazione delle
conclusioni, può invitare le parti a tentare una
mediazione. Le parti, tuttavia, non sono obbligate e ben
potrebbero rifiutarsi e “volere” una sentenza.
Differita : si realizza nei casi in cui, per
esigenze cautelari, pur se in presenza di materie
oggetto di mediazione obbligatoria, la mediazione venga
differita ad un momento successivo (nei casi di
convalide di sfratti, ingiunzioni di pagamento etc).
c. obbligatoria, quando per poter procedere davanti al
giudice, le parti debbono aver tentato senza successo la
mediazione e cioè nelle controversie che abbiano ad
oggetto le materie di cui all’art. 5 del D. Lvo 28/2010;
d. facilitativa, e cioè quella in cui il compito del
mediatore è quello “puro” di far trovare un accordo tra
le parti;
e. aggiudicativa, e cioè quella che si concretizza con
la formulazione della proposta da parte del mediatore
incaricato.
La domanda di mediazione relativa alle controversie per
le quali è stata prevista l’obbligatorietà, e’
presentata mediante deposito di un’istanza presso un
organismo. In caso di piu’ domande relative alla stessa
controversia, la mediazione si svolge davanti
all’organismo presso il quale e’ stata presentata la
prima domanda. Per determinare il tempo della domanda si
ha riguardo alla data della ricezione della
comunicazione.
Tra i principi ispiratori della riforma della Giustizia,
così come concepita, vi è sicuramente quello di
demandare la competenza del procedimento di mediazione,
esclusivamente ad Organismi che devono avere idonei
requisiti, garantendo all’Utente finale la libera scelta
dell’Organismo. Si rappresenta, infatti, che nella
mediazione civile non vi è alcun aggancio con le norme
di procedura civile che regolano la competenza
territoriale.
Ricevuta l’istanza di mediazione, il responsabile
dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo
incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal
deposito della domanda. La domanda e la data del primo
incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo
idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della
parte istante.
Nella prassi, anche la parte istante potrebbe essere
onerata ai fini della precitata comunicazione.
Ciò in quanto, ai fini della prescrizione e della
decadenza del diritto che si vuol far valere, gli
effetti si compiono dal momento in cui si perfeziona la
comunicazione. Ecco perché, in taluni casi, è interesse
(e pertanto diventerebbe anche onere) della parte
istante, assicurarsi che la comunicazione giunga al
destinatario correttamente. Se la comunicazione non si
perfezionasse, infatti, potrebbero astrattamente
maturare la prescrizione o la decadenza del diritto, con
grave danno per la parte istante e la configurabilità di
una responsabilità in capo all’Organismo.
Altro elemento di rilevante importanza è che dalla
mancata partecipazione senza giustificato motivo al
procedimento di mediazione il giudice puo’ desumere
argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi
dell’articolo 116, secondo comma, del codice di
procedura civile.
Il procedimento si svolge senza formalita’ presso la
sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato
dal regolamento di procedura dell’organismo.
Secondo quanto disposto dall’art. 7 del Decreto
Ministeriale n. 180/2010, comma 4, il regolamento
interno dell’Ente di Mediazione può prevedere che
l’accesso alla mediazione si svolga elusivamente
attraverso modalità telematiche.
Il mediatore si adopera affinche’ le parti raggiungano
un accordo amichevole di definizione della controversia.
Il mediatore professionista ha il dovere di riservatezza
rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni
acquisite durante il procedimento di mediazione.
Rispetto alle dichiarazioni rese e alle informazioni
acquisite nel corso delle sessioni separate e salvo
consenso della parte dichiarante o dalla quale
provengono le informazioni, il mediatore e’ altresi’
tenuto alla riservatezza nei confronti delle altre
parti. Il mediatore è un professionista con requisiti di
terzieta’. Conseguentemente, il Mediatore che violi tali
principi di riservatezza sarà ritenuto responsabile,
salvo che ci sia stato il preventivo consenso delle
parti che abbiano espressamente autorizzato il Mediatore
ad esporre quanto acquisito in sede di mediazione.
E’ prevista, inoltre, la possibilità di richiedere un
accesso agli atti che sono stati messi a disposizione
del mediatore.
Parimenti, è data facoltà alle parti di mettere a
disposizione documentazione in favore del solo
mediatore, e non anche a conoscenza dell’altra parte.
L’organismo dove il mediatore presta la sua opera è
vigilato dal Ministero della giustizia.
A
seguito dell’istanza scritta presentata e della
comunicazione del primo incontro, potrebbe verificarsi
il caso che la controparte “chiamata” non aderisca alla
convocazione in mediazione. In tale caso, si ritiene che
il Mediatore debba certificare che la mediazione è
fallita e, conseguentemente, dal giorno successivo la
parte istante potrà citare in giudizio la sua
controparte.
