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PERDE CASA E ASSEGNO L’EX CONIUGE CHE CONVIVE “MORE UXORIO”?Leonardo Cedola-Diritto e processo.it

 

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(Estratto da Diritto e Processo formazione n. 6/2011)

 

 

 

 

 

QUAESTIO IURIS

 

L’assegnazione della casa coniugale e, insieme, il riconoscimento dell’assegno divorzile al coniuge che, in attesa del giudizio di divorzio, abbia intrapreso una convivenza more uxorio con altro partner, ha rappresentato da sempre oggetto di acceso dibattito giurisprudenziale. Si era concordi nell’escludere qualsiasi forma di automatismo nel non riconoscere gli stessi all’ex coniuge, per il solo fatto della sopraggiunta convivenza, ed affidarsi a valutazioni e giudizi di conformità effettuati di volta in volta nei singoli casi di specie, aventi ad oggetto criteri quali, la durata della convivenza, la presenza o meno di prole, il tenore di vita goduto, l’interesse dei figli (ex pluribus, Cass. 9 aprile 2003, n. 5560; Cass. 26 gennaio 2006, n. 1546; Cass. sez. I civ., 7 maggio – 28 giugno 2007, n. 14921).

 

Dibattito di fatto tacitato dalla pronuncia in commento, la quale ha preso nettamente le distanze dal precedente orientamento giurisprudenziale, introducendo il criterio del mancato riconoscimento, tanto della casa coniugale, quanto dell’assegno divorzile, dal momento in cui fosse sorta una nuova convivenza di fatto.

 

Se la ex moglie ha abbandonato volontariamente la casa coniugale da molti anni, prima della domanda di assegnazione della stessa in proprio favore, per intraprendere la convivenza con altro uomo, consolidata anche con la procreazione di un figlio, non esiste una “casa coniugale”, per cui non potrà farsi luogo all’assegnazione della stessa alla ricorrente. In ordine alla nozione di casa coniugale il principio consolidato espresso dalla giurisprudenza di legittimità è, infatti, unanime nel rifarsi unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità e, che comunque usassero in via transitoria o saltuaria, rispondendo all’esigenza di conservare l’habitat domestico inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si articola e esprime la vita familiare (sul punto un profluvio di giurisprudenza, Cass. n. 8667/92; Cass. n. 6706/2000; Cass. n. 12083/2005; Cass. n. 1198/2006).

 

Quanto al diritto alla corresponsione dell’assegno divorzile da parte dell’ex coniuge, la pronuncia in esame statuisce in merito alla sua perdita a seguito del successivo inizio di una convivenza more uxorio con altro uomo. Ciò ha inevitabilmente mutato il principio ispiratore enunciato negli ultimi dieci anni, secondo il quale, in assenza di un nuovo matrimonio, il diritto all’assegno di divorzio, in linea di principio, di per sé permaneva, anche se il richiedente aveva istaurato una convivenza more uxorio con altra persona. Era fatta salva l’ipotesi in cui si riusciva a dare, la non facile prova, da parte dell’ex, se non di stabilità del nuovo, ma, di fatto, di una convivenza adeguatamente consolidatasi e protrattasi nel tempo, nonché delle nuove condizioni economiche dell’avente diritto, che facevano ritenere che l’ex moglie non si trovava più in quella situazione di bisogno capace di giustificare la necessità dell’emulomento da parte dell’ex coniuge (cfr: Cass. n. 8417/2000; Cass. n. 10344/2005; Cass. n. 11922/2009).

 

Così il Supremo Collegio, con la Sentenza n. 9942/2011, ha rigettato il ricorso, promosso da una ex moglie avverso la sentenza definitiva con cui il Tribunale di Taranto, nel pronunciare lo scioglimento del matrimonio, affidava ad entrambi i genitori le figlie minori, confermando la prevalente convivenza presso la madre già in atto e negando all’ex moglie l’assegnazione della casa coniugale, essendosene allontanata perché convivente con un nuovo compagno. Attribuiva un assegno di euro 800,00 per il mantenimento delle figlie e rigettava la domanda di un assegno di divorzio, stante la convivenza more uxorio dalla stessa intrapresa. Nessun dubbio, quindi, per la Suprema Corte.

 

La sentenza impugnata ha tenuto conto, nel rigettare la domanda di assegnazione, dell’interesse delle minori, rilevato che, essendosi la ex allontanata spontaneamente dalla casa coniugale e, avendo iniziato una convivenza con altro uomo in un’altra abitazione, la casa coniugale era inesistente, pertanto non poteva essere assegnata alla richiedente. Con il venir meno della strabile abitazione della casa da parte della moglie, determinato dal formarsi di un nuovo nucleo familiare di fatto, l’abitazione aveva finito per perdere la sua funzione di habitat domestico, così come previsto dalla richiamata nozione di casa coniugale fatto proprio dalla giurisprudenza, che si intende conservare, finchè possibile, nell’interesse dei figli.

 

Quanto all’attribuzione dell’assegno di divorzio, va da sé che il diritto è perso a seguito della successiva costituzione di una nuova famiglia di fatto (peraltro, nel caso de quo, correlata dalla procreazione di un figlio).

 

 

 

La SOLUZIONE di Cassazione, sez. I, 5 maggio 2011; n. 9942

 

La Corte di Cassazione con sentenza n. 9942/2011 ha così statuito:

 

I.   In merito al motivo di impugnazione avente ad oggetto l’assegnazione della casa coniugale, “… appare manifestamente infondato, non essendosi la sentenza impugnata posta in contrasto con l'orientamento di questa Corte riguardo all'assegnazione della casa coniugale, avendo accertato in fatto che la ricorrente aveva da molti anni dal momento della domanda abbandonato la casa coniugale per intraprendere la convivenza con altro uomo, ormai consolidata anche con la procreazione di un figlio, cosicché non esistendo più una "casa coniugale" non era luogo a farsi assegnazione di essa”.

 

II.   In merito al motivo di impugnazione avente ad oggetto il diniego dell’assegno di divorzio, “… è inammissibile, per essere stata allegata,a suo sostegno, la violazione dell'art. 9 della legge n. 898 del 1970 - che riguarda le modifiche delle condizioni di divorzio, non le condizioni per l'attribuzione dell'assegno di divorzio - e dei principi stabiliti con una sentenza (n. 12557 del 2 004,) che a sua volta non attiene al diritto all'attribuzione dell'assegno di divorzio, bensì alla perdita dello stesso a seguito del successivo inizio di una convivenza "more uxorio", così inadeguatamente censurandosi la "ratio" della sentenza impugnata in mancanza di deduzioni circa l'esistenza, secondo la normativa dell'art. 5 della legge n. 898 del 1970 e la giurisprudenza in proposito, delle condizioni per l'attribuzione dell'assegno in questione”.

 

 

 

APPROFONDIMENTO

 

Per un approfondimento sul punto si veda: Cass. n. 10797/1998; Cass. n. 13065/2002; Cass. n. 10102/2004; Cass. n. 9995/2008; Corte Cost. n. 308/2008; Cass. n. 24104/2009.

 

 

 

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