Il contratto di sviluppo software è
uno schema negoziale creato dall’autonomia negoziale per
soddisfare l’esigenza dell’utente di acquisire la
possibilità di utilizzare un programma diverso da quelli
standardizzati, al fine di realizzare specifiche e
particolari esigenze.
La qualificazione giuridica della
figura in esame dipende dalla natura del soggetto che
viene incaricato dello sviluppo del programma, potendo a
sua scelta l’utente rivolgersi ad un imprenditore, ed in
tal caso si realizzerà un contratto di appalto di
servizi (art. 1655 c.c.) ovvero ad un professionista ed
in tal caso verrà concluso un contratto d’opera (art.
2222 c.c.).
La prestazione oggetto dell’accordo
sarà in ogni caso l’analisi delle esigenze di
programmazione ed elaborazione del committente e la
progettazione e lo sviluppo di un software idoneo a
soddisfarle. Tuttavia la diversa qualificazione del
contratto incide sul regime di responsabilità del
fornitore.
Nel caso in cui si tratti di
contratto di appalto, l’imprenditore, che conta sulla
personale organizzazione dei mezzi necessari e quindi su
una totale autonomia nello svolgimento del servizio da
parte dei propri collaboratori, assume un obbligo di
risultato e quindi deve assicurare la rispondenza del
software realizzato alle specifiche esigenze tecniche e
funzionali che il committente dovrà aver precisato nel
contratto, con applicazione della garanzia per vizi e
difformità ex artt. 1667-1668 c.c.
Nel caso in cui si tratti di
contratto di opera, il professionista si impegna a
svolgere personalmente (“con lavoro prevalentemente
proprio”) il servizio richiesto, ma l’obbligazione sarà
di mezzi e la responsabilità del fornitore sarà
contenuta entro i limiti di cui all’art. 2236 c.c.
Vale per entrambe le figure il
principio secondo il quale lo sviluppo del software
comporta, in considerazione della stessa natura della
prestazione pattuita, la necessità di una stretta
collaborazione tra committente e fornitore: il primo
deve rappresentare correttamente le proprie esigenze ed
i problemi di carattere tecnico-gestionale che il
software è destinato a gestire su base informatizzata;
il secondo deve fornire soluzioni idonee a soddisfare
nella maniera migliore le esigenze del committente. E’
stato correttamente sottolineato che questa stretta
interrelazione tra le due parti comporta delicati
problemi in ordine alla ripartizione delle
responsabilità per le scelte effettuate ed ai diritti di
sfruttamento economico dei programmi sviluppati.
Invero, in presenza di carenze
funzionali del programma elaborato, si dovrà di volta in
volta stabilire a quali dei due contraenti, che hanno
dovuto necessariamente collaborare, le carenze siano
imputabili e nella prassi la soluzione può profilarsi
molto difficile. La dottrina fa riferimento al caso del
fornitore, che non si è sufficientemente preoccupato
della rispondenza del risultato dell’attività di
sviluppo alle specifiche esigenze del committente,
ponendolo in alternativa al caso del medesimo
committente, che non ha descritto con adeguata chiarezza
e precisione le proprie specifiche necessità ed
obiettivi, ovvero aspetti tecnici intrinseci alla sua
attività. Tuttavia è ben possibile che i due profili di
responsabilità coesistano e che si debba valutare la
sussistenza di una maggiore o minore incidenza dei
comportamenti colposi di ciascuno dei contraenti. Nello
svolgere tale verifica naturalmente dovranno incidere le
specifiche competenze di ciascuna delle parti
contraenti, rientrando, a nostro avviso, nell’ambito del
dovere di diligenza del professionista richiedere
ulteriori dettagli e chiarimenti all’utente che, per
carenza di adeguate cognizioni tecniche, non si sia
espresso in termini esaurienti.
Con riguardo alla titolarità dei
diritti sui programmi sviluppati, è certamente
configurabile un conflitto tra gli interessi
dell’utente-committente e quelli dello
sviluppatore-appaltatore.
Il primo cercherà, come è ovvio, di
acquisire un diritto di esclusiva sul software e ciò per
due ordini di motivi, ovvero per garantire il possibile
recupero di una parte degli investimenti impegnati nella
commessa, concedendo in licenza a terzi i diritti d’uso
sul software sviluppato, e per avvalersi in via
esclusiva del vantaggio competitivo offerto dalle
soluzioni sviluppate per gestire la sua attività.
La software house-appaltatore, per
altro verso, cercherà di sfruttare economicamente le
conoscenze acquisite nella complessa attività di
programmazione svolta per conto del primo, utilizzandole
come base per mettere a punto soluzioni da
commercializzare e proporre ad altri soggetti.
Secondo la normativa dettata dal
codice, espressamente in materia di appalto, la
proprietà dell’opera si trasferisce al committente con
la accettazione e la consegna. Tuttavia tale regola deve
essere coordinata con le disposizioni introdotte dal
D.lgs. 518/92, che stabiliscono in via originaria la
titolarità dei diritti di sfruttamento economico del
programma all’autore e, nell’ipotesi in cui il programma
sia creato dal lavoratore dipendente nell’esecuzione
delle sue mansioni o su istruzioni impartite dal suo
datore di lavoro, allo stesso datore di lavoro.
Da tale quadro normativo si desume
che il committente, qualora abbia partecipato allo
sviluppo del software non solo fornendo dati ma
suggerendo soluzioni, può definirsi coautore, ma negli
altri casi la titolarità dei diritti di sfruttamento
economico del programma messo a punto su specifica
commessa dalla software house fa capo per legge a
quest’ultima, che potrà disporre in via esclusiva di
tutte le attività riservate di cui all’art. 64-bis della
legge sul diritto d’autore.
Nulla vieta che le parti dispongano
espressamente in maniera diversa nel regolamento
contrattuale ed infatti nei formulari diffusi sul
mercato questo specifico aspetto non manca di essere
disciplinato. Le regole dettate tra le parti variano a
seconda della natura del software e della forza
contrattuale di ciascuna parte e, quindi, talvolta si
prevede che la titolarità dei diritti di sfruttamento
economico del software faccia capo al committente, al
quale viene conferita una licenza esclusiva; altre volte
al committente è riservato esclusivamente un diritto
d’uso sul software sviluppato, la cui titolarità resta
in capo all’appaltatore; altre volte, ancora, si
stabilisce la contitolarità quanto all’utilizzo interno,
prevedendo invece il pagamento reciproco di royalties
per lo sfruttamento di natura commerciale. Specifiche
clausole disciplinano, inoltre, i diritti sul know how e
sulle eventuali invenzioni che siano state elaborate in
connessione con la prestazione di servizi.
Al contratto di sviluppo software,
quale che sia la natura giuridica, accedono poi obblighi
reciproci di segretezza, con riguardo alle informazioni
cui le parti dovessero avere accesso in ragione della
esecuzione del contratto. |