Con la modifica dell'art. 24 della
L. 241/90 ad opera del legislatore del 2005 (L. nr. 15),
ed all'indomani dell'entrata in vigore di tale novità,
numerose sono state le riflessioni della dottrina
specializzata relativamente alla preclusione al
cittadino-contribuente di poter accedere agli atti del
procedimento tributario salvo l'unico caso in "deroga"
previsto dalla normativa, a dire il vero, però,
piuttosto sibillino e di difficile interpretazione.
Il caso si è proposto (o forse è
meglio dire riproposto) quando il legislatore
amministrativo ha recentemente deciso di introdurre una
vera e propria preclusione a ché il
cittadino-contribuente possa liberamente accedere agli
atti del procedimento tributario se e qualora dovessero
riguardarlo escludendolo in maniera espressa fermo
restando l'applicabilità delle particolari norme che
regolano gli atti tributari. Limitandoci ad
interpretare, momentaneamente, questa prima parte della
disposizione di legge, non è difficile intuire come, più
esplicitamente di prima, il contribuente non può
accedere né alla visione né alla estrazione di copie di
documenti che lo riguardano in quanto, salva la deroga
di cui si è detto, tale possibilità è preclusa. Tale
preclusione, per la verità, oltre ad essere
fondamentalmente ingiustificata, risulta avere, nel
tempo, acquisito dimensioni sempre più vaste; basti
pensare che nelle recenti riforme che ha subito il
diritto tributario italiano gli atti di tale
procedimento possono riguardare tutte le forme
dell'accertamento tributario, tutti gli atti preparatori
degli stessi (che il contribuente solitamente non
conosce mai) e tra questi, ad esempio, anche gli atti
autorizzativi alle indagini finanziarie. Ora, da una
rapida scorsa, la dottrina[1] del settore in modo direi
unanime riserva delle severe critiche ad una chiusura di
tal guisa ma manca in modo assoluto di qualche cenno di
giustificazione che possa offrire altri spunti,
pertinenti, di riflessione sul tema. Ci si trova
d'accordo con chi[2] ha considerato tale situazione come
il più classico dei "rimbalzi" di competenze e di rinvio
ad una enigmatica particolare normativa tributaria che,
pur evidentemente assente, ha impegnato qualcuno[3]
anche a ricerche ed individuazioni che hanno raggiunto
finanche lo Statuto dei diritti del contribuente sul
quale peraltro ci soffermeremo più avanti.
Per una completezza dell'indagine
va detto altresì che la stessa L. 241/90 mitigherebbe
tale preclusione ab origine riservandosi di precisare
che comunque il diritto di accesso deve essere garantito
per gli atti amministrativi la cui conoscenza risulta
essere necessaria per curare o difendere i propri
interessi legittimi. Se a questo si aggancia il fatto
che il percorso logico argomentativo fatto dal
legislatore non ha collegamento con la norma medesima,
si ha la netta sensazione di trovarsi di fronte ad un
pasticcio giuridico vero e proprio. Non è dato sapere,
infatti, come potrebbe essere assente l'interesse
legittimo del richiedente l'accesso al di fuori della
tutela giurisdizionale della propria posizione. Il tutto
contornato, secondo lo scrivente, da ampio ed evidente
contrasto con l'art. 7 dello Statuto dei diritti del
contribuente.
Proprio su tale questione verte, a
mio parere, il problema di fondo; da un lato la norma
novellata della L. 241/90 che inequivocabilmente
contiene una preclusione nel senso sopra espresso,
dall'altra, la L. 212/2000 che, altrettanto
inequivocabilmente, nell'ambito del principio di
chiarezza e motivazione degli atti dispone che i
medesimi devono indicare i presupposti di fatto e le
ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione
della pubblica amministrazione. Detta antitesi è ancora
più evidente se si misura l'ambito applicativo nel senso
che molti atti della Amministrazione finanziaria sono
atti endoprocedimentali e dunque, normalmente, non
portati a conoscenza del contribuente oggetto dell'atto
stesso. Ciò per dire, in altre parole, che il contrasto
normativo riguarda l'azione amministrativa nel suo
complessivo esercizio.
