Il Ministero ha chiarito che il ricorso alla sanzione
principale costituisce giustificato e documentato motivo
di omissione di comunicazione dei dati del conducente.
La tematica della
comunicazione dei dati del conducente segna un ulteriore
passaggio interpretativo. Questa volta, però, è il
Ministero a fornirlo nel tentativo di chiarire ed
uniformare la prassi applicativa dell’art. 126 bis del
Codice della strada da parte degli agenti accertatori.
Alla non uniforme
prassi applicativa da parte degli uffici, poi, si è
aggiunta una contrastante giurisprudenza di merito e di
legittimità.
Quest’ultima,
chiamata a pronunciarsi in merito, aveva affermato
inizialmente che ai fini dell’adempimento dell’obbligo
di comunicazione di cui all’art. 126 bis comma 2 del
Codice della strada, la pendenza del ricorso avverso il
verbale di accertamento dell’infrazione non sospendeva
il decorso del termine entro il quale il proprietario
del veicolo era tenuto a fornire all’organo di polizia
che procede i dati personali e della patente del
soggetto che era alla guida al momento della commessa
violazione.
La Cassazione (sentenze n.
22881 del 2010, 11811 del 2010 e 17348 del 2007), poi,
aveva aggiunto che l’eventuale annullamento del verbale
non escludeva l’irrogazione della sanzione pecuniaria di
cui all’art. 180 comma 8 del Codice, nei confronti del
proprietario che, senza giustificato e documentato
motivo, avesse omesso di fornire all’autorità competente
i dati richiesti, avendo egli violato uno specifico
obbligo di collaborazione nell’accertamento degli
illeciti stradali che rileva in sé stesso e non in
quanto collegato alla effettiva commissione di un
precedente illecito.
La Corte
Costituzionale, tuttavia, con la sentenza n. 27 del 2005
aveva affermato che l’art. 126 bis del Codice della
strada deve essere interpretato nel senso di escludere
che il proprietario sia tenuto a rivelare i dati
personali e della patente del conducente prima della
definizione dei procedimenti giurisdizionali o
amministrativi per l'annullamento del verbale di
contestazione dell'infrazione.
È evidente che
l’interpretazione fornita dalla Corte Costituzionale sia
stata integralmente ignorata dalla giurisprudenza della
Cassazione seguita, poi, da quella di merito.
Peraltro, la Corte
Costituzionale, chiamata in seguito a pronunciarsi
nuovamente sulla legittimità dell’art. 126 bis del
Codice, confermando quanto affermato con la sentenza n.
27, ha chiarito con la sentenza n. 165 del 2008 e
l’ordinanza n. 244 del 2006 che nell’applicazione
dell'art. 126 bis, comma 2, del Codice, vi sia la
necessità di distinguere il comportamento di chi si
disinteressi della richiesta di comunicare i dati
personali e della patente del conducente, non
ottemperando, così, in alcun modo all’invito rivoltogli
(contegno per ciò solo meritevole di sanzione) e la
condotta di chi abbia fornito una dichiarazione di
contenuto negativo sulla base di giustificazioni la cui
idoneità ad escludere la presunzione relativa di
responsabilità a carico del dichiarante dovrà essere
vagliata dal giudice comune, di volta in volta, anche
alla luce delle caratteristiche delle singole
fattispecie concrete sottoposte al suo giudizio.
In tal modo, viene
riconosciuta al proprietario del veicolo la facoltà di
esonerarsi dalla responsabilità, dimostrando
l'impossibilità di rendere una dichiarazione diversa da
quella negativa.
Anche questa
impostazione, tuttavia, è stata integralmente ignorata
dalla Cassazione che ha ritenuto che dichiarare di non
ricordare chi fosse alla guida del veicolo equivale ad
omessa comunicazione.
Il Ministero,
chiarendo definitivamente la questione, con la Circolare
in esame, ha affermato che la presentazione di un
ricorso avverso il verbale di contestazione (rectius:
sanzione principale) costituisce un giustificato e
documentato motivo di omissione dell’indicazione delle
generalità del conducente.
Pertanto, oggi,
coloro che impugnano la sanzione principale dovranno
comunicare i dati di coloro che erano alla guida del
veicolo solo dopo l’avvenuta definizione della sanzione,
ossia quando sia avvenuto il pagamento o siano conclusi
i procedimenti dei ricorsi amministrativi e
giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini
per la proposizione dei medesimi.
Il passaggio più
significativo della Circolare è, però, quello ove si
afferma che il destinatario dell’invito a fornire i dati
del conducente non può ritenersi obbligato a fornire
dati personali e della patente del conducente prima
della definizione dei procedimenti giurisdizionali o
amministrativi, con ciò riconoscendo l’errata
interpretazione degli uffici e della giurisprudenza di
legittimità e di merito.
Il Ministero, poi,
ha stabilito che una volta esauriti i predetti
procedimenti con esito sfavorevole per il ricorrente,
l’organo accertatore dovrà procedere a redigere un nuovo
invio a carico dell’obbligato in solido (rectius:
proprietario del veicolo) concedendo un ulteriore
termine di sessanta giorni per adempiere. Infine, viene
indicato agli organi accertatori un formulario da
inserire nei verbali secondo il quale, a partire dalla
data di emanazione della Circolare, si potrà inserire la
frase: “L’obbligo di comunicazione dei dati del
conducente entro sessanta giorni, ai sensi dell’art. 126
bis comma 2 del Codice della Strada, in caso di ricorso
avverso il presente verbale, decorre dalla data di
notifica del provvedimento con cui si sono conclusi i
rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti dalla
legge”.
È auspicabile che
il chiarimento fornito dal Ministero, serva a uniformare
non solo gli uffici degli organi accertatori, ma
soprattutto la giurisprudenza di merito e di
legittimità.
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