E’ di oggi la notizia secondo cui
un GUP di Milano avrebbe respinto, per ragioni di
incongruità, la congiunta (PM e difesa) richiesta di
applicazione pena ex art. 444 cpp di imputato di
omicidio colposo a seguito di incidente stradale,
probabilmente dovuto a ragioni di ubriachezza.
Si legge che a seguito della pena
proposta dalle parti e pari ad anni 1 e mesi 5 sarebbe
stata depositata dal legale di parte civile una lettera
ove i genitori della vittima avrebbero espressamente
richiesto al Giudice di non accedere a tale richiesta.
Ora, posto che ai sensi di legge
(si sta pur sempre parlando di delitto connotato da
accertata assenza di dolo) la pena proposta non appare
per nulla incongrua stante anche la, si legge,
incensuratezza dell’imputato, ma del tutto “in linea”,
diciamo così, con la pena abitualmente applicata per
fatti analoghi purtroppo tutt’altro che rari, riesce
difficile non pensare ad una qualche “influenza” sul
Giudicante della citata lettera dei familiari della
vittima e quindi muovere alcune considerazioni di
carattere generale sulla attuale realtà giudiziaria del
nostro paese.
Appare sempre più “in voga” infatti
ultimamente cercare in qualche modo di “supplire” alle
oggettive carenze del “sistema giustizia” ricorrendo al
“contributo” delle vittime, le quali dovrebbero, in una
Giustizia moderna ed efficiente, ricevere privata tutela
esercitando i propri costituzionali diritti
(risarcimento del danno), lasciando allo Stato il
compito di occuparsi del pubblico aspetto sanzionatorio
(condanna ad una pena).
E’ di tutta evidenza infatti che,
aldilà delle ovvie statuizioni di principio in merito ad
una universale giustizia delegata al pubblico e
sottratta alla privata e personale vendetta, più lo
Stato abiura alla propria pubblica e laica funzione e
più la stessa necessaria tutela dei privati diritti del
cittadino rischia di uscirne vulnerata, in sostanza è
profondamente sbagliato da parte dello Stato chiedere
alla vittima di esprimersi in merito alla entità della
pena del “carnefice” od anche alle modalità esecutive
della stessa.
La parte civile, si insegna sin dai
banchi universitari ad ogni giovane aspirante leguleio,
chiede al Giudice la condanna alla pena ritenuta di
giustizia e giammai ad un determinato ammontare e così
pure, sempre la parte civile, non deve interloquire su
eventuale concessione o meno di sospensione
condizionale della pena inflitta o su quant’altro ne
regoli la esecuzione ovvero la sua intervenuta
estinzione, e invece si legge che nel caso de quo non
solo il legale di parte civile avrebbe interloquito dove
non aveva accesso, ovvero in sede di patteggiamento, ma
si intuisce anche che in qualche modo il Giudice avrebbe
“accolto” tale irrituale istanza.
Di recente la bravissima
parlamentare Sabina Rossa (figlia di una vittima delle
Brigate Rosse) si è battuta per modificare l’assurdo e
reiterato orientamento giurisprudenziale dei vari
Tribunali di sorveglianza italici che, in contrasto con
quanto espressamente indicato dalla legge all’apposito
art. 176 Cp, richiedevano ai familiari delle vittime una
sorta di invasivo, quanto irrispettoso, parere sulle
domande di liberazione condizionale presentate nel corso
degli anni dai vari condannati, una volta maturate le
necessarie condizioni temporali di pre-sofferto.
Del resto capita fin troppe volte
nel nostro cinismo massmediatico alla Vespa di assistere
ad improbabili interviste quasi nel dum a familiari di
vittime di qualche efferato delitto, cui viene chiesto
tipo “cosa si augura che succeda all’assassino di sua
figlia ?” oppure di raccogliere “al volo” commenti a
caldo dopo una sentenza del tipo “è soddisfatta della
condanna all’ergastolo ? oppure “non le sembrano troppo
pochi 14 anni di carcere ?” ed altri “capolavori” del
genere….
Insomma uno Stato debole e che non
sa fare il proprio lavoro delega sempre di più al
privato che ha subìto un grave vulnus il compito di
amministrare la pubblica giustizia, non rendendosi conto
che la originaria decisione di codificare leggi
universali e di affidarne la applicazione ad appositi
Organi pubblici nasceva proprio dalla irrinunciabile
necessità di sottrarre la amministrazione della
giustizia al “taglione” della privata vendetta.
Come si fa a non capire che se per
disgrazia venisse fatto qualcosa di male alle persone
cui voglio un gran bene io sarei proprio l’ultimo a cui
chiedere che farne dei responsabili ?
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