All'indomani dell'entrata in vigore
della novella del 2005, tanto la dottrina[4] quanto la
giurisprudenza[5], aderendo al dettato normativo, ebbero
una posizione di netta chiusura escludendo che il
diritto di accesso potesse essere esercitato anche a
procedimento concluso, atteggiamento che,
ragionevolmente è stato modificato nel corso del tempo
anche, e direi soprattutto, ad opera di alcune
importanti e ormai diffuse pronunce dei giudici
amministrativi.
Dal lato della Amministrazione
Finanziaria, l'accesso a tali tipi di documenti è stato
sempre osteggiato con prassi ricorrente[6] anche se in
tempi più recenti[7], con riferimento ad esempio alle
indagini finanziarie, l'Agenzia Entrate ha ritenuto
possibile l'accesso agli atti procedimentali delle
stesse, solo a procedimento concluso.
Se quanto sopra ha costituito lo
stato dell'arte nell'immediato post riforma, la recente
giurisprudenza amministrativa ha invertito
(fortunatamente) la rotta ed in maniera univoca ed
estesa ha ragionato, e ragiona, nell'ottica che il
diritto di accesso agli atti del procedimento tributario
risulta essere un diritto validamente esercitabile,
ancorché a procedimento concluso, perché, aggiungerei
io, non esiste alcuna valida ragione che possa anche
solo lontanamente giustificare un comportamento
contrario. Nella giurisprudenza amministrativa, a
partire dall'anno 2008, molti Tribunali amministrativi
si sono espressi in tal senso (TAR Marche sent. nr. 723
del 10.07.08; TAR Umbria sent. nr. 372 del 14.07.08; TAR
Puglia sent. nr. 320 del 20.02.08; TAR Piemonte sent.
nr. 1199 del 22.05.08) e cioè con un comune denominatore
costituito dal fatto che il procedimento è accessibile
solo quando e se concluso.
A sugello, direi, di tali
interpretazioni, è intervenuto anche il Consiglio di
Stato (nr. 5144 del 21.10.08) che ha di fatto consentito
in modo pieno e totale il diritto di accesso anche per
gli atti del procedimento tributario sostenendo, in modo
più che condivisibile, che nessuna ragion fiscale che
tenga potrebbe escludere un siffatto diritto contenuto
anche nelle norme Statutarie che, solo per memoria,
ricordiamo rappresentano principi generali del diritto.
Quindi, plauso alle considerazioni
dei giudici amministrativi che hanno avuto il merito di
riportare la questione in un contesto di maggiore
equilibrio e garanzia che, per la verità, si era perduta
all'indomani della riforma lasciando perplessi gli
operatori del diritto che, forse affrettatamente,
videro scarse possibilità di manovra in un contesto
normativo senz'altro rigido ma non per questo
diversamente interpretabile.
[1] Salvini, "Accesso agli atti del
procedimento tributario" in Dizionario di Diritto
Pubblico, Milano 2006 pagg. 665 e segg. Borrelli,
"Diritto di accesso del contribuente agli atti del
procedimento tributario" in Corriere Tributario nr.
30/2005; Ferlazzo Natoli/Martines "La L. 15/05 nega
l'accesso agli atti del procedimento tributario" in
Rassegna Tributaria nr. 5/2005
[2] Basilavecchia, "Impossibile
l'accesso agli atti tributari" in Corriere Tributario
nr. 38/05
[3] Borrelli, op. cit.
[4] Bellé, "Partecipazione e
trasparenza nel procedimento tributario" in Rassegna
Tributaria pag. 444, 2007
[5] TAR Lombardia 04.04.2008 nr.
795
[6] G.d.F. Comando Gen.le Circ.
nr. 106900 del 25.03.1998; G.d.F. Comando Gen.le Circ.
nr. 165860 del 30.08.2006; Min. Fin. Circ. nr. 213/S del
28.07.1997
[7] Ag. Entrate Circ. nr. 32/E del
19.102006
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