Potrebbe, altresì, verificarsi il caso in cui solo
alcune delle controparti “chiamate” aderiscano ed altre
no. Si ritiene, in questo caso, che il procedimento di
mediazione possa seguire il suo corso nei limiti in cui
sia possibile prevedere il raggiungimento di un accordo
parziale.
Nel caso, invece, in cui la controparte “chiamata”
aderisca, essa pagherà la sua quota relativa al costo di
adesione alla mediazione e all’onorario del mediatore e
la mediazione procederà come previsto. Si precisa che,
così come l’istanza, anche l’adesione deve essere in
forma scritta.
LA PROPOSTA DEL MEDIATORE
Secondo quanto previsto dall’art. 11 del decreto
Legislativo in oggetto, in caso di accordo, viene si
forma processo verbale al quale e’ allegato il testo
dell’accordo medesimo. Il verbale di accordo, il cui
contenuto non e’ contrario all’ordine pubblico o a norme
imperative, e’ omologato, su istanza di parte e previo
accertamento anche della regolarita’ formale, con
decreto del presidente del tribunale nel cui circondario
ha sede l’organismo. Esso costituisce titolo esecutivo
per l’espropriazione forzata, per l’esecuzione in forma
specifica e per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
La proposta di conciliazione e’ comunicata alle parti
per iscritto. Le parti fanno pervenire al mediatore, per
iscritto ed entro sette giorni, l’accettazione o il
rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel
termine, la proposta si ha per rifiutata. Salvo diverso
accordo delle parti, la proposta non puo’ contenere
alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle
informazioni acquisite nel corso del procedimento.
Se con l’accordo le parti concludono uno dei contratti o
compiono uno degli atti previsti dall’articolo 2643 del
codice civile, per procedere alla trascrizione dello
stesso la sottoscrizione del processo verbale deve
essere autenticata da un pubblico ufficiale a cio’
autorizzato.
Sono, inoltre, ipotizzati accordi che prevedano delle
penali in caso di inadempimento. Infatti, l’accordo
raggiunto, anche a seguito della proposta, puo’
prevedere il pagamento di una somma di denaro per ogni
violazione o inosservanza degli obblighi stabiliti
ovvero per il ritardo nel loro adempimento.
Se la conciliazione non riesce, il mediatore forma
processo verbale con l’indicazione della proposta; il
verbale e’ sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il
quale certifica l’autografia della sottoscrizione delle
parti o la loro impossibilita’ di sottoscrivere. Nello
stesso verbale, il mediatore da’ atto della mancata
partecipazione di una delle parti al procedimento di
mediazione.
Di particolare rilevanza, assume invece l’ipotesi in cui
l’accordo non e’ raggiunto. In tali casi, infatti “il
mediatore puo’ formulare una proposta di conciliazione”.
E’ data facoltà, pertanto, al mediatore, di formulare
una proposta. Differente è, invece, il caso in cui siano
le parti congiuntamente a farne concorde richiesta. In
tale casi, infatti, “il mediatore formula una proposta
di conciliazione se le parti gliene fanno concorde
richiesta in qualunque momento del procedimento. Prima
della formulazione della proposta, il mediatore informa
le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo
13.”
Ciò significa che, laddove il mediatore formuli una
proposta, o perché può o perchè debba, le parti dovranno
essere rese edotte delle conseguenze che la proposta,
così come formulata dal mediatore, possono avere nel
successivo eventuale processo giudiziario.
Poco chiara appare la possibilità, concessa dalla
riforma, che il regolamento dell’Ente possa prevedere
che la proposta possa essere addirittura formulata da un
altro Mediatore, diverso da quello incaricato
originariamente.
Come già detto, il Mediatore non decide. Poiché compito
del Mediatore è quello di cercare di dirimere un
conflitto e trovare un accordo tra le parti che prevenga
un futuro contenzioso, Egli (il Mediatore), nel
formulare la sua proposta potrebbe anche andare oltre il
chiesto (differentemente a quanto, invece, deve
attenersi il Giudice che deve rispettare il principio di
uguaglianza tra chiesto e pronunciato).
Sebbene la norma sia poco chiara, si ritiene che nella
fase della trattativa (quindi nel corso degli incontri
di mediazione), la parte possa delegare il suo
rappresentante munito di “semplice” procura.
Al momento, invece, della formalizzazione e
sottoscrizione dell’accordo, la parte dovrà essere
presente personalmente, o, al contrario, conferire
idonea procura notarile al rappresentante.
L’ART. 13 DEL D.LGS. 28/2010 E LE SPESE DI MEDIAZIONE
Ai fini della condanna al pagamento delle spese di lite
che, secondo le ordinarie regole di procedura civile,
dovrebbero seguire la soccombenza, occorre tenere bene a
mente, tuttavia, che l’art.13 del D.Lgvo in questione
statuisce che “Quando il provvedimento che definisce il
giudizio corrisponde interamente al contenuto della
proposta, il giudice esclude la ripetizione delle spese
sostenute dalla parte vincitrice che ha rifiutato la
proposta, riferibili al periodo successivo alla
formulazione della stessa, e la condanna al rimborso
delle spese sostenute dalla parte soccombente relative
allo stesso periodo, nonche’ al versamento all’entrata
del bilancio dello Stato di un’ulteriore somma di
importo corrispondente al contributo unificato dovuto.
