di Maurizio Villani, Paola Rizzelli
Se non si dubita della
costituzionalita' dell'art. 68 del D. Lgs. 31 dicembre
1992, n. 546, allora non si puo' dubitare
dell'esclusione della sospensione delle sentenze
tributarie.
Con l’ordinanza n. 80/23/11,
pronunciata il 24 marzo 2011 e depositata il 28 aprile
scorso, la Sez. 23ª della CTR di Bari – Sez. staccata di
Lecce si è pronunciata in merito alla possibile
sospensione in appello della sentenza emessa in primo
grado.
Ebbene, l’ordinanza in commento si
profila particolarmente interessante perché con essa i
giudici pugliesi hanno espresso il loro disappunto in
merito alla sentenza n. 217/2010, emessa dalla Corte
Costituzionale sull’argomento.
La questione rimessa al Giudice
delle Leggi riguardava la legittimità dell’art. 49 del
D.Lgs. n. 546/1992 perché ritenuto in contrasto con gli
articoli 3, 23, 24, 111 e 113 della Costituzione, nonché
- quale norma interposta all'art. 10 Cost. - con l'art.
6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei
diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.
Ciò poiché l'art. 49, D.Lgs n.
546/92 dispone che "alle impugnazioni delle sentenze
delle commissioni tributarie si applicano le
disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del
codice di procedura civile, escluso l'art. 337 e fatto
salvo quanto disposto nel presente decreto".
A sua volta, poi, l'art. 337
c.p.c., nel disporre che “l’esecuzione della sentenza
non è sospesa per effetto dell'impugnazione di essa”, fa
salvi i casi disciplinati dagli articoli 283, 373, 401 e
407 del c.p.c..
L’eccepita incostituzionalità,
secondo la Commissione rimettente, andrebbe ravvisata
nel fatto che la suddetta previsione, nell'escludere
l'applicabilità alle impugnazioni nel processo
tributario dell'art. 337 c.p.c., sembrerebbe, altresì,
escludere anche gli articoli in esso menzionati, tra i
quali è compreso l'art. 373 c. p.c. che prevede la
possibilità per la parte, qualora dall'esecuzione della
sentenza impugnata possa derivare un danno grave e
irreparabile, di presentare istanza di sospensione al
giudice che ha pronunciato la sentenza il quale, con
ordinanza non impugnabile, può disporre che l'esecuzione
sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.
Ebbene, ciò premesso, nel
dichiarare inammissibile la questione di legittimità
costituzionale dell'art. 49, comma 1, D.Lgs. 31 dicembre
1992, n. 546, la Corte tuttavia fornisce
un’interpretazione alternativa di detta norma secondo la
quale "il contenuto normativo dell'art. 337 cod. proc.
civ. (inapplicabile al processo tributario, per
l'espresso disposto della norma censurata) è costituito
da una regola («L'esecuzione della sentenza non è
sospesa per effetto dell'impugnazione di essa») e da una
eccezione alla stessa regola («salve le disposizioni
degli artt. [...] 373 [...]»)”, conseguentemente,
secondo la Corte, “l’inapplicabilità al processo
tributario - in forza della disposizione censurata -
della regola, sostanzialmente identica, contenuta
nell'art. 337 cod. proc. civ. e nel primo periodo del
primo comma dell'art. 373 dello stesso codice, non
comporta necessariamente l'inapplicabilità al processo
tributario anche delle sopraindicate "eccezioni" alla
regola e, quindi, non esclude di per sé la
sospendibilità ope iudicis dell'esecuzione della
sentenza di appello impugnata per cassazione”.
Pertanto, seguendo lo stesso
percorso argomentativo della Corte Costituzionale,
secondo il quale l'esclusione dell’applicabilità della
regola contenuta nell'art. 337 del c.p.c., così come
richiamato dall’art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992, non
comporta necessariamente l'inapplicabilità al processo
tributario anche delle eccezioni in esso contenute, si
avrebbe l’applicabilità dell'art. 283 c.p.c. (norma
anch'essa prevista dall'art. 337 c.p.c. come eccezione
alla sua applicazione), ai sensi del quale "il giudice
d'appello su istanza di parte, proposta con
l'impugnazione principale o con quella incidentale,
quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in
relazione alla possibilità di insolvenza di una delle
parti, sospende in tutto o in parte l'efficacia
esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata, con o
senza cauzione".
Invece, secondo i giudici pugliesi,
“nell'esercizio della discrezionalità di cui gode in
subiecta materia, con gli artt. 68 e 69 D.Lgs., 546 cit.
(e 19, D.Lgs. n. 472/1997 per le sanzioni) il
legislatore ha temperato la non sospendibilità con la
graduazione dell'esecutività delle sentenze di rigetto
(totale o parziale) in funzione del grado in cui sono
pronunciate".
In ragione di ciò, quindi, secondo
loro, non sarebbe stato inutile che la Corte
Costituzionale, in tale pronuncia, avesse fatto cenno
all'art. 68 cit. giacché “questa disposizione è la cifra
della ragionevolezza del sistema”. Ed inoltre “c'è un
legame indubbio, nel contemperamento di contrapposte
posizioni costituzionalmente garantite, tra l'esclusione
della sospensione e la progressione esecutiva (dai due
terzi all'intero) delle sentenze favorevoli in toto o in
parte all'amministrazione”.
Conseguentemente, non essendo stata
messa in discussione la compatibilità costituzionale
dell'art. 68 cit., essi concludono disponendo che non
c'é nemmeno spazio per dubitare dell'esclusione della
sospendibilità de qua.
Sullo stesso argomento:
- M.Villani, P.Rizzelli, "", il
Quotidiano IPSOA del 29 giugno 2010.
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