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Disappunto per la sentenza n. 217/2010 della Consulta-No alla sospensione dell'esecutivita' della sentenza tributaria-(Ordinanza Commissione tributaria regionale Puglia 28/04/2011, n. 80)-Ipsoa.it

 

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di Maurizio Villani, Paola Rizzelli

Se non si dubita della costituzionalita' dell'art. 68 del D. Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, allora non si puo' dubitare dell'esclusione della sospensione delle sentenze tributarie.

 

Con l’ordinanza n. 80/23/11, pronunciata il 24 marzo 2011 e depositata il 28 aprile scorso, la Sez. 23ª della CTR di Bari – Sez. staccata di Lecce si è pronunciata in merito alla possibile sospensione in appello della sentenza emessa in primo grado.

 

Ebbene, l’ordinanza in commento si profila particolarmente interessante perché con essa i giudici pugliesi hanno espresso il loro disappunto in merito alla sentenza n. 217/2010, emessa dalla Corte Costituzionale sull’argomento.

 

La questione rimessa al Giudice delle Leggi riguardava la legittimità dell’art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992 perché ritenuto in contrasto con gli articoli 3, 23, 24, 111 e 113 della Costituzione, nonché - quale norma interposta all'art. 10 Cost. - con l'art. 6, comma 1, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali.

 

Ciò poiché l'art. 49, D.Lgs n. 546/92 dispone che "alle impugnazioni delle sentenze delle commissioni tributarie si applicano le disposizioni del titolo III, capo I, del libro II del codice di procedura civile, escluso l'art. 337 e fatto salvo quanto disposto nel presente decreto".

 

A sua volta, poi, l'art. 337 c.p.c., nel disporre che “l’esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione di essa”, fa salvi i casi disciplinati dagli articoli 283, 373, 401 e 407 del c.p.c..

 

L’eccepita incostituzionalità, secondo la Commissione rimettente, andrebbe ravvisata nel fatto che la suddetta previsione, nell'escludere l'applicabilità alle impugnazioni nel processo tributario dell'art. 337 c.p.c., sembrerebbe, altresì, escludere anche gli articoli in esso menzionati, tra i quali è compreso l'art. 373 c. p.c. che prevede la possibilità per la parte, qualora dall'esecuzione della sentenza impugnata possa derivare un danno grave e irreparabile, di presentare istanza di sospensione al giudice che ha pronunciato la sentenza il quale, con ordinanza non impugnabile, può disporre che l'esecuzione sia sospesa o che sia prestata congrua cauzione.

 

Ebbene, ciò premesso, nel dichiarare inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49, comma 1, D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, la Corte tuttavia fornisce un’interpretazione alternativa di detta norma secondo la quale "il contenuto normativo dell'art. 337 cod. proc. civ. (inapplicabile al processo tributario, per l'espresso disposto della norma censurata) è costituito da una regola («L'esecuzione della sentenza non è sospesa per effetto dell'impugnazione di essa») e da una eccezione alla stessa regola («salve le disposizioni degli artt. [...] 373 [...]»)”, conseguentemente, secondo la Corte, “l’inapplicabilità al processo tributario - in forza della disposizione censurata - della regola, sostanzialmente identica, contenuta nell'art. 337 cod. proc. civ. e nel primo periodo del primo comma dell'art. 373 dello stesso codice, non comporta necessariamente l'inapplicabilità al processo tributario anche delle sopraindicate "eccezioni" alla regola e, quindi, non esclude di per sé la sospendibilità ope iudicis dell'esecuzione della sentenza di appello impugnata per cassazione”.

 

Pertanto, seguendo lo stesso percorso argomentativo della Corte Costituzionale, secondo il quale l'esclusione dell’applicabilità della regola contenuta nell'art. 337 del c.p.c., così come richiamato dall’art. 49 del D.Lgs. n. 546/1992, non comporta necessariamente l'inapplicabilità al processo tributario anche delle eccezioni in esso contenute, si avrebbe l’applicabilità dell'art. 283 c.p.c. (norma anch'essa prevista dall'art. 337 c.p.c. come eccezione alla sua applicazione), ai sensi del quale "il giudice d'appello su istanza di parte, proposta con l'impugnazione principale o con quella incidentale, quando sussistono gravi e fondati motivi, anche in relazione alla possibilità di insolvenza di una delle parti, sospende in tutto o in parte l'efficacia esecutiva o l'esecuzione della sentenza impugnata, con o senza cauzione".

 

Invece, secondo i giudici pugliesi, “nell'esercizio della discrezionalità di cui gode in subiecta materia, con gli artt. 68 e 69 D.Lgs., 546 cit. (e 19, D.Lgs. n. 472/1997 per le sanzioni) il legislatore ha temperato la non sospendibilità con la graduazione dell'esecutività delle sentenze di rigetto (totale o parziale) in funzione del grado in cui sono pronunciate".

 

In ragione di ciò, quindi, secondo loro, non sarebbe stato inutile che la Corte Costituzionale, in tale pronuncia, avesse fatto cenno all'art. 68 cit. giacché “questa disposizione è la cifra della ragionevolezza del sistema”. Ed inoltre “c'è un legame indubbio, nel contemperamento di contrapposte posizioni costituzionalmente garantite, tra l'esclusione della sospensione e la progressione esecutiva (dai due terzi all'intero) delle sentenze favorevoli in toto o in parte all'amministrazione”.

 

Conseguentemente, non essendo stata messa in discussione la compatibilità costituzionale dell'art. 68 cit., essi concludono disponendo che non c'é nemmeno spazio per dubitare dell'esclusione della sospendibilità de qua.

 

Sullo stesso argomento:

 

- M.Villani, P.Rizzelli, "", il Quotidiano IPSOA del 29 giugno 2010.

 

 

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