Resta ferma l’applicabilita’ degli articoli 92 e 96 del
codice di procedura civile. Le disposizioni di cui al
presente comma si applicano altresi’ alle spese per
l’indennita’ corrisposta al mediatore e per il compenso
dovuto all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4.”.
A
rischio anche il costo del mediatore. Infatti, il
secondo comma del famigerato art. 13, peraltro, prevede
che “Quando il provvedimento che definisce il giudizio
non corrisponde interamente al contenuto della proposta,
il giudice, se ricorrono gravi ed eccezionali ragioni,
puo’ nondimeno escludere la ripetizione delle spese
sostenute dalla parte vincitrice per l’indennita’
corrisposta al mediatore e per il compenso dovuto
all’esperto di cui all’articolo 8, comma 4. Il giudice
deve indicare esplicitamente, nella motivazione, le
ragioni del provvedimento sulle spese di cui al periodo
precedente”.
Si ricorda, inoltre, che le parti devono anticipare le
spese di avvio del procedimento, pari ad € 40 (ma gli
Enti hanno facoltà di derogare) e pagare le spese di
mediazione. L’importo delle spese dovute agli organismi
pubblici è indicato nella tabella A del decreto
ministeriale n. 180 del 2010 prevista dall’articolo 16,
comma 4. La mediazione è totalmente gratuita per i
soggetti che nel processo beneficiano del gratuito
patrocinio (soggetti meno abbienti), in tal caso
all’organismo non è dovuta alcuna indennità.
In merito alle indennità spettanti al mediatore,
inoltre, l’art. 16 del D.M. 180/2010 prevede che
l’importo massimo delle spese di mediazione :
a) può essere aumentato in misura non superiore a un
quinto tenuto conto della particolare importanza,
complessità o difficoltà dell'affare;
b) deve essere aumentato in misura non superiore a un
quinto in caso di successo della mediazione;
c) deve essere aumentato di un quinto nel caso di
formulazione della proposta ai sensi dell’articolo 11
del decreto legislativo;
d) deve essere ridotto di un terzo nelle materie di cui
all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo;
e) deve essere ridotto di un terzo quando nessuna delle
controparti di quella che ha introdotto la mediazione,
partecipa al procedimento.
Certamente, l’art. 13, così come l’intero istituto della
mediazione civile e commerciale, appare non immune da
critiche. Non prevedendo, il testo di legge, la
necessaria assistenza di un legale che assista e
rappresenti la parte nel procedimento di mediazione,
nulla, conseguentemente, viene previsto in tema di spese
di assistenza legale nel corso della mediazione. Ciò
postula che, evidentemente, chi volesse farsi tutelare e
rappresentare da un legale nel procedimento in oggetto,
dovrà sostenere degli ulteriori costi.
L’art. 13 sembra identificarsi esclusivamente con tutte
le ipotesi in cui la materia del contendere sia di
natura creditoria.
Inoltre, la previsione di cui all’art. 13 secondo comma,
fa decisamente discutere. “Quando il provvedimento che
definisce il giudizio non corrisponde interamente al
contenuto della proposta..” apre la strada alla
discrezionalità del Giudice. Cosa debba intendersi per
“non corrisponde interamente”? Si ponga il caso di una
proposta con contenuto pari ad euro 5.000,00 e un
successivo provvedimento del Giudice (sentenza) che dia
ragione all’attore e condanni il convenuto a pagare la
somma (minore di 5.000,00) di euro 4.000,00. Siamo di
fronte ad un provvedimento del Giudice che definisce il
giudizio e che non corrisponde interamente al contenuto
della proposta? Perchè se così fosse, il Giudice dovrà
attenersi alle disposizioni di cui all’art. 13 comma 1^.
Se, come invece ritiene lo scrivente, tale fattispecie
rientri nella previsione di cui al secondo comma
dell’art. 13, allora la parte vittoriosa sarà immune dai
provvedimenti negativi previsti dal primo comma del
precitato art. 13.
L’art. 13, sostanzialmente, avrà rilevanza laddove si
discuterà del quantum e non dell’an.
LE AGEVOLAZIONI FISCALI
Il Decreto Legislativo n. 28/2010 prevede degli
incentivi per chi ricorre alla mediazione che si
sostanziano in un credito d’imposta.
Infatti, alle parti che corrispondono l'indennità di
mediazione presso gli organismi è riconosciuto, in caso
di successo della mediazione, un credito d'imposta fino
a concorrenza di € 500 e, in caso di insuccesso della
mediazione, € 250.
Il verbale di accordo è esente dall’imposta di registro
sino alla concorrenza del valore di € 50.000.
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